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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Persone famose e TV
Dalla Serie: Tokio Hotel
Titolo Fanfic: BRIVIDI
Genere: Sentimentale, Romantico, Drammatico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, Shounen Ai, Slash
Autore: develine galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 09/04/2008 20:55:32

Twincest a sfondo drammatico! ...Ma dopo due anni e sei mesi fu chiaro che Bill di lì non sarebbe uscito indenne...
 
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BRIVIDI
- Capitolo 1° -

Twincest che mi sono decisa a postare solo perchè Lu mi ha dato un po' di coraggio. E' per questo che la ringrazio immensamente perchè nonostante sia in vacanza e dovrebbe divertirsi, sta ad ascoltare i miei scleri e a rispondere alle domande insensate che le faccio sull Estonia.
Quindi le do un bacione, perchè lei è la mia stellina assoluta!

Poi questa fan fiction non è finalizzata a deprimere, leggetela come messaggio di speranza e vita, perchè nonostante tutto si va sempre avanti!

Ora vi lascio alla lettura e se avete la pazienza di arrivare fino alla fine vi ringrazio!

Un kiss [Audy]




BRIVIDI

Non avrei mai accettato quella situazione. Come potevano, anche solo sperare, che io mi allontanassi da lui dopo che avevamo vissuto per anni inseparabili? Con quale presunzione si presentavano a me con quelle frasi ipocrite?
“Puoi vederlo solo un’ora al giorno, Tom”
“Ha bisogno di riposo, Tom”
“Non vorrai che le sue condizioni si aggravino, Tom”
Ed erano state inutili le mie proteste e i tentativi di spiegare loro quanto fossimo legati l’uno all’altro.Non compresero mai.
Così, con lo scorrere del tempo, ero stato allontanato dall’unica figura, che nella vita avessi mai amato realmente. Lo avevano strappato dalle mie braccia, convinti che la solitudine e le continue cure fossero l’unica soluzione per riportare il suo fisico alla normalità.
Ma dopo due anni e sei mesi fu chiaro che Bill di lì non sarebbe uscito indenne.
Quella mattina, non ricordo precisamente che giorno fosse, sicuramente vicino al periodo di pasqua, mi presentai in ospedale con un uovo al cioccolato.
Lo avevo comprato alcuni giorni prima in un negozio vicino all’ospedale. La vetrina mi aveva attratto alla prima occhiata. Mi ero fermato ad osservare con attenzione quasi maniacale le innumerevoli uova esposte e me ne ero innamorato all’istante. Vidi vivere Bill in quel cioccolato dalle forme compatte e sferiche. Vidi il suo sorriso accendersi, mentre lo sguardo si perdeva a scrutare le decorazioni, che risaltavano sulla superficie liscia. Una visione angelica dettata dalla mia mente, che non riusciva più a sopportare la sua lontananza.
Inutile dire che ne acquistai uno all’istante. L’unico mio intento era vedere quel sorriso tanto agognato risplendere sul volto di mio fratello ancora una volta.
Così mi ero presentato in ospedale con a seguito quell’immenso uovo, del quale devo ammettere andavo considerevolmente fiero. Camminavo con passo veloce e ritmico verso la mia meta, sicuro che nulla mi avrebbe potuto fermare. Non avrei permesso infrangessero il mio sogno, non ora che sapevo quanto poco tempo ci rimanesse per stare insieme.
Naturalmente ogni mia speranza si infranse dinnanzi allo sguardo impassibile dell’infermiera. Mi scrutava con cipiglio severo, inarcando leggermente le sopracciglia in disapprovazione mista a scherno. Fui tentato di sorpassarla e continuare per la mia strada senza esitazione alcuna, ma quel tossicchiare innervosito, come fosse un rimprovero, mi bloccò.
-Lei non può portare alcun tipo di dolce ai pazienti di questo reparto.- mi riprese, prendendo fra le mani l’immenso uovo, che stringevo al petto con gelosia.
Non potei fare nulla per impedirle di allontanare la mia fonte di gioia. Mi si era posta dinnanzi una scelta: mio fratello o quel delizioso uovo al cioccolato. La decisione che presi è più che ovvia, non mi sarebbe stato possibile vivere un altro istante senza vederlo.
Non mi interessava più ormai se era steso in un letto, il petto che si alzava con estrema lentezza e parte del volto coperta da una mascherina trasparente. Quello era comunque il mio Bill. La mia vita. La mia luce.
Entrai con estrema cautela nella stanza. Chiusi lentamente la porta alle mie spalle, mentre con passo lento mi andai a sedere sulla sedia a fianco del letto. Tutto in quel luogo sapeva di pulito e questo risultava nauseante. Ovunque mi girassi l’unico colore che risaltava era un asettico bianco, che infastidiva la percezione e confondeva i sensi. Le pareti sembravano estremamente larghe e distanti fra loro, quasi volessero aumentare l’ampiezza. Tutto era talmente vuoto che la mia mente non riusciva a percepire altro che una profonda agonia, mi sentivo soffocare in quell’immensità priva di ogni personalizzazione. Ogni cosa sembrava morta, senza possibilità di trovare vita, ma per quanto un pensiero del genere potesse rattristarmi, dovetti ammettere che il corpo di Bill si adattava perfettamente a quel luogo privo di ogni essenza.
-Bill…- lo chiamai, poggiando lieve la mano sulla sua, quasi in una carezza mal trattenuta. Lui si mosse impercettibilmente a cercare un maggiore contatto con me. Potei sentire la sua pelle fredda a contatto con la mia e un brivido mi pervase prepotente.
-Non tremare.- la sua voce era soffusa e a tratti incomprensibile da sotto la maschera. Quegli occhi marroni ed intensi a contatto con i miei, riuscirono per qualche istante a farmi perdere il contatto con la realtà circostante.
-Buongiorno.- lo salutai con un sorriso soffice sulle labbra, al quale rispose con estrema grazia.
-Come va Tomi? Mi sei mancato sta notte.-
-Lo sai che vorrei passare con te ogni istante.-
-Uffa è sempre la solita storia.- si fermò qualche istante, mentre riprendeva fiato. –Tom svegliati e continua a vivere.-
-Non senza te.-
Voltò lo sguardo infastidito. Quando i nostri occhi persero quel contatto tanto intenso, quanto caloroso, non potei fare a meno di stringere la sua mano con un gesto deciso. Lo sentii sbuffare infastidito dalle mie parole, prima che riprendesse a parlare, senza distogliere lo sguardo dalla finestra.
-Lo sai che io non accetto che tu dipenda da me. Ti ripeto ogni volta che voglio che tu vada avanti e diventi indipendente.- altra pausa. Sentii uno strano senso di inquietudine espandersi nel petto. –Io presto non ci sarò più e allora sarà necessario per te continuare a vivere senza alcun timore. Dovrai pensare al futuro, Tom, ed il tuo futuro non prevede la mia presenza.-
Avevamo tenuto quel discorso innumerevoli volte e avevo anche promesso a Bill che sarei riuscito ad adattarmi a quello che sarebbe stato, ma inevitabilmente non ero in grado di accettare pienamente il mio destino. In un modo perverso ed arcano ero sempre legato alla malsana idea che Bill si sarebbe risollevato, tornando a reggersi sulle sue gambe e insieme la nostra vita avrebbe trovato nuova luce.
Ma in quel momento l’ultima cosa che volevo era trattare con lui simili argomenti.
Scossi ripetutamente la testa, con l’intento di allontanare le parole di poco prima. Non volevo continuare a pensare ad un Bill senza futuro né speranza. La mia mente non lo concepiva.
-Ti avevo portato un uovo di pasqua, sai?- esordii, cercando di placare il mio animo. Lo sguardo di mio fratello si illuminò caloroso, mentre i suoi occhi si puntavano brillanti nei miei. Le labbra da sotto la mascherina erano leggermente grinzose, ma increspate in un adorabile sorriso.
-Un uovo di quelli al cioccolato? Quelli grandi grandi con tutte le decorazioni?- annuii in risposta alla sua infantile domanda, lasciando comparire sul mio volto un sorriso affettuoso, che solo a lui potevo rivolgere. –Dov’è adesso? Lo voglio, lo voglio, lo voglio.- la sua voce mi giunse roca e stanca da sotto la mascherina, ma non perse quell’intonazione irritante e gioioso. Non potei fare a meno di sentire uno strano senso di angoscia e serenità pervadermi. Era strano provare sentimenti tanto contrastanti, ma quando si parlava di Bill, il subbuglio di emozioni che mi invadeva non era mai definibile.
-Non ho potuto portarlo dentro, me lo hanno impedito.- sussurrai sperando che lui percepisse comunque le mie parole. Tanta era la mia codardia che abbassai lo sguardo, rivolgendolo alle piastrelle chiare, la cui trama mi sembrava improvvisamente di un interesse travolgente.
-Oh.- lo sentii gemere, assalito da un insolito sconforto. Nessuno dei due si permise di proferir parola per interi minuti.
Io avevo bisogno di pensare.
Bill aveva bisogno di pensare.
Quella situazione mi sembrava a dir poco inaccettabile. Perché dovevano impedire a mio fratello di vivere? Comportandosi così, privandolo delle piccole gioie, come pretendevano che le sue condizioni sarebbero potute migliorare. Una stanza asettica e solitaria, non sarebbe di certo riuscita a risollevargli il morale.
Quando l’atmosfera si stabilizzò, rendendo l’aria meno tesa, lo vidi sorridere impercettibilmente. Il suo volto poteva sembrare allegro all’apparenza, un occhio esterno non sarebbe riuscito a cogliere quella patina opaca di tristezza.
-Non fa nulla. Era logico non lo avrebbero fatto entrare, sei stato sciocco a comprarlo.-
-Bill, non ti devi preoccupare.-
-No, sul serio, hai speso soldi inutilmente.-
L’aria era talmente pesante da risultare dolorosa e tagliente a contatto con la pelle. Infondeva uno strano senso di fastidio e se avessi potuto, sarei uscito da quella stanza all’istante.
-L’anno prossimo ne compreremo uno enorme e lo mangeremo insieme, solo io e te, lo prometto.-
-Tom smettila di sognare, per noi non ci sarà nessun “anno prossimo”.-
-E tu smettila di dirmi così.- mi sollevai con uno scatto dalla sedia e lo vidi rabbrividire davanti ad un comportamento tanto inusuale. –Perché vuoi annullare ogni mia speranza? Ti diverte così tanto vedermi soffrire per te?-
Scoppiò in lacrime. I suoi occhi tanto intensi quanto tristi, si insinuarono in me, trasportando con loro un profondo senso di malinconia e dolore. Per la prima volta riuscivo a percepire il reale peso dei pensieri di Bill e questo mi faceva più male di quanto potessi immaginare. Allo stesso tempo la mia mente non voleva cedere a quel dolore, lottava con tutte le forze per nasconderlo in qualche parte remota dell’animo, cancellando le sensazioni che mi avevano scosso.
-Tomi...lo sai che per me non sei un gioco. Io voglio solo farti accettare la realtà, quella realtà che io stesso non riesco a comprendere.- la voce era impastata a causa del pianto, ma cercavo comunque di mantenere un tono saldo e posato, quasi a voler diminuire l’angoscia che le parole riuscivano a trasmettere. I suoi sforzi risultarono però vani. Riuscii a leggere in quel timbro tremante e scomposto un agonia immensa e incontenibile, che neanche lui riusciva a celare.
-Forse è meglio che io me ne vada.- sussurrai, impotente dinnanzi a tanta disperazione. Non ero in grado di reggere il dolore di Bill; lo sentivo insinuarsi potente fra le mie ossa, aumentando la stanchezza e causandomi un atroce dolore al cuore, che ormai batteva all’impazzata.
-No, ti prego Tom, non andare.- la sua voce insicura e spaventata. Lacerante. –Resta ancora qualche minuto, ho bisogno di te.-
-Ciao Bill, ci vediamo presto.-
-Tomi, ti prego, solo un altro minuto, io- non sentii più le sue parole, nel momento stesso in cui mi richiusi la porta alle spalle.
Per la prima volta avevo avuto paura dei sentimenti di mio fratello.
Avevo ceduto al dolore.


Quella stessa sera mi trovai al gelo davanti all’ospedale. Ero sicuro non mi avrebbero fatto entrare in alcun modo, non avrebbero mai acconsentito all’accesso di un pazzo, trasportante un uovo di cioccolato. Sbuffai facendo ripetutamente il giro dell’edificio, fino a quando non compresi che l’unico modo per raggiungere il mio scopo era passare attraverso la finestra.
Dovevo arrampicarmi su qualche albero o qualcosa di simile ed entrare di soppiatto, neanche fossi un ladro.
Trovare la posizione della camera di Bill non fu affatto facile, quel posto sembrava tutto uguale, sia fuori che dentro. Mi persi a cercare la stanza, fino a quando la mia mente non decise di collaborare, facendo una piantina nella speranza di concludere qualcosa.
Nonostante non fossi affatto certo che le mie deduzioni fossero giuste, decisi di tentare la fortuna. Un albero si innalzava maestoso dinnanzi alla finestra della stanza di Bill –almeno io credevo esserlo-. Osservai la situazione intimorito, dovevo salire per diversi metri, facendo attenzione a non rompere l’uovo, poi sperare che la stanza fosse quella giusta e la finestra aperta, dato che mio fratello non poteva alzarsi in alcun modo dal letto. Scossi la testa in rassegnazione: quello era un piano suicida.
Dopo innumerevoli ripensamenti decisi di tentare. Con fatica estrema salii sull’albero, aggrappandomi con le mani dove potevo e sollevandomi con difficoltà. Ogni qual volta l’uovo sbatteva sul tronco ruvido, lanciavo una leggera imprecazione e speravo con tutte le mie forze che non si rompesse prima del previsto.
Solo quando raggiunsi la giusta altezza potei tirare un sospiro di sollievo e constatare, con immenso sollievo, che il mio prezioso dono non aveva subito danni irreparabili.
Mi avvicinai alla finestra. La luce era accesa e potevo vedere un fagotto che si nascondeva quasi completamente sotto le coperte bianche. Scrutai con attenzione la figura e quando compresi che era Bill e che qualcuno lassù aveva fatto in modo che lo trovassi al primo colpo, lanciai un urletto di gioia, che mio fratello riuscì stranamente ad udire. Lo vidi voltarsi nella mia direzione e sgranare gli occhi spaventato e stupito quando riuscì a focalizzare la mia immagine sorridente sull’albero antistante la stanza. Mi avvicinai con cautela, cercando di mantenere l’equilibrio, per poi costatare che la finestra era chiusa.
Ancora una volta mi ritrovai ad imprecare e a maledire me stesso per la mia stupida idea.
Naturalmente non avevo intenzione di rimanere lì fuori al gelo per tutta la notte, né di tornare a casa. Dovevo assolutamente entrare e a quanto pare Bill la pensava come me.
Mi fece segno di allontanarmi dalla finestra, mentre suonava un pulsante posto vicino al letto. Pochi istanti dopo un’infermiera entrò nella stanza allarmata.
Bill le disse qualcosa che la fece agitare ancora di più e scuotere la testa in disapprovazione. Non avrebbe mai dovuto compiere tale gesto, contraddire mio fratello è la cosa più sbagliata che un individuo possa fare.
Lui cominciò a strepitare animatamente, muovendosi nel letto il più possibile. L’infermiera cercava di calmarlo in ogni modo, ma alla fine dovette cedere alle sue proteste.
Si avvicinò alla finestra e la socchiuse prima di allontanarsi sconfitta.
Un sorriso si accese sulle mie labbra, mentre entravo nella stanza soddisfatto dei risultati ottenuti.
-Ehi.- lo salutai, mostrando entusiasta l’uovo, ricoperto da una carta azzurra ed in parte trasparente, che lasciava intravedere la bellezza dei decori.
Lo sguardo di Bill si illuminò radioso, come mai lo avevo visto. Se avesse potuto mi sarebbe saltato addosso, ne sono certo, ma date le circostante, non potevo far altro che accettare la gioia dipinta sul suo volto scarno.
-E’ per me?- chiese ancora immerso in un sogno.
-Sì, se vuoi possiamo aprirlo e scoprire la sorpresa.- annuì dolcemente, guardandomi brillante e speranzoso. Mi sedetti sulla solita sedia, supplicando che nessuno entrasse in quel momento e pregando che almeno per un volta sarebbe andato tutto bene.
Cominciai ad aprire l’uovo sotto lo sguardo concentrato ed eccitato di Bill, che osservava ogni movimento delle mie mani con particolare attenzione. Era inquietante sentire quegli occhi pieni di aspettativa fissarmi. D’altra parte io non sapevo cosa conteneva l’uovo, sarebbe anche potuta essere una sciocchezza e Bill ne sarebbe rimasto deluso.
Le mie preoccupazioni si tramutarono in realtà quando uscì un orsetto di peluche che teneva stretto fra le mani un piccolo cuore. Lo osservai schifato.
Ma chi aveva avuto la malsana idea che a qualcuno potesse interessare un tale oggetto?
Era matematicamente impossibile che un cosino come quello, fosse giudicato “carino”.
O almeno così credetti fino a quando un gridolino rauco non giunse al mio udito, deconcentrando la mia attenzione da quell’orrido pupazzo.
Mi voltai verso Bill che sorrideva protendendo il braccio verso la “creatura” che tenevo in mano.
-Quello è un orsetto?- il suo sguardo si era acceso maggiormente. Glielo diedi in mano titubante, ancora non avevo compreso dove volesse realmente arrivare con quell’affermazione.
-A quanto pare sì.- risposi, osservandolo mentre sollevava l’esserino e lo scrutava con estrema enfasi. –Tomi ti assomiglia. E’ uguale a te, guarda avete lo stesso nasino.-
Non che mettessi in dubbio le capacità visive di mio fratello, ma paragonare quel bottone nero al mio naso pressoché perfetto, era un insulto bello e buono.
Mi sollevai dalla sedia per gettarmi sopra di lui, mettendo le mani a lato del suo volto ed osservandolo intensamente.
-Cosa hai detto? Ripetilo se hai il coraggio.-
-Ho detto che l’orsetto ti assomiglia, siete identici.-
-Ma come osi?! Mi considero offeso.-
-Eddai Tomi, non vedi come è dolce. Dolce come te.-
-Non dire sciocchezze Bill.- lo rimproverai scettico, ma lui sorprendendomi sorride triste.
-E’ il regalo più bello che potessi farmi.-
-Ma è solo un insulso uovo, nulla più-
-Tom, non sto parlando di quello. Sono solo felice che tu sia qui, che sia tornato da me e mi abbia sorriso ancora.-
Le sue parole tristi e malinconiche mi trafissero come pezzi di vetro in frantumi. Limpide e cristalline perforarono il mio cuore, facendolo sanguinare dolorosamente.
-Ti amo, Bill.-
Sorrise dolce dinnanzi alla mia dichiarazione e si tolse con mano tremante la mascherina.
-Adesso voglio solo te.- disse flebilmente, mentre io mi chinavo a raggiungere le sue labbra, come ormai non facevo da tempo.
Fu un bacio dolce ed armonico, dal quale trapelava una vena nostalgica. Ricordo di notti passate insieme, di momenti vissuti con il cuore, di attimi fuggiti inafferrabili, ma che indelebili sono rimasti nella nostra memoria.
-Mi sei mancato, Tom, mi sei mancato più della stessa aria.-
-Ma sono sempre stato con te. Lo sarò sempre, non posso lasciarti.- altro bacio leggero posato sulle candide labbra.
Bill si rimise la mascherina continuando a sorridere dolce.
Quella visione tanto indifesa e fragile insinuò in me un senso di malinconia, che tutt’ora sento vibrare nell’animo.
Gli sorrisi a mia volta. Persi l’uno nell’altro, dove saremmo rimasti soli, divisi dal mondo circostante, immersi nei nostri sguardi e nei nostri pensieri, che si perdevano lievi nell’immensità del tempo.
-E’ ora che vada.- sussurrai poi, osservando il suo sorriso statico e gioioso.
-Ci vediamo.-
Annuii e presi l’uovo, richiudendolo nella sua confezione ed avvicinandomi alla finestra.
-Allora ciao, Bill.- scavalcai e salii sull’albero.
-Addio, Tomi.-
La risposta di Bill al mio saluto giunse attutita e lieve, ma con tale prepotenza da risultare straziante.
Non mi voltai. Mi limitai a scendere dall’albero, senza voler credere a quelle parole, rinnegando il suo saluto.
Incapace di accettare la realtà.


La mattina seguente arrivò una telefonata a casa.
Bill era in coma e le probabilità che si sarebbe svegliato erano nulle.
Continuai a sperare fino alla fine. Fino a quando il battito del suo cuore non si fermò davanti al mio sguardo straziato.
Lo sapevo che la nostra storia si sarebbe conclusa così.
Sapevo che i suoi occhi non mi avrebbero più guardato dopo quella sera. Unica cosa che potevo fare era vivere di quei momenti passati, ricordando quello che era stato, senza rinnegare nulla.
Ogni lite, ogni sorriso, ogni frase scambiata, anche la più banale, sapevo che non mi avrebbero abbandonato.
Tutt’ora sento Bill accanto.
A volte avverto il suo profumo nell’aria. Lo sento bisbigliare parole gentili e sorridere delle sue stesse battute.
Lo vedo mentre steso sul letto canticchia lieve, cercando di bearsi della melodia del suo cuore.
Ed io lo osservo, mi soffermo sui suoi gesti, sulle sue parole e mi beo del calore che emana.
Bill mi accompagna ogni istante, non c’è stato attimo in cui lo abbia sentito lontano, in cui non abbia percepito il suo amore sciogliersi nella mia anima.
E non importa se sono trascorsi anni, se molte cose sono cambiate, io continuo ad amarlo.
Vive attraverso i miei occhi e non ho lasciato andare il suo ricordo neanche per un istante.
Ora la vita continua e prosegue, almeno per me. Non voglio lasciarmi andare. Non voglio cedere al dolore dell’anima.
E’ giusto così, no?
Cogli l’attimo e accetta la vita con tutto quello che ha da offrire.

Fine
 
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VOTO: (1 voto, 2 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 2 commenti
moon-stars-sun - Voto: 25/08/09 10:37
sto piangendo, cosa che non ho mai fatto per un racconto, soprattutto per i Tokio Hotel! complimenti cara!
D'accordo con il commento: 0, e Tu? / No   |   Segnala abuso Rispondi

schwarzengel 28/09/08 21:03
è fantastica...ho le lacrime agli occhi...
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