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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: COGNIZIONE : E X O
Genere: Fantascienza, Soprannaturale, Dark
Rating: Per Tutte le età
Autore: briareos galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 03/03/2008 17:03:56 (ultimo inserimento: 06/03/08)

I centocinquanta uomini della Squadra37 viaggiano verso il centro dell' EXOmondo.
 
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- Capitolo 1° -


Il Cerbero assaporava l'aria, estrofletteva i suoi peptidi alla ricerca di una vibrazioni nell' atmosfera, un respiro, un battito. Intorno a lui nuvole di polvere e cenere, i suoi radiatori pompavano fumo e veleni dai suoi motori. La sua pelliccia era ispida, incancrenita attaccata con alcuni punti di sutura ai muscoli; i sensori sospiravano come piccole lumache letali. Stava lì nel suo odore di carne putrida e morte, e aspettava.
Immobile, nella striscia di cemento scuro e liscio che divideva i cubi infiniti dell' EXOcittà.
Poi emise un grido come coltelli sul vetro.
Viktor non aveva resistito, era uscito dal suo nascondiglio e impugnava una barra scura. Il suo corpo era saturo di estrogeni e Derma da combattimento, ma cadeva a pezzi per via della corsa prolungata, dei salti e delle ferite, il sangue scivolava via dalle ferite aperte rosso come rubino. Il Cerbero lo fissava dal suo telaio senza volto, puntandogli contro le orbite vuote degli scansori sonici. L'uomo impugnò tre fiale gialle e le inserì nelll'assimilatore nel braccio come fossero cartucce.
Fu lui il primo ad attaccare, con un'accelerazione di 130 chilometri all'ora, con le ossa in titanio delle gambe che stridevano. Sarebbe morto comunque, ma lo avrebbe fatto lottando, come uno Spartano, e mentre il suo corpo si squarciava malediva la sua vita, l' EXO e gli umanoidi che vivevano negli alveari. Volava sull'asfalto in un mondo privo di suoni, sentendo la sua forza tracimare come un' onda furiosa, la mano blindata pronta a calare una scure di dolore sul Cerbero immobile. L'uomo sapeva che la bestia non era preparata per combattere contro un simile attacco, Loro non avevano la fantasia d' immaginarsi una disperazione tale da portare un umano a spararsi tre fiale di EXOCOMBAT infravena.
La clava cromata centrò in pieno il gruppo ottico del Cerbero, mandando scintille e vetri infranti; colpì ancora, mirando ai gangli nervosi sotto i tubi di refrigerazione, facendo volare 500 chili di morte contro il fibrocemento del vicolo.
Il braccio era andato, i tendini d'acciaio avevano dato lo schiocco d'una frusta nel momento dell' impatto, ma non era ancora disarmato. Fece un balzo privo di gravità, nel suono ululante dei dissipatori che si piegavano all'interno delle gambe, e gli fu addosso, come una freccia. Il pugno rimasto aveva una piccola sorpesa, una carica anticinetica ansiosa d'attivarsi. Viktor affondò pesantemente negli organi del Cerbero, cercando la scatola di controllo; non aveva il senso del tatto, ma ebbe una sensazione, un'intuizione; sentì un'oggetto piccolo, spigoloso, e detonò l'arma. Ci fu un vuoto d'aria, e l' interno della bestia s'accese come una torcia al fosforo e tutto quel che era andò in pezzi per un raggio di duecento metri.
Fra quei pezzi rideva il corpo dilaniato di Viktor, mentre l' EXO iniziava a fagocitare i centri nervosi del suo ospite.
Ma andava bene così, un punto per i buoni. Nessuno era mai riuscito ad abbattere uno di quei mostri, prendevano sciami di proiettili come fossero pioggia, senza neppure rallentare, vedevano le mine a chilometri di distanza. Non c'era luogo in cui nasconderti, nessuna superfice che non potessero attraversare, come se la loro forma fosse quella dell' incubo stesso. Privi di ossa, privi di organi vitali, tranne che per quella scatola. Il centro di controllo di ogni singola cellula di quel mostro, ed ora era in pezzi. Niente è immortale.
Viktor aspettava di morire, mentre sentiva l'EXO che cresceva dentro di lui, mutando, cercando di tenerlo in vita, inutilmente. La scatola era là, dilaniata, aperta come fosse scoppiata dall'interno, nessun segno di bruciature. Viktor assaporava la fine, dolce come la morfina che aveva in circolo. E ora vedeva le mani di sua madre, in una baracca di ruggine e lamiere, che lo cullavano, e dopo era in piedi che scrutava l' Exocittà, immensa, bianca come l'avorio. E poi la plastica e il rame, dentro le sue tempie, il vomito delle convulsioni, le urla, le amputazioni. Anni che passarono via in una lacrima, in addestramenti, nel dolore costante della cancrena. Il sapore ovattato delle anestesie divennero un sogno liquido, di urla, di fratture, echi di sensazioni scomparse, di pensieri sconnessi. Le sue retine osservavano i liquidi del suo corpo che si riversavano in strada, lentamente. Vide alzarsi antenne di lumaca dalle sue ferite, rosse di sangue, viola in quelli che sembravano occhi. Altre allucinazioni? Viktor non lo poteva sapere, ma era una scena disgustosa e senza senso. Guardò le nuvole sopra di lui, ma il cielo era blu, immobile. Tornò a guardare il suo corpo, il suo torace, e vi trovò un roveto di dita trasparenti che si agitavano, tastavano il terreno come meduse arenate.
Più in là, una delle zampe insettoidi del Cerbero parve muoversi. Si era mossa? Viktor guardò senza sbattere le palpebre. Ecco lo aveva fatto ancora. O era un'altra allucinazione? Un rilassamento muscolare...o era ancora vi vivo? Possibile? No, si muoveva davvero, senza dubbio; si muoveva verso di lui. Viktor non capiva come fosse possibile che una singola appendice del Cerbero tentasse ancora di ucciderlo.
Con cosa lo vedeva?
Con quali terminazioni era guidato?
L'esoscheletro chitinoso era sempre più vicino, ora vedeva che si trascinava, lasciando una bava giallastra nell'asfalto perfetto della città alveare.
La sentì vibrare, come un richiamo amoroso.
Sentì le appendici del suo corpo rispondere, in assenso. Una vibrazione, una voce.
L' EXO.
L' EXO delle fiale era già staminilizzato, e voleva vivere, un desiderio feroce di sopravvivere, primitivo e incapace di arrendersi; dal midollo spinale, dalle molecole e dalle sinapsi infette, richiamava a sè i pezzi del Cerbero su Viktor.
Come formiche in pellegrinaggio alla tana.
La scatola aperta era vuota. Era solo una scatola vuota, che forse un tempo conteneva qualcosa. Forse una variante autonoma dell'EXO, forse nulla. Viktor cercò di gridare, ma qualcosa si muoveva in fondo alla sua gola, risalendo dentro la nuca. Una mano liquida ricoprì il suo cervello, gonfiandosi. L'uomo sentì un osso nuovo farsi strada, aprendogli il cranio senza dolore. Gli occhi si rovesciarono fuori, gli innesti di rame si intrisero di liquidi, si mossero, sprofondarono dentro altri organi sconosciuti.

 
Continua nel capitolo:


 
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