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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Captain Tsubasa (Holly e Benji)
Titolo Fanfic: BALÃO
Genere: Sentimentale, Drammatico, Sportivo, Autobiografico, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, What if? (E se...)
Autore: sanae78 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 19/02/2008 18:35:14

Storia di Roberto Hongo e del suo amico pallone
 
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- Capitolo 1° -

Buona lettura!
Sanae78

“Balão”
di Sanae78

La palla si schianta con violenza per l' ennesima volta contro il vecchio muro, che a furia di ricevere pallonate sta perdendo l' intonaco. Poi rimbalza all’ indietro giungendo ai miei piedi.
Sono distrutto, mi piego sulle ginocchia per cercare di prendere fiato e poco dopo mi siedo sui gradini di un logoro edificio prendendo in mano il mio balão, il mio amico pallone. Anche esso è molto rovinato.
Lo stringo al cuore. E' l' ultimo regalo che mi ha fatto mia madre.
Ha fatto molti sacrifici per comprarmelo e me lo ha regalato per il mio ottavo compleanno.
Qualche mese dopo è stata vittima di un brutto incidente stradale e mi sono ritrovato tutto solo a cercare di sopravvivere in una delle povere favela di San Paolo.
Come tanti giovani brasiliani ho sempre amato il calcio, anche se con i miei amici, visto che non potevamo per metterci di acquistare un vero pallone, giocavamo a piedi scalzi calciando un oggetto di forma indefinita, creata con degli stracci e tenuta insieme da del nastro adesivo.
Sono sempre stato consapevole di avere un talento naturale per il calcio, tuttavia la mamma non voleva che m' illudessi. Lei sarebbe stata orgogliosa di me, anche se solo fossi riuscito a trovare un lavoro dignitoso che mi permettesse di uscire dalla miseria.
Era molto giovane, quand' era rimasta incinta di me. Mio padre era uno studente giapponese, venuto in Brasile per trascorrere una vacanza. Lui e la mamma avevano avuto una breve ed intensa storia amorosa. Si erano sposati quando la mamma mi aspettava già da qualche mese. Purtroppo non avevo avuto il tempo di conoscerlo. Era rimasto coinvolto in una sparatoria ed un proiettile vagante l' aveva colpito. Era morto così a meno di un mese di distanza dalla mia nascita.
Di lui mi rimane il cognome Hongo.
Ho quasi quattordici anni e mi sto sottoponendo ad un durissimo allenamento per affrontare domani il provino per entrare a far parte della squadra giovanile del San Paolo.
Se ci riuscirò, potrò sperare di diventare in breve tempo un calciatore professionista.
Ci devo riuscire!
Lo devo fare per mia madre che ha sempre creduto in me!
Lo guardo e non posso fare a meno di pensare a lei...come eravamo felici a quei tempi, pur possendo quasi nulla! Ci volevamo bene e questo ci bastava.

“Ciao mamma, sono arrivato! E' pronto da mangiare?...Ho una fame da lupo!”
Mi muovo come un forsennato per tutta la stanza palleggiando ancora con la mia palla di stracci.
E' ai fornelli e si gira agitando il mestolo e dicendomi: “Metti via quel coso tutto sporco che ci sono le pietanze in tavola.”
La guardo un po' arrabbiato e brandendo con orgoglio il mio giocattolo preferito, le grido: “Non è un coso! Lui è il mio amico pallone e grazie a lui sarò in grado di offrirti un futuro migliore mamma! Da grande diventerò un calciatore professionista, guadagnerò tanti soldi e ti regalerò una bella casa! Non dovrai più ammazzarti di lavoro per mantenerci!”
I suoi occhi diventano lucidi, si volta verso il fornello, lo spegne e si rigira di nuovo verso di me: Ora però devi mangiare piccolo campione mio...oggi compi otto anni e per festeggiarti ho preparato un menù speciale apposta per te!”
Mi ero dimenticato del mio compleanno!
Le sorrido, appoggio il mio compagno di giochi sulla sedia accanto a me e mi metto a cenare.
Riesco solo a dire: 'Grazie mamma!”
Che pranzo meraviglioso. E’ tutto strabuono e addento ogni portata con grande voracità, chiedere il bis un paio di volte.
Di solito i nostri pasti si compongono solo di una portata...deve aver fatto parecchi straordinari per potersi permettere questo pranzetto.
Mangiando posso percepire tutto il suo amore.
Mi accorgo che lei ha già finito di pranzare e con la bocca ancora un po' sporca le chiedo: “Mamma, ma non mangi più?” (non è una battuta, vero? Togli il punto esclamativo...)
Lei sorride di nuovo, si alza e tira fuori da sotto il tavolo un pallone di vera pelle, uno di quelli che ho sempre osservato dalle vetrine dei negozi sognando di possederne uno un giorno. E' adornato con un fiocco e me lo sta mettendo tra le mani che senza che nemmeno me ne rendessi conto si solo allungate per afferrarlo: “Questo è il tuo regalo Roberto! Ti auguro di realizzare i tuoi sogni! Ricordati solo di tenere i piedi per terra! Sono orgogliosa di te!”
Sono ancora incredulo. Il pallone è arrivato sulle mie mani.
“Che c'è Roberto? Non ti piace?”
Tutto ad un tratto le salto al collo abbracciandola forte forte con la mano destra, mentre con l' altra tengo stretto il suo dono: “Grazieeee! Mammaaaa! Lo desideravo tanto!”
Ci guardiamo negli occhi e lei mi mette una mano sui capelli accarezzandoli: “Ti voglio bene Sei il mio tesoro.” e mi da un bacio affettuoso sulla fronte.
D' improvviso mi divincolo, aggancio la palla con i piedi e mi dirigo verso la porta gridandole: “Balão è meu amigo...il pallone è mio amico...è un regalo stupendo...ora ho un nuovo amico che tratterò bene e con cui mi divertirò tanto!”
Sono quasi fuori e sento la sua dolce voce: “Rientra prima che si faccia buio! Mi raccomando!”

Sono passati così tanti anni ed a volte vorrei ancora avere la possibilità di riavvolgere il tempo per poterla rivedere, anche se solo per una volta.
Era così bella. Snella, abbastanza alta e di carnagione chiara. Aveva due limpidi occhi castani ed i suoi capelli erano dello stesso colore, lunghi e leggermente ondulati. Sempre pronta a donarmi un sorriso...era tutto il mio mondo!
Dopo che è mancata, se non avessi avuto il calcio in cui sperare, sarei impazzito dal dolore.
Ogni volta che guardo un pallone penso a lei che, da lassù, mi guarda e veglia su di me.
E' stata lei a portare il capitano Ozora da me per trarmi in salvo da quel mare in cui, preso dallo sconforto, avevo tentato il suicido ed in questo modo mi ha condotto anche da Tsubasa.
Non avevo più speranze, pensavo che la mia vita non avesse più senso, perché non potevo più giocare a pallone che era l' unica cosa che fino a quel momento mi avesse dato una ragione per tirare avanti.
Invece per merito di Tsubasa ho capito che c' era ancora speranza e che non ero costretto ad abbandonare del tutto il calcio.
Potevo insegnare agli altri quello che avevo appreso in tanti anni di carriera, e dopo essere stato l 'allenatore della squadra del San Paolo, ora ho l' onore di guidare la nazionale brasiliana.
Anche oggi, come al solito, mi trovo su un campo da calcio, ma non per lavoro. Sono in un centro ricreativo che ho contribuito a costruire e di cui mi occupo insieme ad alcuni ex colleghi. Qui ci vengono tanti meniños de rua. Possono venirci per studiare e per praticare delle attività sportive.
Ognuno di loro mi ricorda me da ragazzino, girovago per le strade e sempre che riesce a sopravvivere solo grazie a degli espedienti..
Se padre Joao non mi avesse accolto in un centro simile a questo, seppur più modesto, chissà che fine avrei fatto?

“Salve Roberto. Che bello che tu sia passato a trovarci.” la sua voce è inconfondibile.
“Buongiorno padre.” ci scambiamo una calda stretta di mano e lui si mette di fianco a me.
“La settimana scorsa hanno finito di sistemare il campo da calcio ed è utilizzabile. L' hanno voluto inaugurare subito mettendosi a giocare. Guardali...come sono contenti! Grazie per l 'aiuto che ci dai!”
“Si figuri, per me è un piacere! Mi aspetti qui un attimo. Ho portato qualcosa per voi.”
Sembra stupito. Mi dirigo verso la macchina. Tiro fuori dal baule un enorme saccone trasparente che contiene una trentina di palloni nuovi di zecca. Chiudo l' auto e sistemo il prezioso carico sulle spalle.
Raggiungo Don Joao: “Eccomi!”
Appoggio la borsa per terra e faccio in modo di richiamare l' attenzione dei ragazzi: “Ir para jogar futebol...giochiamo a calcio!”
Mi guardano tutti. Apro il grosso sacco e mi metto a tirargli i palloni dicendo: “Tenete! C è n'è uno ciascuno e quelli che avanzeranno li potrete utilizzare per allenarvi tutti insieme. E' il mio regalo per voi...spero che, come è capitato anche a me, quest' oggetto sferico vi doni la speranza di credere nel futuro!”
Agganciano i loro nuovi amici pieni di gioia e vengono di corsa festanti verso di noi.

Ragazzini che mi circondano speranzosi: è una scena che ho già vissuto sia in Giappone che in Brasile.
Il pallone sarà sempre un mio amico e per merito suo potrò aiutare tante altre persone.

Balão è eperamos...il pallone è speranza!

Ci gioco ancora con lui...”Forza ragazzi, preparatevi che giochiamo un pò insieme!” mentre mi giro verso padre Joao “Dimenticavo di dirle che, con gli altri benefattori, abbiamo deciso di creare una squadra di calcio di questo oratorio che, potrà cimentarsi nei vari campionati locali...bisogna solo decidere il nome!”

“Siii, che bellooo!”
“Saremo una vera squadra, ma ci pensate!?”
“Ci divertiremo tanto!”

Dovrebbero deciderlo loro...”Allora ragazzi...come volete chiamarla?”

All' unisono mi rispondono “Esperamos!”


FINE


Note

- 'Balão' in Portoghese significa pallone.
- 'Meniños de rua' sono i ragazzi che vivono per strada in Brasile.
 
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