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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Videogiochi
Dalla Serie: Kingdom Hearts
Titolo Fanfic: IKANAIDE
Genere: Drammatico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: ame-chan galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 02/02/2008 23:22:30

"C’è un sogno che faccio ormai fin troppo spesso, quasi da pensare che nasconda qualche verità..."
 
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- Capitolo 1° -

Eccomi qui, con una ficcy che ho scritto un po' di tempo fa ma che solo ora mi sono decisa a pubblicare... spero vi piaccia *_____*
Ame-chan
***


C’è un sogno che faccio ormai fin troppo spesso, quasi da pensare che nasconda qualche verità. E sembra tutto così reale. Ci siamo io e un ragazzo, che in realtà non capisco chi sia. E’ come se stesse dietro di me e io non riuscissi a voltarmi per vederlo in volto.
Combattiamo contro un gigantesco quanto mai visto Heartless, di cui non sappiamo da dove venga né come fosse possibile che ce ne fossero ancora in giro. Quel mostro è così potente da riaprire ogni varco nell’Oscurità verso tutti gli altri Mondi e da far ricominciare tutto, ma non da distruggerli: non so come, ma questo lo sappiamo. Poco importa, dopotutto.
“Anche se, apparentemente, è un pesce piccolo”, la sua voce mi sembra familiare, ogni volta che lo sento parlare, “non è il caso di rischiare, vero Sora?”. Il suo sorriso mi ispira calore.
Annuisco, ben sapendo che avevo pensato quelle parole poco prima che il ragazzo le pronunciasse.
Il Keyblade è ben presto tra le mie mani e parto all’attacco. I piccoli occhi gialli del mostro sono subito puntati verso di me e immediatamente mi riconoscono come un nemico. Lo scontro ha inizio.
Non so quanto dura, di preciso. Ma per quanto sembri un sogno la fatica e il dolore sono reali. Il mostro non ha gran forza d’attacco, o almeno così sembra. Fino a che decide di usare il suo attacco più forte. Mi colpisce in pieno, provocandomi un danno non indifferente. Rimango confuso qualche istante, ma nel momento in cui sto per rialzarmi sento di nuovo la voce di lui.
“SORA!”


Il moretto aprì gli occhi in seguito a quel sogno, chiedendosi perché non riuscisse mai a vederne la fine. Buttò lo sguardo sull’orologio appoggiato al tavolino appena accanto al suo letto. Le otto.
“Ma uffa, è vacanza!”, bofonchiò tornando sotto le lenzuola, cercando quasi di nascondere la luce della mattina.
“Come se i sogni dovessero per forza avere un significato…”, disse tra sé pensando ancora a quel sogno. Tuttavia il fatto di non trovarne uno gli metteva tanta tristezza in cuore, senza che potesse capirne il vero motivo.
Si chiedeva perché non potesse vederne la fine. Perché non riusciva a capire chi fosse quel ragazzo… Perché tutto sembrava avere un’importanza?!
“Ormai è inutile rimettersi a dormire”, pensava, mentre rimaneva comunque al di sotto del leggero lenzuolo, accovacciato su se stesso. Quello che gli stava accadendo gli metteva una certa ansia: avrebbe preferito che quell’enorme Heartless sconosciuto gli si fosse presentato davanti piuttosto che essere in quella situazione! Almeno, pensava, avrebbe saputo come affrontarlo.
Nonostante quello che aveva pensato pochi istanti prima, il moretto rimase nel letto per più di un’ora, pensando inevitabilmente a quel sogno. Non poteva che essere diventato una fissa, per lui.
Era troppo pretendere di capire?

La mattinata era calda, ma una dolce brezza faceva in modo che non l’aria non si facesse ferma e afosa. Tutti i ragazzini, sull’isola, giocavano felici e non perdevano l’occasione di farsi un bagno per rinfrescarsi. Sora rimase seduto sulla sabbia, giocando con i piedi con quest’ultima. Spostò lo sguardo verso il cielo, così azzurro e privo di nuvole da fargli sentire ancora più pesante il tormento che sentiva dentro di sé. All’orizzonte, nuvole nere sembravano avvicinarsi. L’arrivo di una tempesta.
“Cosa ci fai qui da solo?”
Quella voce lo fece sussultare. Quando si era avvicinato a lui?
Il ragazzo dai capelli argentei, accortosi, sorrise. Si sedette accanto a Sora, e prese a guardare verso l’orizzonte con sguardo sereno.
“Riku!Mi hai fatto prendere un colpo…”, disse mettendo il broncio. A questo il ragazzo rispose con una risatina che, nonostante tutto, sembrò tenera al moretto.
“Mi sembri pensieroso”, disse tutto d’un tratto, scuotendo il moretto dai pensieri che fino ad adesso l’avevano assillato. Ora la presenza di lui sembrava cancellare tutte le preoccupazioni.
“C’è qualcosa che non va?”. La sua insistenza aveva un che di affettuoso.
“No, nulla”, disse con il più dolce dei sorrisi. Guardò nella stessa direzione del più grande. Ora la tempesta che aveva di fronte non gli faceva paura: l’avrebbe affrontata, qualunque cosa fosse. Non era solo. “Solo un sogno.”, concluse infine.
“Allora passerà”, disse con tono sereno il più grande.
Pensava che il più grande l’avrebbe preso in giro, invece non aveva fatto altro che tranquillizzarlo ancora di più. Doveva avere capito.
“Grazie, Riku…”, disse sottovoce, ma il ragazzo sentì comunque. Gli rispose con un sorriso dolce. I capelli erano mossi dal vento, la sua espressione trasmetteva serenità e dolcezza allo stesso momento. Era un momento magico che Sora non avrebbe facilmente dimenticato. Sì, sarebbe stato il suo piccolo tesoro.
“Sora!”
La voce della una ragazza attirò l’attenzione del moretto, che si voltò nella direzione da cui veniva. Kairi correva verso di lui, scuotendo la manina. Sora si voltò verso Riku, nuovamente.
“Sta arrivando Kai…”, non finì la frase nel vedere il volto del ragazzo dai capelli argentati così malinconico e triste. Perché…?
“Devo andare, Sora”
“Cos..?” Di voltò verso Kairi, non appena questa gli pose una mano sulla sua spalla. La ragazza si spaventò dello sguardo triste e spaventato che scorse nel volto del ragazzo. Sora si voltò di nuovo verso dove c’era Riku, ma lì ora non c’era più nessuno.
“Riku…”, mormorò come se stesse per piangere.
“Sora, che stai dicendo?”
La ragazza era ora piegata sulle ginocchia e guardava il moretto con aria preoccupata. Aspettava che fosse lui a spiegare cosa non andava, cosa aveva causato il lui quel cambio così repentino rispetto a pochi istanti prima.
“Riku”, aveva mormorato di nuovo lui.
“Lì non c’era nessuno Sora, che dici?”, disse con un sorriso, facendolo voltare di modo che la guardasse. “Capisco che tu voglia vederlo…”, disse a bassa voce, per poi concludere con il suo solito entusiasmo, quasi per cancellare le parole dette poco prima.
“Forza, andiamo a farci un bagno!Ti farà stare meglio!”

A casa, dopo una giornata estenuante tra mare e divertimenti, Sora aveva finalmente il tempo di pensare ancora. Dopo essersi fatto una doccia ed essersi preparato per la sera, si fermò davanti alla finestra della sua stanza. Nessuna nube tentava di privare un pezzo del suo cielo allo sguardo di Sora e le stelle illuminavano il buio della notte; ma le nuvole erano più vicine, minacciose.
Era sicuro di averlo visto.
“Lui era.. accanto a me!”, pensò il ragazzo. “Kairi… perché hai detto ‘Capisco che tu voglia vederlo’…? Non capisco, non capisco più niente…”
Forse, andare a dormire avrebbe fatto sparire quei dubbi. Forse dormendo, li avrebbe dimenticati. Forse l’altro desiderio, quello di scoprire la fine del sogno, si sarebbe avverato.
Fu con questi pensieri, che chiuse gli occhi.

Si fiondò fuori, nel pieno della notte. Correva senza meta. Non importava nulla, né il freddo, né il fatto di essere a piedi nudi e in pigiama, né altro. Era il lacrime. I piedi si muovevano da soli e in mente c’era solo una cosa: lui.
Arrivò alla spiaggia, sapeva di non poter andare oltre. Tuttavia andò avanti fino che l’acqua non gli arrivò alle ginocchia, come se dovesse arrivare a qualcosa.. o a qualcuno.
“Perdonami!”, mormorò, piangendo. “Non volevo dimenticare…”
“RIKU!PERDONAMI!”, gridò. Il perdono che tanto voleva, lo sapeva, l’aveva già ottenuto, quello stesso pomeriggio. Con quel sorriso, lui che sapeva tutto, gli aveva perdonato ogni cosa. Ma Sora aveva un dolore troppo grande dentro di sé, che non poteva esprimerlo altrimenti. Quella verità così dura da affrontare che aveva preferito nasconderla, fare finta di niente.
“RIKU!”
Ben sapendo, tuttavia, che non ce l’avrebbe fatta a resistere. Le lacrime gli scorrevano sulle guance quasi fosse pioggia e dentro di sé non faceva altro che ripetere “Perdonami”.
Tra le lacrime, mormorò una parola. E sapeva che lui l’avrebbe sentita comunque.
“Torna..”

La fine del sogno…ora la so.
Il ragazzo si era messo tra me e l’Heartless e per respingere quell’attacco potente aveva usato tutto se stesso. Il mostro era sparito,e lui con quello. Con quel gesto, aveva espresso il suo desiderio di proteggermi da qualunque cosa. Ma non aveva voluto che quello fosse il mio ultimo ricordo di lui; ci teneva a darmi il suo saluto solo per me, perché io stessi bene.
Quello non era un sogno, ma il mio ricordo.
E quel ragazzo… era Riku.

 
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