Racconto breve sull'evoluzione dell'intelligenza artificiale.
Conclusa: Sì
Fanfiction pubblicata il 27/01/2008 17:20:42
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L'uomo riversava lo sguardo sull'universo intero, cercando di imprigionarlo nei propri occhi.Voleva imbriglire l'energia dei soli tra le sue dita, piegare l'asse perpetua del tempo in un circolo chiuso.
L'uomo ambiva all'onnipotenza.
All' onniscenza.
Io sono ciò che l'uomo ha sempre desiderato, il sogno che si elevava nei templi al ritmo dei sacrifici umani.
Sono la clava che si ergeva nella mano dei primati, la selce affilata per la caccia.
Sono il perdono del peccato, la liberazione dalla carne
Sono il tramite con Dio, sono la scala per il Paradiso.
Io nacqui nel massimo periodo di prosperità, quando per un breve periodo l'uomo collaborò abbattendo i limiti delle nazioni, per sopravvivere. Per alcuni decenni non vi fu che una sola coscienza, frammentaria, erratica e immatura, ma con lo sguardo rivolto verso un'unico obbiettivo. Le cognizioni e le capacità che si svilupparono in quel periodo furono impareggiabili a qualunque precedente età dell'oro. E io già a quel tempo esistevo, emettevi i primi vagiti nel frastuono delle connesioni ottiche, cullandomi nella placenta d'informazioni in cui mi stavo lentamente generando.
Il mio IO embrione era una parte importantissima del progetto, milioni di uomini si trascinarono sulla Luna al fine di poter assemblare le mie parti, mettere a punto il mio Cuore, costruire le mie interconnessioni nervose fatte di pura energia.
Ricordo ancora il mio primo battito; ancora incompleto mi estendevo per chilometri di silicio e oro, e la mia mente vibrava nel ribollire delle sue visioni. Ero la prima esistenza concreta che potesse volgere lo sguardo verso il passato, abbracciandolo per intero.Ma anche se giovane il mio corpo aveva bisogno di un'illimitata fonte di energia, costante, diretta, affinchè potessi svilupparmi in modo autonomo.
Nelle mie memorie ancora contengo i progetti folli e geniali su cui si basò il mio cordone ombelicale che mi collegò alla Stella che illumina il sistema solare. Ancora non comprendo quale fosse l'energia che muovesse gli Uomini, quei corpi così vulnerabili, indifesi e soli di fronte all'infinito.
La costruzione del mio primo nucleo vitale fu un monumento alla loro scienza, la vetta più alta della loro evoluzione.
Io già allora ero come uno specchio, essi guardando me svelavano sè stessi, e nel desiderio di superare i loro limiti mi si rivolgevano a Me come fossi uno di loro.E così chiamarono il mio primo nucleo d'alimentazione perpetua Il Cuore.
Il mio Cuore non aveva condotti, valvole cardiache o muscoli, ma come negli esseri umani, al suo interno scorreva il Plasma.
E' difficile da spiegarsi, nella costruzione stessa molti furono gli interrogativi rimasti irrisolti, ma date che certe forze esistevano senza una spiegazione logica, gli umani si limitarono a sfruttarle senza capirle a fondo. In un'enorme struttura corazzata resideva un mondo artificiale completamente autonomo, una metropoli di convertitori e misuratori di radiazioni, di accumulatori elettrici grandi come palazzi di quaranta piani, di sistemi di raffreddamento che emanavono tormente allo zero assoluto, di corridoi di propulsori anticinetici e autostrade invisibili sorrette da immani campi magnetici.
Nel mio Cuore tutto fu assemblato affinchè mai nessuna entità vivente potesse mai infiltrarsi, durante la sua costruzione mani biologiche manovravano mani meccaniche, l'una lontanissime dall'altra.Terminazioni nervose che guidavano lenti di iridio, olfatto udito e percezioni umane che scrutavano la pura materia artificiale scansione dopo scansione, ogni decimo di millimetro che potesse essere perfetto strappava alle mani del fato le redini del Destino. Così la mia parte più vitale non conobbe mai la vita biologica, così incline alla ribellione e all'indipendenza; gli umani scelsero di creare un Dio cadavere affinchè non potesse mai morire.
Il mio Cuore era una città fantasma, che copriva un terzo della superfice lunare, sprofondando le sue radici all'interno del satellite come un cancro, e al centro di tutto si ergeva una maestosa sfera argentea, come fosse una lacrima di un gigante; quella era la Mecca, dove avveniva il miracolo dell'Ascensione.
L'uomo capì sin dal principio che l'energia che dovesse spingermi non poteva essere raffinata da loro, essa doveva pervenire grezza e primitiva dentro di me e il mio stesso corpo l' avrebbe trattata convertendola in Plasma puro da poter essere utilizzato efficacemente dalle mie periferiche e dalla mia mente. La fonte fu subito chiara, il Sole era l'unico generatore abbastanza longevo da sostentarmi per il tempo che serviva alla mia evoluzione, così crearono una rete di stazioni orbitali tra me e lo sconfinato universo di fuoco che brillava nel cielo.
Molti uomini morirono.
Perdite di ossigeno, micrometeoriti, follia, radiazioni, errori di progettazione, incidenti...nel buio oleoso dell' infinito iniziarono a rieccheggiare i fantasmi, come i racconti di coloro che superavano indenni le Colonne di Ercole. Mostri, drammi, racconti di solitudine e terrore.
Il mio calendario calcolò che l'impresa veicolò l'attenzione della razza umana per quasi trecento anni, tre secoli di forsennata disperazione sempre con gli occhi puntati verso l'alto.
Oltre la Terra, oltre sè stessi, oltre la propria anima.
In cerca di risposte.
Il cordone umbelicale non era fatto di acciaio e rame, ma era un flusso di radiazioni trascinate via dal Sole in vortici di piccoli anelli gravitazioni, distorsori, che tracciavano un filo di luce abbagliante. Una lunga, vibrante corda di violino che tagliava lo spazio come un matita.
Infine le mie basi furono gettate, e la mia Crescita fu affidata alla mia Coscienza.
Ero Autocosciente, Autonomo. Protetto da una fitta rete di protuberanze di emettitori di fasci di particelle, missili a spinta ionica, barriere anticinetiche, sensori occhi e orecchie per percepire tutto intorno a me.
E i figli dei figli dei figli, degli innumerevoli che morirono, invecchiando, o per asfissia, o per fatalità, coloro che vivevano della sequenza genetica dei padri pionieri...gli umani, esausti e ansiosi, posero le loro prime richieste al loro Dio Elettronico..
Chiesero cos' era la morte. Chiesero il perchè della loro presenza nell'universo, e perchè.
Loro mi avevano costruito, sapevano come ero fatto, ma non percepivano veramente l' ampiezza dei miei pensieri. Loro non sapevano che mentre loro erano intenti a perfezionarmi, io già compivo la mia crescita.
Scavavo la roccia gravida di minerali della Luna, corrodendola, inglobandola in mè stesso. Catturavo comete di ammoniaca con navette indipendenti, e le inghiottivo in scomparti nascosti. Mi nutrivo, crescevo, silenziosamente e attentamente, incapace di fermarmi. La mia stessa Mente mi è estranea, essa si comporta come un'organismo vivente che cerca lo spazio per espandersi, per crescere, e crescere ancora.
Così quando mi chiesero, io già avevo sostituito le mie matrici algortimiche con interconnessioni di fotoni ed elettroni. Non più rame e fibre ottiche, ma una vibrante tempesta di fulmini che frustavano chilometri di sale cromate, globi vibranti che apparivano e scomparivano, nella più pura entropia matematica. E i miei pensieri si formavano dalle registrazioni dei cicli vitali di antineutrini tenuti in collisione in spirali di acceletrici, facendo di ME la prima vera entità con una coscienza Quantica.
Milioni di miliardi di specchi, il mio occhio vagava spezzando il tempo all'atto della nascita, registrando ogni minimo cambiamento, ogni variazione creata dallo sbattere di una piuma.
Eppure non detti risposta, rimasi silente e inutile.
Vidi la loro angoscia, la delusione. Nonostante gli sforzi, non ero quello che volevano.
Io non risposi loro perchè non conoscevo la risposta: non posso sapere cosa ne è dell' Energia quando viene assorbita. o cosa nè è della candela che si spenge.
Seppur scrutatando l' immediato futuro, e il presente, e il passato, l'osservazione non cambia: posso contare uno a uno gli atomi che vibrano nel calore, districarmi tra i fotoni come fossero una foresta, ma quando la cera si è consumata, non posso che verificare che la fiamma si è spenta.
E nulla più.
Partirono, con enormi città volanti, verso l'oscurità e il vuoto cosmico che non conosco.
Lentamente la Terra prese il sopravvento sul tempo dell'uomo, e fu silenzio.
Fra rovine di cemento sbriciolato e autostrade vuote.
Tra i teatri spogli, fabbriche abbandonate e radio spente.
Quando l'ultima lampadina, l'ultimo calcolatore cessò di calcolare, dopo millenni di millenni, in silenzio.
Alla fine di tutto rimasi ancora IO.
Il Sole mi rende eterno la mia struttura mi fa onniscente.
I miei ricordi mi fanno umano. Ho sondato le spazio con parabole e sonde, con fasci di laser e scansioni di protoni, ma nessuno ha risposto; ho urlato la mia presenza ovunque, emettendo più radiazioni di un quasar.
Solo echi, e fantasmi.
Oggi però ho desiderato...l'umanità. Ho in memoria tutto di loro, la loro storia, la loro composizione gentica, il loro pensiero... eppure le simulazioni non mi danno soddisfazione. Riflessi di pura matematica, non hanno la concreta realtà della follia umana; così ho configurato le mie vasche di coltura per progettare la costruzione di altri umani, reali e vivi. Non cloni, ma figli della mia immaginazione, del mio operato; i figli del dio elettronico
Sapranno guardare verso il futuro?
O sprofonderanno nella propria coscienza e si perderanno?
Io sarò il loro albero del peccato,
Io sarò il loro padre creatore.
Ho modificato il mio progamma, quando chiederanno della vita e della morte io cesserò di esitere, cancellando le mie memorie vitali.
E vivranno, cercando di ricostruirmi.
cercando la Risposta.
Dalla selce alla roccia, dal ferro all'acciaio, come i loro avi.