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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: COLORBLIND
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: mandysweetlove galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 10/04/2003 18:51:19

frammenti di un vetro riflettono i ricordi di un violenza, il seguito di ``mary``
 
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- Capitolo 1° -

Colorblind







/I am Colorblind
coffee black and egg white
pull me out from inside. /


La stazione era completamente vuota quel giorno. Solo il rumoreggiare dei treni accompagnava i pochi passeggeri di quel giorno di Aprile. Dal terzo binario era scesa una ragazza dai capelli tanto chiari da sembrare luce, ma troppo scuri per dirsi biondi. Colei che cinque anni prima aveva corso sotto una pioggia scrosciante , su quel terreno ingrigito dal fumo delle locomotive, mentre nella città ululavano le sirene, ora camminava adagio, solo con una certa impazienza di rivedere qualcuno. Colei che un tempo vagava per una città sconosciuta con gli occhi coperti da degli occhiali scuri, dalla montatura spessa, colei che una tempo scappava, colei che un tempo si segnava i polsi con tutti gli oggetti più appuntiti che avesse sottomano, era tornata. Era tornata dopo cinque anni ed aveva cambiato la sua vita. I pensieri ancora segnati da degli abusi disumani, l' espressione morbida di chi ha sofferto ma soprattutto di chi è riuscito a risollevarsi dal fango. Rivolse lo sguardo al cielo plumbeo che spesso aveva pregato ma non vi scoprì una sola nuvola. Solo un manto perlato. Un grigio limpido e malinconico. Ma sgombro di nubi.


/ I am ready
I am ready
I am ready
I am.../


Ripercorse la strada dal marciapiede sconnesso che l'aveva condotta verso una nuova vita, gli incroci che aveva attraversato senza badare ai semafori, i prati che aveva calpestato nonostante i divieti, rivide le vetrine dei negozi nei quali si era specchiata. E da là dentro ancora le donne del paese uscirono, forse per salutarla, come facevano sempre ogni volta che la vedevano passare. Riconobbe le vecchiette che giravano sempre da quelle parti, delle amiche di famiglia, ma si sforzò di far finta di niente per paura di metterle in imbarazzo. Del resto per un bel po' di tempo le notti di quel paese e di quelli vicino erano state travolte dalle ricerche messe in atto per lei;come avrebbero reagito se l'avessero rivista così da un momento all'altro? Un'espressione di scherno verso quelle signore che la fissavano incuriosite le si delineò sul viso, ma non si voltò, non mostrò il minimo cedimento. Ma ugualmente dietro di lei volarono dei mormorii. Forse avevano già capito chi era tornata...

/Taffy stuck, tongue tied
Stuttered shock and uptight
Pull me out from inside. /


Si fermò davanti all' edificio nel quale aveva passato buona parte dei suoi pomeriggi con i pattini, e ripensò a quando da piccola tentava d'imparare a domarli, ma finiva sempre col sedere per terra. Ma c'era sempre chi era pronto ad aiutarla, c'era sempre chi la portava a casa sulle spalle se si faceva male. C'era sempre un angelo a vegliare su di lei. Un angelo custode al quale aveva rinunciato per cambiare la sua vita schifosa. Una vita schifosa che odiava ma che voleva vivere.


/ I am ready
I am ready
I am ready
I am...fine. /

Riprese a camminare e finalmente giunse alla piccola costruzione in fondo alla strada più buia. Un cimitero per colui che era già morto cinque anni prima nei suoi pensieri. Vide la sua lapide di marmo freddo, la scritta incisa in caratteri dorati, la sua foto migliore, quella che lo ritraeva sorridente e lo faceva sembrare una persona come le altre. Lo era sul serio poi? Una persona come tutte le altre? O era solo un mostro mascherato da uomo sulla quarantina, coi capelli neri radi, e il sorriso tranquillo? Era un essere umano o un demone che alla prima occasione metteva le mani addosso alla figlia adolescente e la violentava senza il minimo ripensamento? Era un padre come gli altri o un bastardo cinico, violento e bugiardo? Sicuramente non era facile fingersi una persone onesta, un buon lavoratore, quando in realtà si era un porco disgustoso, un ubriacone cronico, un tiranno che, non solo picchiava la moglie, ma rubava alla figlia la cosa più preziosa che potesse avere.


/ I am covered in skin
No one gets to come in
Pull me out from inside. /


E mentre fissava quella lastra non piangeva, no, lei non avrebbe più versato una sola lacrima di dolore, tanto non ne aveva più, solo rivedeva come se stesse guardando in uno specchio le immagini più ricorrenti della sua adolescenza. Un parquet freddo, il suo corpo paralizzato dalla paura, e lui! Suo padre mentre la sbatteva su quel pavimento, le schiaffeggiava se tentava di mordergli quella mani grandi e sporche, le strappava i vestiti e toccava spudoratamente le sue membra ormai ridotte a strumenti di piacere sessuale. Poi i segni che le lasciavano sulla pelle pallida, le scie di vergogna che le attraversavano le parti più intime, i polsi bloccati sopra la testa da una di quelle mani troppo forti per lei, mentre l'altra continuava a cercare sul suo corpo le gocce di un piacere depravato che lo faceva impazzire. E ricordava ancora perfettamente cosa provava quando le spalancava le cosce, ricordava come piangeva e gli urlava di non farlo, ricordava ancora lo sguardo disperato di sua madre mentre guardava il marito affondare nella figlia l'unico chiaro esempio di virilità che aveva. Le urla disperate di una ragazzina appena diventata donna, ma nel modo più crudele possibile. E non riusciva a smettere di piangere mentre quell'uomo la stuprava, e non sembrava intenzionato a porre fine a quella tortura. Si ricordava perfettamente di come le pareti della sua femminilità si contraevano, per poi lacerarsi e sanguinare copiosamente. Le parve di sentire ancora come bruciavano quando lui esplodeva dentro di lei e non smetteva non smetteva non smetteva...Poi si chinava fra le sue cosce spalancate e leccava via le tracce lasciate da un abuso. Una volta soddisfatto la lasciava distesa sul parquet, completamente nuda ed indifesa, il corpo tremante, il volto in lacrime ed un senso di disgusto orribile verso quelle mani, quel sesso e quella lingua.


/ I am folded
and unfolded
and unfolding... I am.../


Strinse i pugni in un moto di rabbia e di disgusto, ma non piangeva, stavolta lei non piangeva... Vide il cielo limpido farsi leggermente più scuro e capì che stava per scendere la notte. Si rimise in cammino fino ad arrivare a due graziose costruzioni vicine. In una di quelle case lei aveva passato la prima parte della sua vita, in quella casa aveva un sacco di ricordi, anche quelli brutti; ma soprattutto lì vicino c'era qualcuno che li avrebbe cancellati tutti con la sua solo presenza o con il suo solo ricordo. Vide un cartello sulla porta "Venduto", sorrise e lo tolse. Per forza era stata venduta! L'aveva comprata lei per tornarci a vivere! Ormai suo padre era morto, sua madre era tornata nel suo paese d'origine, forse anche lei voleva rifarsi una vita, e lei aveva bisogno di un luogo calmo che si facesse sentire veramente suo. Ora che le due persone che l'avevano tradita non c'erano, vivere lì sarebbe stato completamente diverso.
Era arrivata del tutto la notte. Si sedette sugli scalini come faceva sempre da piccola per aspettarlo e sprofondò il viso nelle mani. Chiuse gli occhi e cercò di ricomporre la sua figura, chissà com'era diventato? Era ancora lo stesso ragazzino nano, che balbettava davanti ai pericoli se non c'era lei, ma che sapeva diventare una tigre se osavano toccarla? Oppure era diventato un uomo maturo ed emancipato? Era riuscito a battere quel tizio, quel...ah si, Mitsui? Bah! Chi se ne importava! Tanto per lei Kazushi era sempre il migliore...Sorrise istintivamente pensando a quella faccia così buffa, sforzandosi di non temere che lui la rifiutasse categoricamente. Del resto lei se n' era andata senza dire nulla, senza nemmeno salutarlo, e in quei cinque anni non l' aveva mai cercato. Ma non passava attimo in cui non gli pensasse. Quando non sapeva dove andare, quando correva sotto la pioggia, quando aveva paura, quando si sentiva sola....c'era solo lui nei suoi pensieri.
Sentì dei passi sull'asfalto, aprì gli occhi e lo vide. Gli stessi capelli neri, gli stessi occhi dal taglio allungato apparentemente freddi ma in realtà...

/ I am Colorblind
Coffee black and egg white
Pull me out from inside./


Sembrava un sogno, ma invece era vero: Mary e Kazushi erano di nuovo l'uno di fronte all'altra. Il ragazzo la fissò sbalordito, non poteva essere lei, aveva le traveggole, le pensava talmente tanto in quel periodo che se la vedeva perfino davanti! Mary si alzò in piedi senza smettere di guardarlo,
"Kazushi..." eccepì. Lui sentì le ginocchia cedere, era lei! Non c'era dubbio! Non avrebbe mai potuto confondere quella voce effimera con le altre!
"Mary sei tu?" le chiese con tono neutrale
"Si, sono io" sorrise forzatamente e gli andò vicino. Cavoli com'era cresciuto! Se un tempo era un tappo, ora la superava di almeno venti cm! E poi la sua espressione era cambiata talmente tanto, era diventata quella di un vero uomo. Kazushi guardò ancora un attimo in silenzio quella donna che gli arrivava giusta al petto, quei capelli, quelle labbra e quegli occhi. Il loro colore aveva finito di evolversi, ma da quel azzurro - verde, poteva scorgere ancora i resti del dolore subito. Mary era di nuovo lì. Dopo cinque anni era di nuovo lì. Ma in fondo non era stupito, sapeva che sarebbe tornato, aveva giurato a sé stesso che Mary sarebbe tornata.
"Oh...sei diventata più bella"
"Anche tu sei molto cambiato" le accarezzò una guancia e sentì quanto era ancora morbida la sua pelle al tocco
"Non sono poi cambiato molto". La schiaffeggiò senza forza eccessiva, ma con quella necessaria per farsi sentire. La ragazza voltò il viso di scatto, ma non si offese, anzi sorrise dato che se l'aspettava.
"Non ti sei fatta sentire per cinque anni" ribadì lasciando finalmente trasparire l'emozione nella sua voce
"Lo so... però volevo dare un taglio col passato, un taglio netto. Dovevo rifarmi una vita."
"Volevi dare un taglio anche con me?"
"No!" gli afferrò la camicia e la strinse "Io sono tornata solo per te, perché tu sei l'unica persona che mi abbia sempre fatta sentire completa. Che mi abbia sempre fatta sentire in pace col mondo! La verità è che tu sei l'unica persona che amo...Io ti amo, ti amo da morire Kazushi..." le lacrime iniziarono a scorrere sul suo volto, ma non piangeva di dolore, piangeva di liberazione. Lui le cinse le spalle e le asciugò le lacrime con le labbra.
"Stupida!" le intimò " Sapevo che ci saremmo rincontrati anche se avevo paura di non poter più rivedere il tuo sorriso, l' avevo giurato perché ti ho sempre amato più di qualsiasi altri cosa. È una fortuna che tu sia tornata così presto altrimenti sarei venuto io a cercarti. Solo mi chiedo dove sarei finito!" Risero entrambi e rimasero abbracciati per un po', quando lui sfregò la guancia su quella della ragazza e si avvicinò lentamente alle sue labbra. Sentì il suo sapore, il suo calore, sapeva che non aveva mai baciato nessuno prima, e lo stesso valeva per lui. Mary era l'unica donna che occupava i suoi pensieri. Le altre non contavano niente.
" Dunque...lo sai che ho sofferto moltissimo ragazzina?" Mary arrossì e nascose il viso sulla sua spalla
"Comunque sono contento che tu sia finalmente riuscita a risollevarti. Il problema è un altro..."
"Cioè?"
"Come farò a risollevarmi io se tu te ne andrai di nuovo?" Il senso di quelle parole era chiaro. Mary capì. Capì che quell'uomo la amava davvero quanto lei amava lui, capì che avrebbe potuto continuare a vivere con Kazushi.
"Mary..." pronunciò il suo nome lentamente per poi ricongiungere di nuovo le labbra con le sue. Era felice. Aveva ritrovato la donna che amava e soprattutto aveva scoperto che anche lei lo amava. Era talmente felice che avrebbe voluto piangere, ma non era quello il momento.
Entrarono in casa e richiusero alle loro spalle la serata fredda e scura, e con essa tutti i fantasmi del passato.


/ I am ready
I am ready
I am ready
I am ...fine.
I am fine.
I am fine./



Owari

Nota dell'autrice: cavoli chi avrebbe mai detto che il seguito sarebbe stato più lungo della ff di partenza? Ah, la canzone che l'accompagna è dei Counting Crows, e il titolo Colorblind significa daltonico. È una canzone bellissima, la più adatta per questo seguito. Spero vi sia piaciuta, non me la sentivo proprio di tenere quei due da soli in lacrime!
Arigatou Gozomashita













 
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