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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Naruto
Titolo Fanfic: L' INIZIO DI OGNI COSA...
Genere: Sentimentale, Romantico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: elimetal46 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 13/01/2008 20:44:22

Frutto di una mente malata ancora in erba...
 
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- Capitolo 1° -

Ok people! Se era una cazzata quella della lettera del Yondaime a Naruto… questa la batte di sicuro!
Preparatevi a leggere la mini fanfic più stupida e inverosimile che sia mai stata scritta….
P.S.= fornirei volentieri i sacchetti per il vomito ma purtroppo a casa non ho ancora l’apparecchio in grado di spedire per via multimediale gli oggetti né solidi, né liquidi e neppure gassosi…
P.S:= quante cavolate sparo oggi?!?! -.-'


L’INIZIO DI OGNI COSA


Una luna di perla brillava alta nel cielo di Konoha, trapunto di stelle. Neanche una nuvola correva nel cielo. Il vento soffiava leggero tra le case, i viottoli, le strade, portando con sé i profumi della grande foresta che circondava il più famoso e potente villaggio ninja del Paese del Fuoco.
Ombre e tenebre, luci e respiri.
La montagna degli Hokage vegliava attenta sul Villaggio della Foglia, che in quella notte più che in tutte le altre, lasciava trasparire un qualcosa di misterioso ed arcano…
Quella notte di fine estate un segreto, anzi due segreti stavano per nascere.
Due segreti di potenza e amore, sotto le spoglie indifese e pure di due piccoli uomini.
L’aria calda entrava dalla finestra spalancata della stanza, illuminata debolmente da un candelabro d’argento a cinque braccia, posto sopra alla scrivania di legno dell’Hokage.
Il Yondaime irrequieto camminava su e giù per il suo ufficio, circondato dagli scaffali di pergamene e libri ninja e dai suoi fidati, ognuno semi nascosto nel buio.
<Minato, andrà tutto bene> cercò di calmarlo l’esuberante ma ora serio e altrettanto impaziente Jiraiya, appoggiato alla scrivania.
Il Quarto Hokage neanche fece caso al suo vecchio maestro e cercò disperatamente lo sguardo rassicurante di Sakumo, il suo migliore amico, colui che riusciva a capirlo sempre al volo, senza parole, bastava solo l’incrociarsi dei loro occhi, sebbene avessero più di dieci anni di differenza.
Tutti quelli che erano lì con lui, mentre continuava imperterrito il suo andirivieni, gli erano sempre stati accanto, anche nelle situazioni più difficili e rischiose. Con ognuno di essi aveva un diverso ma vero e saldo rapporto di amicizia, forse tranne con uno, che se ne stava ad osservare silenzioso il mondo esterno, con le mani appoggiate sul davanzale della finestra: Orochimaru.
Ma comunque sapeva di potersi fidare di quell’uomo, solo per il semplice fatto che era il maestro di LEI, che lo considerava quasi come un padre.
Un improvviso urlo di dolore squarciò la notte silente.
Minato si fermò di botto, le pupille allargate al massimo nei suoi occhi azzurri, pieni di ansia e paura.
<Non ti preoccupare…> disse Sasori della Sabbia Rossa poggiandogli una mano sulla spalla.
Lo sguardo del Yondaime passo subito al biondo Deidara, affiancato dal giovanissimo e teso Obito Uchiha. Entrambi gli sorrisero.
Alla fine si decise a sedersi sulla sedia della scrivania, la mano destra nella sinistra poggiate sulla fronte, gli occhi bassi.
Kisame Hoshigaki era seduto in un angolo, su una poltrona su cui aveva appoggiato la sua enorme spada e teneva sulle sue ginocchia un piccolo Itachi Uchiha, che tentava di resistere al sonno.
Hidan se ne stava seduto a terra, la schiena contro un mobile, completamente preso a recitare i versi di quella che pareva essere una preghiera, ed intanto Kakuzu lo guardava di sottecchi, cercando di trattenersi, almeno per quella volta, nel criticare il fanatismo religioso del giovane uomo dai capelli grigi.
Zetsu invece era ritto in piedi, affianco alla porta di legno scuro, con gli occhi puntati sulla zazzera bionda del Quarto Hokage.
Erano tutti lì.
In attesa.
Snervante.
Snervante soprattutto per Minato e un po’ meno forse per il suo allievo Obito ed Itachi, che avendo all’incirca uno quattordici e l’altro cinque anni, non riuscivano a comprendere fino in fondo l’importanza degli avvenimenti di quella notte.
Ed intanto gli urli continuavano a crescere di frequenza e d’intensità.
Gli urli di una donna.
Orochimaru, sempre guardando fuori della finestra, chiuse e strinse le palpebre cercando di mantenere la sua mente lucida e di non squilibrarsi troppo, facendosi prendere dalle emozioni; non sarebbe stato da lui.
Jiraiya intanto aveva cominciato a mordersi spasmodicamente il labbro inferiore sinistro, le braccia incrociate al petto.
Come gli altri percepiva la preoccupazione, l’ansia, la paura, l’angoscia, la frustrazione di Minato…
Sperò con tutto il cuore che ogni cosa andasse veramente bene come aveva detto al suo ex allievo, poi ne dubitò ancora una volta, ma infine se ne convinse: dentro quella stanza, alla quale si accedeva mediante una porta nella parete dietro la scrivania, c’era anche Tsunade e con lei e il suo aiuto tutto sarebbe andato per il meglio.
Per Minato.
Per LEI.
E per il bambino.

La giovane dai capelli corvini non ce la faceva più.
Soffriva, soffriva terribilmente.
Anche il pensiero di Minato non riusciva a sostituirsi a quello del dolore.
Aveva combattuto molte battaglie, svolto molte missioni ma mai, in nessuno scontro, con nessuna ferita o colpo inflittole dal suo nemico, aveva provato un dolore così intenso e reale.
Quello che lei stava provando ora era un dolore diverso, “che sa di… vita e non di morte” si era detta la prima volta, quando aveva fatto nascere Itachi…ma allora, le donne sapienti di ostetricia del suo Clan, l’avevano drogata vista la sua giovanissima età, per evitare che potesse avere qualche trauma in seguito all’esperienza del parto. Quella volta non aveva quasi sentito nulla, se non un insistente senso di fastidio, tale era il suo stato di lucidità.
Si morse il labbro per non urlare mentre le contrazioni si facevano sempre più forti e ravvicinate.
Tsunade arrivò da lei, carica di asciugamani e di tutto il necessario, seguita a ruota dalla vecchia Chiyo.
Vedendo la giovane donna stringere i denti, corrugare la fronte e con il corpo imperlato di sudore, le prese la mano e, chinandosi verso di lei, dolcemente, ma risoluta le disse
<Non preoccuparti Mikoto, ci siamo noi. Ti aiuteremo a far nascere questo bambino, ma dobbiamo lavorare assieme… fai tutto ciò che ti dico, va bene?>
La ragazza fece un breve cenno d’assenso, per quanto il dolore glielo permettesse.
<Intesi!> confermò la donna dai capelli biondi, mentre s’inginocchiava sullo stesso letto matrimoniale in cui c’era Mikoto.
<Per prima cosa, non ti trattenere, urla quanto vuoi, dimentica tutte quelle regole su non farsi soggiogare dal dolore, eccetera. Pensa solo a respirare a fondo e a spingere più forte che puoi. Il resto verrà da sé e ti aiuterò io, fidati!>
Il dolore era lancinante e Mikoto, come le aveva detto Tsunade, rinunciò a combattere il dolore e pensò unicamente a fare quello che la donna le aveva detto, mentre lasciava che dalle sue labbra uscisse un urlo, che quasi lei non riconobbe come suo.
In seguito, non ricordò subito cosa fosse successo e cosa avesse fatto il ninja medico, fino a quando sentì le sue grida cessare e venir sostituite dal piangere di un bambino.
Vide la Sennin sorridente, che poggiava tra le braccia della buona Chiyo un fagotto candido di asciugamani…
Ma non ebbe tempo per riprendersi dalla stanchezza.
Dopo qualche minuto il dolore di poco prima ritornò, sembrandole ancora più intenso.
Fu presa dal panico… non riusciva a capire perché provava ancora dolore e perché le contrazioni fossero ricominciate; intanto aveva ricominciato ad urlare.
Allora l’espressione felice e rilassata di Tsunade tornò di botto decisa e concentrata, mentre con voce altisonante diceva
<Per tutti i Kami! Chiyo, altri asciugamani, in fretta per favore… non è finita a quanto pare>
La vecchietta si precipito all’altro capo della sala, uscendo dalla visuale di Mikoto, alla quale la Sennin disse con calore
<Ascolta, calmati, non accadrà nulla di grave. Fa come hai fatto prima…>
<Che… anf anf… Che mi… anf… succed…AHHHH!>
<C’è un altro bambino> rispose secca Tsunade, che si apprestava a ricominciare tutto daccapo, <Lo so che sei stanca e ma devi resistere ancora un po’, risparmia le forze, non parlare… neanche io mi aspettavo una cosa del genere…> aggiunse poi.
E Mikoto fece ciò che le era stato detto in precedenza, con le lacrime agli occhi e la gola secca, che le bruciava, sudata, le mani che stringevano con forza le lenzuola del letto. Poi il silenzio, mentre tutto diventava nero attorno a lei e le forze l’abbandonavano.
Il suo ultimo pensiero andò a lui… il suo nome… lo chiamò, lo sussurrò
<Minato…>

Minato appena aveva sentito le urla di Mikoto cessare era balzato in piedi dalle sedia, e aveva guardato terrorizzato la porta che immetteva nella stanza prossima all’ufficio, che lui aveva trasformato all’inizio della sua carica di Hokage del Villaggio della Foglia nella sua camera da letto.
Il cuore gli batteva all’impazzata
“Perché le urla sono finite… è successo qualcosa? Mikoto…- senza neanche rendersene conto si era avvicinato alla porta e aveva gia messo la mano sul pomello quando Orochimaru lo fermò facendo altrettanto e bloccandolo da dietro, mentre tutti gli altri presenti alla scena, si misero in allerta: a nessuno di loro piacevano particolarmente i modi di fare e di essere di quel Sennin.
<Aspetta, Yondaime…> disse a bassa voce al biondino <Non serviresti a nulla in quella stanza. Mikoto è una ragazza forte come cento jonin di questo villaggio, in lei scorre il sangue mistico degli Uchiha. Entrambi sappiamo che non mollerà mai e che donerà anche tutta se stessa per dare alla luce vostro figlio…>
<L’avere un figlio da lei non ha importanza, se poi non potrò più abbracciarla e averla al mio fianco…> rispose il Quarto Hokage
<Non dire nulla del genere Minato!> sbottò allora Jiraiya con rabbia.
Aveva passato l’ultima ora a preoccuparsi come tutti gli altri e adesso sentir parlare in quel modo il suo ex allievo, dopo tutta la tensione che si era accumulata all’interno dell’ufficio, gli aveva fatto salir il sangue alla testa
<Mikoto ti ama e nel caso tu non l’avessi ancora capito, testa dura, far nascere questo bambino è per lei il vero e unico modo per dimostrartelo!> disse severo come non mai il ninja dai capelli bianchi.
Orochimaru, sentendo allora l’uomo biondo abbandonare la presa sul pomello della porta, si allontanò da lui e tornò alla finestra, questa volta però non si mise a guardare fuori, ma guardò il suo ex compagno Genin negli occhi, come per ringraziarlo, stranamente, per ciò che aveva detto.
Se c’era una cosa che i due Senni avessero in comune, quella era l’affetto che provavano verso i loro allievi prediletti, anche se nessuno mai lo avrebbe benchè minimamente pensato, in particolare per quanto riguardava Orochimaru.
Il Yondaime si era intento riseduto sulla sue sedia.
Sakumo allora gli si avvicinò e agilmente, si sedette sopra la scrivania di legno, facendogli l’occhiolino.
Minato rispose all’amico con un sorriso teso ma sincero.
Aveva capito cosa volesse dire quel gesto: era un invito ad essere fiducioso, di sé e soprattutto di Mikoto, che veniva dalla parte di tutti i membri del suo gruppo, persino da Itachi, che ora sembrava più sveglio che mai, fremente nel vedere il suo nuovo fratellino… o meglio, fratellastro.
Gli urli nell’altra stanza ricominciarono.

La giovane Uchiha riprese i sensi una decina di minuti dopo…
Ci mise un po’ a capire dove si trovava e cosa fosse successo.
Sentiva uno strano odore che la circondava…
Appena la vista le ridiventò nitida potè mettere a fuoco la faccia raggiante di Tsunade che le sorrideva, guardandola da infondo al letto.
<Ti sei svegliata…> disse la voce gracchiante e delicata di Chiyo alla sua destra <Tieni…> le disse sedendosi sul bordo del letto e portandole alle labbra un bicchiere pieno di uno strano liquido, costringendola a bere malgrado lo sgradevole sapore <Non è il massimo come sapore ma ti rimetterà abbastanza in forze per riuscire a sistemarti un po’, se vuoi vedere il tuo amato Minato…>
Al sentir pronunciare il nome dell’Hokage, la giovane finì in fretta di bere l’intruglio, che le andò di traverso, facendola cominciare a tossire.
Chiyo allora la sollevò delicatamente dal cuscino e l’aiutò ad alzarsi.
Effettivamente Mikoto si sentiva già un po’ rinvigorita ma si teneva appoggiata alla gentile vecchietta che la stava accompagnando verso il bagno, mentre chiedeva a Tsunade di cambiare le lenzuola e sistemare il disordine che si era creato lì dentro in quelle due ore.
Lentamente la giovane donna si spogliò del semplice vestito e si immerse nell’acqua calda della grande vasca da bagno su cui galleggiava uno spesso strato di schiuma, mentre Chiyo cominciava a lavarle i capelli con degli oli profumati.
Ritrovando la forza di parlare, Mikoto chiese con voce flebile
<Il mio bambino?>
<Ah! Vorrai dire… i tuoi bambini, mia dolce signorina…>
La giovane rimase interdetta, pensierosa per un istante, poi ricordò le parole di Tsunade: “C’è un altro bambino” le aveva detto e allora ricordò.
Sorrise felice e serena e quando la Sennin apparve sulla porta del bagno disse ad entrambe le donne
<Grazie di cuore.>
<Figurati piccola> le rispose modesta Chiyo, continuando a ungerle i capelli
<È il minimo che potessi dire!> ribatte invece Tsunade divertita <Dopo tutta la fatica che ci hai fatto fare!>
E tutte e tre scoppiarono a ridere dolcemente finchè la giovane dai capelli corvini non parlò di nuovo rivolgendosi alla donna bionda
<Ti dispiacerebbe far entrare Minato, ma non dirgli che i bambini sono due… voglio fargli una sorpresa>
<Mi dispiace> rispose quella <ma ora come ora…>
<Dai Tsunade, la nostra Mikoto avrà tempo di riposarsi dopo… Prima però è giusto che lei e Minato tengano in braccio i loro figli…> intervenne la vecchia.
A quel punto la Sennin stava per negare nuovamente il suo consenso alla richiesta della giovane Uchiha, ma all’ultimo momento decise di accontentarla, forse a causa della profonda tenerezza che quella ragazza le faceva,e le aveva fatto durante il parto.
Aveva circa ventidue anni e già era stata costretta dai suoi parenti a sposare un uomo di cui non era innamorata e aveva già tre figli…
Senza dire una parola scomparve dalla porta del bagno e si diresse verso la porta, attraversò la stanza da letto rimessa a nuovo e si apprestò ad entrare nell’ufficio dell’Hokage.

Questa volta al cessare degli urli nessuno si mosse.
Anche il Quarto Hokage rimase seduto senza dare il minimo accenno di volersi spostare di lì e sempre in stato di grande tensione nervosa.
Erano due ore che Mikoto era chiusa nella stanza alle sue spalle, assieme a Tsunade e Chiyo… era arrivato al limite, aspettare ancora dieci minuti sarebbe stato impossibile, al limite della sopportazione per lui.
Passarono una ventina di minuti, poi la porta della stanza adiacente sì aprì all’improvviso.
L’attenzione di tutti, da Minato che era piombato in piedi con il cuore in gola a Hidan che aveva smesso di pregare, si rivolse verso la Tsunade tranquilla e apparentemente stanca che si richiudeva il battente ligneo alle spalle.
Illuminata dalla luce flebile delle candele poste sul candelabro, ormai consumate, la donna si rivolse alle persone nell’ufficio
<Stanno bene.> disse semplicemente.
Un sospiro di sollievo, dei sorrisi, delle brevi esclamazioni,… riempirono la stanza.
Poi rivolgendosi all’Hokage, il ninja medico disse
<Abbi ancora un attimo di pazienza… Mikoto ha chiesto di te, Yondaime>

Dopo che Tsunade se ne andò, Mikoto, aiutata dalla vecchia Chiyo, uscì dalla vasca e, alla velocità che le sue attuali condizioni le consentirono, si asciugò e si rivesti di una candida camicia da notte dal taglio semplice e delicato. Si rimise a letto, spiegò le sue intenzioni alla vecchietta che l’aveva aiutata a portare a termine forse la più impegnativa di tutte le sue missioni, e che sparì attraverso la porta di un’altra piccola stanzetta.

Tsunade temporeggiò qualche minuto, così da permettere alle due dentro la stanza di preparare ogni cosa.
Non osava immaginare la faccia del Yondaime quando avrebbe saputo…
Aveva intenzione di aspettare almeno un altro po’ quando Minato sbottò
<Posso entrare si o no?>
“È al limite della sopportazione…” constatò la Sannin mentre guardava di sottecchi Jiraiya, che ora era in piedi, teneva le braccia lungo i fianchi e aveva un sorrisetto da dare sui nervi stampato in faccia, e Orochimaru, che non accennava a lasciar trasparire alcuna emozione anche se in verità, le iridi gialle dei suoi occhi da serpente stavo tremando, nascoste dietro un ciuffo di lunghi capelli neri.
<Vieni pure…> disse infine la donna bonaria, aprendo la porta per lasciandolo passare per poi seguirlo richiudendosela alle spalle.

Il cuore della giovane Mikoto si riempì di gioia quando vide un preoccupato Minato, stanco quasi quanto lei, apparire sulla porta della camera da letto.
Il biondino senza nemmeno un parola si precipitò al suo fianco e preso dalla foga di quel momento, lasciati tutti i suoi dubbi e le sue paure dileguarsi nel vento, l’abbraccio prima teneramente poi così forte che Mikoto si lamento dolcemente
<Ahi! Così mi fai male, non stringermi troppo…>
<Scusami, amore mio…> disse lui <Ma non sai quanta paura ho avuto di perderti… anzi> si corresse ricordando le parole di rimprovero del suo vecchio maestro <…di perdervi>
La giovane allora si abbandonò ad uno dei suoi dolci sorrisi che così tanto piacevano a lui, l’unico e solo.
La sua voce era la medicina per tutti i suoi mali.
La sua stretta forte la più grande tra le sue sicurezze.
Il suo odore quello che non la faceva mai mollare.
Il suo bacio quello che le dava tutto ciò di cui aveva bisogno…
<Adesso lasciami un attimo…> disse Mikoto.
Minato si staccò dalla giovane, restando seduto al suo fianco sul letto.
La luce della luna entrava obliqua dalla finestra alla loro destra e illuminava parte dei loro volti.
I due si guardavano negli occhi e si sorridono, si accarezzano come inebetiti uno dall’altra…
Un incantesimo che si spezza quando la giovane Uchiha fa un lieve cenno con la testa a Chiyo e a Tsunade, che nel frattempo si era affiancata alla vecchietta assicurandosi però prima che la porta fosse ben chiusa…
Le due sparirono nella stanzetta alle loro spalle.
La prima che ne riemerse fu la donna di Suna.
Teneva in braccio un fagottino bianco che gemeva debolmente.
Lo porse a Mikoto che se lo mise vicino al petto…
Gli occhi fiordaliso del Yondaime erano diventati lucidi mentre osservava la piccola creatura che stava tra le braccia della sua amata.
Proprio come lei aveva la pelle candida e morbida, i capelli corti e neri, gli occhi grandi di pece.
<È… bellissimo> solo questo riuscì a dire l’Hokage
<Non trovi che mi assomiglia?> chiese Mikoto
<È in tutto e per tutto uguale alla sua mamma> confermò l’uomo
Restarono a contemplare entrambi quella meraviglia che la natura li aveva donato, anche se in un momento difficile come quello: la guerra e l’odio avvolgevano il mondo che li circondava e la vita e l’amore avevan ben poco valore di fronte alla morte e alla lotta per la supremazia, di quei tempi.
Poi anche Tsunade si avvicinò emozionata alla coppia di giovani ninja.
Teneva fra le braccia un altro fagotto, più piccolo, ma rosso.
Lo porse al Quarto Hokage, esortandolo a prenderlo in braccio alla vista dell’espressione confusa e stralunata di quest’ultimo…
<Ma che…> cominciò a dire il biondino mentre osservava il piccolo bimbo biondo profondamente addormentato tra le sue braccia forti…
Mikoto non riuscì a trattenersi e scoppiò in una risata cristallina, segnata però dalla stanchezza.
Minato la guardò stupito mentre lei gli diceva
<Lui è stato una sorpresa anche per me…>
<Vuoi dire che…> disse l’altro titubante ed emozionato più che mai
<Sì, Minato. Anche lui è tuo figlio, e a quanto pare…> sorrise <ha preso tutto dal papà>
Il Yondaime diventò un attimo serio, poi sconvolto, poi scoppiò in una risata carica di felicità, al che il piccolo tra le sue braccia si svegliò e cominciò a piangere.
Ma il pianto innocente durò poco e qualche minuto dopo, il neonato se ne stava tranquillo, sveglio come il suo fratellino.
Entrambi in braccio ai loro genitori, sereni più che mai.
La vecchia Chiyo non riuscì a trattenere le lacrime di fronte a quello splendido e… strano quadro familiare: il Quarto Hokage, Mikoto Uchiha e due gemelli completamente diversi l’uno dall’altro.
<Avete deciso come si chiameranno?> intervenne Tsunade, che sebbene tentasse di nasconderlo per il suo orgoglio, era profondamente partecipe di quel momento di gioia immensa, assieme a tutti gli altri.
<No, anche se…> disse Mikoto lanciando una debole occhiata ad Minato, che per tutta risposa disse, rivolgendosi alle due donne alla loro sinistra
<Sarebbe possibile far entrare per un attimo Jiraiya e Orochimaru, per favore?>

Fu dopo una ventina di minuti da quando Minato era entrato nella sua stanza, che la porta di quella si riaprì.
Questa volta fu Chiyo a farlo.
In silenzio e con gli occhi ancora carichi di emozione, seguita da Tsunade, la vecchietta entrò nell’ufficio.
Fermandosi al centro di esso disse a tutti i presenti
<I ragazzi chiedono ai loro sensei di raggiungerli di là…> dopo di che si apprestò a uscire anche da quel luogo: non c’era più motivo oramai per trattenersi a Konoha per lei… avrebbe subito intrapreso il viaggio per tornare a Suna.
Tsunade intanto si era avvicinata a Sakumo, ancora seduto sulla scrivania, e si era lasciata cadere sulla sedia dell’Hokage.
Passata un frazione di secondo, gli altri due Sennin si erano diretti verso la piccola porta di legno
<Chiudetela una volta entrati…> disse Tsunade per poi sbadigliare sonoramente: la stanchezza accumulata in quelle ultime ore stava cominciando a farsi sentire…

<Venite avanti…> li incoraggiò il Yondaime, alzandosi dal letto candido su cui sedeva Mikoto.
Jiraiya non potè fare a meno di notare l’espressione serena e felice del suo allievo.
Non l’aveva mai visto così, forse neanche quando era stato nominato Quarto Hokage…
Diversamente, Orochimaru rivolse il suo interesse ad un particolare, o meglio, due particolari.
Anche Jiraiya se ne accorse: i due giovani ninja tenevano tra le braccia due… neonati.
<Eh?! Mi vorreste dire che…> cominciò a dire l’Eremita dei Rospi
Minato e Mikoto risposero con una risata divertita, si lanciarono un occhiata d’intesa.
Il biondino si avvicinò al Sennin dai capelli bianchi e gli porse il piccolo bimbo biondo, dagli occhi fiordaliso che teneva tra le sue braccia.
L’uomo ebbe un attimo di sbigottimento poi, visto l’insistere del suo ex allievo, sospirando preoccupato prese il fagottino rosso, che gemette debolmente.
Appena l’Eremita riuscì a sistemare il bimbo in una posizione abbastanza comoda, cominciò ad osservarlo.
Quello, davanti alla grande e dipinta faccia dell’uomo dai lunghi capelli grigi, subito fece una strana smorfia, poi gli sorrise.
Jiraiya non potè far altro che rispondergli nello stesso modo.
<Orochimaru-sensei…> disse poi Mikoto, rivolta all’ombroso uomo dalle iridi gialle.
Egli si avvicinò lentamente e arrivato al fianco del letto, puntò i suoi magnetici occhi sulla giovane Uchiha, che fece altrettanto mentre teneva stretto a sé l’altro figlio.
<Lo spaventerei…> disse con un ghigno maligno dipinto in volto.
La giovane non rispose ma continuò a mantenere lo sguardo del suo vecchio sensei.
Orochimaru allora si chinò ed allargò le braccia, pronto ad accogliere il neonato dagli occhi di pece, come la sua determinata allieva gli aveva fatto intendere senza alcuna replica.
Con sua sorpresa evidente, quando il bimbo avvolto nei panni bianchi si ritrovò tra le sue braccia, non fece una piega e cominciò a fissare le sue iridi gialle quasi con fare di sfida.
Il ghigno del Sennin moro si allargò ancor di più.
<Io e Minato ne abbiamo parlato e… vorremmo che foste voi a decidere il nome dei nostri figli…> disse l’Uchiha
<…>
<…>
<Beh! Visto che assomiglia così tanto a suo padre…> disse Jiraiya, lanciando un occhiata bonaria all’ Hokage <Dico che il nome adatto per lui è Naruto, visto che molto probabilmente anche questo bimbo crescerà con un’autentica ossessione per il Ramen!>
Mikoto ed Arashi si abbandonarono ad una risata cristallina.
Poi, quando il silenzio ricadde nella stanza, fu il turno di Orochimaru
<Sasuke> disse semplicemente e dopo un’ attimo aggiunse ambiguo, continuando a ghignare divertito fissando il neonato negli occhi <perché lui è tutto tranne questo>.

Fine


Alcune delucidazioni per coloro che hanno avuto il coraggio di leggere tutta questa mia assurda pappardella… e che credo abbiano capito testa di cavolo e malata sia la mia…
Riguardo l’ultima frase che dice Orochimaru: Sasuke letteralmente vuol dire “scoiattolo”. Il Serpe dice “è tutto tranne questo” perché il bimbo (oddio! VE LO IMMAGINATA SASUKE DA PICCOLO?!?!) lo guarda con aria di sfida e senza paura già da adesso…
Ehi! Non prendetevela con me! Io per prima mi chiedo da dove mi sia venuta fuori questa!

Va beh! Spero che vi sia piaciuta… recensite recensite se volete (accetto pure critiche)
Ciao!!!
Eli.metal.46

 
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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
miku96 - Voto: 04/05/09 13:44
anke se tu dici k è una cavolata a me piace!!!!
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