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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: THE NEVERLAND’S FAIRIES
Genere: Sentimentale, Avventura, Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: gattamaggiorenne galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 10/01/2008 22:43:22

«Quando il primo bambino rise per la prima volta,questo sorriso si frantumò in tanti piccoli cristalli che cominciarono a danzare.Erano le fate…»L x J
 
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ONE SHOT
- Capitolo 1° -



{[(*!CoMmξŋЃo!*)]}


Iniziamo col Pairing: Ovviamente James Potter per Lily Evans, la famosa "coppia del destino", quella che preferisco in assoluto.
Avviso immediatamente che è molto sul Fantasy, un po' diversa dalle altre Fanfic sui genitori di Harry.
Questa sarebbe stata la fanfic che avevo scritto molto tempo fa per un concorso...ma penso sia saltato dato che è dall'anno scorso che noi partecipanti attendiamo i giudizi XD
Siccome mi sono a dir poco rotta le scatole di tenermela salvata sul Pc, ho deciso di pubblicarla e lavarmela dai piedi.
Dunque:
In primis, dico subito che è stata scritta tempo fa e se vi potrà sembrare più scadente di altri miei scritti mi spiace.
Non mi sono mai cimentata in una storia del genere, ma spero che sia comunque riuscita apprezzabile.
Avevo in mente questa “chicca” da un po’, e ho voluto fare un esperimento.

Ps: la canzone che troverete è di Elisa, si chiama Swam.

Un bacio,
Gattaitaly



{[(*!βuοИα ℓεттurα!*)]}







«Quando il primo bambino rise per la prima volta, questo sorriso si frantumò in tanti piccoli cristalli che cominciarono a danzare. Erano le fate…»












Le fiamme che lambivano il caminetto di mattoni avevano un nonsoché di ipnotico, quella sera.
Si stendevano sulle pareti della Sala Comune come serpenti vivi, con movimenti languidi, quasi carezzevoli.
Le braci ardenti scoppiettavano in modo rilassante…come un lieve sottofondo, come una strana ninnananna.
Mani tremanti sfogliavano le pagine ingiallite di un vecchio tomo rilegato in pelle rossa, con rifiniture in oro.
Gli occhi di smeraldo di Lily Evans erano persi nel vuoto, ma al contempo fissavano quelle pagine rovinate dall’antichità con attenzione.
Da quanto tempo non leggeva quel libro…si era ripromessa di non toccarlo mai più, per nessuna ragione al mondo.
Eppure quella sera aveva ceduto.
Quella sera, da sola in quella stanza, spaventata dai suoi fantasmi…
Si maledì mille volte.
Ma era distrutta. E doveva rifugiarsi nei ricordi. Nelle sue dolci fiabe.
All’improvviso arrestò quel disperato sfogliare.
Un sorriso timido le aleggiò sulle rosee labbra, per far posto poi ad occhi gelidi.
Raffigurata sulla pagine c’era una fata: gli occhi vispi, il viso verdognolo, i capelli arruffati, color delle foglie in autunno.
E, incollato su quella foto, al margine, c’era un fiore.
Un fiore di loto bianco.

Mamma…

Chiuse il libro di scatto, interrompendo la vista di quella fata, di quel fiore, di quei dannati ricordi che proprio quella sera tornavano a tormentarla.

“E’ tutta…è tutta colpa tua, James.”

Era stata una sciocca.
Riprendere quel libro…ma cosa aveva pensato di fare.
Tante fatiche per dimenticare e poi…perdersi di nuovo in quell’oblio?
No…no, perché lei era Lily Evans e non credeva nelle fate.
Né ai fiori di loto.




Una nuvoletta di condensa gli uscì dalle labbra.
Faceva freddo, quella sera.
James Potter guardò in cielo, sospirando. Nuvole dense di pioggia o neve s’accalcavano per la volta celeste, oscurando le stelle, come cavalli imbizzarriti.
Peccato.
Avrebbe voluto vederle, le stelle, in quella notte.
Buttò la sigaretta giù per il balcone, con un gesto seccato. Il fumo del mozzicone spirò tra sparuti ciuffi d’erba, molti piani più sotto.
“James, vieni dentro, dai. Fa fresco, fuori.”
Un ragazzo dai capelli biondi gli mise una mano sulla spalla, sorridendogli dolcemente.
I suoi occhi erano come acqua…tranquilli ma che celavano una grande potenza.
James non lo degnò di una risposta, ma lui non si perse d’animo.
“James.” Lo chiamò, deciso. “Smettila di torturarti. Ormai è un anno…non puoi andare avanti così.”
Un grosso cane nero fece capolino all’improvviso dall’entrata della terrazza.
I suoi occhi di ghiaccio lo scrutarono severi. Il suo pelo scintillò alla luce della camera dietro di lui, morbido e fluente.
Remus gli concesse una breve grattatina dietro le orecchie.
“Dai Sirius, torna normale.”
Un lieve bagliore, e il cane mutò di forma.
Al suo posto, comparve un ragazzo dai capelli neri e gli occhi pieni di sensualità, che lo scrutavano con la stessa espressione severa di prima.
“Scusate ragazzi.” Sorrise James, stranamente malinconico. “E’ che stasera è proprio brutta. Vado a fare una passeggiata.”
Il ragazzo sorpassò velocemente un topolino paffuto che lo fissava mortificato sulla cattedra, salutandolo di fretta, e prese un passaggio segreto: non aveva voglia di passare per la sua Sala Comune, né di affrontare altra gente.




Una coda spumosa ondeggiò per qualche secondo attraverso le poltrone scarlatte, attirando la sua attenzione.
Lily Evans smise di fissare il libro chiuso e si voltò verso l’animale che avanzava.
Un gatto dal pelo nero come la notte e gli occhi d’ambra saltò agilmente sulla sua scrivania, facendo le fusa in un lento gorgogliare.
Lily accarezzò Miriana, il persiano color della notte che le era stata regalata da…chiuse gli occhi, sospirando forte.

Papà…

Afferrò l’animale e lo strinse dolce ma decisa, per non lasciarlo scappare, affondando il viso nel suo pelo tiepido, scaldato dal caminetto acceso davanti al quale aveva sonnecchiato fino ad allora.
Il luccichio ammaliante dell’anello che portava al dito medio catturò i suoi occhi: un segno d’avvertimento.
La pietra, incastonata al centro, rifletteva di luce magica.
“No, devo calmarmi…” sbuffò la ragazza, scuotendo la chioma di rame, lasciando andare Miriana.
La pietruzza di diamante smise di scintillare.
La rossa si sedette meglio sulla sedia, voltando il viso verso la finestra, socchiudendo gli occhi, cullata dal tepore del fuoco.
In quella notte di magia, stavano principiando a cadere alcuni fiocchi di neve.

[Come le piume di un Angelo…]


Si affacciò alla finestra, aprendo le due ante.
Fuori c’era gelo ma c’era anche magia.
Come nel suo cuore.

[ Anima arida come deserto ma al contempo ghiacciata…]


All’improvviso sbarrò gli occhi, mentre il suo sguardo si posava sui margini della Foresta Proibita.
Scattò in piedi, facendo sussultare il gatto.
“QUELLO STUPIDO!!!”
Afferrò il mantello e si precipitò dall’altro lato della stanza.
Prima di uscire però, gettò uno sguardo sul tomo, vecchio e coperto di polvere.
I suoi occhi erano di ghiaccio, un ghiaccio formatosi da tanto tempo.
Io non credo nelle fate.” Ringhiò, decisa, e sparì, inghiottita nel buio del corridoio.
Miriana saltò di nuovo sulla scrivania, annusando quel libro che sapeva di passato.
Lucente, sulla copertina, scintillava il titolo.
“Neverland”.




Gli occhi di James Potter scintillavano d’incanto.
La sua danza era remota, arcana, bellissima.
Lei era bellissima.
E danzava per lui, lì, in mezzo alle lucciole, alle fate, ai folletti, agli incredibili fiori di pesco che cadevano dagli alberi.
Di nuovo sua…
I capelli rossi, lunghi, morbidi, la bocca aperta in un sorriso malizioso, gli occhi verdi, ridenti come la primavera.
Lily.
La sua Lily.
Allungò le braccia, ridendo, felice, felice come doveva sempre essere, come la desiderava lui.
“Vieni qui, James…” mormorò, superando perfino il rumore di quella melodiosa orchestra di flauti e arpe, “…vieni qui da me…balliamo insieme…”
Si avvicinò, con occhi colmi di malia, prendendo dolcemente le mani del ragazzo.
“E’ così divertente ballare…”
James non si muoveva, non riusciva.
Il suo sorriso, i suoi occhi, i suoi capelli…la sua veste di seta bianca che le sfiorava dolcemente i fianchi, i suoi piedi nudi…
Lily…”
“Torna da me, James. Danziamo assieme…”
C’era qualcosa in quella voce che non lo faceva ragionare.
Quella musica così antica e stupenda, quelle risate colme di divertimento…il loro flusso di magia e fascino lo colpirono dritto allo stomaco, inebriandogli la mente.
Si perse nel sorriso della sua Lily Evans e avanzò di un passo.
Poi di un altro.
E più camminava, più ne voleva ancora.
“JAMES!!!”
Una mano decisa lo afferrò al polso, strattonandolo bruscamente, facendolo cadere all’indietro.
Improvvisamente avvertì un terribile dolore al capo.
La musica cessò, le danze svanirono.
Tutto tornò nel silenzio e nell’oscurità.
James boccheggiò: gli girava la testa, il terreno sembrava muoversi sotto il suo corpo.
Poi riprese coscienza di sé e di dove si trovava.
Era nella Foresta Proibita.
E, sormontandolo, stava Lily Evans. Vestiti normali, faccia normale.
Rimasero un istante a fissarsi, nel silenzio più totale, persi solo in loro stessi, coinvolti dalle loro emozioni.


[Lui era lì.
A terra.
Capelli scuri e sensualmente spettinati, sguardo sincero, da malandrino.
Libero come l’aria che irretiva assieme alla sua scopa magica.]


[Lei era lì.
Torreggiante sopra di lui.
Occhi come diamanti verdi, chioma rossa.
Indomabile come il fuoco che portava tra i capelli.]



“Ma…ma che diavolo…Lily?” biascicò all’improvviso il malandrino.
“SEI UN TOTALE IDIOTA!” strillò lei, collerica, facendolo sussultare. “Come ti è venuto in mente di venire qui proprio questa notte, James! Nella foresta proibita proprio nella Notte dei Duecento! Stavi per morire!”
“Ma di che diamine parli?” bofonchiò James, ancora confuso, massaggiandosi la nuca.
Lei si fece più calma. Si chinò su di lui e gli afferrò un polso.
“Seguimi.” Disse, decisa. “Dobbiamo uscire di qui. Al più presto.”
Rabbrividì impercettibilmente al contatto con le mani del ragazzo.
Erano lisce e morbide…come le ricordava.
Non sentiva da tempo quel dolce torpore.
Da quando era successo, non lo aveva più sfiorato, né guardato per un anno.
Fino a quella notte.


[La Notte dei Duecento. La notte in cui Hogwars si modifica. O almeno, la sua parte più oscura.]


Si avviò spedita verso Hogwars, che riluceva di luce dorata, ma un movimento brusco dei rami sottostanti le impedì di proseguire e le fece perdere l’equilibrio.
La ragazza cadde all’indietro, finendo addosso a James, che la tenne saldamente per le spalle.
“Lily, ma che succede?!”
Un forte tremore scosse la Foresta Proibita, come un terremoto.
All’improvviso si udì in lontananza un vociare stridulo, versi gracchianti e terribili, e un rumore di foglie.
Un assordante rumore di foglie.
All’improvviso, dentro quella foresta, si scatenò l’inferno.
Sembrava che gli alberi si ripiegassero su se stessi, che il terreno danzasse, che la vegetazione fosse viva e impazzita.
Lily Evans si aggrappò ad un albero, cercando di scovare un passaggio dove prima c’erano i confini tra il giardino di Hogwars e la boscaglia: senza risultato.
Cespugli, alberi, qualsiasi cosa era in movimento, e aveva chiuso il passaggio con furia primordiale.
La ragazza si gettò tra quella massa informe di foglie e rami, cercando frenetica un passaggio, graffiando con le unghie, scalciando con i piedi.
“LILY!” gridò James, coprendosi il viso per evitare di venire sferzato dai rovi in movimento. “CHE DIAVOLO STA SUCCEDENDO?! LILY!!!”
Ma la studentessa non sentiva: cercava solo di trovare uno spiraglio, una via di uscita.
Tentò anche con l’incantesimo Incendio.
Ma fu tutto inutile.
Così com’erano venuti, quel caos, quel rumore, quel tremore, si dissiparono di botto, lasciando i due giovani storditi e malfermi sulle gambe.
Lily cadde in ginocchio, tremante.
James represse l’impulso di vomitare. Girava ancora tutto, per i suoi occhi svagati.
Si aggrappò ad un albero, lasciandosi scivolare lungo la sua ruvida corteccia.
“Lily…” ansimò, chiudendo un attimo gli occhi. “Che diavolo è successo, maledizione?”
“James…” gemette lei, voltandosi di scatto. “Siamo spacciati. Completamente spacciati…e per colpa tua!”
Lui la fissò gelido.
“Certo…” mormorò, duro. “Perché la colpa è sempre mia, vero?”
Lily s’irrigidì, sapendo bene a cosa alludeva. Abbassò lo sguardo, stringendo i pugni fino a conficcarsi le unghie nella carne dei palmi.
James si morse un labbro, poi sbuffò.
“Va bene, vediamo di stare calmi. Cosa è successo, prima di tutto?”
Lily si massaggiò le tempie.
Cercò di tenere ferma la voce.
Non ci riuscì.
Le tremava.
“E’ la Notte dei Duecento...”
“Questo l’avevo capito.”
“Fammi finire.”
Il suo tono era deciso, duro, poco incline a dibattiti.
Quel tono che aveva tanto amato e che amava ancora, follemente.
“Ok. Scusa.”
“Ogni…ogni duecento anni…la…la foresta…la foresta subisce un influsso magico che sconvolge le sue radici e varia la …”
“Dillo in modo più semplice.” La interruppe James Potter, alzando un sopraciglio.
Lei lo fissò intensamente.
Lui si sentì perforato.
La Foresta Proibita cambia, James.” Sussurrò, cerea. “E nuove creature emergono dalla notte. E non tutte hanno buone intenzioni.”









Il rumore di passi cadenzati riecheggiava nel corridoio di quel ospedale babbano.
Dei piedini si muovevano senza sosta.
Una figuretta correva ansante sorpassando signori distinti e personale medico, facendo lanciare ad alcuni versi scandalizzati, ad altri semplicemente qualche sorriso divertito.
D’altronde, era ben conosciuta dalle infermiere di lì.
Ormai la bambina stava in quel edificio tutti i giorni…vedendo gente malata, gente che piangeva, gente che scompariva, perduta nei meandri della dolce morte.
Tuttavia, era felice.
Viveva serena, anche se la sua infanzia era ricoperta dalla cupa ombra del destino.
“Selena, tua figlia è un angioletto.” dicevano a sua madre, e Lily Evans era contenta di essere definita tale.
Sapere che sua madre era orgogliosa di lei la faceva stare in pace con sé stessa.
Correva in giro, sorridendo e dispensando affetto a tutti.
Aveva imparato che il suo sorriso faceva sorridere anche quelle persone malate, quelle persone tristi.
Selena, però, non ascoltava con dovuta attenzione.
Sorrideva, annuendo debolmente.
Ultimamente la sua mamma era sempre stanca. Suo papà, invece, aveva il viso tirato e due occhiaie profonde.
A volte anche lui si fermava lì…portandosi con sé Lily, che sonnecchiava sui letti d’ospedale.
Le Infermiere la trattavano con dolcezza, suo padre le sorrideva affettuoso, Petunia, sua sorella maggiore, faceva finta di niente.
Ma Lily non era stupida.
Non era così tanto innocente come pensavano.
Sapeva che lì ci andavano le persone malate.
E scorgeva un ombra di malattia dietro ai sorrisi della sua mamma e del suo papà.
E sorprendeva Petunia piangere, chiusa in bagno, in camera, ovunque la si lasciasse sola.
E si sentiva morire, nel profondo.
Eppure, continuava a sorridere.
Perché voleva loro bene.
Perché sapeva che i suoi genitori, se c’era sul serio qualcosa di brutto, l’avrebbero protetta e l’avrebbero tenuta informata.
Quel giorno, era particolarmente felice.
Ce l’aveva fatta, aveva visto una fata.
Una fata vera!
Quando l’avrebbe detto alla sua mamma…oh, addio malattie e ospedali.
Le avrebbe portato la polvere della fata e insieme sarebbero volate a Neverland.
Come nella sua favola preferita.
Come Peter Pan.
Scivolò con una slitta davanti alla porta.
Suo padre la fissò sorpreso. Aveva gli occhi gonfi e stanchi.
“Lily…” sorrise, le scompigliò i capelli vermigli con affetto. “La mamma è stanca, adesso. Torna…torna dopo.”
Gli tremolava la voce. I suoi capelli leggermente brizzolati erano tutti appiccicati alla fronte sudata.
“Papà, l’ho trovata !” disse Lily, con occhi luccicanti d’emozione. “Sì, ho trovato una vera fata!”
Lui fece un sorriso tirato.
“E’ una bella notizia ma…”
“Lo devo dire alla mamma!”
Veloce e svelta come una piccola mosca, s’infilò tra le gambe del padre, entrando di corsa nella camera.
“Lily!”
La stanza era illuminata dal sole.
Lily avrebbe sempre ricordato com’era bella la sua mamma, mentre dormiva, baciata da quei raggi tiepidi, in mezzo a tanti luccichii dorati.
Capelli ramati, tenuti in un caschetto lungo e scomposto, lentiggini sul viso chiaro, ovale, e labbra carnose, a bocciolo.
Sembrava sempre più dolce e giovanile col tempo che passava.
Lily si avvicinò piano, baciandole la fronte.
“Stai diventando pigra.” Sorrise, dolcemente. “Da un po’ di giorni non fai altro che dormire.”
La donna respirava regolarmente, ma c’era qualcosa di eternamente stanco nel suo viso sereno.
Un abbandono più forte del sonno.
“Mamma…” sussurrò Lily, alzandosi in punta di piedi per raggiungerla. “Mamma…ho visto una fatina, mamma. Come quelle di Neverland. Ora puoi svegliarti…insieme, voleremo all’isola che non c’è, mamma! Non sei contenta?”
Ma la donna non si poteva svegliare.
Era in coma.
A Neverland, ci era andata da sola.
Suo padre le mise una mano sulla spalla.
“Basta così, Lily. La mamma è…è stanca.” Ripeté, come una nenia.
La bambina la fissò delusa.
E in quel momento, i suoi sogni s’infransero.
Sono facili da spezzare, i sogni di un bambino. Sono come le fragili ali di una farfalla.
Se perdono la loro polvere magica poi non sono più in grado di volare.
Lily strinse i pugni, mentre le lacrime le scendevano giù per il viso.
“Lily…” s’allarmò suo padre. “Tesoro, cos’hai?”
La bimba singhiozzava forte, ma i suoi occhi erano di ghiaccio.
“Non…” sussurrò, a scatti. “…non esistono le fate.”
E scappò via, fuori da quella stanza, prima che il padre potesse richiamarla.
E non sapeva che, nel momento in cui aveva pronunciato quella frase, la fata che aveva visto era caduta a terra, priva di vita, priva di gioia, come lei in quel momento.
E se ne era andata così, cadendo come una piuma su una foglia rossa d’autunno, assieme alla sua infanzia, uccisa da parole troppe fredde per sciogliersi al sole.










La ragazza si riscosse da quei ricordi tristi e tornò a guardare il ragazzo che aveva di fronte.
Quella sarebbe stata una lunga notte.
Una lunga notte di ricordi.


[ Un bambino smette di essere tale quando smette di cercare le fate.]



E lei aveva smesso da tanto tempo.

James Potter si portò una mano agli occhi, stupefatto, sconvolto.
La foresta che tanto amava, che tanto conosceva…aveva ancora dei segreti a lui ignoti.
Non era vero.
“Lily…” disse, seriamente. “Rispiegamelo. Rispiegamelo perché non è possibile.”
Lei alzò gli occhi al cielo.
“Certo che è possibile. Ogni duecento anni la Foresta Proibita cambia e nuove specie rinascono. Alcune si fermano solo per questa notte. Altre…poche, a dire la verità, rimangono.”
“Io di questa storia strampalata non ne sapevo nulla. E nemmeno Remus, che è il secchione per eccellenza. Come fai a saperla tu?”
La ragazza lo fissò, con schegge di dolore nelle iridi.
“Perché ho studiato più di lui, forse.” Rispose solo.

“No…perché io, al contrario di Remus, in questo anno ho soffocato il dolore nei libri…per colpa tua, James. E’ sempre colpa tua.”

“E come mai la foresta…si è chiusa?” chiese il ragazzo, impacciato.
“Perché…perché i presidi chiudono sempre la foresta in questa notte. Per evitare pericoli.”
“Pericoli nei quali ci siamo dentro fino al collo.”
“Esatto.”
James Potter fischiò.
“Beh, io non intendo stare qui un secondo di più. Vieni, cerchiamo un’uscita alternativa.”
Fece per prenderle la mano, ma lei si scostò bruscamente.
James cercò di trattenere l’urlo di dolore del suo cuore e sospirò, la gola che gli faceva male per quel groppo che gli si era formato.
“Ok...” disse. “Ok.”
Iniziò a camminare tra gli alberi, con quella sua camminata strafottente, svogliata, le mani dietro la nuca.
Lily si affrettò a seguirlo, decisamente più composta e rigida.
Il silenzio fu loro compagno per un breve tratto. Ma poi James non resistette.
Sentirla dietro di lui…sentire il suo respiro, le sue scarpette che picchiettavano contro il terreno, il frusciare dei suoi vestiti…
“Cosa hai fatto, in questo periodo?”
Che domanda stupida.
Idiota.
Lily lo fissò sorpresa.
“Ho studiato.” Tagliò corto, imbarazzata.
“Solo?”
“James, che altro avrei dovuto fare?!” sbottò lei, spazientita.
Il malandrino tirò un sospiro di sollievo. Saperla tra le braccia di un altro lo avrebbe ucciso. Almeno si era tolto quel atroce pensiero che lo assillava da un anno.
Un anno…accidenti, era passato così tanto?
“Beh…sarai preparata per i M.A.G.O., allora.”
“Sì.”
Atmosfera gelida, pensò James, ma ormai cosa doveva aspettarsi da lei?
“Quelle…quelle fate che danzavano…erano una magia?”
“Stavi per cadere nel tranello dei folletti.” Spiegò Lily, sollevata di aver cambiato discorso. “Loro ti mostrano il tuo più grande desiderio per costringerti a seguirli e poi…beh, diciamo che dalla loro danza non ne esci più. Ti saresti trasformato in uno di loro.”

“Il mio più grande desiderio…”

James non si soffermò sul pericolo che aveva corso.
L’immagine di Lily Evans che danzava e lo chiama a sé era ancora vivida nella sua mente.
Si voltò a guardarla di sottecchi.
Era lei che desiderava.
Poterla riavere di nuovo.
“Mi sei mancata.”
La ragazza rimase in silenzio, dietro di lui.
Le sue guance erano diventate purpuree, come accadeva sempre quando s’imbarazzava o si sentiva a disagio.
James l’adorava quando succedeva.

Le tremavano le gambe e il cuore le batteva forte nel petto.
Perché…perché le stava dicendo quelle cose, dannazione?
Perché rendeva tutto così meravigliosamente complicato?
“Troviamo…un’uscita al più presto.” Lo freddò, in un borbottio agitato.
I passi di lui si fermarono.
Il ragazzo si voltò, serio, duro, con occhi di ghiaccio.
Lily trattenne il respiro con fare impercettibile.
D’altronde, era sempre stata brava a celare le sue emozioni.
“Guarda che sei stata tu che mi hai lasciato.” Ringhiò, gelido.
Lily strabuzzò gli occhi, furiosa.
“Cosa?”
“Ricordo perfettamente la tua chioma sparire dalla mia stanza, Lily.”
Non riusciva a crederci.
Quel…quell’idiota.
Quello sbruffone… arrogante, egoista, meschino…
La ragazza s’infuriò ancor di più. Nei suoi occhi comparve una luce nuova, che li fece brillare.
“James, penso che sia un po’ più complicato di così…” ringhiò, stringendo i pugni.
“Tu mi hai lasciato. Non c’è niente di più semplice.” Ribatté lui.
“No, non è vero.”
“Sì, invece. Perché non sei coerente con te stessa, una dannata volta?!”
Lei abbassò lo sguardo, gli occhi lucidi. Il suo bel viso era mutato in una maschera di rabbia.
“Tu non mi sei stato vicino. Ergo, me ne sono andata.”
“Non ti sono stato vicino? Lily, eri tu che non ti facevi avvicinare! Io…io non sapevo nemmeno il perché del tuo stato d’animo!”
“NON TI AVREI CHIESTO DI CAPIRMI, SOLO DI STARMI VICINO!!!” strillò lei, oramai piangendo.
“COME AVREI POTUTO, SE TU NON TI FIDAVI DI ME A TAL PUNTO DA LASCIARMI ALL’OSCURO DI QUELLO CHE PROVAVI?!” urlo James Potter, ancora più forte.
“Tu la fai facile.” Sibilò la rossa. “Però non ti accorgi che sei un perfido egoista, nient’altro.”
Fu l’ultima goccia.
James scattò in avanti, afferrandola per le braccia e Lily reagì, dimenandosi come una furia.
“LASCIAMI! LASCIAMI!”
Caddero a terra, rotolando su quel terreno selvaggio, scivolando per una discesa, fino a fermarsi ai margini di una scarpata.
Le loro urla si spensero, la foresta ripiombò nel suo oscuro silenzio.
La poca neve che era riuscita a filtrare dai rami inzuppava le loro vesti, facendoli rabbrividire.
James fissò la ragazza, tenendola inchiodata a terra col solo peso del suo corpo.
La sua camicetta era troppo leggera, e la Grifoncina era scossa da brividi di freddo.
Aveva la pelle d’oca.
Eppure il suo corpo era caldo. E sentiva il suo cuore pulsare veloce, celato dal suo seno.
Avvicinò le sue labbra a quelle di lei, ma non la baciò.

“Hai provato niente quando mi hai lasciato?”

Silenzio.
Solo fottuto silenzio.

“E non provi niente neanche adesso.” Concluse amaro, alzandosi da lei e voltandole le spalle.
Lily si mise seduta, togliendosi le foglie dai capelli, pulendosi i vestiti, ferita, stanca, frustrata.
Si mise a piangere sommessamente, in silenzio, senza farsi sentire.
“Solo una domanda, Lily Evans.” disse lui, girandosi verso di lei. “Tu ci credi nelle fate?”
Lei lo fissò sbarrando gli occhi.
Non lo capiva…non ci riusciva mai, per quanto si sforzava.
Perché ora…mi chiede questo?”
Lei non capiva e lui come al solito sembrava sapere tutto.
Si accorse che James attendeva realmente una sua risposta.
“Certo che esistono.” Borbottò, corrucciata. “Molti libri lo affermano, e poi…le hai viste anche tu, no? A Diagon Alley ce ne sono molte e…”
Ma si zittì, vedendo che il suo ex ragazzo sorrideva amaramente.
“Libri…prove…informazioni concrete. Lo sapevo.” Disse. “Tu non hai mai capito niente, Lily Evans.”
E si voltò di nuovo, lasciando la giovane ancora più confusa.
“Cerchiamo questa maledetta uscita.”
Il moro si voltò da tutte le parti.
Era vero: la foresta era cambiata. Non riconosceva quel posto.
Ogni singolo arbusto, ogni cespuglio, ogni albero…tutto aveva cambiato posizione.
Si sentì spaesato: tanti anni passati in quella foresta, a conoscerne i segreti, e ora…ora si era ritrovato estraneo.
Estraneo in casa sua.
Ma non era una sensazione abituale, quella?
Era successo anche con la dolce ma malinconica Evans.
All’improvviso, sentì un urlo strozzato alle sue spalle.
“IL MIO ANELLO!!!”
Si voltò e rimase sbalordito nel vedere Lily Evans cercare frenetica per terra, piangendo come una bambina indifesa.
“HO PERSO IL MIO ANELLO!!!” gridò lei, ancora, con un qualcosa d’isterico nella voce.
“Evans, dobbiamo andare…non ce tempo!”
“NO!” gridò lei, col cuore che batteva all’impazzata, graffiandosi le mani a furia di scavare, cercare, mettere sottosopra il terreno sotto i suoi piedi.

[L’aveva perso…l’aveva perso…l’aveva perso…]



Come aveva potuto perderlo?
Come?!
Probabilmente nella colluttazione con James le si era sfilato dal dito.
“Il mio anello, il mio anello, il mio anello…”
Le lacrime che le scendevano dagli occhi bagnavano la poca neve sotto i suoi piedi, facendo dei solchi piccolissimi.




Walking by yourself in the cold, cold winter
Wrapped up in your coat like
It’s a magic blanket
You say: "No matter where I go
They all look like strangers"
You see, the world only seems
The fairytale that it isn’t…




Si avvicinò allo strapiombo, disperata, e guardò giù.
Sinuoso tra le rocce, stava un ramo del Lago Nero, che si dinoccolava tra due rive colme di ciottoli.
Le parve di vedere qualcuno che stava facendo il bagno in quelle acque, ma quando si strofinò gli occhi non vide altri che acqua corrente.
“Lily!” gridò James, cingendola da dietro. “Dobbiamo venire via, cavolo! Cos’ha di tanto importante quello stupido gingillo?! Te ne comprerò un altro!”
“Tu non capisci, lasciami!”


Dream on, dream on
There’s nothing wrong
If you dream on, dream on
Of being a swan…


“E questo cos’è?”

La prefettina sbarrò gli occhi.
Non aveva sognato, dentro quel fiume c’era veramente qualcosa.
“Che diavolo sono quelle…quelle?!” sentì dire James, stupefatto, ma non lo ascoltò.
Quelle creature avevano il suo scintillante anello d’oro, e ci giocavano, sorridendo maliziose.
Scivolavano sull’acqua come sospinte da una brezza leggera, avvolte da vesti impalpabili.
I loro capelli erano semplice acqua, acqua pura, che si dissolvevano lunghissimi nell’aria circostante dopo avervi descritto ampie volute.
Mentre i loro occhi…erano luce.
Luce bianca e accecante.
I loro movimenti erano sinuosi, eleganti, fluidi.
Erano spaventose ma all’insieme affascinanti.
Puntarono il viso insù, maliziose.
Lo rivuoi?” la schernirono, giocando con l’anello. “Invece no! E’ nostro ora!”
“Sono sirene?” chiese James, trattenendo il fiato.
“No. Le sirene non sono così.”
“Assomigliano quasi alle ninfe d’acqua…ma hanno qualcosa di diverso.”
“Beh, affari loro. Quel che mi importa è che hanno il mio anello e lo rivoglio.”
Detto questo, la ragazza iniziò a mettere i piedi sulla roccia della scarpata, scendendo lenta ma decisa.
“Lily che fai?! Se cadi da quella altezza muori!” le gridò James, cercando di riafferrarla.
“L’unica cosa che importa è l’anello.” Rispose lei, secca, scendendo sempre più veloce.
James, disperato, afferrò una liana, cercando di mandargliela.
“Aggrappati almeno a questa!”
“Non ho tempo di risalire!”
Testarda e cocciuta.
James Potter represse il nervoso.
“Lily Evans se mi muori poi non venire a piangere da me!!!” gli gridò, ma la rossa non diede segno di averlo ascoltato.
Lei doveva scendere.



But I know you’re thinking:
And now you’re looking at the sky
Talking to your angel
Could he turn this dirty street
Into a flying carpet?
But then you say: "I am not scared of anything"
Such a shy lie silent as the snow that is fallin’ down




Il suo anello…era troppo prezioso.
Strinse i denti quando uno spuntone particolarmente appuntito le graffiò i palmi.


Dream on, dream on
There’s nothing wrong
If you dream on, dream on
Of being a swan



Nel frattempo, le creature d’acqua, vedendo che quella strana umana scendeva senza indugi, s’adirarono non poco.
Ben presto, iniziarono a tirarle i ciottoli della riva, gridando arrabbiate.
“AAAH!”
Lily si strinse alla parete rocciosa, chiudendo gli occhi, mentre i sassi la sfioravano come frecce.
“Basta, smettetela! Mi fate cadere!”



But I know you’re thinking:
"Am I gonna make it through?"
Dream on, dream on (and you can't run away)
There's nothing wrong (you've got to find a way to make it through this mess)
If you dream on, dream on ('cause you can't run away)
Of being a swan (you've got to find a way, a way out of this mess)





Le sue mani iniziarono a sanguinare, sfregiate dalla roccia a cui stava disperatamente aggrappata.
Cercò di trovare un appiglio ma non ce ne erano. Stava scivolando.
“No…io devo riprenderlo…”



But I know you’re thinking:
"Am I gonna make it through?"
Girl on the run (go girl)
You don't look back (go)
What did you see? (go girl)
What did you get? (go girl)
You're on the run (go girl)
Trying to forget (go)
But in the end,
Is it so bad?




“LILY TORNA SU!!!” gridò James, tendendole inutilmente la mano. “COSI TI AMMAZZI, TORNA SU!!!”
Quel anello…quel fottuto anello, che aveva di così tanto importante da rischiare la vita?
Non la capiva e non la voleva capire.
Voleva solo che…che tornasse su, da lui.



Girl on the run (go girl)
You don't look back (go)
What did you see? (go girl)
What did you get? (go girl)
You're on the run (go girl)
Trying to forget (go)
But in the end (go girl)
Is it so bad... (go)



“Io…io lo rivoglio, James!” strillò lei, con le lacrime agli occhi. “E’ mio e lo rivoglio!!!”
Fece per scendere, ma mise il piede in fallo e scivolò giù, inghiottita da vuoto.

Being a girl?
Being a girl?









“Mamma, dai, mi racconti ancora una volta come si va a Neverland?”
Sua madre sorrise stancamente. Posò un grosso libro sulle gambe.
“Lily, Lily, tu sei proprio una peste.” Mormorò, accarezzandole il viso. “Quando imparerai a leggere lo saprai!”
“No dai, voglio saperlo adesso!” protestò la bimba, battendo un piedino per terra.
La donna alzò gli occhi al cielo, e mise la piccola sopra il suo letto d’ospedale.
“A Neverland si può andare solo se sai sognare. E avere la polvere di fata!”
“Polvere di fata?”
Selena annuì, trovando la forza di ridere.
“Ma se hai sogni sufficientemente forti, ci puoi andare anche senza. Tu ce li hai?”
“Io…” balbettò lei, arrossendo. “Io non lo so…”
“Un bel problema…” commentò sua mamma, pensierosa. “Allora come si fa?”
Gli occhi verdi della piccola scintillarono.
“Trovato! Forse se catturo una fata…lei mi aiuterà lo stesso!”
“Sì, però ti devi impegnare. E’ difficile catturare una fatina, sai?”
“Bazzecole! Io ci riuscirò!”
Gli occhi celesti della sua mamma s’inumidirono. Si appoggiò al cuscino, stanca, sorridendo tra le lacrime.
Lily rimase a fissarla in silenzio, senza proferir parola, aspettando che lei finisse.
“Mamma…” sussurrò, quando vide che il suo pianto sarebbe andato avanti a lungo. “Io ti prenderò una fatina. E voleremo insieme a Neverland.”
“Sì, lo so.”
La donna si asciugò le lacrime e prese a trafficare nel suo cassetto del comò. Quello che tirò fuori fu il fiore più bello che Lily Evans avesse mai visto.
“Questo…” spiegò lei, “…si chiama Fiore Di Loto. E’ un fiore che attira particolarmente le fate. Ecco…” glielo mise tra i capelli rossi. “…se lo tieni sui capelli le fate ti si avvicineranno senza paure.”
La bambina sfiorò la corolla di quel fiore. Era morbida e liscia come le mani della sua mamma.
“Mi piace questo loto.” Commentò solo.
“Ti sta veramente bene.” Sorrise Selena. “Sai, il nome ‘Lily’ significa ‘giglio’…ma io ho sempre pensato che dentro di te ci sia anche un po’ di questo fiore.”
Lily fece una giravolta.
“Mi sta bene vero?” gridò, ridendo e facendo quelle belle piroette, felice e spensierata come solo una bambina può essere.
“Sì.” Rispose Selena. “D’ora in poi sarai il mio piccolo fior di loto.”



Il suo urlo fu stroncato sul nascere da uno strattone violento, che le fece male al braccio.
Lily Evans aprì gli occhi e si trovò persa in due iridi color dell’oro.
Una mano liscia e calda teneva salda la sua.
“Stai bene?” le disse James, mordendosi un labbro. “Pesi troppo…cerca di aggrapparti alle mie spalle…ce la fai a salire?”
Il malandrino voltò lo sguardo in alto, sulla liana a cui si era appeso, temendo che si rompesse. Poi la guardò di nuovo.
“Allora?!”
“I-io…si…ci provo…” balbettò lei sussultando, aggrappandosi alla maglietta del ragazzo, che l’aiutò col braccio.
Si assicurò alle spalle forti di James Potter, stringendosi addosso a lui, immergendo il viso rigato di lacrime nella concavità della sua scapola.
La invase un’ondata di profumo di pino.
Sentì il braccio del ragazzo cingerle l’esile vita, forte, tremando un poco per lo sforzo.
Sotto di loro, le creature se ne andarono di corsa, immergendosi nell’acqua e scomparendo.
“Tu…la devi smettere.” Ansimò il ragazzo. “La devi smettere di farmi prendere questi colpi, hai capito?”
“Il mio anello…lo dobbiamo riprendere.” Mugugnò lei, senza alzare il viso.
“E come, di grazia?” ringhiò lui. “PERCHE’ RISCHI LA VITA PER QUELLO STUPIDO ANELLO?! VUOI DIRMELO?! O MI VUOI TENERE ALL’OSCURO ANCHE DI QUESTO?!”

Rabbia.
Tanta rabbia perché lei aveva tutti quei misteri, tutti quei segreti, e lui non poteva saperli.

Dolore.
Tanto dolore, perché quei segreti le facevano male e lui non era in grado di consolarla.

Tenerezza.
Tanta tenerezza perché sentì le sue lacrime bagnarli il collo.

Affondò il viso nei suoi capelli ramati, assaporando ancora una volta la fragranza che emanavano.
Non avevano un odore esageratamente dolce, lui detestava gli odori troppo smielati, che facevano venire mal di testa.
No.
I suoi capelli sapevano di fiori, ma soprattutto di libertà, di qualcosa di genuino e frizzante.
Avvertì il suo cuore accelerare i battiti.
“James…che stai facendo?”
“Parli troppo. Sta un po’ zitta.” Mormorò lui, chiudendo gli occhi.
Ecco.
Ora si sarebbe arrabbiata.
E l’avrebbe sgridato, preso a calci, anche col rischio di cadere.
Perché lei era Lily Evans…non si faceva zittire da nessuno.
E invece…invece rimase in silenzio.
E lì, mentre erano appesi a quella liana, sospesi in quel limbo fatto di terra e acqua, il loro tempo si fermò.
Con l’unica certezza che ogni secondo che avrebbero perso non sarebbe potuto più essere vissuto.
Sensazioni.
Belle, meravigliose, antiche, che profumavano di passato e che volevano tornare al presente.
Il vento portò loro una brezza leggera che sapeva di aghi di pino appena spiccati.

[Ma lui sentiva solo l’odore di quella chioma rossa, di fiamma, indomabile come il fuoco che lambiva l’anima di quella Grifone.]

[E lei sentiva solo l’odore della sua pelle, frizzante come la libertà che aveva nel cuore di malandrino.]


“Io…io ti amo ancora.”
Le mani della ragazza premettero sulla pelle. James Potter rimase immobile ad ascoltare il suo silenzio.
“E tu?” chiese.
Nessuna risposta.
“Tu mi ami?”
Ancora silenzio.
“Non importa, sai? Non importa…”
La strinse più forte, consolandola, mentre lei, fragile anima smarrita, cercava di domare quella terribile confusione che aveva in testa.
Non attese altra risposta.
Perché l’unica cosa che importava era stringerla fra le braccia e confortarla.






Lily Evans si girò e rigirò tre le mani quell’anello, in un gesto morboso, mentre le lacrime le uscivano copiose dagli occhi.
Sua sorella Petunia le urlava contro a pieni polmoni, piangendo e ringhiando come una bestia ferita.
“E’ colpa tua!”
Sì, era colpa sua.
Solo sua.
“Sei tu che ce li hai attirati addosso!!!”
Il dolore era troppo forte.
Stava male.
“I nostri genitori sono morti per colpa tua!!!”
Lily Evans strinse l’anello e si mise le mani alle orecchie per non sentire, chiudendo anche gli occhi.
“NO, NO, NO!!!”
Sì invece.
Perché se non avessero saputo che nella loro famiglia c’era una mezzosangue, i Mangiamorte non avrebbero mai somministrato loro quel veleno.
Quel veleno che li aveva lentamente uccisi.
C’erano tutte le risposte, ormai.
Il motivo del perché i medici babbani non avevano saputo guarirli.
“E loro?! E loro cosa hanno fatto?! Ti hanno ricoperta di regali!!!”
Petunia le gettò ai piedi il libro, con rabbia feroce.
“Il tuo libro, il tuo fiore delicato, il tuo stupido gatto!!!”
Calciò la bestia con rabbia, mentre Miriana, che si era strusciata contro le sue gambe, miagolava scandalizzata e cadeva a terra.
“Lasciala stare!!!” strillò Lily, spingendo la sorella che infieriva sull’animale.
Nonostante il corpo esile e ancora minuto, riuscì a farla cadere.
Petunia la fissò da terra, assottigliando lo sguardo colmo di lacrime. La bambina si morse un labbro, quasi a sangue.
“Tu…” ringhiò la maggiore, additandola. “Tu sei un mostro!!!”
Lily la fissò, incapace di parlare, cerea in volto.
La sorella s’alzò di scatto, fissandola tra lacrime e odio.
“Tu sei una strega!!!” gridò. “Non ci voglio avere più niente a che fare con te!!! Hai capito?! Niente!”
Afferrò il grosso cappotto appeso accanto alla porta, infilando le chiavi nella toppa. Lily recuperò l’uso delle gambe e della voce.
“Petunia, no!” supplicò, singhiozzando. Si aggrappò disperatamente al suo cappotto, come una bambina che piange per avere una caramella. “No, no, no!”
“LASCIAMI!!!” ruggì lei, aprendole le mani con rabbia, facendole male. “Io me ne vado! D’ora in poi starai con zia Ellen!”
“No, non mi lasciare da sola!”
Lei aprì la porta, che dava sulla notte.
“E’ finita, Lily…” singhiozzò Petunia. “Io non ce la faccio…tu e la tua magia! E dopo…dopo questo…non riesco a guardarti in faccia!”
Uscì correndo, fregandosene della pioggia, tirandosi su il bavero del giubbotto.
Scomparendo nella notte.
“PETUNIA!” strillò la piccola maga. “PETUNIA!”
Ma la sorella maggiore non si voltò, ne arrestò la sua corsa.
Nonostante questo, Lily passò la notte a chiamarla, quasi a perdere la voce.




Immagini.
Dolori.
Eppure…eppure, lì, abbracciata a lui, c’era tanto calore, tanto amore.
Si sentiva in fiamme, eppure non voleva spostarsi.
Chissenefrega se cadevano.
Chissenefrega se la liana correva il rischio di rompersi.
C’erano solo loro due.
E nien’altro aveva importanza.
“Lily…” sentì mormorare il ragazzo. “stai tremando…”

"Tremo per te, per quello che sei, per come ci siamo lasciati nonostante ci amiamo alla follia…tremo per quest’anno d’inferno, fatto di solitudine e silenzio e tremo…tremo…perché ti amo ancora…"


“Cerca…” sussurrò, senza avere il coraggio di fissarlo. “…cerca di aggrapparti alla roccia, la liana sembra fragile…”
“Giusto…”
James si sporse un poco, cercando con le mani un appiglio. Quando lo trovò vi ci appoggiò la ragazza, poi ne cercò uno anche per lui.
“Ce la fai?”
“S-si…”
“Ok, adesso scendiamo lentamente…stai sempre attaccata a me.”
Lily Evans lo guardò sorpresa.
“Scendere?”
Lui ricambiò sfrontatamente lo sguardo, e sorrise, dolcemente.
“Dobbiamo recuperare quest’anello, no?”
Un sorriso incredulo e meravigliato da parte della giovane gli scaldò il cuore.
“Grazie, James…”
“Ma di cosa? Lo faccio solo perché sono amante del denaro e vederlo sprecato così mi da fastidio!” ghignò Potter.
Malandrino fino in fondo.


“Ragazzi, no, io non ce la faccio. È tardi e James non torna.”
Sirius Black e Remus Lupin si voltarono verso l’amico Peter Minus, che li fissava serio.
“E dove vuoi che sia andato, scusa?” lo schernì Black, sorridendo però di conforto. “Hogwars è il posto più sicuro del mondo!”
“Sì, ma…” balbettò Codaliscia, arrossendo. “Remus?” cercò sostegno.
Il malandrino si fissava pensieroso le dita da circa mezz’ora, ormai. Alzò lentamente lo sguardo chiaro, serio.
“Hogwars è sicura solo perché quelli che ci sono dentro si sentono sicuri.” Disse. “E James…non lo è.”
“Che diavolo spari, Lunastorta?” sbottò Sirius, scostando la chioma d’ebano dagli occhi.
“ James potrebbe fare qualche sciocchezza.” Spiegò Remus, dopo aver alzato gli occhi al cielo. “Se devo essere sincero, anche io sono preoccupato. Da quando lui e Lily si sono lasciati…non è più lo stesso, ecco.”
Lo sguardo di Felpato si fece di ghiaccio.
“Al diavolo quella strega della Evans…” sibilò. “Ora ci vado a parlare.”
“Ma che vuoi fare, idiota?!” si spazientì Remus. “Andare da lei e costringerla a tornare da James? E poi come pensi di raggiungerla nel dormitorio femminile?!”
La sua logica non faceva una piega e l’irascibile Sirius si sedette sul letto, sbuffando, posandosi le mani sugli occhi.
“E allora cosa credete di fare?”
“Andiamo a cercare James, è la cosa migliore da fare.”
“Vengo con voi!” acconsentì subito Peter, alzandosi di scatto.
Sirius rimase con lo sguardo fisso nel vuoto, poi scattò nel letto di James, afferrando un mantello liscio e morbido.
“Usiamo questo.” Sorrise, sfiorando quella liscia superficie che sembrava fluttuare.
Si scambiarono uno sguardo, uno solo, ma che bastò più di mille parole.
Il loro sguardo.
Quello dei malandrini, ma, soprattutto, quello degli amici.



“E tu? Tu cosa hai fatto, in questo periodo?”
James sbuffò.
“Niente di importante. Non sono stato con nessuna, se è questo che intendi.”
“No, non m’interessa.” Lo sfidò la Grifoncina, assottigliando lo sguardo.
“Dici? Eppure tremavi mentre ti stringevo…” ghignò il ragazzo.
“Per il freddo.”
“Certo.”
I piedi della ragazza, calzati in delicate scarpette bianche, si fermarono. La rossa lo fissò, mettendosi le mani sui fianchi.
“E’ vero!”
James rise e proseguì un tratto di strada guardandola negli occhi.
“Se inciampi nei ciottoli…” iniziò Lily, ma una cosa lucente, sui massi, catturò l’attenzione dei due, zittendoli.
Lily Evans si fermò, attonita, gli occhi sbarrati.
James Potter si fece serio, teso.
“Quello è…?” balbettò la ragazza, impallidendo.
“Sì.” Rispose James. “Sembrerebbe di sì.”
Questa volta il freddo pungente penetrò loro fino alle ossa, ma non era per la temperatura, bensì per uno spettacolo agghiacciante.
Perché i ciottoli candidi che avevano davanti erano macchiati di sangue.
Non era un sangue normale: il suo colore era d’argento, ma la sua vischiosità e il suo odore non lasciavano dubbi.
“Ma chi cavolo…”
La Evans si guardò intorno, spaesata. James Potter saggiò quello strano liquido, con occhi attenti.
“Probabilmente è una di quelle creature acquatiche. Questo sangue assomiglia ai loro capelli, solo che è più denso.”
“Senti…” Lily afferrò James per un braccio. “Vuoi continuare comunque?”
“Sì.”
Non dissero altro: camminarono in silenzio.
Lo sciacquio delle acque del fiumiciattolo fu l’unico rumore che si avvertì per un bel tratto.
La strada sembrava prolungarsi in eterno, e quella macabra scia c’era sempre, più visibile che mai nella notte scura.
Lily proseguiva col fiato sospeso, tremando ad ogni curva, ad ogni svolta, temendo che il proprietario di quel sangue sarebbe comparso all’improvviso davanti ai suoi occhi.
O meglio, i proprietari: il sangue era troppo per una sola creatura.
Non tardarono molto nel trovarli, anche se quella che videro fu solo una di quelle strane creature, e, con orrore di Lily, ancora agonizzante.
La ragazza avrebbe preferito che fosse morta subito, senza indugi, senza dolori, invece di rimanere in vita per così tanto.
Eppure, quella creatura, nella sua stranezza e nella sua misteriosità, non riuscì a non incuterle pietà.
Tossiva, sputacchiava, con quel viso squamoso e quegli occhi lucenti come perle.
Stava accasciata sulla riva, in posizione fetale, un brutto taglio per l’addome.
I due giovani studenti s’avvicinarono, fissandola in silenzio.
Lei alzò lo sguardo privo di pupilla, ma terribilmente triste. I suoi occhi s’allargarono un poco.
“Perché?” chiese, in un sussurro. “Noi…volevamo solo giocare…”
E, nonostante tutto, nessuno dei due riuscì a dire qualcosa in conforto.
“Il tuo anello…non ce l’ho più…ma io volevo solo…solo giocare…” continuò lei, con affanno.
Una lacrima solitaria scese per la guancia dell’umana, ma l’asciugò in fretta.
Non erano cattive.
Erano solo dispettose, ma non c’era male nei loro cuori magici.
E faceva tanta tenerezza lì, a terra.
“Dov’è il tuo gruppo?” chiese James, chinandosi su di lei.
Scomparso…”
“Come sarebbe a dire?”
La creatura chiuse gli occhi, rilassandosi.
“Vuol dire svanito…”
Lily gridò quando la creatura si dissolse in una meravigliosa polvere luccicante, che volò come sabbia al vento.
I sassi sotto il quale c’era il suo corpo ansimante, scintillarono, ricoperti di quei luccichii che sarebbero rimasti in eterno.
“Vieni…” le disse James, prendendola per le spalle. “Dormiamo un po’. Sei stanca. Pensiamo dopo al tuo anello.”
“Lei…sembra che sia rimasta in vita…solo per giustificarsi.” Mormorò Lily, seguendolo docile come un cagnolino.
“Non ci pensare.”
Il ragazzo la portò il più lontano possibile da quella scena, tanto macabra quanto poetica, e la fece sedere appoggiata alla parete del burrone.
Le si sedette accanto, stringendola.
“No, James, per favore, lasciami…” mormorò la rossa, l’espressione contrita.
“No, scordatelo.”
“Io non voglio commettere lo stesso errore.”
Lui la fissò duramente e lei, come al solito, si pentì di quel che aveva detto.
“Io per te sarei un errore?” le chiese lui, addolorato.

Digli di no…digli di no…

“Buona notte, Lily.”
James si girò dall’altra parte, arrabbiato del suo ostinato silenzio.
Lei chiuse gli occhi e, stranamente, si addormentò all’istante, tanto era sfinita.







“Lily, ma che è, stai ancora studiando?”
Una ragazza dai capelli di fiamma alzò gli occhi al cielo e sorrise. La giornata era calda e piacevole, il silenzio della biblioteca dava un nonsoché di raffinato a quel luogo che tanto amava.
E che veniva ripetutamente disturbato dal suo fidanzato.
“Sì, James, a differenza tua, vedo.”
Il malandrino storse la bocca in una smorfia e, a tradimento, si chinò di scatto a baciarla.
Si scostò da lei ancor prima che quel bacio diventasse qualcosa di più intenso, divertendosi a stuzzicarla.
Sapeva bene che lei adorava le sue labbra morbide, le sue mani calde, il suo sorriso smagliante.
E lui, ogni giorno, la ricompensava della sua attenzione solo per il semplice fatto che lei esisteva e riempiva la sua giornata, importante come l’aria che respirava.
Da quando stavano insieme…niente più cattiverie, niente più scherzi pesanti, niente maschere d’arroganza.
Non aveva più nulla da dimostrare con lei, che lo amava solo per quello che era.
“Sei proprio un malandrino…”
“Se vuoi un bacio più romantico e, magari, qualcosa di più, finiscila di studiare e seguimi!” ordinò lui, alzando il mento.
Lei lo fissò carica di sfida.
“Ne farò a meno, grazie.”
Mai si era visto James Potter più sgomento, ma si riprese subito.
Una donnetta avvizzita come un vecchio avvoltoio corse da loro, assottigliando lo sguardo velenoso.
“State facendo bacc…!”
“Ci scusi, Madama Pince.” La interruppe prontamente James. Si voltò verso Lily e, con stupore della scolaresca studiosa, se la coricò in spalle. “Ce ne andiamo subito!”
“James! Lasciami!” rise lei, dando deboli pugni. “Sei proprio uno scemo!”
Aveva le lacrime agli occhi da tutta quella ilarità e lo sguardo sconvolto di Madama Pince la fece ridere ancora di più.
D’altronde, James era fatto così e così doveva restare.
Il suo James…l’unico in grado di farla ridere così tanto da farle venire i crampi allo stomaco.
S’accoccolò come meglio poteva in quella posizione scomoda, scalciando ogni tanto per non perdere quel poco di reputazione che le era rimasta.
E, quando la lasciò giù, lo baciò all’istante, perdendosi in quelle dolci e morbide pieghe.







La ragazza aprì di scatto gli occhi.
Era ancora notte, ma una sottile scia rosata s’intravedeva all’orizzonte.
“Oh no, ho dormito troppo!” pensò, disperata, balzando a sedere.
Sentiva la schiena che era tutto un dolore: dormire su quei sassi non era di certo il massimo della comodità.
Si guardò attorno, spaurita, cercando con lo sguardo James che però non c’era.
“Hey…”
Una mano sulla sua spalla la fece sobbalzare.
James era dietro di lei.
Nessuna espressione allegra.
Nessuna scintilla innamorata nei suoi occhi.
Nessun sorriso affettuoso.
Solo dopo Lily si accorse che nella mano aveva stretto un anello d’oro.
Il suo anello.
Rimase allibita.
“Dove…come…?”
“L’ho trovato andando un po’ avanti. Era per terra.” Rispose lui. “A vederlo non sembra avere niente di speciale…”
“RIDAMMELO!”
Lily gli si gettò addosso, cercando frenetica di prendere quel prezioso monile, ma James alzò il braccio verso il cielo, impedendoglielo.
“Ridammelo James! Ridammelo!” supplicò la ragazza, ma gli occhi nocciola del Grifondoro erano di ghiaccio.
“E’ per questo che rischi la vita? Ora lo voglio sapere!” esclamò, a voce alta.
“Ma cosa ne sai tu?!” si adirò Lily. “ Ti ordino di ridarmelo subito! James non costringermi…”
Ma con lui le sue minacce e gli ordini avevano vita breve.
Non era mai riuscita a sottometterlo d’altronde, nemmeno imponendo la sua autorità di Prefetto.
“Perché è così importante per te?” mormorò James, gravemente. “Voglio la verità, Lily…”
La giovane non parlò.
Afferrò il colletto della camicia del ragazzo, lo tirò verso di sé e pigiò velocemente le proprie labbra contro le sue.
James Potter sbarrò gli occhi, sorpreso.
Era come se un calore improvviso gli si fosse diffuso per tutto il corpo, a partire dal cuore.
Solo le sue labbra, solo il calore tiepido del suo corpo gli faceva quell’effetto.
Solo lei…Lily.
Sentiva le gambe tremare, le farfalle nello stomaco e il sangue che circolava veloce nel cervello.
Era strano ma all’insieme piacevole…da quanto non provava quella sensazione?
Troppo, troppo tempo senza lei.
Ricambiò quella dolce effusione, approfondendo, lambendo, bramando le sue labbra con fugace passione.
Le prese i polsi e la sospinse contro la parete rocciosa, schiacciandola un poco col corpo.
Sentì le mani affusolate di Lily infrangersi nei suoi capelli, il suo sospiro uscire lento, appassionato, e la sua gamba alzarsi un poco, raggiungendo la vita, e cingere dolcemente la sua, quasi temesse una sua fuga.
Le lasciò lentamente i polsi, posando le mani sui suoi fianchi, e scendendo con le labbra infuocate d’amore e passione al suo collo morbido e candido.
“Lily…” sussurrò, ma si bloccò di scatto avvertendo una pressione all’addome.
Lei lo guardò seria e decisa.
Un sorriso amaro si dipinse sul volto di James Potter.
“Che strega…” mormorò, sbuffando in un misto di amarezza e cupo divertimento.
Si staccò da lei a malavoglia, sorridendo freddamente alla vista della sua bacchetta puntatagli addosso.
Lei ricambiò il suo sguardo senza rimorso, quasi sfidandolo, anche se nelle sue iridi c’era la supplica.
“Per favore, James…”
Lui corrucciò le sopraciglia, abbassando lo sguardo. Lo rialzò deciso, arrabbiato, e deluso.
“Lo darò al fiume.” Annunciò, mentre lei trasaliva. Le voltò le spalle, correndo verso le rive di quelle acque agitate.
“NO JAMES, PER FAVORE!” gridò lei, correndogli dietro, terrorizzata.
Il suo cuore accelerò come non mai nel vedere il braccio di James scattare. Entrò nel panico.
“NOO!”
Si gettò per afferrare l’anello, ma inciampò in un ciottolo e cadde a terra.
In un tintinnare argentino, il gingillo si fermò poco dinnanzi a lei, oscillando lievemente per poi bloccarsi.
Il brillante scintillò di luce strana, tiepida, e l’immagine di due persone sorridenti si levò nel aria, come un filmino in bianco e nero.
In braccio, la donna teneva una bambina, stringendola dolcemente al seno.
James sbarrò gli occhi.
Lily iniziò a singhiozzare silenziosamente.


Dai Petunia, smettila di muoverti, così viene male il filmato!” sbuffò l’uomo, sorridendo bonario.
La donna si avvicinò, ridacchiando e mostrando Lily all’inquadratura di quella telecamera.
Ecco qua ! La nostra Lily Evans !” esultò, spensierata come la primavera.
Il suo sorriso era ampio, smagliante, allegro.
Era pieno di vita.
James guardò attonito i genitori di Lily improvvisare un balletto, ridendo e scherzando in quel campo di girasoli.
Petunia, la gravidanza ha fatto male a tua madre! Guarda com’è lenta!”
Edward sei perfido!”
Non ascoltarla, mamma ! Papà è solo invidioso della tua linea!”
Andarono avanti per un po’, ridendo e scherzando, colmi di quella vita che presto gli sarebbe stata strappata via con forza e violenza.
Nell’inquadratura apparve anche la sorella, magra e pallida, ma con vivaci occhi scintillanti.
Mamma, uffa, stai sempre con Lily! Posso ricordarti che hai anche un’altra figlia?”
La donna si avvicinò alla telecamera, inquadrandosi il viso.
Lily, quando sarai grande e vedrai questo filmato…ricordati che Petunia sarà sempre un po’ gelosa, ma che in fondo è buona come il pane!”


Il filmino si spezzò, e la conca tornò nel silenzio.
“Loro…hanno fatto una fine lenta, ma non dolorosa. I Mangiamorte gli hanno avvelenati in segreto…” mormorò Lily, con voce atona. “…per colpa mia.”
Le sue unghie si conficcarono nel terreno. Le sue lacrime bagnarono i sassi.
“…sono una dannata mezzosangue e loro sono morti per causa mia!” singhiozzò, disperata. “…e quel dannato anello è l’unico ricordo che mi lega a loro!”
Si voltò verso James, il viso rigato di lacrime.
“LO CAPISCI ADESSO PERCHE’ CI TENGO COSI’ TANTO?!”



[Nel mio paese, scolpita nella roccia, c’è una poesia.
S’intitola “la mancanza”.
E’ composta da tre parole, ma sono state cancellate.
Non si può leggere la mancanza. Solo avvertirla.]




Il ragazzo la sorpassò, in silenzio.
“E per quanto vuoi continuare a biasimarti?” ringhiò, mentre lei lo fissava incredula.
Raccolse l’anello, stringendolo nel palmo.
“Sì, Lily Evans, sono serio. Per quanto ancora vuoi crogiolarti nel passato?! Rispondi!”
“Ma cosa ne sai tu!” ruggì lei. “COSA NE SAI TU DI QUELLO CHE PROVO IO!”
“E’ vero, non so come ti senti…” disse lui, arrabbiato. “…ma so che se continui così, se continui a fare la parte della povera vittima disperata…ti rivelerai solo una vigliacca, che preferisce il dolore alla vita, che non è in grado di andare avanti perché ha paura. E i tuoi genitori non avrebbero mai voluto questo.”
Si avvicinò a lei.
“Forza, andiamo. È quasi l’alba…e tu hai detto che all’alba sparisce tutto, quindi possiamo tornare alla cara, vecchia Hogwars. Se le tue amiche non ti vedono nel letto, chiameranno Silente e saremo espulsi.”
Non l’aiutò ad alzarsi: appena le diti sottili della ragazza ebbero preso l’anello, ritirò la sua mano, mettendola in tasca.
“Voglio fare uno scherzo a Mocciosus, quando torno.”
La feriva così, e lo sapeva bene.
La rossa strinse i pugni.
Tremava.
Non seppe dire se di rabbia o di dolore.
“E’ vero, hai sofferto…” enfatizzò, mentre lui si voltava. “…ma…ma questo non ti da il diritto di far soffrire gli altri!”
“Ah, Lily, non sei la persona più adatta per fare questa morale.” Ringhiò lui, freddamente.
Fece per darle le spalle, ma lei avanzò di un passo, decisa.
“Invece sono la sola che può permettersi di dire così!” ringhiò, a voce alta. “Credi davvero che il solo fatto di aver sofferto ti dia il diritto di far soffrire gli altri?! O anche solo l’alibi per farlo?!”
Lo fissò gelida, come non l’aveva mai fissato.
“Se è così…io, dopo tutto quello che ho passato, che cosa avrei il diritto di fare a te o a chiunque altro?”
James Potter non ebbe tempo di rispondere ma, anche se non si fosse trovato una lancia puntata alla gola, non avrebbe saputo cosa replicare.
Lily Evans sbarrò gli occhi, impaurita, mentre strane creature umanoidi li accerchiavano veloci come giaguari.
“SCAPPA!” ruggì James, ma era troppo tardi per azzardare una qualsiasi mossa: dopo un istante la ragazza si ritrovò le mani legate dietro la schiena.
Davanti a lei si piazzò una di quegli esseri.
Era alta quanto la sua vita, come vestiti vecchie casacche simili a quelle degli elfi domestici.
Il suo sguardo era tutto meno che rassicurante.
Era crudele.
Nessun’altra definizione.
Sembrava velato da un velo rosso che offuscava la sua pupilla e rendeva impossibile stabilire dove l’essere scrutava.
Lily si guardò attorno, frenetica.
Erano in cinque e sembravano tutte donne, ma era difficile dirlo con precisione.
La loro pelle era verde e rugosa, il loro viso tirato e simile a quello di un serpente, accerchiato da capelli color porpora che cadevano sulle spalle ossute secchi e sporchi di terriccio.
Erano piccole e minute, senza caratteristiche che potessero suggerire una qualsiasi informazione sul sesso o sulla razza.
L’unica cosa che i due giovani sapevano era che non venivano con intenzioni amichevoli ed erano tutte armate di fottutissime lance appuntite e… sporche di sangue perlato.
Quando il capogruppo parlò, fece accapponare loro la pelle.
Chi sssiete voi?”
“Nessuno…ce ne stavamo andando…” rispose in fretta Lily.
La creatura si avvicinò a lei veloce, annusando il suo respiro a lungo. Il suo sguardo si fece feroce.
Non sssono come noi…” ringhiò alle altre. “…e hanno l’anello con cui giocavano le Nefesssidi che abbiamo uccissso…”
Il gruppo s’agitò, minaccioso.
Che cossssa fare?” sibilò una, tendendo la lancia contro il collo di James.
La risposta fu unanime: “ Bisssogna uccidere…”
“NO!” gridò Lily, dimenandosi. “LASCIATECI ANDARE! NON VI ABBIAMO FATTO NULLA!”
“Brava, distrai i mostriciattoli…” pensò James, armeggiando con la corda che gli legava i polsi. Le sue dita sfiorarono la superficie legnosa della sua bacchetta, tenuta nella tasca di dietro dei jeans.
Sssta zitta, sssubdola umana…”
Le grida della ragazza parvero innervosirle molto.
Una di loro afferrò una lancia, andandole incontro spedita e decisa, la punta voltata verso il suo addome.
Un grido si levò alto nel cielo.
EXPELLIARMUS!”
La lancia le volò di mano con un colpo secco, mentre quella cadeva a terra, colpita da un raggio luminoso.
Un attimo solo e James si lanciò verso Lily, bacchetta sguainata come una spada.
Partì un secondo raggio di luce, e fu il caos.
Le creature strillando in maniera disumana si lanciarono verso il ragazzo, mentre questi ne schiantava una e ne scansava un'altra.
Agguantò la ragazza per un braccio, quasi a farla cadere, e con un gesto preciso le slegò i polsi.
“CORRI!” le gridò, trascinandosela dietro.
Le creature si pararono in mezzo, lance a portata di mano, ma bastò un movimento di bacchetta e quelle erano tutte a terra.
Ma proprio quando riuscirono a distanziare quelle creature quel tanto che bastava per fuggire, si udì un frusciare di foglie e un’ombra scura piombò addosso a James come un’aquila che agguanta il coniglio.
Lily gridò e cadde a terra, sbilanciata dallo strattone di James, la cui mano teneva la sua.
L’impatto col terreno acciottolato non fu dei migliori, e gemette di dolore.
Quando rialzò lo sguardo rimase come paralizzata.
Una di quella creature teneva James immobile a terra, la bocca sporca del sangue di una di quelle defunte Nefesidi.
Non era come le altre, era molto peggio.
I suoi occhi erano porpora come i suoi capelli cespugliosi, la sua bocca priva di labbra era guarnita di numerosi dentini affilati.
Il suo viso, se possibile ancor più crudele delle compagne, era aperto in un ghigno sporco.
Io sssono Ajak…” sibilò, inclinando leggermente la testa, come se fosse completamente folle. “…io sssono la regina…e tu non sssei niente…vieni, vieni a prendere il tuo umano…”
“Lily…” fece James, ma la ragazza lo bloccò.
“Sparirà tra poco!” esclamò, con voce stridula. “E’ l’alba e tutto questo sta per finire! Resisti!”
Si alzò in piedi, nel panico, mentre Ajak sogghignava.
Mentre tu ssstai lì a piangere… le mie compagne ssstaranno arrivando…”
“Sparirete con la luce del sole!” strillò Lily, disperata. “E’ questione di secondi!”
Puntò il verde sguardo sull’orizzonte, dove l’aurora procedeva lenta e chiara superando la notte nera.
Le compagne di Ajak arrivarono di corsa, ringhiando come bestie ferite.
“Hemm…Lily?!” gridò James, mentre quelle lo afferravano malamente per le braccia e lo strattonavano.
“MANCA POCO!” esclamò lei, frenetica, agguantando la bacchetta magica.

Resisti James… manca poco…

Il sole, col suo lento incedere, sembrava prendersi burla di lei.
La fascia di luce raggiunse la foresta, mentre con un violento tremore gli alberi e la vegetazione che otturava l’uscita si diradò.
Lily chiuse gli occhi, sentendo i raggi di quel pianeta incandescente raggiungere la sua pelle infreddolita dal freddo invernale di quella notte.

Ora scompariranno…come…nelle fiabe

Ma quando riaprì gli occhi si sentì morire.
Le creature erano ancora lì, a fissarla minacciose.
“LILY!” gridò James, dimenandosi. “NON SONO SPARITE! LILY!”
La ragazza stava immobile, come pietrificata.
Portate l’umano massschio all’accampamento…uccidete quesssta sssciocca…” sibilò Ajak, assottigliando lo sguardo.
“LILY SCAPPA!” ruggì James, agitandosi come un pazzo. “SCAPPA!”
E la studentessa fece quello che le venne più istintivo: seguì il consiglio di James, voltò i tacchi e iniziò a correre come non aveva mai fatto.
I suoi piedi iniziarono a protestare, d’altronde correre su quella riva non era il massimo.
Sentiva dietro di sé il fiato di quelle nauseanti creature…e più avvertiva paura più correva veloce.
Ritornò al punto dove era caduta, si aggrappò alla roccia senza preoccuparsi di farsi male e infine alla liana.
Mentre sfrecciava tra gli alberi senza nemmeno guardare dove stava andando, i pensieri le vorticavano in mente come un vortice confuso.
“L’ho lasciato là! L’ho abbandonato!!!”
Stupida, sciocca….come poteva sperare ancora nelle fiabe?
Nei lieto fine?
Come poteva aver creduto che chiudendo gli occhi tutti gli incubi sarebbero spariti?
Non sei più una dannata mocciosa, Lily Evans…non lo sei mai stata!”



[ Ogni volta che un bambino dice : “ io non credo nelle fate”, da qualche parte c’è una fata che muore…]





Iniziò a piangere forte, scansando gli alberi a malapena tanto la vista era velata di lacrime.
L’aveva abbandonato con quei mostri…doveva tornare indietro…

Ad un certo punto andò a sbattere contro qualcosa e cadde all’indietro.
“Ahia! Ma…EVANS?!”
La ragazza alzò il viso, sconvolta, e rimase stupefatta nel trovarsi davanti Sirius Black.
“Lily!” esclamò Remus Lupin, afferrandola per le spalle. “Che diamine è successo? E’ da tutta la notte che tentiamo di entrare nella foresta senza riuscirci!”
Si fermò, vedendo come la ragazza tremava.
Stava lì, piangendo, sporca di terra e tutta graffiata, i capelli scarmigliati sul viso sconvolto…
“Lily…” fece, serio. “Cosa è successo?”
“L’hanno preso!” strillò lei, aggrappandosi all’amico dai capelli biondicci.
“Chi?” s’intromise Sirius. “Chi hanno preso?”
“J-James…”
“CHI L’HA PRESO?! PARLA!”
“Lasciala respirare!” ringhiò Remus, sottraendo la ragazza dalle grinfie di un impulsivo Felpato.
Lily si mise una mano sugli occhi.
“Dobbiamo tornare indietro.” Mormorò. “Dobbiamo salvarlo…prima che sia troppo tardi…”
E mentre correvano, mentre Lily spiegava freneticamente cos’era successo ai due amici, un solo pensiero, un solo obbiettivo.

Dirgli che l’amo anche io…e che se lo vuole, crederò ancora nelle fate…solo per lui…



L’accampamento delle Banshee non era altro che un agglomerato di drappi e tendaggi ricavati con le pelli d’animali.
Un ambiente rozzo, certo, ma che era ottimo per il freddo inverno.
La fascia rosa si era estesa e stava lentamente schiarendo, scemando in una più perlacea.
Il mattino stava incombendo e loro dovevano fare presto.
Perché quel giorno, sarebbe stato importante per i loro dei.
Avrebbero sacrificato uno stregone malvagio in loro onore.
Ajak sghignazzò.
Tutte balle.
Nessun dio.
Nessun onore.
Solo dolce, amabile morte.
I suoi occhi, scintillanti come braci incandescenti, assistevano compiaciuti al lavoro delle sue compagne.
Un enorme cumulo di legna e un po’ di pali conficcati all’interno.
Meglio tenersi pronti per ogni evenienza, aveva detto la Banshee, ed aggiungerne qualcuno.
Ti bruceremo come gli ssstregoni di una volta…e niente bacchetta…cosssa hai da dire?” sibilò, perfida, voltandosi verso un ragazzo piuttosto malconcio, legato ad una palizzata di convenienza da rozze corde.
James la fissò con un ghigno, nonostante la sua situazione disperata, alzando finalmente lo sguardo.
Un ghigno dannato, che infuse alla regina delle Banshee timore.
“Forse…Ssstronza?”
Negli occhi porpora della creatura s’intravide benissimo l’ira.
Agguantò un bastone e lo colpì alla guancia, forte, violenta. Il ragazzo tossì sangue, ma non smise di sorridere.
“Pensi che sia finita? Hai lasciato andare Lily ed è una cosa che non dovevi fare…arriverà coi rinforzi.”
Ma la regina sorrise affabilmente.
Oh…è quesssto che avevo previsssto.”



“Lo vedi Sirius?”
“Sì, ma cosa sono quelle cose?!”
“Fate piano, per carità…”
Sirius si sporse un poco, assottigliando lo sguardo per vedere meglio.
“Sembra ridotto un po’ male…ma niente di grave.” Constatò, mentre Lily abbassava lo sguardo.
Era tutta colpa sua…
Lei e il suo stupido anello.
James…lui era finito lì per causa sua.
Non avrebbe permesso…no, non avrebbe mai più permesso che la gente morisse per colpa sua.
Niente più ricordi, niente più dolori, niente più fantasmi.
Questa volta la bambina era cresciuta, e non avrebbe accettato un altro peso sulla coscienza.
Non avrebbe fallito senza combattere.
“Cazzo…” esclamò Sirius, sbarrando gli occhi. “Vogliono arrostirlo come un fottuto pollo, quei mostri!”
“Non sono mostri, sono Banshee…abitano nella foresta da sempre ma non si erano mai spinte così vicino al confine!” esclamò Remus, assottigliando lo sguardo.
“L’unica cosa che m’importa è che vogliono bruciare James come nel medioevo!!!”
“Io vado.” Annunciò Lily, decisa, mentre i due ragazzi si voltavano verso di lei.
“No, Lily, serve un piano preciso…non puoi rischiare così…” tentò Remus, ma fu tutto inutile.
La rossa si alzò di scatto dal rifugio di foglie e iniziò a scendere rapida e silenziosa il breve pendio che la distanziava dal ragazzo.
Remus la richiamò invano, per poi guardare l’amico Felpato.
“Sirius…dov’è il mantello?”


“Sono proprio nei casini…”
James Potter diede un ultimo strattone alla corda, nella vana speranza di riuscire a rompere quel pezzo di steccato.
Gli doleva il petto e le braccia, mentre sulla guancia destra avvertiva un doloroso bruciore, nel punto in cui l’aveva colpito quella schifosissima bestiaccia.
“I casini te li mangi a colazione, James…”
“ARGH!”
James Potter fece un balzo che, se fosse stato slegato, avrebbe raggiunto il cielo.
Una mano gli premette sulla bocca, invisibile.
“Non urlare, vuoi che ci scoprano?!” sibilò Lily, velenosa, mentre armeggiava con le corde che tenevano legato il malandrino.
“Lily…” comprese James. “…Ce ne hai messo di tempo.”
“James…” iniziò lei, mortificata. “…mi dispiace, veramente, io…”
“Va tutto bene, rossa.” La zittì lui, con un sorriso. “Alla fine sei venuta ed è questo che conta. Forza, sbrigati.”
“Non è facile, col mantello dell’invisibilità!” protestò lei.
“Hai trovato Peter, Sirius e Remus, vedo…”
“No, solo Black e Lupin…Peter non c’era.”
“E dove sono?”
“Nascosti fra gli alberi…”
“CHE COSA?!”
James non proferì altra parola: un grido si levò dal punto in cui c’erano i due malandrini, e Sirius Remus rotolarono fino ai pendici di quella collinetta, seguiti a ruota da irascibili Banshee.
Versi striduli si levarono nell’accampamento e, prima che Lily potesse fare qualsiasi cosa, venne colpita violentemente da un bastone.
Gridando, cadde in avanti, e il mantello le scivolò di dosso.
Ajak la guardava con un misto di trionfo e perfidia negli occhi sanguigni.
Ssstupida e incosssciente…noi Banssshe posssiamo vedere attraverssso la magia…” sibilò, mentre lei tremava sotto quello sguardo così fiero ma allo stesso tempo così mostruoso. “Sssei caduta nella mia rete, sssciocca…e hai portato altra gente vedo…”
I suoi occhi si posarono su Remus e Sirius che ancora lottavano inutilmente contro le compagne di Ajak.
Sirius frugò nella veste, l’ira nelle iridi color delle nuvole.
“Vi faccio vedere io, schifezze ambulanti!”
Quando estrasse la bacchetta successe il finimondo.
Decine di Banshee saltarono loro addosso, strillando, e lampi di luce magica percorsero tutto l’accampamento.
Prendeteli!” tuonò Ajak, afferrando nel frattempo Lily per i capelli, con le dita lunghe e munite di affilati artigli.
“Aaah!”
“LASCIALA!” ruggì James, dimenandosi. “NON TOCCARLA!”
La ragazza le afferrò il polso minuto, cercando di storcerglielo, e la regina soffiò come un gatto furioso, mostrando i denti affilati, trasformandosi in un mostro troppo terribile da essere definito tale.
Le afferrò la gola, stringendo, pervasa da furia selvaggia.
La ragazza boccheggiò in cerca d’aria, e Ajak la gettò a terra, malamente, dove lì rimase, tossendo.
Si precipitò nel punto dove i due malandrini combattevano, e il suo arrivo fu un esito decisamente positivo per la compagine alleata.
Ben presto i due giovani furono sopraffatti, e le loro bacchette furono spezzate proprio da Ajak, che gridò la vittoria all’alba.
Le compagne la seguirono a ruota.
Allora, cosssa mi dici adessso?” ruggì la Banshee, voltandosi verso di James. “Ora morirete tutti voi! Non fai più lo ssspiritossso! Afferrateli!
Lily si sentì premere le spalle da manine rugose, ma non ebbe la forza di fermare la creatura.
Si lasciò trascinare alla piazzola dove stava il cumulo di legna, inerte.
Sirius non fu altrettanto pacifico: per farlo stare buono dovettero colpirlo alla nuca.
Sssiamo ssstate brave, vero?” chiese Ajak, compiaciuta. “Abbiamo attessso prima di uccidere l’umano…sssapevamo che sssaresssti tornata!”
Lily la guardò nei suoi terribili occhi color porpora.
“Non hai il diritto di farci del male!” tentò, disperata. “Silente lo verrà a sapere!”
E cosssa vuoi che me ne importi?” ruggì la regina, ma la reazione non fu unanime: molte compagne iniziarono a lanciarsi occhiate spaventate al nome del preside di Hogwars.
“Lily, andrà tutto bene…” tentò di rassicurarla Remus, ma non fu abbastanza convincente.
Portateli nella mia tenda…” mormorò Ajak, fingendosi annoiata. “Moriranno uno a uno…lentamente e, sssopratutto, in completa sssolitudine. In onore della regina."
Ma quando le compagne afferrarono anche James, facendo per trascinarlo via insieme agli altri, la regina le fermò di colpo.
No! Lui no…voglio divertirmi.” Sorrise, perfida.
Lily sentì il proprio sangue andare velocemente al cervello, e il cuore rimbombarle nella cassa toracica.

Voglio…divertirmi…


“NO!” gridò, divincolandosi. “NO, JAMES!”



[ Dopo tutto questo…è giusto che finisca così? Sì, perché nelle fate, ormai, non si crede più.]



“Lily, sta tranquilla!” le gridò James, mentre lei veniva trascinata via, ma fu tutto vano: il colorito della ragazza raggiungeva le vette più ambite del pallido, mentre le sue gambe e le sue braccia scattavano come se avessero vita propria.
“NOOO!” strillò, trattenuta a fatica dalle Banshee. “JAMEEEES!”
Ajak corse verso di lei.
Un pugno al petto, e poi fu solo il buio.


[Il termine Banshee deriva da “Bean si” che significa "donna delle colline".
Il loro aspetto si identifica più che altro negli occhi sempre arrossati per via delle lacrime, che versano sulle tombe di coloro che amavano.
Le Banshee non si mostrano mai agli esseri umani, con l'eccezione di coloro che saranno prossimi alla morte e a cui giungerà tale presagio.
È probabilmente questa la ragione per cui dopo l'VIII secolo vengono classificate tra gli esseri malvagi.
In realtà, le Banshee sono delle fate, che però si sono voltate al male.
La loro magia piena di fascino permette di catturare prede umane, ma per lo più si nutrono di carne cruda di animali.
Vivono in branchi, isolate da tutti, cercando meno contatti possibili con gli umani.
Ma quando sentono una forte presenza di morte, non si fanno scrupoli.
Essendo esseri che hanno il dono della preveggenza, e che amano tutto ciò che riguarda il dolore, si lasciano facilmente attirare da chi avrà un destino destinato alla sacrificio o a una fine cruenta.
Da: “Storia Delle banshee”, Frammento]



“Lily…”
“Merda, rispondi Evans…non fare scherzi, dai…”
Lentamente, Lily aprì gli occhi color smeraldo, sbattendo le ciglia per abituarsi alla luce.
Cercò di muoversi, ma si accorse di essere immobilizzata da spesse corde, affiancata da Remus e Sirius.
Il mannaro le rivolse un sorriso, sospirando di sollievo.
“Pensavo fossi morta…”
“Stai bene?” le chiese invece Sirius, con una smorfia di dolore.
“Dove…dove siamo?” chiese all’istante Lily, guardandosi attorno.
Erano stati portati dentro una spessa tenda, più grossa delle altre, calda e confortevole nonostante l’aspetto rozzo.
“Nella tenda di quella…quella cosa. James…non è…non è più tornato…”
Lily si stupì d’avvertire ansia nella voce di solito arrogante di Sirius Black.
Era incredibile…tutte le loro convinzioni, le loro basi solide a cui s’aggrappavano…tutto sparito.
Nel buio.
Nella notte.
La loro Hogwars, così sicura …cancellata da quell’incubo che stavano vivendo.
Lily pianse.
Pianse forte, in maniera disperata, e a nulla valsero le consolazioni dei due amici.
James…anche lui era svanito assieme alla loro sicurezza?
“Non è morto…” mugugnò, tra i singhiozzi. “Io non glielo…per…permetto…”
“Lily, calmati.” Disse deciso Remus. “Non l’hanno ucciso…non abbiamo sentito la legna bruciare. È tutto tranquillo, per ora.”
“Da quanto ho perso i sensi?” chiese lei.
Si sarebbe volentieri asciugata le lacrime se solo avesse potuto muovere le mani
“Pochi minuti…” rispose Sirius. “Se solo…se solo avessi ancora la mia bacchetta…ma come siamo finiti qui, dannazione?!”
Giusta domanda, ma nessuno seppe trovare risposta.
All’improvviso, il telo che fungeva da porta venne sollevato da una mano.
Una mano liscia e vellutata.
“Ragazzi…”
Lily alzò lo sguardo di scatto. Gli occhi le si riempirono di lacrime, ma questa volta furono lacrime di sollievo.
“James…”
Il ragazzo la fissò serio, mentre lei gli sorrideva.
“Che paura ho avuto…” mormorò. “…come…come hai fatto a venire qui?”
Il ragazzo non rispose.
Si chinò su di lei, iniziando a scioglierle le corde.
“Sei forte, amico!” esclamò Sirius, raggiante. “Dai, liberaci!”
Ma il suo sorriso svanì lentamente: James aveva afferrato Lily per un braccio e la stava conducendo fuori.
“Hey!” esclamò, a gran voce. “JAMES! Che fai?!”
La rossa cercò di divincolarsi, ma la presa del malandrino era forte, troppo.
“Ma cosa fai?!” chiese disperata, guardandolo negli occhi. “Gli altri! Dobbiamo…”
Rimase impietrita nel vedere le Banshee fuori dalla tenda, ad attenderli, tranquille, con Ajak in prima fila.
Una di loro, in mano, aveva una torcia infiammata.
Prima le sssignore…” sibilò Ajak, mentre le compagne scoppiavano a ridere.


Voleva indietreggiare, scappare, ma James la costringeva ad avanzare, su quella pila di legna che condannava il suo destino.
Allora cercò di abbracciarlo, aggrappandosi a lui.
“Ti prego, torna in te!” gridò, tra i singulti, ma il viso di lui era una maschera di granito. “James!”
Si ridusse a supplicare, mentre veniva quasi trascinata verso il luogo del rogo.
Attorno a lei, solo risate e silenzio, mescolati con crudeltà.
Quando passò accanto ad Ajak, lei la guardò soddisfatta.
Pensssavate che sssolo voi maghi potete fare magie?”
“Cosa gli hai fatto?!” ringhiò la ragazza, fissandola con odio.
Hai mai sssentito parlare del canto della Banssshee?” chiese lei. “E’ un sssuono melodiossso ma al contempo ssstridulo. È magia allo ssstato puro ed è in grado di ammaliare il cuore di un uomo come quello della sssirena…”
“Ma perché ce l’hai con noi?” strillò Lily. “Non ti abbiamo fatto nulla!”
Lei scosse la chioma vermiglia, chiudendo gli occhi privi di ciglia, sorridendo mesta.
Non ce l’ho con voi…” sibilò. “Io ce l’ho con la vita. Non riesssco a sssopportarla. È nella mia natura…”
“E allora finisci la tua, di vita!” ringhiò la ragazza.
Gli occhi della regina si fecero di ghiaccio.
Fatela sssalire…mi ha ssstancato con le sssue parole... ”
Quando sentì James condurla sulla pila di legname, si voltò, sfiorandoli il viso con le mani, quel tanto che la sua stretta ferrea permetteva.
“Per favore…J-James…”
Non può sssentirti…nesssuno può…”
Lui la staccò, rigido, facendole male.
La prese per le spalle e la sospinse deciso in avanti, mentre lei cercava di opporre una debole resistenza, impuntando i piedi, urlando, strepitando.
La portò in cima, su una minuscola piazzola, e la sbatté contro il palo, fissandola con altre corde, senza guardarla in viso.
Che sssi porti la torcia!” tuonò Ajak, al gruppo.
Una Banshee più minuta delle altre avanzò lentamente.
Lily trattenne il respiro quando appoggiò la torcia infuocata ai ciocchi sotto i suoi piedi.
Scintille dorate iniziarono a scoppiettare, per poi trasformarsi in ardenti fiamme.
Aveva talmente paura che si dimenticò di urlare, d’implorare, di maledire: stava lì, ferma, paralizzata dal terrore, dall’orrore.
Dai confini della foresta si levò una brezza leggera, che le fece volare i capelli davanti al viso, ed aiutò l’espansione del fuoco.

Finiva così, dunque?


Da cenere, si ritornava cenere?

Non avrebbe mai potuto immaginarlo.

Eppure, sembrava giusto così.

Chi aveva fatto del male, male riceveva.

E lei aveva ucciso i suoi genitori, anche se involontariamente.

Se solo la colonna sonora della sua morte non fossero state quelle risate colme d’ iniquità…


La ragazza chiuse gli occhi, non riuscendo a impedirsi di tremare.
Avvertì le urla di Sirius e Remus.
Dovevano aver sentito l’odore della legna bruciata, e il scoppiettare ritmico del rogo.
Una vampata di fumo nero le arrivò in faccia con cattiveria, accerchiandola, soffocandola con la sua spessa coltre.
Iniziò a tossire, cercando l’aria pura, ma rimase a boccheggiare invano.
Il vento le buttava addosso il fumo come un onda.
Il miasma le confondeva il cervello, lentamente.
Il fumo le penetrò nei polmoni, che gridavano invano l’arrivo dell’ossigeno.
Socchiuse gli occhi.
Avvertiva calore, iniziò a sudare.
D’altronde non era poi così male.
C’era quel tepore, quel rumore delle fiamme, quel lento oblio che l’avvolgeva…
Chiuse gli occhi, sentendo il proprio cuore battere furioso.
Una lacrime solitaria le scese per la guancia sporca, lasciando una scia biancastra nella fuliggine.



Una luce bianca.

Una mano affusolata.

Una voce…la sua voce.

Lily…”

Era un sogno?

Non importava.

Voleva solo che non finisse mai.

Alternava tra il cosciente e l’incosciente.

Eppure, quella luce bianca all’orizzonte…che fosse il paradiso?

No, Lily. L’angioletto deve rimanere ancora qui.”
“Allora…le ascoltavi, quelle infermiere?”
“Le ascoltavo, sì.”
“Tu…tu mi manchi.”
“Lo so.”
“Anche se ti ho ucciso…sono…sono ancora il tuo piccolo fior di loto?”
“Lo sarai sempre. Devi solo volerlo. Hai smesso di cercare le fate, Lily, ma l’hai fatto troppo presto.”
“Non capisco…non sento più niente…”
“Perché hai smesso di cercarle? Non volevi venire con me a Neverland?”
“Neverland non esiste. E anche se esistesse… tu…tu ci sei andata da sola.”
“E’ vero, ma ci sono andata credendo nella speranza. Credendo nelle fate. Tu come ci vuoi andare a Neverland?”
“Non…non lo so…”
“E’ semplice. O ci andrai quando avrai una vita alle spalle, piena e felice, oppure…oppure ci vieni adesso, lambita dalle fiamme dell’odio. Ci andrai con violenza, con rabbia, con rancore, che ti rimarranno sempre addosso. Sei stanca, Lily. Stanca di soffrire. Ma se sei arrivata fino a qui vuol dire che infondo sei forte. Dimostralo un ultima volta…ti chiedo solo questo.”
“Mamma…”


Lily aprì gli occhi di scatto.
La testa le girava forte, aveva la nausea. La luce bianca all’orizzonte c’era ancora, ma nessuno ci aveva fatto caso.
Sentiva le fiamme scottarle lievemente la pelle.
Eppure non era mai stata così felice. Perché adesso…oh, adesso sapeva.
Sapeva cosa voleva dire credere nelle fate.

Guardò James negli occhi, sorridendo dolcemente.

E quel che era meraviglioso…era che…

Io credo nelle fate…”

Era poco più ch un sussurro, ma lui la fissò sorpreso, sussultando.
“Che cosa?”
Lei chiuse gli occhi. Cercò di inspirare l’aria della mattina, che però sapeva solo di fumo acre.
Sorrise lo stesso.
“IO...” gridò, forte, ridendo, piangendo, tutt’assieme. “…IO CREDO NELLE FATE!!!”
Le Banshee arrestarono le loro risa, sbarrando gli occhi, incredule, stupefatte.
Ajak la squadrò sibilante, socchiudendo gli occhi, cercando di capire.
Lily alzò il viso al cielo.
Non c’era nulla da capire.
“IO CREDO NELLE FATE!!! IO CREDO NELLE FATE!!! IO CREDO NELLE FATE!!!”
Iniziò ad urlare, quasi a sgolarsi, e la sua voce riecheggiò in tutta la Foresta Proibita.
“IO CI CREDO! IO CI CREDO!”
James cadde in ginocchio, tenendosi le orecchie, sul viso una smorfia di dolore.
“Basta, smettila!”
Ma Lily non demordeva, né dava segno d’aver sentito.
“IO CREDO NELLE FATE! IO CI CREDO!”
E fu lì che accaddero due cose impossibili.
La prima, fu che il sortilegio che ottemperava la mente del giovane malandrino si spezzò.
James Potter sbarrò gli occhi, ritornando lucido, ritornando se stesso.

E la seconda…

Che diavolo sssono quelle?!”
Ajak si era finalmente accorta della luce bianca all’orizzonte.
Solo che…non era una luce sola, ma tanti piccoli puntini luminosi.
Le Banshee iniziarono a ritirarsi, lanciando versi spaventati.
All’inizio, si distinsero solo piccole creature, come uno sciame di vespe.
Ma, man mano che si avvicinavano, prendevano una forma e un colore.
Ognuna di loro spiccava sulle altre, tutte erano uniche, tutte erano speciali.
Il loro volo procurò una folata di vento che spense il fuoco in un soffio, per magia.
Una minuscola fata si fermò davanti al viso di Lily, sfiorandole quasi il naso.
La guardò con occhi curiosi: le pupille erano velate da una patina verde, che nascondeva la pupilla, ma nonostante quello era graziosa.
Aveva le pelle verdognola, il viso vispo, vivace, e nelle vene delle piccole ali s’intravedeva l’arcobaleno.
La ragazza sorrise debolmente.
“Io credo…nelle…fate…” sussurrò, in un fil di voce.
La fata annuì, sorridendo decisa, quasi ghignando.
Fu l’ultima cosa che vide.


La ragazza aprì gli occhi, piano.
Nella stanza avvertiva delle voci.
Figure sfuocate le apparvero alla vista, per poi farsi più nitide.
“Stai bene?”
Il suo sorriso.
Quel suo sorriso smagliante, pulito, da malandrino.
L’aveva visto tante volte e tante volte aveva sentito la sua mancanza.
Gli prese la mano, stringendola.
Era calda e soffice.
Poi tornò a dormire, più serena.


Quando si svegliò di nuovo, era tramonto inoltrato.
Un ragazzo dormiva pacificamente con la testa appoggiata al bordo del suo letto e la mano congiunta con la sua.
Lo scosse piano.
“James…” sussurrò, mentre lui apriva gli occhi.
“Hey…ciao…finalmente.” Sorrise, stancamente. Era tutto scarmigliato, e aveva due occhiaie visibili sotto gli occhi.
Lily sbadigliò.
Sentiva tutte le membra indolenzite.
“Quanto…quanto sono rimasta a dormire?” mormorò.
“Due giorni interi.” Rispose prontamente il ragazzo. “Eri davvero stanca.”
“Siamo in Infermeria.” Constatò Lily. “Oh no…vuol dire che Silente ha saputo…?”
“Ha saputo.” Sorrise James, con un sospiro. “Ma gli ho spiegato la verità ed è stato magnanimo. Ha ritenuto che quello che abbiamo passato sia stata una punizione più che sufficiente.”
“E qual è stata la verità?” sorrise Lily, notando che la sua mano era ancora incrociata con quella del malandrino.
“Che stavo male, sono andato ai margini della foresta per prendere una boccata d’aria e tu mi hai seguito per avvertirmi del pericolo.”
“E… perché stavi male?”
Lui la fissò sorridendo. Lei lo guardò spudorata.
“Perché la donna più bella dell’universo, la donna della mia vita, mi aveva lasciato. Ed è stato difficile reggere così tanti giorni senza di lei. Senza il suo sorriso, i suoi occhi, le sue labbra…”
La ragazza arrossì un poco.
James si sporse verso di lei, sfiorandole la guancia.
“Ti amo. E tu?”
Attese col fiato impercettibilmente sospeso, tradendo la paura di uno dei suoi soliti silenzi gravi.
“Anche io.”
James tirò un respiro sollevato, avvicinandosi per baciarla.
Ma proprio mentre le loro labbra si stavano sfiorando, la porta d’Infermeria si spalancò, e irruppero Peter, Sirius e Remus.
“Hey, abbiamo interrotto qualcosa?” esclamò Black, ghignando malizioso.
James alzò gli occhi al cielo.
“Seccatori…” mugugnò, tornando al suo posto.
Lily ridacchiò. Le sue guance si colorirono vedendo il gatto nero che Remus aveva in braccio.
“Miriana!”
“So che te lo ha regalato tuo padre e…che per te è un toccasana.” Spiegò Lunastorta. “Perciò…te l’ho portata.”
“Non sai che fatica, Evans!” esclamò Sirius. Solo in quel momento Lily si accorse che era ricoperto di graffi. “Guarda quella bestiaccia che mi ha fatto! Solo Remus è riuscito a prenderlo!”
Lily scoppiò a ridere.
Peter si sedette, guardando eccitato James.
“Oh senti, io non resisto! Mi raccontate cos’è successo? Eh?”
Fu un racconto lungo, poco dettagliato, ma a Peter piacque lo stesso.
“Che emozione! Se solo non fossi andato a dormire, quella sera!” sospirò, teatrale.
“Ah, Codaliscia, taci!” esclamò aspro Felpato, e la combriccola rise.
“E alla fine, cos’è successo?” chiese Lily, voltandosi verso James. “Io ho perso i sensi e…”
“…E’ successa una cosa strana. Le fate hanno vinto, e le Banshee sono fuggite nella foresta. Poi è arrivato Silente. Ho idea che non sentiremo parlare più di quelle creature. Hanno cambiato aria.”
Lily accarezzò il pelo fulvo del gatto, che fece le fusa.
Rimasero a parlare delle cose più futili per tutta la giornata.
Avevano già dimenticato quella terribile notte.
Tutto era passato.
Come nelle fiabe.





Lily Evans gettò uno sguardo alla Biblioteca, vuota e silenziosa.
Poi all’orologio.
In ritardo, come al solito.
Che zuccone, il suo ragazzo…mai che prendesse lo studio sul serio.
Miriana saltò agilmente sul tavolo, guardandola con i suoi grandi occhi ambrati.

C’è un po’ del mio papà, lì dentro…

La Grifondoro si sporse a baciarle la testa, affettuosa, mentre l’animale miagolava compiaciuto.
Lily sospirò, poi prese a riordinare i libri nella borsa.
Il suo occhio cadde su un libro in particolare, aperto sul tavolo. Tra le sue pagine un fiore di loto rinsecchito dal tempo, e l’immagine di una fatina.
Lesse l’ultima frase con cui “Neverland” si completava.
Sorrise dolcemente.
Si alzò in piedi, e, notando che non c’era nessuno oltre che a lei, fece un lungo applauso.
E quella, posso con orgoglio giurare... che fu l’ultima volta che lo sfogliò.


[ Bambini, se credete nelle fate dovete battere le mani.
Clap. Clap. Clap.]





{[(*!FįŋĔ!*)]}







 
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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
lilylunapotter - Voto: 22/06/08 23:52
bellissima, fantastica, stupenda come tutte le tue fic. Hai un talento incredibile, non smettere mai di scrivere mi rccomando!!! ciao
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