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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Neon Genesis Evangelion (Shin Seiki Evangelion)
Titolo Fanfic: CURA
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: caskasoryu galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 26/04/2002 22:53:19

alla ricerca di quello che veramente è importante per asuka...
 
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- Capitolo 1° -

Cura

Prova un po' a spiegarlo allo psichiatra, allo psichiatra pagato da tuo padre (che, dopo che ti hanno dimessa dall'ospedale, si è convinta che tu sia impazzita), quanto ti sia difficile parlare con lui, quanto preferiresti mille volte rigirarti un coltello nei reni che essere costretta a colloquiare con la donna che gli sta accanto che eppure non odi, ma ti mette a disagio perché ti sembra eccessivamente perfetta per potersi veramente preoccupare per te e che andresti a trovare la tua vera madre al cimitero giusto per pestare i quattro fiori secchi sulla sua tomba e mandarla finalmente affanculo per averti abbandonata così.
Diglielo che non hai alcuna nostalgia della Germania (e per tanto non vuoi tornarci, come lui ti implora insistentemente di fare) ma che ti senti male in Giappone, che vorresti trasferirti, andare in un posto dove nessuno ti conosce come "quella-bambinetta-viziata" o "quella-ragazzina-arrogante-coi-nervi-fragili", dove potrai re-inventarti a piacere e apparire come la donna che avresti sempre voluto apparire, ma ti spaventa quel proverbio che dice : sei ovunque vai.
Dillo che hai paura di essere fin troppo consapevole che ovunque andrai ti porterai dietro i rottami di un Eva che non riesci più a pilotare, i pezzi di una te stessa distrutta in quei due luoghi maledetti e che, aggrappati alla tua schiena e infiltrati nel tuo sangue, ti seguiranno fino all'inferno ricordandoti che sei stata e chi continuerai ad essere: "quella bambinetta viziata" e "quella ragazzina arrogante coi nervi fragili".
Cerca di spiegare che per te tornare in Germania o restare in Giappone in effetti non fa alcuna differenza, poiché la verità è che vorresti sparire da entrambe, non esserci mai esistita, cancellare la macchia senza combattere e fuggire come una vigliacca.
Prova un po' a spiegare che vorresti volatilizzarti da Neo-Tokyo 3 anche in quell'istante, perché quella è la città dove lui vive, ma d'altra parte ti sembra inconcepibile l'idea di stare in un posto dove lui non c'è.
Digli, cercando di essere chiara pur sapendo che non lo sarai mai, che stai di un male da morire, che ti senti impazzire giorno dopo giorno e che devi continuamente chiuderti a chiave in camera tua perché un'inspiegabile groppo alla gola all'improvviso tenta di strozzarti e tu hai il terrore di scoppiare a piangere proprio davanti a lui, in che decreterebbe la tua ultima sconfitta.
Digli che lui ti fa paura, o meglio, quello che provi per lui ti fa paura, perché non sai definire se in totale quello che hai di lui è un bisogno o un desiderio, forse entrambe, e sarebbe il caso peggiore.
Perché in definitiva sarai anche sommersa dalla merda ma da quando lo conosci lui è rimasto, nel bene e nel male, il tuo unico punto fermo.
Digli che detesti il suo credere di riuscire a scioglierti con un sorriso da bambino, la sua fissa di scusarsi sempre e il suo deliberato ignorarti quando lo insulti.
Diglielo che hai paura di aver inconsciamente cercato in lui del sostegno, ma il fatto di aver così pressantemente tentato di non ammetterlo ti hanno portata a maltrattarlo tanto da farti addirittura schifo, e ormai sei finita alla deriva.
Desideri una parte della sua mente, fagocitarlo, farne il tuo burattino, sfogare con la rabbia l'odio che provi per lui e per te stessa. Ma d'altra parte hai un così disperato bisogno di affetto che non riesci a vivere senza ne uno ne l'altro, e così continui a farti trascinare nel vortice dei bisogni (che avresti voluto cancellare tempo prima, quando hai trovato tua madre appesa al soffitto della sua stanza d'ospedale) perché lo temi e lo detesti, però è anche tristemente vero che lo ami alla follia.
Insisti col ripete "alla follia", dillo forte, perché tu ti senti veramente una folle.
Vorresti provare a te stessa di saper vivere da sola ma l'idea di vivere senza di lui ti sembra assurda e intrisa di un umorismo nero-gotico veramente discutibile.
Non sei scema, ne tanto meno pazza, anche se nessuno ci crede più (e tu stessa, obbiettivamente, ogni tanto ne dubiti). Sai che le relazioni dovrebbero basarsi per lo più su punti in comune, ma che invece ti senti attratta da lui perché è il tuo esatto opposto e per tanto, credi, il tuo esatto incastro. Vorresti andare lontano da lui, ma l'idea di non averlo sempre a portata di mano per scaricarci sopra la tua tensione ti terrorizza e perché poi, infondo, cosa ti rimarrebbe? L'idea che quello stupido sia l'unica cosa che ti resta ti manda in bestia e ti fa sentire una merda più di quanto già non ti senta tale per natura. Non sai se allontanarlo o avvicinarlo, e così lo stuzzichi provocandolo, come quella volta che lo hai baciato, sperando che prima o poi ti confessi quelli che, nella tua mente, hanno preso forma come i suoi reali sentimenti, così da poter prendere finalmente una decisione (Giappone o Germania, Giappone o Germania?).
Tu ti senti attratta da lui come la luna si sente attratta dalla terra ma temi che la cosa non sia reciproca, quindi ti mostri il meno affettuosa possibile per dimostrare che non hai bisogno di nulla, tanto meno delle sue stupide coccole.
Digli, senza apparire una complessata come lui, che quando lo vedi hai la testa piena di dubbi.
Se lui si mostra interessato devo negarmi? Come? E se continua a restare sulle sue? Devo fare il primo passo? E se mi accoglie? E se invece mi respinge? E se lui si allontanasse da me?
Lui non dice di volerti bene, figuriamoci di amarti, non usa mai il pronome "noi", non fa progetti per il futuro e sei certa che, se ne fa, tu non sei compresa, non ti da nessuna sicurezza. Questo ti rende instabile e lunatica, ma non devi darglielo a vedere, poiché avendoti già distrutta come pilota di Evangelion (unica cosa per te sacra più della vita) non deve capire anche che sei più debole e stupida di lui. Senti che c'è un muro tra di voi, un muro che in qualche modo hai paura di abbattere, che all'inizio ti piaceva anche, perché così ti evita di comprometterti. Poi la tristezza ti assale pensando di non poterlo raggiungere e di non essere tu la persona a cui affida dubbi e angosce e la cosa ti sbatte in faccia la cruda verità: tu non sai niente di lui. Immagini che il suo passato sia stato orribile proprio perché lui non ne fa mai parola e il suo fermarsi a ragionare su espressioni che a chiunque (tranne che a te) sembrano insulse, il suo sviare i discorsi e modificare le frasi quando sta per completarle e tutto il resto ti ricordano un po' te. Il muro di dubbi e di riserve che si ergeva tra di noi come la distanza enorme e vuota che ci separava. Ti spaventa la percezione che hai dei suoi pensieri e desideri, la consapevolezza al momento giusto del punto da andare a toccare, la mossa da fare, la facilità con cui leggi nei suoi occhioni azzurri da bambino cosa vorrebbe che gli dicessi e tu proprio perché hai paura, e c'è da dire che sei pure una gran testa di cazzo, gli neghi di proposito. Speri così di negare, nello stesso tempo, l'effettiva esistenza di questo orribile legame, e il panico che ti prende quando pensi che la cosa potrebbe essere reciproca e che quindi potrebbero venire vanificate le barriere che hai eretto attorno alla vera Asuka anno dopo anno.
Cerca di convincerlo che in tutto questo i tuoi genitori e l'esemplare metodo di merda con cui ti hanno allevata non c'entrino, in modo da essere sicura che se mai un giorno remoto sarai felice, non dovrai andare a ringraziare loro.
Digli che non credi alla cazzata di guardare al passato come a qualcosa di concluso, di recuperare la bambina che c'è in te e continuare a tenerla in vita in un angolo dell'anima. Perché se poi la trovi e non ti piace? E se tu non piaci a lei? E se una volta risvegliatala non riesci più a metterla a dormire?
Digli che tutto quello che di finto e illusorio ti eri creata per sfuggire alla orribile prospettiva di avere bisogno di qualcosa e che credevi poggiare su una base di cemento armato, era invece un fragile canneto che è stato spazzato via nel giro di poco.
Digli che ti senti sempre più male, giorno dopo giorno, che ti stai esaurendo, la tua vita si sta esaurendo, risucchiata dalla te stessa che, in sostanza, non è che di vivere abbia proprio quella gran voglia.
Digli che vorresti pure suicidarti, ma l'istinto di sopravvivenza insito nell'essere umano per cui il corpo si rifiuta di morire e il fatto che tu, infondo, resti sempre la solita orgogliosa di sempre, ti trattiene e ti fa incazzare da pazzi. Ci sono giorni in cui non ce la fai più. In cui desideri solo piangere e farti coccolare dal tuo amore ma resati conto della tua rivoltante debolezza lo insulti come un cane per scaricarti e ti chiudi al cesso finché questo assurdo capriccio non si è infossato fin sotto al pancreas dove si accumulerà, in attesa di tornare su in un paio di ore.
Cerchi di spiegargli che ogni giorno ti senti sempre peggio, sia fisicamente che psicologicamente, pressata tra la io-vivrò-da-sola e la non-voglio-essere-sola, che non sai ancora quanto potrai reggere ancora.
Provaci, e pian piano ti andrai ad incasinare, e ti ritroverai con un groviglio di pensieri confusi tra le mani che non saprai come sbrogliare.
No; non sai com'è cominciata questa storia, in che momento hai cominciato a perdere la testa e come potresti riorganizzare i tuoi pensieri in modo da renderli in un ordine coerente per cercare tra loro quello sbagliato. Perché sai che le cose non vanno bene ma non sai cosa di preciso vada male.

Prova a dirgli queste cose, tanto non ci riuscirai.
Rimarrai in silenzio, a mangiucchiarti ben poco elegantemente le unghie raggomitolata sulla poltroncina di pelle nera fino a quando lui non ti farà una domanda per cui di sicuro avrà premuto tuo padre, che ti rivorrebbe in Germania l'indomani, e hai la consapevolezza disgustosa che colpirà il punto giusto, ti spingerà a dire qualcosa che non c'entra niente, ti farà arrivare al fulcro di tutto, e senza accorgertene spiattellerai ad uno sconosciuto la verità rivelandogli l'unico vero male e l'unica vera cura. Qualcosa che stai disperatamente tentando di non ammettere con te stessa, figuriamoci con qualcun altro.

<<Hai deciso di partire per la Germania?>>
<<Non ancora>>
<<Quindi non sai se resterai in Giappone>>
<<No, non lo so>>
<<Come mai?>>
<<Voglio prima vedere se succede una cosa>>
<<Posso sapere cosa?>>
<<No>>
<<Capisco. C'è qualcosa che ti tiene legata al Giappone, non è così?>>
<<Uno stupido che odio con tutta me stessa>>
<<Si tratta del tuo ragazzo?>>
<<Qualcosa del genere, con un po' di fantasia>>
<<Ti ha detto che ti ama?>>
<<No>>
<<Se lo facesse? Rimarresti in Giappone?>>
<<Diavolo, si!>>


Nota dell'autrice: questo è un altro raccontino che teoricamente non sarebbe nata come Fan Fiction ma come esperimento narrativo…solo che poi avendo riscontrato molti pareri positivi a riguardo, ho deciso di pubblicarla come tale^^! Spero che il mio nuovo intruglio letterario, nonostante sia tutto particolare, vi sia piaciuto, anche perché vado fiera di una cosa….credo di essere riuscita a prendere abbastanza bene il personaggio di Asuka^^! Fatemi sapere però, va bene^_^?
 
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