- Capitolo 1° -
Questa è la mia 2° ff. Spero vi piacerà… nn la consiglio a coloro ke amano Sherlock Holmes (nn mi vada ricevere lettere minatorie!). Buona lettura! Commentate…eh!
-Proprio così, caro Watson. Sono stato sfidato. L’anonimo mittente di questa lettera mi sfida a sventare un omicidio che dovrebbe essere commesso, stando a quanto leggo, alle 11 esatte di Sabato prossimo, presso il molo 26 dei Docks…
Si interrupe e riprese ad esaminare il foglio che teneva in mano. Io attendevo silenziosamente, quasi trattenendo il respiro, che mi desse altri particolar di quello strano caso.
-Ad un esame non particolarmente approfondito, questa lettera mi rivela alcuni indizi su chi l’ha scritta, cioè, con ogni probabilità, su chi ha progettato questa messa in scena. Resto per ora all’oscuro sulla potenziale vittima e sul movente del potenziale delitto. Dunque – proseguì alzando gli occhi al soffitto – la lettera è stata scritta da un uomo di grande cultura, che vive in un ambiente lussuoso e si diletta di esperimenti chimici. Pesa circa 80 kg ed è scapolo. Mentre scriveva indossava una veste da camera color blu curo, confezionata con lana dello Shetland, e aveva da poco bevuto birra chiara.
Si aspetta sicuramente che gli chiedessi, con la solita aria meravigliata, come potesse aver dedotto tali minuziosi particolari da un semplice foglio di carta. Rimase infatti sorpreso della mia domanda, affatto diversa.
-Siete sicuro, Holmes, che non si tratti di un mitomane? Voi ben sapete quanti individui trovano un particolare piacere nel raccontare bugie a se stessi e agli altri. Potrebbe essere uno sciocco che si diverte all’idea di far perdere tempo al famoso Sherlock Holmes.
- E’ vero, Watson, potrebbe essere così. Ma io non intendo prendere sul serio questa lettera. Un po’ per combattere la noia che negli ultimi giorni ma ha tormentato. E un po’ perché il mio istinto di segugio mi fa presentire che qualcosa di grave stà per succedere. Sarò sul quel molo a quell’ora. Spero che verrete con me, caro Watson.
La sua sicurezza mi sbalordiva, ma mi riempiva allo stesso tempo di stizza. E mi ero anche stancato, da tempo, di ascoltare le sue brillanti lezioni di tecnica investigativa, le sue profonde riflessioni sulla natura umana e le sue stupefacenti catene di deduzioni. Tuttavia lo rassicurai che sarei stato ben lieto di accompagnarlo in quella nuova, emozionante avventura. Il flagello della noia colpiva anche me…
Mezz’ora prima del nostro appuntamento con il delitto ci ritrovammo nel luogo prefissato.
Il molo era completamente deserto. Secondo le mie informazioni, tutta quella zona era da tempo in disuso. Chi mai, dunque, avrebbe potuto incontrare la morte in quell’angolo dimenticato di Londra?
Ad un certo punto, l’attenzione di Holmes fu attratta da un capannone abbandonato da molto tempo. Aveva un’unica porta situata a pochi metri dalla riva del Tamigi.
Si affacciò con la massima prudenza, avanzo di qualche passo e si fermò. Io lo seguivo in punta di piedi. Il capannone era completamente vuoto. Non si sentiva altro rumore che il nostro respiro e lo sciabordio dell’acqua.
Senza voltarsi mi disse:- Mio caro Watson, comincio a pensare che i fatti vi diano ragione. Sono le undici e non…
Quattro colpi di pistola risuonarono secchi e quattro proiettili attraversarono la nuca di Sherlock Holmes, che cadde e in avanti senza un gemito.
Subito gettai la pistola nel fiume e mi allontanai in fretta, ma senza perdere la calma. Poi distrussi i guanti di pelle che avevo usato per evitare tracce di polvere da sparo sulle mie mani, seguendo i consigli del mio amico e collega Jeckill.
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