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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: SOLA
Genere: Drammatico, Dark, Soprannaturale
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: mimi-evilpanter galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 27/09/2007 01:39:40

Una ragazza si trova sola al mondo. No, non è la solita adolescente con problemi mentali, lei è SOLA in ogni senso!
 
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- Capitolo 1° -

Ed eccomi qui con una mia vecchia creazione! E' una corta one shot, leggetela, non vi porterà via molto tempo! E' un po' macabra, forse, ma a me piace XD Leggete ^__^


SOLA
Era una fredda mattina di dicembre. Le nuvole regnavano sovrane nel cielo facendo sembrare tutto più scuro, più cupo, più triste. La strada era nera, la fitta nebbia aleggiava sulle rovine, le quali sembravano volesser prender vita; ma restavano lì, immobili, a guardare il paesaggio fermo, qualche volta scosso da un soffio di vento. Una ragazza camminava sola lungo una viottola di città. Portava una lurida veste rattoppata segnata dal tempo. Un tempo quel vestito era rosa, o forse celeste.. La sua padrona non ricordava. La sciarpa, anch'essa molto vecchia, era stata girata intorno al collo per molte volte, nella speranza di trattenere un po' di calore, tuttavia i buchi lasciavano comunque passare l'aria tagliente, gelida, fredda e senza pietà che le soffiava incontro. I capelli scuri svolazzavano dietro di lei in pesanti ciocche, quei capelli che un tempo erano chiari e riuniti in tanti bei ricci voluminosi. E il viso.. il viso era asciutto, ma rigato da lacrime cristalline.
Jobelle, questo era il suo nome. Non aveva un posto dove andare. Non aveva famiglia. Nemmeno amici. Neanche l'ombra di qualcuno che la volesse o potesse aiutare. Era sola, sempre, da anni ormai. Ma non “sola” moralmente…
Era sola FISICAMENTE.
Vecchi ricordi di tempo prima le balzarono alla mente... Un esercito di enormi esseri violenti, dalla pelle grigia e le orecchie a punta. Altissimi, con due braccia e due gambe, come un essere umano, ma che di umano avevano solo qualche aspetto fisico.
Erano arrivati da chissà dove per uccidere. Uccidere era il loro unico scopo. Uccidere rendeva felici. La sensazione del sangue della brava gente che scorreva tra le mani, la distruzione delle abitazioni e delle città era IL MEGLIO, semplicemente.. Dopo quell’episodio di sterminio nessuno era più rimasto in vita, avevano ammazzato tutti, animali, uomini, vegetazione. Ma avevano dimenticato qualcuno: Jobelle. Quegli esseri se ne erano andati, felici di aver fatto fuori un pianeta intero, ignari della ragazza ancora in vita.
Ed ecco che ricominciava a piovere. Le lacrime e la pioggia diventavano un tutt’uno, e la ragazza dovette asciugarsi un paio di volte gli occhi per poter vedere dove andava. Ma tanto, che importava?..
Di lì a pochi giorni sarebbe stato Natale. Un giorno che Jobelle passava da sei anni a quella parte come un giorno come un altro, scavando tra le macerie per cercare qualcosa di commestibile. Topi morti. Lepri squarciate. Aveva passato mesi e mesi a cercare qualche sopravvissuto, ma senza trovare nessuno. Era la prima volta che metteva piede in quella nuova città, ma sapeva che nemmeno lì c’era vita. Camminava lentamente per non sprecare le poche forze, che sentiva pian piano mancare. Si fermò di scatto, qualcosa si era mosso sotto alla spazzatura. Subito corse vicino per controllare: scavò in mezzo alle macerie per trovare qualcosa che si fosse mosso. No era tutto immobile, era stato solamente il vento. Delusa si rialzò e si guardò alle spalle. Le guance le si erano arrossate dal freddo. Poi riprese la sua ricerca senza tesoro, la sua maratona senza meta. Inciampò in qualcosa. Ah, un cadavere. Un bambino. Aveva una spalla incrostata di sangue e gli mancava un gran pezzo di gamba. Le gote erano incavate e gli occhi infossati. Non aveva animali lì intorno a cibarsi delle sue viscere. Erano morti tutti. Nemmeno le formiche esistevano ancora..
Ma perché era successo tutto ciò? Perché quella strage? Perché proprio sulla Terra? Nessuno lo sapeva. Sì, sapete, come quelle cose che accadono e basta, senza un motivo, ma solamente perché devono accadere. Ma ora Jobelle, solo Jobelle, ne pagava le conseguenze. Passava le giornate a chiedersi se era davvero sola. Le speranze di trovare qualcuno erano ormai remote, anzi, le speranze erano scomparse del tutto.
Si sedette sopra ad un masso abbastanza stabile, riparato dalla pioggia.
Altri ricordi riaffioravano. Un ragazzo la stava chiamando. Quelle creature stavano compiendo la loro opera. Jobelle si voltò. Brian. Dietro di lui, una creatura lo colpì al ventre con una pesante spada e il corpo fu troncato in due, senza pietà, senza pietà. Gli occhi di Brian perdevano vita, guardando Jobelle che piangeva e gli correva incontro prendendogli il viso tra le mani. Brian aveva due ultime parole da pronunciare, ma la voce l'aveva ormai abbandonato. La ragazza lesse il labbiale: ti amo. Lei urlò con tutte le sue forze tenendo quel cadavere stretto al suo petto. Perché lo dovevano togliere tutto? Perché a lei? Gridava con tutto il fiato che aveva in corpo, avevano ucciso il suo amore, le avevano tolto il suo motivo di vita con estrema leggerezza.. E dire che sarebbero andati a convivere presto…
Scosse la testa con le lacrime che scorrevano imperterrite sulle sue guance, guardano quel bambino disteso a terra in una posizione così terribilmente innaturale. Ma che senso aveva ancora tutto ciò?
Alzò il capo. Un'alta asta di ferro. Vi era conficcata una donna. Le braccia pendevano inerti e i capelli stopposi erano mossi dal vento gelido. Sfiorò il terreno di fianco a lei, o almeno pensava che fosse terreno.. Abbassò lo sguardo: no, era un cane. Morto. Un incrocio, a quanto pareva. Il pelo grigio si stava consumando.. Jobelle passò un paio di volte il palmo sul collo dell’animale, poi si voltò. Un altissimo muro si innalzava dietro di lei. Una scala di ferro. Si alzò e la toccò: era fredda, ma stabile. Pian piano si arrampicò. In poco tempo arrivò in cima e salì sul muro. Guardò giù. Macerie, asfalto e cadaveri si confondevano tra loro creando un immenso tappeto di nulla. Le montagne si intravedevano a est, ad ovest il mare, che una volta era celeste, ma ora nero, grigiastro.
<<Mamma.. Papà.. Brian.. Dove siete? Sarà così affollato il paradiso.. Ora che siete morti tutti! C’è un posto anche per me lassù?>> Senza capire ciò che stava facendo si lasciò andare, si lasciò cadere, si lasciò libera. Le braccia erano aperte. Un angelo caduto in volo. Le lacrime scendevano ancora. Ed ecco l'impatto. Finalmente era tutto finito. Avrebbe rivisto Brian, il suo Brian. E avrebbe abbandonato il mondo crudele. Ma si era suicidata… Sio l’avrebbe presa con lui in paradiso?..
Tra quesi pensieri chiuse gli occhi e sentì la vita scorrerle via, felice di andarsene da quel mondo crudele e con la speranza di trovare nell'aldilà qualcuno ancora disposto ad amarla.


fine.


Allora? Piaciuta? Spero di sì ç__ç Non l'ho trovata per nulla commovente, solo che mi ha fatto riflettere! Commentate in fermo posta, e non dimenticate di leggere anche le altre mie FanFic, me le commentate un po' poco, ragazzi ò_ò

Ciao, alla prossima ^_-
 
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