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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Saiyuki
Titolo Fanfic: RAYS OF MOON
Genere: Sentimentale, Azione, Avventura, Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Autore: keute galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 18/09/2007 13:29:31

I raggi di luna non erano mai stati così intensi, quando Kaede aprì per la prima volta gli occhi sul Togenkyo.
 
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PROLOGUE - TEARS IN THE RAIN.
- Capitolo 1° -

Disclaimer: I personaggi non appartengono a me, ma a Kazuya Minekura.
Io non ne ho tratto alcun profitto.












Prologue: Tears in the Rain.



Quel giorno piovve.
Non ricordava di aver visto spesso la pioggia, perché in quel luogo sempre sereno era davvero raro che apparissero nuvole; le avevano raccontato che, la notte in cui era arrivata, la luna era scomparsa e aveva cominciato a piovere.
La giovane si alzò dal suo sgabello di legno per avvicinarsi alla finestra: non voleva perdersi per nessun motivo quello spettacolo tanto inusuale. Le gocce accarezzavano blandamente il vetro, scendendo calme a intrecciarsi e disegnare motivi verticali sulla superficie trasparente.
Le fissò, affascinata. Si trovava in una stanza piuttosto spoglia, fatta eccezione per un letto in bambù e un vecchio tavolo di legno consunto; appoggiato alla parete stava un paravento raffigurante le Shichi-to. Era anche quello piuttosto antico, e le pennellate ormai erano confuse e sbiadite, ma non aveva voluto toglierlo: per qualche motivo la consapevolezza di averlo lì, come una delle poche cose sicure della sua vita, la rasserenava.
La pioggia aumentò d’intensità.
Poiché iniziava a sentire freddo si allontanò di malavoglia – avrebbe dato qualunque cosa per restare lì ore e ore – e si sedette sul letto, piegando le gambe e facendo toccare le cosce col busto, per poi cingerle con le braccia; ora aveva più caldo. I fini capelli neri le accarezzarono le braccia, facendole il solletico, ma non vi badò.
Fuori dalla sua ‘camera’ poté sentire delle voci concitate… come al solito, pensò, quelli dei piani alti stavano litigando. Loro si ostinavano a dire che deliberavano sul da farsi, ma di fatto litigavano. E pesantemente.
Era incredibilmente stufa di tutto ciò, rifletté con uno sbuffo. Ma non solo delle discussioni: di tutto quanto, di quel posto opprimente nella sua monotonia, dei Generali che andavano qua e là, sempre di fretta, e non la consideravano mai; del cielo azzurro, dell’indifferenza dell’Imperatore Celeste, e ancora, il susseguirsi sempre uguale e noioso dei giorni, spezzati dagli allenamenti e dalle letture anch’esse uguali e noiose.
Forse era la prima a pensare cose del genere – d’altra parte, perché mai qualcuno avrebbe dovuto lamentarsi di quel paradiso?, ma la cosa non la stupiva affatto.
Perché lei non era come loro.
No, non era una dea, e sulla sua fronte bianca non appariva nessun Chakra: era umana, raccolta per qualche arcano motivo dalla Somma Divinità Kannon che, piuttosto che lasciar morire una bimba in quella notte di pioggia di più di vent’anni prima, aveva preferito portarla con sé nel Mondo Celeste, salvandola.
Col senno di poi, e in particolare in tutti quegli anni passati lì, la ragazza era arrivata a desiderare di essere stata lasciata sulle sponde di quel fiume, a morire di freddo, piuttosto che vivere una vita infinitamente uguale in un “paradiso” che per lei era ormai un inferno.
La pioggia porta pensieri tristi, si scoprì a pensare, e sorrise amara.
Rimase ancora qualche minuto chiusa nelle sue riflessioni, e poi decise di fare l’unica cosa che la tirasse su di morale, il suo scoglio in quel mare tempestoso, il suo antidoto alla malinconia. Si tirò su dal letto senza far rumore, e si avvicinò alla scrivania di legno, mentre i suoi piedi scalzi producevano un rumore soffice sul pavimento tiepido.
Le sue mani corsero ai cassetti neri, che aprì con cautela per estrarne un foglio, dell’inchiostro, una matita, un pennello.
Si sedette, prese il fude e la sua mano si mosse veloce e sicura sulla carta bianca.



«E’ permesso?»
Dopo neanche mezz’ora una voce maschile la distolse dalla sua occupazione; andò ad aprire la porta, immaginando chi fosse.
«Jiroshin-san. A cosa devo la tua visita?» chiese con un mezzo sorriso: Jiroshin era una delle poche persone che non la ignoravano, né la disprezzavano.
L’uomo sorrise a sua volta.
«La Somma Divinità Kannon vuole parlarti.»
Lei lo fissò basita: Kanzeon Bosatsu non chiedeva di lei per anni e d’improvviso le girava l’estro di una visita? Di sicuro, non voleva fare una partita a Mah-jong.
«Comprendo il tuo stupore, ma credo sia per la faccenda del Principe… sai, la sommossa.»
«Mmm… stai parlando di Homura e i suoi compagni traditori?» domandò a occhi bassi, rimarcando con un certo sarcasmo nella voce l’ultima parola.
Jiroshin prese una sedia e si accomodò, annuendo cupo: «Immagino che tu non sia sulla linea dell’opinione comune…»
«Sono mai stata sulla linea dell’opinione comune?»
Risero.
«Effettivamente, no, ma Homura è sempre stato odiato da quasi tutti qui… e questo suo exploit non ha certo aumentato la stima che hanno per lui.»
«Per me è soltanto una persona che ha cercato la libertà… ecco, non posso dire di comprendere bene perché è arrivato a tanto, ma non mi sorprende.»
«Mmh… in ogni caso, a quanto pare Bosatsu vuole sentire la tua opinione in merito. Anche perché pare che il Principe dio della guerra sia morto.»
«Dici sul serio?» La notizia non la turbò particolarmente: non aveva mai conosciuto bene Homura, si erano soltanto visti di sfuggita. Non avrebbe certo pianto per la sua scomparsa.
«Sì. Sono stati Sanzo Hoshi e il suo gruppo, credo.»
Sbuffò. Ancora quel ‘Sanzo Hoshi e il suo gruppo’… ne sentiva parlare abbastanza spesso, ma con la storia della sommossa quell’argomento era stato toccato sempre meno.
«D’accordo. Quando vuole che la raggiunga?» domandò infine, lanciando un’occhiata alla finestra bagnata.
«Fra mezz’ora. Mi ha detto di accompagnarti.»
«Allora avviamoci… i corridoi di questo palazzo sono talmente tanti che mezz’ora potrebbe anche non bastare.»


Giunsero alla grande porta che dava sulla Sala delle Ninfee proprio mezz’ora più tardi, reduci dall’attraversamento dell’enorme edificio – e delle occhiate taglienti degli dei che avevano incrociato.
Jiroshin le batté su una spalla, prima di sorriderle mormorando «Buona fortuna, Tsuki-chan.»
A quelle parole l’espressione della ragazza, leggermente tesa fino ad allora, si rasserenò. Solo Jiroshin usava con lei quel soprannome… e solo Jiroshin lo poteva fare, perché detestava che qualcun altro la chiamasse così.
Distese la labbra e salutò l’uomo con la mano, prima di avviarsi all’interno del salone.


Avanzò con passi cadenzati lungo la stanza, tenendo lo sguardo fisso a terra come imponevano le regole di educazione. Arrivata in prossimità del seggio della dea si fermò e s’inginocchiò.
«Alza lo sguardo.»
Lei ubbidì, e per la terza volta nella sua giovane vita fissò Kanzeon Bosatsu, la persona che l’aveva salvata. Si rese conto di provare nei suoi confronti una gratitudine intrisa di rispetto e stima, sia per l’alto rango della sua protettrice sia per i suoi modi di fare sempre sicuri e decisi.
«Mi avevate mandata a chiamare, Somma Kanzeon Bosatsu. Posso domandare qual è la ragione di questa richiesta?»
La dea sorrise conciliante.
«Ormai immagino che tu abbia imparato quali sono le complesse trame che muovono questo e l’altro mondo. Sei un’adulta e sei in grado di sostenere appieno il peso della verità, anche se scomoda. Credo che sia il caso di raccontarti, finalmente, gli avvenimenti del mondo da cui tu provieni, ora in grave pericolo, e gli ultimi eventi di questo stesso luogo. Suppongo tu sappia di Homura.»
«Sì,» mormorò «ho saputo.»
La Somma Divinità Kannon sospirò, poggiando con fare annoiato il mento sul polso.
«Quello che è successo non è che la punta dell’iceberg di un malcontento che serpeggia da molto tempo, qui nel Mondo Celeste… soprattutto fra gli eretici come Homura.» Fece una pausa, poi continuò.
«E’anche questo uno dei motivi per cui ti ho voluto parlare. L’equilibrio che vige da sempre qui sta per spezzarsi… e non ho idea di quali saranno le conseguenze. Nessuno di noi riuscirà a controllare una rivolta del genere, e le cose che accadono nell’altro mondo non facilitano certo l’ordine.»
La ragazza si agitò, inquieta. La cosa iniziava a piacerle sempre meno, ma assieme a quel senso di preoccupazione sentì nascere in sé anche l’idea che finalmente tutto sarebbe cambiato. Non sapeva se in meglio o in peggio, ma sarebbe cambiato.
«E cosa… succede, nel Togenkyo?» si azzardò a chiedere, titubante.
«E’ una cosa che va avanti da troppo tempo, ormai. Hai mai sentito parlare del demone Gyumao?»
«N…no. E’ la prima volta.»
«E’ stato un demone di inaudita potenza e forza, ma per sua indole rifiutava la coesistenza con gli umani, di cui fece stragi. Cinquecento anni fa riuscimmo a sigillarlo con l’aiuto del predecessore di Homura,» la dea lanciò un’occhiata laconica a Nataku, che sedeva immobile dietro di lei «ma ora qualcuno sta tentando di riportarlo a nuova vita.»
«Ma… la resurrezione non è una cosa possibile…» obiettò la giovane, confusa.
«Per un umano, no. Per un demone, nemmeno. Ma combinando le arti demoniache con la chimica umana è possibile dare vita a complicate reazioni che vanno a modificare i meccanismi di morte e vita… anche se, ovviamente, simili esperimenti ibridi sono vietati.»
«E a cosa può portare la loro esecuzione?»
«A quello che succede in questo momento nel Togenkyo… ovvero, l’originarsi di vibrazioni negative che distruggono l’io dei demoni, facendoli impazzire. Ormai, la coesistenza pacifica è rimasta solo un ricordo lontano.»
«Ed il Mondo Celeste non ha fatto nulla per tentare di risolvere la cosa?»
A quella domanda le labbra della divinità si arricciarono in un sorrisetto compiaciuto, come un bambino quando parla del suo giocattolo preferito.
«Sanzo Hoshi e i suoi compagni stanno viaggiando verso Hoto nel tentativo di porre fine a tutto ciò. Finora mi sono limitata a osservare il loro cammino, ma temo che con l’aria di novità che c’è qui non mi sarà più possibile. E inoltre… come per complicare tutto, gli esperimenti stanno attraversano una nuova fase, piuttosto pericolosa. Lo so perché le vibrazioni hanno iniziato a farsi più frequenti, da qualche giorno a questa parte.»
Improvvisamente Kanzeon Bosatsu si alzò, fissandola negli occhi.
«Non voglio che le cose precipitino. Perché se nel Togenkyo accade l’inevitabile non siamo più in grado di fermare una forza come quella di Gyumao. Ma non posso intervenire, perché la mia presenza qui è indispensabile.»
Lo sguardo della sua interlocutrice la trapassò da parte a parte.
«Per questo voglio che sia tu ad aiutarmi, stavolta.»
La ragazza sbarrò gli occhi.
«I-io? Ma io…»
«Tu sei stata addestrata alle arti marziali, al combattimento a mani nude e con armi bianche. Conosci anche i rudimenti del Ki e hai un talento innato per la lotta. Certo, non hai mai visto il Togenkyo se non quando eri in fasce, ma per arrivare a Hoto ti basterà cercare il gruppo di Sanzo. Inoltre…» Bosatsu sparì nel retro della stanza, e tornò con in mano un oggetto cilindrico legato ad un filo.
«Inoltre, voglio che abbia cura di questo, più della tua stessa vita. Se rimanesse qui andrebbe distrutto, e ciò non deve accadere.»
Lei sfiorò l’oggetto con dita tremanti.
«Cosa…»
«E’ uno dei cinque Sutra dell’Origine Celeste dell’universo. Non starò qui a dilungarmi in spiegazioni; ti dico solo che è una pergamena preziosissima, e che chi muove le fila della resurrezione del Re demone lo desidera.»
Sbatté le palpebre, frastornata: tutta quella marea di informazioni, la possibilità di andarsene, quel Sutra…
«Kanzeon Bosatsu» interloquì «sono disposta ad accettare l’incarico che mi affidate, ma ho un’ultima domanda.»
«Chiedi liberamente.»
La giovane trasse un profondo sospiro.
«Nessun umano può lasciare il Mondo Celeste senza morire… come farò io a…?»
«Sei una ragazza sveglia. Bene… sì, nessun umano può andarsene senza morire, e quando viene accettato –raramente, peraltro – fra noi gli si disegna un tatuaggio sul corpo, per marcare le sue origini.»
La mano di lei salì involontariamente a toccarsi la scapola.
«Ei» sussurrò.
«Esatto. Ora, quel kanji sarà la tua porta verso il Togenkyo, perché è l’unica cosa che ti lega a quel mondo. Potrai usarlo per arrivarci, ma ti avverto: il ritorno è una cosa molto più complicata dell’andata… e diventa sempre più difficile man mano che passa il tempo.»
«La porta che mi lega al Togenkyo? Perdonatemi, Kanzeon Bosatsu, ma non capisco.»

La dea le si avvicinò e posò un dito sulla spalla della ragazza. Immediatamente lei avvertì una sensazione di freddo intenso, pungente.
Chiuse gli occhi, mentre la sensazione si faceva più forte. Improvvisamente si sentì mancare la terra sotto i piedi: gridò, ma non sentì la sua voce. Non riusciva più a sollevare le palpebre, e si rese conto all’improvviso di non volerlo fare, perché temeva ciò che avrebbe visto.
Mentre il rumore della pioggia, là fuori – o molto lontano? – si affievoliva, percepì il tocco freddo e morbido di una lacrima.





























Uh uh… saaaaaalve a tutti!! ^^
Ecco a voi la mia nuova fanfict, sempre su Saiyuki *___*
E’ un’idea che mi ronzava in testa da mesi, e finalmente sono riuscita a darle vita, ma la trama è ancora piuttosto confusa; credo che si delineerà bene col tempo… o durante qualche lezione di greco particolarmente noiosa. XD
Grazie in anticipo a quelli che commenteranno, e non temete: questo è solo il prologo, ma nel prossimo capitolo ritroveremo i nostri amati SaiyukiBoys =3





_Dictionary_

Immagino che, da bravi lettori di manga ^^, quelli che leggeranno questa storia conoscano bene il giapponese [Nihon-go], ma magari qualche vocabolo può sfuggirvi… e allora ecco un minidizionarietto, con le parole nipponiche che si trovano nel testo ^^

Shichi-to: le otto isole giapponesi.
Fude: il tipico pennello usato per scrivere kanji.
Ei: l’ideogramma che è tatuato sulla spalla della ragazza significa eternità.
 
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