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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Naruto
Titolo Fanfic: SCAR
Genere: Sentimentale, Drammatico, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, Shounen Ai, Yaoi
Autore: kurenai88 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 06/09/2007 10:15:36

' Nessuno doveva più amare il suo viso. Nessuno doveva più trovarlo bello. Nessuno, perché LUI era morto.' Spin-off su Bande di Strada
 
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SCAR
- Capitolo 1° -

Saaalve a tutti i lettori!
Mi presento, sono Kurenai88 e questa è la seconda fic che pubblico su un sito internet (la seconda sta nel sito della fumetteria della mia città… eheheh…).
Questa fic è uno spin-off tratto dalla stupenda fic Bande di Strada di Rekishi e parla di Kiba, dopo la morte di Neji.
Quindi devo dire (scrivere più che altro…) alcune cosette di rito, ovvero di disclaimer.
I personaggi sfortunatamente non mi appartengono in quanto sono di Kishimoto-sensei (eccetto Gaara che ho rapito tempo addietro… Uhuhuh!) mentre la storia Bande di Strada appartiene solo a Rekishi.
Ora i ringraziamenti.
Ringrazio Rekishi per aver lavorato alla correzione di questa fic (ti ho fatto lavorare ed impazzire con i miei orrori ortografici... mi dispiace^^) ed avermi dato molti consigli. Grazie mille!
Beh, allora…
Buona lettura!

.-.-.-.

Plic.
Plic.
Plic…

Plic…


Plic…


Il sangue gocciolava per terra dalla lama del coltello con un ritmo sempre più lento.

Ormai la lama si era quasi liberata da quel liquido rosso in eccesso, lasciando solo delle umide e calde macchie scarlatte.

Non un tremito, non un'incertezza aveva fatto tentennare la mano che prima aveva mosso il coltello.

Ed ora la guancia destra era sfigurata da una ferita verticale che pulsava dolorosamente, ma lui non avvertiva quel dolore.

Sentiva solo un leggero pizzicore.

Perché un dolore più forte di quello fisico gli squarciava il cuore.

Un dolore che sembrava non voler cessare.
Un dolore che, ne era sicuro, non avrebbe mai finito di logorarlo.

Alzò lento il coltello sporco di sangue fino all'altezza del viso.

Lo guardò senza vederlo.

Un po' per il buio; aveva sprangato la finestra e porta…
Un po' perché nei suoi occhi non faceva altro che ripetersi la stessa dolorosa scena di qualche giorno prima, rendendolo cieco a tutto il resto.

La lama si avvicinò alla guancia sinistra senza fermarsi.

Voleva rendere il suo volto meno piacevole.

Nessuno doveva più amare il suo viso.
Nessuno doveva più trovarlo bello.
Nessuno, perché LUI era morto.

Ed ancora una volta, con la disperazione negli occhi e nel cuore, non ebbe incertezze mentre muoveva il coltello.

La punta premette fredda e crudele sulla pelle delicata del viso.

* Silenzio.
Niente più spari.

Il gruppo che si riuniva in un punto.

Che stava succedendo? Perché si erano tutti fermati?

Si mosse veloce, rischiando più volte di scivolare a causa dell'asfalto ancora ghiacciato.
Un assurdo e terribile dubbio era nato nella sua mente, ma era tanto irreale che il suo cuore non voleva accettarlo, neanche come ipotersi.

LUI era fortissimo.
Non poteva essergli successo qualcosa.*

Lenta, attraversò la gota squarciando la pelle ancora liscia da bambino… un bambino che era diventato uomo troppo presto.

* I suoi occhi dorati si sgranarono, vedendolo.
Sembrava dormisse.
Ed era bello. Bellissimo.
Quante volte l'aveva osservato dormire di nascosto per imprimersi nella mente ogni singola espressione?
E quante volte LUI l'aveva sgridato, con un sorriso, perché perdeva tempo a poltrire a letto.
Tantissime volte, oppure troppo poche…
Ora era lì, disteso sulla terra sporca e sembrava stesse dormendo.

I suoi abiti bianchi, però, erano macchiati di rosso.
Come il sangue che sgorgava dal suo ventre…
Sì, dormiva, ma non si sarebbe più svegliato.
Quello era il sonno eterno.*

La lama scese ancora, fino alla mascella.

* Gridò il suo nome ma il suono si perse tra le mura dei palazzi che li circondavano e tra la neve.
Quella neve che si tingeva di rosso perdendo la sua purezza.

Pura e candida come quegli gli occhi cerulei che non si sarebbero più riaperti; ora sporca e contaminata come ciò che quegli occhi candidi avevano e che non avrebbero più visto.*

Non una smorfia di dolore contrasse il bel viso.
Non una parola, un gemito, abbandonò quelle labbra.

* " È morto Kiba." *

Solo una lacrima.

Una piccola lacrima scivolò dagli occhi lungo la guancia mischiandosi al sangue.

Di nuovo.
L'aveva visto di nuovo.

Ben presto la lacrima fu seguita dalle sue gemelle.

Il coltello gli cadde dalla mano; un rumore secco rimbombò nella stanza.

Alzò le mani.
Le posò, in un gesto iroso e disperato, sul viso, come a voler nascondere lo sfregio e le lacrime che non accennavano a finire.

Le ferite bruciarono di più, al contatto con le mani sporche.
Gemette.

Non per il dolore fisico, ma per quello che gli si agitava dentro.

Aveva perso colui che più rispettava ed amava.

Non avrebbe più sentito quella voce profonda entrargli le orecchie.
Non avrebbe più sentito quelle mani callose e ruvide sulla pelle.
Non avrebbe più sentito LUI.

" Neji.", quel nome uscì spontaneo dalle sue labbra sporche del suo stesso sangue.

Era stato un capo.
Un amico.
Un fratello… un amante.

Ed ora era solo un angelo.

Sì, un angelo.
Era stato il suo angelo.

Colui che aveva evitato il suo deteriorarsi in un ambiente terribile.

Batté i pugni in terra sopprimendo un urlo.

Voleva urlare.
Voleva disperarsi.

Ma non ci riusciva. Riusciva solo a piangere.

Piangeva rinchiuso in quella stanza.

Quella stanza nella quale aveva sbarrato le finestre.
Quella stanza con una porta chiusa al mondo esterno.
Quella stanza che non gli apparteneva.
Che non gli sarebbe mai appartenuta.

Quella stanza dove aveva passato i giorni (e le notti) più belli della sua vita.

Lì aveva riso, aveva pianto.
Lì aveva goduto e sofferto.
Li era diventato l'amante di Neji.

" Neji…"

Ora non c'era più.
Non c'era più.

Strinse i pugni fino a far penetrare le unghie nella pelle… il sangue scivolò lento in terra.

Una nuova ferita si era aggiunta al corpo del giovane tredicenne.

Singhiozzò, disperato e svuotato di ogni energia.
Ebbe solo la forza di coricarsi nel letto di Neji ed abbracciare quelle coperte che ancora profumavano di lui.

--

Come era ovvio nessuno in quei giorni si preoccupò di lui, nessuno andò a chiedergli come si sentiva.

Era un uomo e doveva consumare da solo il suo dolore.

D'altronde, non gli avrebbe fatti entrare, nonostante Shino fosse andato diverse volte a bussare.

Kiba, tuttavia, non desiderava che stare in quella stanza per sempre.
Lì, nel piccolo limbo caldo ed accogliente creato tra quelle coperte tiepide e il silenzio della camera.

Si era quasi dimenticato dove fosse e chi fosse.

Questo limbo venne infranto da una flebile luce, proveniente dalla porta appena aperta.

Serrò gli occhi grugnendo qualcosa in tono adirato e si sommerse sotto le coperte.

" Vattene!"

Cercò di dare alla sua voce un tono minaccioso, ma il risultato fu scadente.

In poco tempo la finestra di spalancò facendo entrare l'aria fresca e pulita…

Gli parve quasi subito di sentirsi meglio, ma il suo orgoglio no.

Quello non stava affatto meglio ed essere commiserato era solo la stoccata finale.

Sconfisse l'accecamento iniziale, liberandosi dalle coperte.

" Ti ho detto di andartene Shi…"

La voce gli morì in bocca.

Davanti a lui, con un espressione seria e - forse - preoccupata, stava l'ultima persona che avrebbe pensato di vedere.

Sasuke.

Si coprì di nuovo il viso.
Tentando di nascondersi.

" Che ci fai tu qui?"

L'unica risposta che ottenne fu un peso in più sul futon.

Il nuovo arrivato abbassò la coperta, studiandogli il viso.
Kiba incrociò i suoi occhi, sfidandolo a pronunciarsi scempio compiuto.

" Hinata-sama è preoccupata. Non fa che chiedere di te.", disse piatto Sasuke.

Hinata.
La piccola Hinata che tanto amava…

Chissà come stava; in fondo aveva perso suo fratello.

Si sentì tremendamente in colpa.

Ora che Hinata aveva bisogno di lui, se ne stava rinchiuso in sé.

Ma era stufo di fare il forte.
Stufo di dover comportarsi da adulto.

Chi avrebbe consolato lui per la perdita di Neji?

" Non capisci.", rispose semplicemente con voce piatta.

Nessuno poteva capire.
Neppure Hinata.

Sasuke alzò lento la mano per carezzargli le guance; non aveva parole per consolarlo e, tra l'altro, non lo avrebbe fatto.

Kiba non voleva né essere consolato né tanto meno compatito.

Sta di fatto che, afferrando la mano e bloccando la dolce carezza del moro, scoppiò in lacrime.

Aveva pianto tanto in quei giorni; anche se non avrebbe dovuto.
Infondo era un uomo.

Ma aveva sentito il bisogno di farlo e, quella necessità, ricomparve adesso, con Sasuke, con il quale aveva avuto più di un litigio.

" Sono marchi che non se ne andranno…", gli sussurrò Sasuke stringendolo a sé, permettendogli di sfogare contro la sua spalla il pianto.

Kiba non sapeva se quel affermazione fosse riferita alla morte di Neji o alle ferite che si era inflitto.

Forse era per entrambi.
Con quel gesto aveva sancito un ricordo eterno di un dolore altrettanto indelebile.

Così come le cicatrici sarebbero rimaste per sempre, anche la morte di Neji sarebbe rimasta viva nel suo cuore.
Avrebbero smesso di far male, ma non sarebbero sparite.

Lentamente si calmò.
Ma non avrebbe ringraziato Sasuke per quel gesto quasi d'affetto.

" Ti fa male la schiena?", domandò alludendo alla ferita che si era procurato durante la battaglia.

Il torace del moro era fasciato da delle bende, ormai sporche a causa delle secrezioni delle ferite e del sangue.

" Un po'…", ammise.

" Ma non piangi."

" Non piango da secoli ormai."

In effetti, da quando Kiba lo conosceva non l'aveva mai visto perdere la sua espressione seria.
Era quasi sempre triste. Sorrideva raramente e, a volte, si arrabbiava.

Ma piangere no. Non l'aveva mai visto piangere.

Credette subito a quelle parole… e ne fu invidioso.

Ed era una cosa stupida.
Sasuke non piangeva perché aveva già pianto troppo e non aveva più lacrime da versare.

Ma lui, che era diventato uomo molto prima di Sasuke stava piangendo come una donnetta, mentre la puttanella, non lo faceva.
Era quello a bruciare.

" Da quando?"

" L'ultima volta quando avevo otto anni."

Otto anni.
Era pressoché un bambino.

Fu in quel momento che Kiba ricordò. Era una frase che Sasuke aveva borbottato tempo prima durante le loro numerose litigate.
Più che altro, monologhi del castano, visto che Sasuke lo ignorava, quando poteva…

* " Il tuo lupo era più buono…" *

Lì per lì l'aveva preso per scemo, non capendo; ma adesso tutto era chiaro.

Impercettibilmente si strinse di più a lui guardandolo negli occhi.

" È a quel età che hai incontrato il lupo?"

Fu la prima volta che vide sul viso di Sasuke quel espressione che, poi, gli sarebbe stata familiare.
Era stupito ma, allo stesso tempo, sembrava contento che qualcuno avesse compreso.

Kiba lo attirò a se.

Le ferite avevano smesso di sanguinare, ma sarebbero rimaste per sempre, come il dolore.

Ma non doveva piangere.

Doveva farlo per se stesso.
Doveva farlo per Neji.

" Neji mi ha chiesto di badare a lei…"

Sì, e doveva farlo anche per la sua piccola Hinata.

" Ti aiuterò."

Lo guardò negli occhi con una luce sicura.

Era la luce che aveva sempre animato quegli occhi dorati.
Piena di voglia di vivere e di andare avanti.

Sasuke sorrise. Ora sì lo riconosceva.

Prima fu un patto tacito fatto di sguardi, poi suggellarono quella promessa con il sangue, come gli antichi guerrieri.

Kiba raccolse un coltello e si tagliò trasversalmente il palmo.

Strinse i denti per il dolore, stupendosi.
Dopo quello che aveva combinato al suo volto senza avvertire alcunché, provare dolore lo fece sentire vivo.

Fece lo stesso sul palmo di Sasuke.

Poi, stringendosi la mano mischiarono il loro sangue.

Fine


A voi che siete arrivati fino alla fine, grazie e commentate! Farò di tutto per rispondere ad ogni commento (bello e brutto), anche in mancanza di Internet… ma chi se ne frega!! Tanto c'è quello della scuola! XD
Alla prossima!!

 
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