FATE
- Capitolo 1° -
Stupidaggine scritta di prima mattina! Con il tempo tremendo che fa, ringrazio che non mi sono suicidata, ma ho optato per una ff deprimente! Bene ora leggere!
FATE
E’ lì che lo hai visto l’ultima volta La schiena appoggiata alla roccia e lo sguardo perso nella contemplazione di qualcosa che a te non era dato sapere.
Lo senti ancora sbuffare mentre una ciocca gli si sposta ribelle davanti al volto deturpando il suo sguardo. Sorridevi vedendolo farfugliare qualcosa irritato mentre con una mano rimetteva il ciuffo al suo posto.
E sorridi anche ora avvicinandoti a quel masso. Senti i caldi raggi del sole sul tuo volto e ti copri cercando di impedirgli di offuscare la vista.
“Ehi dobe! Cos’hai da fissare?”
L’eco della sua voce risuona chiaro nell’aria.
Ti avvicinavi e gli scompigliavi i capelli, come non vedessi i suoi continui tentativi di fermare il movimento frenetico delle tue mani. Sapevi che lo irritava terribilmente.
Ti siedi a terra. La roccia è fredda a contatto con la tua schiena e aspetti che due braccia calde ti avvolgano. Inutile sperare, dobe, non arriverà nessuno a scaldarti.
“Sai qual è la punizione adesso, vero?”
Aspettavi la tua punizione con impazienza, perché in fondo era quella che ti spingeva a irritarlo ogni volta. Il sapore delle sue labbra che si posano delicate sulle tue non riesci a dimenticarlo. Inutili le lacrime che salate scivolano sulle guance arrossate. Inutile il tempo che lento e inesorabile continua il suo percorso.
“Forse, pensavi di passarla liscia!”
Soffri troppo. Non ce la fai a restare seduto, immobile e continuare a fingere che nulla sia successo. Perché quel qualcosa è avvenuto.
Urli tutta la tua frustrazione. Un urlo che avrebbe dovuto essere di sfogo, ma che riesce soltanto ad essere disperato. Perché lui ti manca, vero dobe? Ti mancano quegli occhi d’ebano. Ti manca quella pelle diafana. Ti manca quel ghigno di scherno.
Ti getti in acqua sperando che almeno quella sortisca l’effetto desiderato. Sai che non vuoi dimenticare, ma non riesci a vivere con quel ricordo che ti logora dentro.
“Dobe, non gettarti in acqua così, se no bagni anche me”
“Ma Sasuke, l’acqua è fantastica…”
Non ricordare. Fa male. Male da morire. Vattene. Allontanati dal dolore.
E piangi. Lasci che le tue lacrime si mescolino all’acqua. Che i tuoi singhiozzi si liberino sotto i raggi del sole.
“Non piangere”
Come può dirti di non piangere. Cosa avrebbe fatto lui al tuo posto? Non capisce quanto soffri?
Lo senti. Lo senti sempre. Ovunque. Non vuole lasciarti in pace. Invece tu hai bisogno solo di allontanarlo, di non sentire quella voce sussurrare al tuo orecchio flebile.
“Io sono qui”
Non è vero. Lui non c’è più. Non vuoi essere illuso ancora.
“Guardami Naruto”
Guardalo dobe. Perditi nel suo sguardo ancora una volta.
“Mi manchi”
Non resisti serri gli occhi. Non vuoi cedere alla tua immaginazione, se lo facessi temi che non riusciresti più a tornare indietro.
Invece Naruto aprire quegli occhi cerulei. Li hai tenuti chiusi troppo a lungo. Lui ti ha fatto una promessa, ricordi? Te l’ha promesso, Naruto.
E, Naruto, stanne certo, manterrà quella promessa.
“Non ti lascerò andare mai più.”
Bravo. Apri gli occhi. E guardalo, guardalo come mai hai fatto prima d’ora, perché lui è davanti a te e ti sta aspettando. Ti aspetta, dobe.
“Ti amo”
Sussurri più a te stesso che a lui. Hai l’impressione che le tue parole si perdano nel vento eppure lo vedi sorridere. Sa che sei sincero e ti vorrebbe stringere a se. Ma non può, Naruto, lo sai che non può.
Ed è un sussurro quello che senti mentre ti allontani. Un sussurro flebile trascinato dal vento, probabilmente frutto della tua immaginazione, desiderosa di sentirlo ancora una volta.
“Ti amo anche io, dobe”
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