PROLOGO - Capitolo 1° -
Tokio, quartiere periferico non meglio precisato 20 febbraio
Una Toyota nera si fermò dinanzi una casa non in ottime condizioni. Un ragazzino di cinque, forse sei anni, lineamenti marcatamente occidentali, sedeva sugli scalini di quella abitazione. Piangeva in silenzio, lo rivelava solamente con le lacrime degli occhi. Da una ferita sul sopracciglio sinistro scendeva un sottile rivolo di sangue, che s'andava a mescolare con quelle lacrime, ma egli non sembrava preoccuparsene. Quando dalla macchina scese una donna di circa quarant'anni, vestita di un tailleur grigio topo e truccata pesantemente, il ragazzino alzò gli occhi in sua direzione scrutandone attentamente i movimenti. La donna si avvicinò e sorrise distratta, come se quei gesti fossero ripetuti meccanicamente ogni volta. -Ciao piccolo... E' questa casa Mihazawa? Il ragazzino spalancò gli occhi spaventato e annuì, indicando con un cenno della testa alle sue spalle, in direzione della casa. La donna non sembrava essere pericolosa... Essa annuì assente ed entrò in casa, reggendo un foglio tra le mani. Ne uscì poco dopo, insieme all'uomo che il bambino aveva sempre chiamato padre e che, meno di un'ora prima, in preda all'ubriachezza, l'aveva ferito con il vetro della bottiglia. Ora sembrava praticamente sobrio. -Va' con lei. Torna a trovarmi qualche volta... Sempre se non... La donna lo zittì con un'occhiata, prese sorridente per mano il bambino, ancora come inebetito da quei cambiamenti che avrebbero sconvolto la sua vita, e lo fece salire sul sedile posteriore dell'auto, che ripartì. Voltandosi velocemente, il ragazzino vide suo padre che rientrava in casa. Sentiva che non l'avrebbe più rivisto, ma non sapeva dire se ne fosse contento o dispiaciuto.. |
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