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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Ranma 1/2
Titolo Fanfic: "VOLANDO VERSO UN SOGNO D'AMORE"
Genere: Sentimentale, Romantico, Avventura, Fantasy, Autobiografico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: What if? (E se...)
Autore: andreatheflyer galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 27/08/2007 23:37:36

Il sogno di trovare il grande amore, unito alla passione del volo, mi spingerà ad intraprendere un viaggio verso dove vivono Ranma ed i suoi amici...
 
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IL MATTINO DI UN GIORNO SPECIALE
- Capitolo 1° -

Era un primissimo mattino di uno di quei giorni in cui il profumo che inebria l’aria tiepida lascia intendere che è primavera inoltrata e tra non molto si sarebbe fatta avanti l’estate. Era tanto presto che il sole doveva ancora sorgere, e l’oscurità quasi completa, velata solo da un lontanissimo chiarore che faceva debolmente riverberare l’aria verso levante, dominava la grande base aerea di Padova. Gli enormi edifici ed il potente radar troneggiavano maestosi sul paesaggio. Le luci della lunghissima pista sfilavano fin dove l’occhio non arrivava. Il cielo era sereno e color cobalto, con appena qualche sottile nuvola sopra l’orizzonte e le stelle che iniziavano a scomparire, la visibilità era ottima, non soffiava un filo di vento; era un’atmosfera surreale, quasi magica, una di quelle aurore che si capisce che preannunciano una giornata memorabile. Ad un tratto, nel piazzale ampio e deserto comparve la mia figura, appena visibile in mezzo alla semioscurità, dirigendosi verso la schiera d’imponenti aviorimesse. Aprii l’immenso portone della prima di esse e sottili riflessi argentati delinearono una forma affusolata, slanciatissima, inquietante e misteriosa. Un corpo allungato, con due piccole appendici laterali che sembravano ali, raccordate in modo da conferire al tutto la forma in pianta quasi di un diamante, con le punte ripiegate un po’ all’indietro, due sfoggianti derive, sotto nella parte posteriore la profilatissima carenatura contenente i motori, il tutto accuratamente raccordato senza discontinuità, il colore nero. Si trattava del più potente, veloce, tecnologico e spettacolare aeromobile mai costruito: l’Aurora. Si tratta dell’orgoglio, ammiraglia e punta di diamante della mia flotta aerea. Era stato il primo “grande” velivolo che avevo progettato e costruito personalmente, quasi dieci anni prima, e che avevo poi migliorato, riprogettato e ricostruito attraverso numerosissimi stadi evolutivi grazie alla mia industria, è il velivolo che mi aprì la strada per il successo in aeronautica, un aviorazzo a fusoliera portante da me studiato e realizzato per eccellere in ogni compito, dal combattimento aereo al bombardamento, ma soprattutto era stato protagonista dei miei più importanti viaggi, era da sempre il più veloce dei miei velivoli e vantava anni di missioni compiute con successo; era quindi senza dubbio il mezzo più idoneo per l’impresa che mi apprestavo a compiere. Questa volta, però, niente bombe, missili o apparecchiature elettroniche, ma solo il pieno di carburante per andare lontano, ed un obiettivo, un target, non di quelli che si analizzano e si discutono in sala briefing, ma che nasce dentro, nel profondo del cuore. Esitai qualche istante sull’interruttore delle luci, ma poi decisi di lasciarle spente per non rovinare quella bella atmosfera trasudante di mistero ed oscurità che circondava il velivolo. Presi viveri e vestiti sufficienti per qualche giorno, li misi in una borsa, la imbracciai assieme ad un ampio e strano aggeggio, mi arrampicai sulla scaletta e caricai tutto sul vano bagagli dietro l’abitacolo, ne richiusi gli sportelli, mi sistemai sul sedile e mi allacciai le cinture; premetti il tasto rosso “master” per attivare i sistemi e l’unico grande display a colori sensibile al tocco che costituisce il pannello strumenti si illuminò riempiendosi di quadranti, numeri, indicatori, tasti, spie ed informazioni sui vari sistemi di bordo, dopodiché chiusi il tettuccio. Fu allora che quella quiete quasi magica del paesaggio circostante venne all’improvviso turbata da un potente boato, un rombo grave e penetrante che si diffuse tutt’intorno, era l’annuncio dell’avviamento dei quattro motori, che fiammeggiarono minacciosi dai quattro rispettivi ugelli dietro l’aereo. Rilasciai i freni, lentamente il velivolo iniziò a muoversi. Uscii dall’hangar accendendo le luci di navigazione, le stroboscopiche e i beacon anticollisione. Tramite il collegamento in data-link, richiesi ed ottenni dalla torre di controllo le informazioni d’aeroporto e le autorizzazioni al rullaggio, al decollo e di rotta, che comparvero in testo scritto in un angolo apposito sul pannello strumenti. Rullai verso la pista facendo scivolare lentamente il mio grande aerorazzo in mezzo alle due file di luci blu di margine della taxiway, in mezzeria alle quali ve n’era una terza di luci verdi che ricalcavo col ruotino anteriore, ed il sottile profilo del velivolo si stagliava contro la fievole luce azzurrina e arancio-rosata dell’alba che non riusciva ancora a cancellare la penombra. Neppure gli squarci di luce rossa rotanti dei fari anticollisione né quelli bianchi delle luci stroboscopiche parevano turbarla. Al punto di attesa, in corrispondenza della fila trasversale di luci rosse prima di entrare in pista, effettuai i dovuti controlli; nonostante tutti i sistemi di bordo di quel velivolo futuristico, dove l’elettronica più avanzata che si potesse immaginare e l’automatismo erano preponderanti, presentassero sullo schermo la scritta verde “self test ok”, non mi andava affatto di rinunciare a sfiorare gli strumenti in quella specie di liturgia mattutina, preghiera manuale dell’anche questo è a posto, abitudine che portavo cablata in me ed acquisita fin dai primordi della mia attività di pilota, adatta al più spartano come al più tecnologico dei velivoli. Era come un momento di dialogo, di feeling tra me ed il mio formidabile aerorazzo, e sebbene sapessi perfettamente che era pressoché impossibile che qualcosa non andasse, e che in tal caso ne avrei avuto immediato avviso, era un piacere per me controllare personalmente che fosse attivato ciò che andava attivato, disattivato ciò che andava disattivato, regolato ciò che andava regolato, controllato ciò che andava controllato e che tutti i vari parametri presentassero i valori che dovevano avere, soprattutto in una grande occasione come quella. Era quasi un modo per rassicurare il mio velivolo, perché dopo anni passati in cielo con lui lo sentivo ormai dotato di personalità e sensibilità, come una nave è per il suo capitano, e così facendo lo tranquillizzavo, mostrandogli che lo aiutavo anch’io a controllare tutto, e alla fine entrambi giungemmo alla conclusione che tutto era in ordine. Il decollo era imminente, ma dopo essermi allineato in pista mi fermai; riflettei un istante su quel momento magico e solenne. Il mio sguardo fissò il punto di fuga dove le file di luci della pista si incontravano laggiù sull’orizzonte. “Cleared for Takeoff”: quelle parole, quella prassi che solo pochi istanti fa erano apparse sullo schermo, le avevo sentite e viste già molte volte nella mia carriera di pilota, ma ora mi sembravano magiche; era solo un’autorizzazione ad allinearsi in pista e decollare per poi seguire una rotta, ma per me era un’autorizzazione più ampia, mi sentivo autorizzato a qualcosa di immenso che stava appena iniziando, e a cui speravo con tutto me stesso che nessun evento ultimativo avrebbe potuto porre fine, ora sarei potuto partire per la più importante avventura che avessi mai intrapreso: conquistare il cuore della più bella, dolce, splendida, tenera, meravigliosa e adorabile ragazza del mondo; una “missione” assolutamente di carattere personale, discreta, non comunicata a nessuno e senza briefing, quasi segreta, e dalla quale non sapevo se, come e quando sarei ritornato. Forse proprio perché non sapevo come sarebbe andato a finire questo mio viaggio, o forse senza neanche sapere bene il perché, ripensai a me stesso e a tutta la lunga strada che avevo fatto fino ad arrivare qui.
 
Continua nel capitolo:


 
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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
niky24 - Voto: 29/04/15 05:14
E' bella e non ti scoraggiare solo perché nessuno ti commenta, sai, anch'io o provato a scrivere con me dentro ma niente, fanne altre così!
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