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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: SEMPRE NEI MIEI PENSIERI
Genere: Sentimentale, Autobiografico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: 19kimi91 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 25/08/2007 11:14:50

Perchè l'amore deve far così male? Non lo so,ma forse la mia storia ci può aiutare a capire...
 
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SEMPRE NEI MIEI PENSIERI
- Capitolo 1° -

Questa è la mia storia. La storia di una ragazza sfortunata che ha sempre creduto e cercato il vero amore. La storia di una ragazza che ha trovato in sé stessa la forza per combattere e difendere chi le sta più a cuore. La storia di una ragazza,che dopo molte delusioni sta perdendo le speranze. La storia di una ragazza che per amore non solo di una città,ma soprattutto per l’amore di un ragazzo speciale,sta morendo dentro,perdendo tutta quell’allegria spensierata che l’ha sempre accompagnata nel corso degli anni.
Non ho la minima idea del come ho fatto a innamorarmi di lui,né da quanto tempo ne sono inconsciamente cosciente,però è un dato di fatto. Ho cominciato a fare qualcosa veramente per me solo qualche mese fa,quando ho deciso di farmi ricoverare a Piancavallo per perdere peso. Non erano le prese in giro a darmi fastidio,quanto il fatto che non riuscivo più a mettermi un abito decente e mi vergognavo di quello che portavo,di quello che ero. Passai lì un intero mese e persi anche quasi dieci chili. Insomma mi sentivo rinata,dal punto di vista fisico. Però rimaneva ancora quello emotivo. Certo,grazie alla piccola cotta per Giuseppe,un compagno di classe della mia migliore amica,avevo dimenticato ogni tipo di sentimento che mi legava ancora a Simone,il mio primo amore. Sia chiaro,Simone non lo amavo più da un pezzo,ma un forte senso di vendetta mi aveva preso l’anima e volevo fargliela pagare a caro prezzo. Pensare a Giuseppe mi aveva fatto capire,grazie anche ai ragionamenti di Alberto,amico comune mio e di Simone,che mi stavo forzando troppo su quella storia. Era ora di cambiare pagina. Tutti erano più contenti di vedermi più allegra e spensierata,invece che cupa e molte volte acida. Oddio,acida lo sono sempre visto che sono molto orgogliosa e suscettibile,però un conto è esserlo già di natura, un altro è diventarlo anche a causa di qualcuno.
Fatto sta che da allora sto lentamente ritornando a quell’equilibrio di serenità che avevo perso da quando mi sono dovuta trasferire in una città che sia io che mio padre odiamo. Torino.
Molti di voi ameranno questa città,per il semplice fatto che ci vivete e avete tutta la vostra famiglia e gli amici più cari. Ringrazio per aver trovato amici sinceri,pochi,ma pur sempre amici;ma io voglio tornare nel mio luogo natale,l’unico luogo che,a distanza di un decennio,continuo a chiamare casa.
Ma sto divagando,se ho deciso di scrivere questa storia è perché non ce la faccio più a sostenere un fardello simile;reputo di aver sofferto anche troppo in questa mia corta vita e la scrittura è un capo espriatorio.
Da quando sono tornata dalla clinica mi sono sentita più leggera,anche se attualmente è difficile perdere peso in città,visto che lì eravamo a 1200 mt d’altezza; come da qualche anno a questa parte, però, i miei hanno deciso di non andare in ferie per svariati motivi:1) non sapevano se avrebbero avuto le ferie insieme; 2) non c’erano soldi; 3)bisognava revisionare l’auto e quindi minimo 300 € in meno sul bilancio familiare;4) non potevamo partire lasciando mia nonna mezza invalida a casa da sola,con mio zio,che per quanto buono,gentile,altruista sia,è,mi spiace ammetterlo,un irresponsabile e un ingenuo. Certo,ci sarebbe stato mio nonno con lei,ma se cadeva e si faceva male? Se le venivano le solite crisi di panico e il tranquillante finiva? Ma soprattutto,chi glielo faceva il prelievo a casa alle sette e mezzo di mattina? I miei decisero che nemmeno quest’anno sarebbero partiti. Io però non ci stavo:tutte le mie amiche partivano per qualche località balneare,e anche se avevo voglia di mare,in Puglia non ci sarei tornata nemmeno morta,o almeno fino a ché non raggiungerò il mio peso forma per fargliela pagare a tutti coloro che mi hanno derisa. Mi giudicherete una tipa vendicativa,ma alle volte faccio correre,in questo caso no. Chi ha detto che la vendetta non porta a niente è un gran bugiardo:alle volte vendicarsi purifica l’anima, dà una di quelle immense soddisfazioni e gioie,che nemmeno avresti immaginato di sentirti così bene. Però io non sono la tipa che fa i dispettucci;no, io agisco direttamente sui sensi di colpa. Tornando all’argomento vacanze, io avevo voglia di andarmene di nuovo da Torino;sebbene avessi sentito la mancanza di questo luogo mentre ero in montagna,una volta arrivata qui mi sono sentita soffocare: in clinica era diverso perché ero in un luogo sconosciuto con persone che non avevo mai visto prima in vita mia e con cui avrei dovuto passare un intero mese! Quando accompagnai mia madre sul suo posto di lavoro,parlando con una sua collega (e madre di una mia cara amica,anche) ebbi l’idea: Milano. Erano anni che non vedevo la mia madrina,esattamente dal giorno in cui mi cresimò. La voglia di vederla era talmente tanta,che i miei acconsentirono subito a lasciarmi andare:ma proprio perché era la migliore amica di mia madre,e per me era,è e sarà sempre una seconda madre,come io per lei sono la figlia femmina che non ha avuto.
Ci mettemmo d’accordo con lei e il 5 agosto eravamo a Milano. Non so come spiegare la mia gioia nel rivedere finalmente casa. Era come tornare a fare un tuffo nei ricordi. Non lo so,però appena varcato il confine tra Piemonte e Lombardia,mi sono sentita ben accetta,come mai mi ero sentita in altri luoghi.
Ma quel leggero tremolio alle mani non era dovuto al rivedere la mia madrina. No,era la gioia nel rivedere lui. all’inizio c’ero rimasta un pochino male perché era ingrassato un pochino dall’ultima volta (sarebbe a dire quattro anni fa) ma poi mi ha sorriso e il mio mondo ha cominciato a girare vorticosamente.
Come bravi ragazzi ci siamo salutati con i soliti due baci sulle guance. Non c’è che dire,il suo fascino era rimasto immutato:riusciva a mettermi in imbarazzo prima e ci riesce anche adesso.
Quel giorno ho evitato di incrociare molto il suo sguardo:ero troppo imbarazzata dalla sua presenza,anche se era impossibile evitare di incantarsi a guardarlo. Ai miei occhi è semplicemente perfetto. Quei capelli neri corti e ricci,con un ciuffetto ribelle che gli cadeva davanti agli occhi, quel sorriso praticamente smagliante e perfetto…e gli occhi:due gemme d’acqua marina (molto tendenti al verde però) con il centro castano erano la ciliegina sulla torta.
Poi ha un carattere molto pacato,tranquillo,però è anche spiritoso,intelligente e riesce sempre a tirarti su di morale,anche se alle volte si chiude in se stesso innalzando una barriera impenetrabile.
Ve lo giuro,non so come ho fatto e quando me ne sono innamorata,però sono anni che il solo sentire la sua voce dall’altra parte del telefono,mi mette a disagio, in subbuglio il mio cuore. Forse ho iniziato a guardarlo come ragazzo verso gli undici anni,quando cominciavo a capire che i ragazzi erano troppo complicati. Credevo che poi mi fosse passata,che fosse una semplice cotta di una bambina ingenua che sogna troppo (e che continua a vivere nei sogni ancora adesso), sparita poi quando si è innamorata di un ragazzo che,guarda caso,ha un carattere simile a lui.
Poi però ho cominciato a pensare a lui sempre più assiduamente e l’idea di andare a Milano non era proprio casuale;sarebbe stato un banco di prova,per vedere fino a che punto ero cotta. Giada e Antonella sono le uniche che ho tenuto aggiornate in tempo reale,perché le sentivo e avevo bisogno di sfogarmi. Giada ha evitato di dirmi quello che avrebbe dovuto dirmi e che mi avrebbe fatto sentire colpevole:te l’avevo detto. Secondo Antonella dovrei dimenticare tutta questa storia, quella famiglia e dedicarmi solo alla mia vita qui. Però non posso perché cancellare loro dalla mia vita significa cancellare una parte di me stessa,la parte più vera.
Tornando a quella domenica;passammo tutto il giorno con lo sguardo dell’uno incollato a quello dell’altra. Insomma,non riuscivamo proprio a staccarci! Ero lusingata da questo comportamento, forse perché si rendeva conto che non sono più la dodicenne candida come una bambina di quattro anni prima,ma una ragazza matura e consapevole di essere in preda a una piena tempesta ormonale. Non che sia ninfomane,però certe fantasie le ho anch’io,non sono l’angioletto di casa che tutti credono. Anzi,sono un piccolo diavolo travestito da angelo. O almeno è quello che mi sentivo prima; ora mi sento così stanca,fragile e sola…un bicchiere di cristallo che vive circondata da un branco di goffi elefanti,che rischiano di farmi cadere da un momento all’altro.
Quel giorno conobbi anche la zia della mia madrina,e con lei il marito e i due figli:il più grande, Marcello,era più grande di Marco,il ragazzo in questione,mentre la sorella Sharon ha solo tre anni più di me e tre meno di lui. Quella sera cenai affianco al cugino,e quando Marco si alzò da tavola per andare a prendere non so cosa in cucina,si poggiò sulle mie spalle,visto che il passaggio era stretto. Il tocco delle sue mani calde sulle mie spalle,mi fece andare il cuore in gola. Penserete che esagero,ma vi assicuro che mi sono sentita proprio così! Ma sono riuscita a controllare le mie emozioni e a non farle trasparire (la pratica l’avevo fatta con Simone,il mio primo amore …),ricacciando indietro il rossore che,ero sicura,mi aveva pervaso le guance. Quando i miei mi salutarono per tornare a casa, restai sola con la mia seconda famiglia. Chiacchierammo allegramente per altre due ore in cui la mia madrina cercava di rifilarci torte,gelati,ghiaccioli…di tutto,insomma! Non appena anche gli zii andarono via,lui si congedò:la mattina dopo si sarebbe dovuto alzare presto per andare a lavoro. Eh si,non ho detto un piccolo particolare:lui ha sei anni più di me e lavora in centro. Fui stupida perché la mia madrina,Enza,mi chiese se volevo dormire con Marco o Simone. Per me era uguale,anche se avrei preferito Marco,ma non volli apparire calcolatrice. Enza mi mise con Simone,convinta che fosse il meglio,visto che il figlio minore,avendo solo dodici anni,non si sarebbe svegliato presto correndo il rischio di svegliarmi, come avrebbe fatto sicuramente Marco. Però dovevo aspettarmelo:loro ci sono passati prima di noi, e dubito che nessuno abbia notato la nostra “attrazione” l’uno per l’altra. Credo che lo abbia notato per prima mia madre quando lui mi ha messo le mani sulle spalle,la mia madrina quando tutte le volte che apparivo per uscire lui mi sorrideva incantato,soprattutto a ferragosto;ma a quel giorno ci arriverò più in là.
I giorni sono passati così velocemente che descriverli uno per uno non servirebbe. Fino alle sei non sono stata con lui poiché lavorava,ma la mia madrina mi ha portata in giro per centri commerciali fino alla nausea. Io e lei abbiamo una cosa in comune,oltre all’amore per Marco,anche se è molto più forte il suo,essendo sua madre: i centri commerciali e di conseguenza lo shopping.
Mi ricordo che il mercoledì siamo andati a mangiare giapponese;premetto che amo il Giappone,ma l’unica cosa che non tocco è il cibo:preferisco la cucina italiana,è più appetibile,per i miei gusti. Teoricamente stavamo aspettando l’apertura del cinema,ma il film che Simone voleva vedere io l’avevo già visto e a Enza non piaceva. Potevamo vedere qualcos’altro,mentre Simone e il padre, Alessandro,si vedevano Harry Potter,ma non c’era niente che attirava. Però lì vicino c’è il Fiordaliso, un bel centro commerciale, simile alle Fornaci di Beinasco,per chi è della mia zona.
E secondo voi noi ci lasciavamo sfuggire un’occasione del genere? Puro shopping e chiacchiere da donne senza gli uomini tra i piedi… fossimo matte! Comunque sia facemmo il “sacrificio”,come lo chiama Alessandro,di passare tre ore al centro commerciale. Lo girammo tutto,concedendoci anche un bel gelato alla frutta;le tre ore passarono in fretta,comprammo un po’ di roba,e mentre stavamo aspettando che venissero a prenderci, l’argomento cadde su un amico comune e sui figli. Mi chiese di fare il paragone tra Marco e Demi,il figlio maschio di questo nostro amico. Non ho molti ricordi di Demi,anzi,l’unico che ricordo risale anch’esso a più o meno cinque anni fa,quando lo vidi per l’ultima volta;e anche in quell’occasione lo vidi più o meno di sfuggita,se non per il pranzo. Glielo dissi. Preferisco (all’infinito,anche) Marco,ma non solo perché è il più presente nella mia vita,e perché è più presente lei, ma anche perché lo amo. Quest’ultima parte però non gliel’ho detta. Ma forse me l’ha letta in faccia. Per chi mi conosce bene sono un libro aperto,e posso dire che Enza mi conosce bene,anche perché con lei mi sono sempre sentita a mio agio. È una seconda mamma,ma lei non ha mai cercato di imporsi con me,ma ha sempre cercato di essermi amica,avendo pur sempre il comportamento da mamma. Inutile dire quanto l’adori,in fondo si capisce,no?
Vi chiederete perché non mi sono confidata con la madre,essendo mia alleata avrebbe favorito il tutto…ma non è che non mi fido,è che sono io troppo timida. Nemmeno il figlio si confida, perché, se possibile,è ancor più timido di me! sta di fatto che non l’ho fatto e ho deciso di lasciar andare le cose come sarebbero dovute andare. E ho fatto male,perché se avessi chiarito che la persona con cui messaggiavo sempre è Antonella,una preziosa amica,forse non avrebbe pensato che stessi messaggiando con chissà chi. Sono stata una stupida. Stupida stupida stupida. Me lo ripeterei all’infinito,sapete. Ma chissà,magari un giorno…
Da allora cercai di passare sempre più tempo con lui. Eravamo sempre sdraiati su quel divano, guardando i telefilm che davano su Sky e controllandoci a vicenda. Sembra che io non veda,ma alle volte,quando la persona mi interessa,resto a fissarla con la coda dell’occhio e mi accorgo di ogni suo movimento. Fatto sta che per due settimane ci siamo sorrisi e abbiamo scherzato a vicenda. C’era complicità fra noi,e non solo perché passavamo ore seduti su quel benedetto divano sfiorandoci le gambe e perché anche a tavola eravamo seduti fianco a fianco. Stavamo bene insieme,questo è tutto.
Mi ricorderò però sempre la faccia che fece a ferragosto. Dovevamo uscire e andare a Vigevano per vedere il castello;lui era andato su in mansarda,dove ha la camera,per potersi cambiare,e quando stava scendendo,sono andata io in camera “mia” a cambiarmi. I jeans li indossavo già per cui ero quasi pronta. Mi misi la canotta bianca e volli mettere il coprispalla estivo sopra. Legai i capelli in una crocchia e mi misi un filo di trucco. Di solito non vado mai in giro senza,ma è da un po’ che non lo uso,un po’ perché non ne ho voglia,un altro po’ perché le occhiaie non si notano,visto che ho recuperato un bel po’ di ore di sonno perse durante l’anno. Quel giorno,comunque,appena apparsi in veranda,non mi staccò gli occhi di dosso. Mi squadrò da capo a piedi,anche se in un punto preciso lo sguardo lo fissò…avete presente quei coprispalla che si allacciano sotto il seno?Ecco,siccome era messo in evidenza,era quello il punto. Però mi guardava troppo a lungo e da brava fessa che sono,gli chiesi cos’avesse,diventando anche leggermente rossa,me lo sentivo. Rispose niente,ma continuò a sorridere e a scherzare più volentieri del solito. Che avesse doppi fini?Ne dubito. E’ troppo dolce,timido…è troppo lui! Passammo comunque un bel ferragosto e anche il sedici,lo passammo sempre insieme,tant’è che la sera,visto che era la mia ultima serata in Lombardia,andammo fuori a cena. Come sempre io ero tra Alessandro e Marco,e caso volle che incontrammo una vicina di casa. Enza aveva litigato con lei per via di un’altra strega che i fatti suoi non se li fa mai e racconta balle a destra e a manca. Siccome ho passato due settimane incollata a loro e mi ha visto,il primo giorno,mentre andavo in macchina a prendere le valigie insieme a Marco,la mia madrina se ne venne fuori con una battuta che ci fece solo arrossire. Stavamo aspettando le altre pizze quando ci guardò e poi,guardandomi e sorridendomi mi disse: “Probabilmente tutto il palazzo ti avrà presa per la fidanzata di Marco”. Ok,non c’è niente di male. Ma ditelo a due ragazzi che stanno timidamente flirtando e ancora non sanno come comportarsi nei confronti dell’altro…Alessandro chiese il perché e la moglie glielo spiegò tutta allegra.
Anche quella serata passò velocemente,e mentre aspettavamo i caffè, Simone dovette rompere le scatole,come suo solito.
“Andiamo a casa? Andiamo a casa?”
“Simo piantala! Per una volta che tutta la famiglia è allegramente riunita attorno ad un tavolo…” commentò Ale.
Da una parte mi ha imbarazzata perché era collegata alla frase di prima,ma dall’altra parte mi ha fatto piacere. Il fatto che mi considerano parte della famiglia è una gran cosa,almeno per me.
Quella sera mi sistemai in veranda. Ero triste perché il giorno dopo sarei dovuta partire e dovevo salutare Marco quella stessa sera;ma lui si chiuse in se stesso e io messaggiai con Antonella. Mi sentiva sospirare mentre cercavo di cacciare indietro le lacrime,ma poi quando si alzò e diede la buonanotte a tutti,tranne me,mi sentii male. Con una scusa andai in camera mia e telefonai a Giada, facendola preoccupare da morire. Lei ha cercato di tirarmi su di morale in tutti i modi,e ci prova anche adesso,ma lo trovo inutile. Devo uscirne da sola e raccontare la mia storia è già un passo avanti. Quella notte non dormii per niente. Verso le sette mi alzai per bere un bicchier d’acqua e,siccome faceva molto caldo e in camera si moriva,mi addormentai sul divano. Lo sentii uscire,e con gli occhi socchiusi,lo vidi guardarmi,per poi andare via a lavoro. Forse credeva di trovarmi ancora lì quando sarebbe tornato,ma si sbagliava. La mia madrina si alzò poco dopo e mi spedì a letto,dicendomi che potevo aprire la finestra,tanto Simone non si sarebbe accorto di niente. Obbedii tristemente. Per tutto il giorno avevo un velo triste che mi copriva lo sguardo. Temporeggiai fino alle sei,ma fu inutile perché non riuscii a vederlo per poterlo salutare decentemente.
Infatti credo che Enza mi avesse letto nella mente perché appena salita in macchina mi guardò seria e mi disse solo una cosa: “Tanto troverete Marco che sta tornando,così lo salutate”.Ma così non fu.
Fine della vacanza. Non so lui,ma io ho rafforzato quello che provavo per lui,e mi sono ritrovata ad amarlo alla follia. E me ne sono andata senza nemmeno salutarlo,questo è il mio più grande rimpianto.
Forse penserete che non è niente di speciale la mia storia,ma per me ha un valore enorme. Lo amo con tutta me stessa e soffro perché non posso vederlo. Non posso sorridergli e scherzare con lui. Non posso più sedermici accanto e,con la scusa di guardare la tv,osservare il suo profilo. Mi manca come non mi è mai mancata nessun’altra persona. E mi sento così sola e fragile senza di lui…come se la mia vita dipendesse solamente da lui,padrone del mio cuore e della mia anima.
Durante il giorno cerco di distrarmi,ma ogni canzone romantica mi ricorda lui, ogni gesto,ogni sorriso. Mi sto spegnendo dentro e anche se ne sono consapevole,non sto facendo nulla per riaccendere la mia vitalità. L’unica cura sarebbe lui,ma dovrò aspettare tre anni per vederlo regolarmente,quando avrò finito il liceo e sarò libera di trasferirmi a Milano,a casa.
Passo le mie serate a piangere,ormai e mi sento una fontana. Forse vi parrà sciocco,ma questa è la mia storia e nemmeno saprei spiegarvi quanto il mio cuore stia straziando di dolore.
Ogni volta che c’è amore,c’è anche dolore. Sono complementari:si completano a vicenda;ma nel mio caso c’è sempre più dolore che amore e io ne soffro tantissimo. Chiudo qui con la mia storia, lasciandovi una poesia che ho trovato sul profilo netlog di una mia amica. Creda che racchiuda i miei pensieri su Marco,il tipo qualunque,ma speciale per me.

T’innamori così per caso
di un tipo qualunque…
T’innamori così:
imparando a volergli bene, parlandogli da amica,
sorridendogli e accorgendoti di
stare male se un giorno non lo vedi…
T’innamori così:
stando ore insieme a lui sentendo
il cuore che ti batte forte se si avvicina
e una voglia tremenda di baciarlo
se dolcemente ti sfiora…
T’innamori così:
sentendoti morire al solo pensiero
che lui stia con un’altra…



 
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