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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: SOGNI...
Genere: Azione, Drammatico, Autobiografico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: ele-the-best galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 22/07/2007 18:15:56

solo io faccio sogni idioti come questo...leggete e...ridete!
 
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- Capitolo 1° -

Questo sogno l’ho fatto poco tempo fa, è ambientato dove vivo, e mi è rimasto molto impresso...leggendo capirete il perché.

SOGNI...

Uscita dal supermercato, mi avviai verso la strada di casa, con la borsa della spesa nella mano destra. Era sera tardi (NdA: strano che il supermercato fosse aperto a quell’ora, no?), e mentre camminavo, sentii dei passi dietro di me. Non ci feci caso, molto probabilmente era solo l’eco del rumore che facevano le mie scarpe. Dopo pochi secondi sentii altri passi, come se cinque o sei persone mi stessero pedinando. Accelerai l’andatura, e anche le ignote persone dietro di me fecero lo stesso. Mi decisi finalmente a guardarmi indietro, mi feci coraggio, senza però smettere di camminare. Sei ragazzi, dall’aria poco raccomandabile mi fecero un sorriso, adeguandosi al mio passo, che era ormai diventato una corsa sfrenata. Ormai la borsa l’abbandonai ad un lato della strada, mentre il latte, comprato poco prima si versava sull’asfalto. Decisi di lasciar perdere l’idea di tornare a casa, era troppo lontana, e dovevo trovare aiuto. Voltai a sinistra, attraversando la strada, davanti a me c’era un portico, che si allungava una decina di metri, per poi finire con un bar/gelataio, dove andavo sempre con i miei amici (NdA: e ci vado tuttora! Il sogno è ambientato nel mio paese). Non era mai vuoto e, per fortuna, la luce era ancora accesa. Fuori dall’entrata c’erano tre tavolini, con sedie e persone che ridevano e scherzavano mangiando un gelato o bevendo un caffè. Conoscevo i gestori del locale, e di sicuro, le persone fuori mi avrebbero dato una mano. Corsi a perdifiato lungo il portico, cercando di mettere più distanza possibile fra me e i miei aggressori, che ridendo in modo agghiacciante, cercavano di convincermi ad andare da loro. Finalmente ero arrivata al bar prima che mi prendessero. C’erano tre o quattro persone sedute ai tavoli, e mi guardavano con aria stupita. Chiesi aiuto, mostrando loro i ragazzi che mi stavano inseguendo, e che sembravano non preoccuparsi di niente, anzi, continuavano a sogghignare in modo orribile. Nonostante le mie lacrime di disperazione e paura scivolassero lungo il mio viso, nessuno si diede la pena di aiutarmi. Gli altri, intanto, erano già arrivati. Guardai i loro volti, e con gli occhi cercai di supplicarli di non farmi del male, mentre le mie gambe, camminando all’indietro per non staccare gli occhi dagli aggressori, andavano da sole verso l’entrata del bar. Ci sarei arrivata, se non fosse che notai che i ragazzi non erano più sei, ma cinque. Mi voltai e feci per correre verso l’entrata, ma mi scontrai con uno di loro, che mi guardò e sorrise. Indietreggiai in fretta per non essere presa, anche se constatai subito che ero circondata. Le persone che prima si stavano godendo una tranquilla serata insieme agli amici erano sparite. Sperai che fossero andate a chiedere aiuto, anche se in fondo al mio cuore, rivedendo il loro sguardo apatico e disinteressato, seppi che non era così. Decisa a salvarmi, presi una delle sedie dietro di me. All’inizio volevo solo cercare una via d’uscita, ma poi la sollevai all’altezza delle spalle, e la lanciai verso il ragazzo più vicino. Lo colpii, ma quello che successe subito dopo fu orribile. Una gamba della sedia aveva preso in pieno il suo pomo d’Adamo, facendogli attraversare la gola, ed uscì dalla parte opposta del collo, lasciando dietro di sé un buco grande quanto la metà di un pugno. Lo sventurato cadde a terra morto. Gli altri si radunarono attorno a lui, e ne approfittai per cercare di scappare. Non potevo tornare da dov’ero venuta, perché i ragazzi mi bloccavano lo stesso l’unica via d’uscita, così decisi di entrare nel locale, lì di sicuro qualcuno mi avrebbe aiutato. Entrai e, sentendo che stavano per tornare all’inseguimento, mi nascosi, restando accucciata dietro il bancone dei gelati. Qui c’era una donna, che stava asciugando un bicchiere con uno straccio. Le dissi fra i singhiozzi “La prego...mi aiuti...dei ragazzi...sono lì fuori e...mi stanno inseguendo...la prego chiami la polizia!”. La donna (NdA: nella realtà si chiama Lella ed è una dei proprietari del bar! Che impressione averla in un mio sogno!!!) mi guardò con lo stesso sguardo che si rivolgerebbe ad un oggetto strano, di cui ignoriamo la funzione, e ritornò ad asciugare il bicchiere. Intanto sentii la porta del bar che si apriva, e dei passi che riuscivano addirittura a contrastare la musica; sembrava quasi che la stessero abbassando per poter sentire meglio il rumore delle scarpe sul marmo lucido. Uno di loro si stava avvicinando al bancone, e la signora non la smetteva di asciugare quel bicchiere...Lo sportello che separava le persone autorizzate dai clienti, si aprì di scatto rivelando uno di quei ragazzi che si piegò, fino a trovarsi a qualche centimetro dal mio viso. Lo guardai terrorizzata, e lui mi disse porgendomi un fogliettino di carta “Hai dimenticato lo scontrino”..............................................

 
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