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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: BEAUTIFUL LIAR
Genere: Romantico, Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Avviso: Shounen Ai
Autore: morachan galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 01/07/2007 00:20:51

"E Liam desiderò sputare via il sangue che alimentava il suo peccato.. desiderò non avere quegli occhi rosso-ambrati che urlavano la sua dannazione..
 
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L'INIZIO
- Capitolo 1° -

ATTENZIONE: i personaggi della storia sono tutti maggiorenni. Inoltre essi non sono mai esistiti e non esistono tuttora. Inserisco questo piccolo avviso per evitare equivoci, in quanto non so se la storia, successivamente, riporterà situazioni particolarmente violenti o scene di sesso.
Grazie^^


Era notte fonda nella piccola cittadina dell’Ardeal*. Il buio avvolgeva ogni cosa come fosse inchiostro liquido, mentre la fioca luce dei lampioni tentava invano di vincerlo. Un vento leggero soffiava lento e calmo, carezzando ogni cosa, rubando briciole di tutto per poi portarle via.
Una figura sconosciuta camminava piano nell’oscurità, leggera e sicura, sembrava non toccare nemmeno il suolo. Pur essendo abbracciato dall’ombra, la sua pelle lattea sembrava risplendere di luce propria, una luce debole e languida che aveva del soprannaturale. Il vento lo accarezzava e lo sfiorava, mai sazio di lambire quel corpo perfetto per poterne portare con sé il profumo, come un amante geloso. Con il suo soffio gli scompigliava i morbidi e lucenti capelli neri, simili alle piume dei corvi; gli occhi scarlatti scrutavano, imperturbabili, in cerca di una preda, mentre la lingua rosea leccava continuamente le labbra rosse e piene.
Ma non c’era nessuno a quell’ora della notte. Nessuno che potesse sfamarlo o distrarlo dai suoi pensieri. Nessuno che potesse tenergli compagnia. Nessuno. Mentre lui era lì, che camminava lento… lento come lo scorrere inesorabile del tempo. Si fermò di scatto, con una smorfia amara ad imbronciare quelle belle labbra di fragola, abbassando per un istante le palpebre. Passò qualche secondo, poi riaprì gli occhi, ora di un color ambra talmente limpido che ci si poteva specchiare. Il tempo del predatore era finito. Il temuto vampiro Camuel lasciava il posto a Liam Hamilton, normale ragazzo dell’Ardeal conosciuto per la stranezza della sua persona e il suo bell’aspetto.
Lentamente, il ragazzo invertì direzione e riprese a camminare, questa volta diretto verso casa. Mille pensieri gli affollavano la testa, mentre una leggera nausea già si impadroniva del suo stomaco e il cuore accelerava i suoi battiti. Era successo ancora. Come la notte prima, e quella prima ancora… e ancora prima… e ancora, ancora, ancora. Proprio non riusciva a capire perché avvenisse tutto questo.
Sua madre diceva che lui era sonnambulo, aveva convinto tutti con le sue chiacchiere strampalate. Ma no… lui non era sonnambulo, non lo era. Lui ricordava ogni singolo momento di quello che gli accadeva la notte, ogni singola vita spezzata, ogni singola goccia di sangue assaggiata, ogni collo morso e leccato.
No… lui non era affatto un sonnambulo… lui era un vampiro… ed era questo ad intimorirlo così tanto.

“Liam… Liam”
Una voce fastidiosa giunse alle sue orecchie, come il ronzio di una zanzara insistente.
“Liam, tesoro, farai tardi a scuola…”
Quando avrebbe smesso sua madre di preoccuparsi per lui? Non era più un ragazzino, sapeva badare a se stesso… e poi non ci voleva andare affatto a scuola.
Aprì gli occhi, pronto a mettere in atto la sua solita recita anche per oggi. Le sue iridi di caramello si puntarono sulla figura della madre, una donna minuta dai capelli color miele e dei bellissimi occhi verde smeraldo. La donna gli sorrise, scompigliandogli i capelli neri con una mano, e lasciò la sua stanza intimandogli nuovamente di sbrigarsi.
Liam abbandonò il tepore del letto con riluttanza e si diresse in bagno. Si sentiva stanco e spossato, come se non avesse dormito affatto, aveva la schiena a pezzi, i muscoli delle braccia doloranti e la gola secca e bruciante. Si rinfrescò il viso con dell’acqua fredda e si guardò allo specchio: la pelle lattea, così simile a fine porcellana, le labbra rosse, gli occhi d’ambra screziati di rosso, penetranti e furbi… sì, era proprio lui… o meglio era la forma apparente della sua vera natura.
Lavò anche i denti e si asciugò il viso. Si vestì con velocità estrema e si diresse alla porta, senza nemmeno salutare o prendere qualcosa per colazione. Era così ogni mattina. Liam non vedeva l’ora di uscire da quella scatola di cemento, non la sopportava, lo faceva sentire a disagio… se casa è dove si trova il tuo cuore, di sicuro quella non doveva essere la sua dimora, perché il suo cuore era altrove… ma nemmeno lui sapeva dove si trovasse…
“Liam… ehi Liam…”
Questa voce, a differenza di quella che l’aveva svegliato, giunse alle sue orecchie come una dolce melodia, un soffio di aria fresca portata dal mare su un corpo accaldato dal sole. Un brivido scivolò sulla schiena del vampiro e lungo il suo ventre, come un serpente irrequieto. Si girò nella direzione dalla quale proveniva la voce. Alto, fisico magro ma ben scolpito, capelli sbarazzini color nocciola e magnifici occhi azzurri dal taglio vagamente orientale. Sì… suo fratello minore era proprio un diavolo tentatore. O meglio un angelo… un angelo del peccato pronto a scatenare un’indecente lussuria con la sua innocente ingenuità.
“Aspettami, esco con te” continuò Elijah** afferrando lo zaino e avvicinandosi a lui. Liam si voltò senza rispondere ed uscì di casa, cominciando a camminare senza aspettare il fratello.
“Liam! Vuoi aspettarmi diamine!”
Ormai l’aveva raggiunto e camminavano affiancati. Il moro, apparentemente indifferente, era in realtà ben consapevole della vicinanza dell’altro, del suo petto abbronzato che si alzava e si abbassava in cerca di ossigeno e dei suoi denti candidi che tormentavano senza sosta il labbro inferiore. Elijah gli nascondeva qualcosa. Lo conosceva troppo bene, sapeva che quando si mordicchiava le labbra era nervoso o preoccupato per qualcosa.
“Vuota il sacco Elijah, non ho tutta la giornata”
Diretto, freddo, tagliente come sempre. Liam era così, soprattutto con suo fratello. Non poteva fare a meno di esserlo, non voleva mostrarsi vulnerabile, voleva quasi mostrare di essere una creatura misteriosa e distante che la notte risvegliava con le sue ombre e il suo silenzio.
Elijah non accennava a parlare ed erano ormai giunti fuori scuola. Liam non aveva tempo da perdere, non sarebbe entrato e voleva fuggir via il più presto possibile.
“Per la misera, Elijah! Vuoi sbrigarti o devo cavartele fuori a forza le parole?”
Ma il fratello taceva, la testa bassa, gli occhi persi a fissare il terreno. Il moro, stufo di aspettare, lo salutò scocciato e prese a camminare lontano dall’odiato edificio scolastico.
“Liam…”
La sua voce, di nuovo. Una mano tiepida stretta intorno al suo polso, il suo fiato leggero che gli solleticava il collo e una fitta lancinante all’altezza dello stomaco. Male, molto male… prima o poi sarebbe impazzito.
“Liam…”
Ancora la sua voce. Ancora la sua mano, che ora era scivolata in basso in una lenta carezza e aveva intrecciato le dita alle sue. Ancora il suo profumo. Ancora il suo respiro sul collo. Ancora lui…
“Per favore portami con te…”
Liam si girò, il cuore e la mente impegnati in un eterna lotta, il petto colmo d’angoscia e la volontà piegata dal desiderio di averlo vicino e di proteggerlo. Non voleva portarselo dietro, temeva che non gli avrebbe resistito. Non avrebbe ceduto, non quella volta.
Ma quando i suoi occhi d’ambra incontrarono quei due diamanti traboccanti di lacrime, i pensieri coerenti fatti dalla sua coscienza erano già volati lontano.
“Non lasciarmi solo qui Liam… voglio stare con te…”
Elijah gli circondò la schiena con un braccio e poggiò la testa nell’incavo del suo collo, le dita ancora intrecciate a quelle del fratello.
“Elijah… io non posso…”
Un brivido, un sospiro, un singhiozzo. E poi un altro, e un altro ancora, fino a che il suo corpo non si ritrovò tremante e scosso dalle lacrime.
“Elijah non piangere… non rendere tutto più difficile…”
Gli occhi cerulei dell’altro si puntarono nei suoi in una muta preghiera, una mano strinse di più le dita, mentre l’altra afferrò in pugno il tessuto della maglietta del fratello. Non l’avrebbe lasciato andare. L’avrebbe costretto a portarlo con sé.
Liam sospirò, quando voleva suo fratello sapeva diventare davvero caparbio. Gli asciugò lentamente le lacrime e lo allontanò dal suo corpo cominciando a camminare. Camminò piano per un po’, mani in tasca e testa alta, poi si fermò di colpo.
“Allora cosa hai intenzione di fare, stai fermo lì o mi segui?”
Elijah sussultò e lo guardò, poi le sue labbra morbide si aprirono in un sorriso luminoso e sincero capace di sciogliere anche i ghiacciai più freddi del nord. Corse verso il fratello e gli saltò sulla schiena, regalandogli una risata cristallina e coinvolgente che lo fece sorridere.


Camminavano tranquilli da un paio d’ore. Le strade non erano molto trafficate né brulicanti di persone, tranne qualcuno intento a passeggiare con il cane o a fare la spesa. Elijah procedeva in silenzio masticando un bastoncino di liquirizia, osservando tutto e tutti con occhi luminosi. Aveva parlato tantissimo da quando avevano lasciato la scuola, mentre Liam aveva pronunciato si e no tre parole. Com’erano diversi… Liam si chiedeva spesso se fossero realmente fratelli, a volte aveva la sensazione di essere stato adottato. Era un dubbio più che lecito. Non somigliava affatto alla madre, tutta capelli di miele e occhi verdi, e non somigliava a suo padre, dato che era Elijah ad essere la sua identica fotocopia… quindi, se avesse somigliato al padre, sarebbe dovuto essere almeno simile al fratello, mentre avevano due fisionomie completamente opposte.
Raggiunsero una panchina un po’ isolata e si sedettero, ancora circondati da quel silenzio privo di ogni tensione o imbarazzo.
“Grazie Liam… sto davvero bene…”
Elijah gli sfiorò la mano con la punta delle dita e incatenò i suoi occhi azzurri a quelli ambrati dell’altro. Diminuì la distanza tra i loro visi, era tanto vicino che ognuno respirava dalle labbra dell’altro.
“Grazie Liam…” ripeté.
Liam avvertì il profumo di liquirizia del suo fiato solleticargli il naso, mentre le labbra del fratello si poggiarono sulle sue imitando i teneri baci che si scambiavano quando erano più piccoli ed incoscienti. Ma Elijah era sempre stato troppo ingenuo, tanto ingenuo da non capire che ormai erano cresciuti e quei baci, seppur fraterni, erano capaci di scatenare nell’altro spiacevoli reazioni. Ma chi mai avrebbe immaginato questo del proprio fratello?
Liam lo allontanò con delicatezza e gli sorrise mettendo in mostra i suoi denti bianchi e perfetti. Elijah lo guardava ancora, con lo sguardo confuso e incuriosito. Il più grande ridacchiò quasi divertito: davvero non riusciva a capire perché si era sottratto al bacio? Liam scrutò nuovamente la sua espressione stranita… no, non riusciva realmente a capire.
“Che ne dici di riprendere a camminare Elijah?”
Elijah sussultò e annuì lentamente con la testa. Gli offrì la liquirizia dicendo di non averne più voglia, ma Liam rifiutò categoricamente: non gli era mai piaciuta molto la liquirizia, tuttavia assaggiarla dalle labbra del fratello gli era sembrato piuttosto gustoso… forse perché c’erano anche tracce del suo sapore.
“Cosa ti prende adesso? Ti ripugna perfino mangiare dove ho messo io la bocca?”
Elijah lo interrogò con tono freddo e quasi sprezzante. Liam sapeva che si sarebbe offeso, ma non aveva avuto altra scelta. Se avesse prolungato quel bacio, probabilmente non avrebbe resistito dall’andare ben oltre.
“Elijah non fare il bambino, sai benissimo che non è per te…”
“Ah no? Mi era sembrato il contrario! Prima ti sottrai da un bacio, bacio che ci siamo sempre dati, come se ti ripugnasse il contatto con le mie labbra, poi rifiuti il pezzo di liquirizia che stavo mangiando… cosa dovrei pensare?”
“Elijah ma cosa…”
“… che ti faccio schifo, ecco cosa penso…”
Fargli schifo? Dio… come poteva dire questo? Come poteva ripugnarlo il contatto con le sue labbra, quando quei due petali di ciliegio erano la cosa che più lo tormentavano? Come poteva fargli schifo lui, quando era l’illusione che inseguiva di giorno e il peccato che desiderava commettere la notte? Già… ma Elijah non sapeva… perché se avesse saputo probabilmente sarebbe stato lui quello a provare ribrezzo…
Elijah si fermò lungo la banchina, osservando il mare con sguardo triste. La brezza leggera agitava i suoi capelli, facendo ricadere morbidi ciuffi nocciola ad accarezzare dolcemente il suo viso. Le piccole lacrime intrappolate nelle sue ciglia e le gote arrossate per lo sforzo di trattenerle rendevano il ragazzo ancora più bello e innocente di quanto già non fosse. Liam lo abbracciò da dietro stringendogli la vita con le braccia e poggiando il capo sulla sua spalla. Le loro guance combaciavano perfettamente mentre i loro capelli, egualmente mossi dal vento, si confondevano e si agitavano insieme.
“Elijah… tu non mi fai schifo…”
Le labbra rosse del più grande si aprirono in un sussurro dolce e basso che solleticò il viso dell’altro. Elijah provò debolmente a divincolarsi, come se volesse fuggire via da quella prigione di carne, ma Liam lo trattenne forte e le sue già scarse proteste svanirono del tutto.
“Tu non mi fai schifo” – ripeté il moro nel suo orecchio – “Perché mi farebbe schifo la vita se mi facessi schifo tu… ed io non potrei mai essere ripugnato dalla vita…”
Una piccola lacrima rotolò giù dall’occhio ceruleo del ragazzo castano. Liam la sentì scorrere piano sulla gota del fratello e poi passare sulla sua guancia, premuta contro quella morbida dell’altro, e scivolare giù… giù fino al suo collo… e ancora giù, fino al petto, per poi essere catturata dal tessuto della maglia.
Elijah intrecciò le dita con quelle del fratello posate sul suo ventre e sorrise debolmente.
“Ti voglio bene Liam…”
“Anche io te ne voglio…”
Rimasero così per un po’, coccolandosi uno nel tepore dell’altro. Liam guardò il mare, così limpido e brillante sotto il riflesso del sole, così enorme e spaventosamente infinito; quel mare che profumava di sale e che rilassava con il lento defluire delle sue onde, quel mare portatore di vita e di morte, quel mare bello e profondo, spettatore di talmente tanti avvenimenti che si sarebbe potuto scrivere un libro. Quel mare che con i suoi colori portava l’allegria… quel mare che, quando si incontrava con il sole al tramonto, dava vita ad un quadro fatto di profumi e colori fantastici. E Liam desiderò essere parte di quel quadro. Desiderò essere ciò che mai sarebbe stato, un ragazzo normale e spensierato. Desiderò cancellare tutti i delitti di cui solo il buio e la luna erano testimoni, desiderò sputare via il sangue scarlatto che alimentava ogni notte il suo peccato e desiderò non avere quegli occhi rosso-ambrati che urlavano al mondo la sua dannazione.
Strinse di più il corpo caldo di suo fratello. Almeno quando stava con lui si sentiva bene. Elijah era la sua piccola parte di Eden, il suo angelo custode venuto dal cielo per salvarlo, per salvare lui… la creatura dannata e maledetta.
Liam posò un lieve bacio sulla sua nuca e tornò a guardare il mare. Suo fratello era totalmente rilassato tra le sue braccia, poteva sentirne il cuore battere tranquillamente all’unisono col suo. Tra un po’ sarebbero dovuti tornare a casa… ma Liam si sentiva già a casa, lì, con il profumo di Elijah che gli solleticava i sensi e il suo respiro che gli sfiorava le labbra. Allora sorrise lievemente e catturò lo sguardo ceruleo dell’altro nel suo… lo aveva capito, finalmente, dove il suo cuore si fosse nascosto…





*L’Ardeal sarebbe il nome rumeno della Transylvania. Per una storia di vampiri, ambientare il tutto in questa regione mi sembrava il minimo, però non volevo essere banale… e ho scelto Ardeal, che mi sembra anche più affascinante e misterioso^^

**Elijah è un nome che deriva dall’aramaico ‘eliyáhút’ e significa ‘Il vero Dio è Yahvé’. Non l’ho scelto per il significato ma per la pronuncia, dolce e raffinata. Essa infatti è ELAIJAH, con la J pronunciata tipo G strascicata (come per alcuni nomi francesi, tipo Giselle^^).


 
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