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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: InuYasha
Titolo Fanfic: THE SCARLET PIMPERNEL
Genere: Azione
Rating: Per Tutte le età
Avviso: AU
Autore: damson galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 18/06/2007 19:16:45 (ultimo inserimento: 27/12/07)

una AU ambientata durante la rivoluzione francese, liberamente tratta dall'omonimo romanzo
 
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PROLOGO
- Capitolo 1° -

Il nome più comune era “piccola Luisette”, anche se si poteva attingere da una vasta varietà di appellativi come “tavola per gli assegnati”, “accorciamento patriottico”, gattaiola”, mentre dei condannati si diceva che andavano a “giocare alla mano calda”, a “chiedere l’ora alla finestrella” a “starnutire nel sacco dopo aver celebrato una messa rossa”.
Lungo la strada dalla prigione si mostrava ben visibile dopo l’ultima curva della rue Honore, la si vedeva troneggiare dal lontano: due supporti paralleli di legno, non più alti di tre metri, uniti in alto da una sbarra trasversale, sotto la quale stava una lama di otto pollici, tenuta in aria da una fune, guidata dal boia, che lasciava scorrere la mannaia nel suo percorso obbligato, quando il condannato aveva adagiato la testa sul ceppo.
A Parigi, nel 1793, l’unica regina rimasta era la ghigliottina.
Tutt’intorno una folla di curiosi cittadini, che passavano le giornate a guardare le esecuzioni, mentre le guardie cercavano di contenere la loro agitazione.
Meno agitati, ma molto più soddisfatti erano coloro che venivano chiamati dal popolo “ furie della ghigliottina”, ma che raccoglievano se stessi sotto l’ironico nome di Società Fraterna.
Era un grigio pomeriggio di settembre e le nuvole ostacolavano il lavoro del sole, minacciando pioggia su questo spettacolo giornaliero di Place de la Greve che era diventata il proscenio di una tragedia storica: il Terrore.
Il sergente Bilot aspettava proprio al margine dell’incrocio con la Rue Honore l’arrivo di un altro carro di prigionieri, di nobili che avevano tramato nell’ombra contro il proprio paese prima di essere presi e giudicati dal Comitato di Salute Pubblica.
Guardava lo spettacolo in piazza, ma ogni tanto volgeva la testa dietro di se, aspettandosi, ormai, da un momento all’altro, di veder sbucare il carro dal fondo della strada.
“Dovrebbe essere già qui..” si disse. Stava iniziando a preoccuparsi.
Infatti di li a poco giunse di corsa un giovane soldato che non conosceva. Aveva gli occhi scuri ed i capelli, scuri anch’essi, legati in un piccolo codino dietro la testa.
Era zuppo di sudore e parlava a stento cercando di riprendere fiato: “Cittadino! È successo un guaio” disse in un perfetto accento parigino, lasciando trasparire ansia e preoccupazione dalla voce.
“Siamo stati attaccati, hanno preso il carro e sono fuggiti liberando i prigionieri!”
Bilot rimase per un momento in silenzio, terrorizzato. Se i prigionieri gli fossero davvero scappati ci sarebbe finito lui sulla ghigliottina.
Ma la rabbia non ci mise molto a prendere il posto della paura.
“ Siete degli idioti! Incompetenti idioti!” urlò in faccia al ragazzo, che fece un passo indietro.
Si interruppe e si passò una mano tra i capelli.
Bastava ragionare. Tutte le porte erano chiuse. Non potevano uscire da Parigi.
Poteva riprenderli.
“Come e dove è successo?”
“ In rue gateau, cittadino, avevano i volti coperti, erano troppi…”
“ non cercare di trovare giustificazioni, comunque non possono essere andati troppo lontano, tutte le porte sono chiuse e sorvegliate”
“ mi spiace cittadino, la porta ovest era aperta, sono fuggiti da lì…”
“ Morbleu!” circondato da una valanga di imprecazioni il sergente Bilot saltò a cavallo e partì a corsa, con tutta la sua squadra al seguito, in direzione della porta ovest.
Il povero soldato, ancora con il fiato spezzato, rimase a guardare il gruppo con un’espressione addolorata sul viso “…devo rifarmi di nuovo tutta la strada a corsa?”
“No Miroku” disse una voce alle sue spalle “ Feh, non abbiamo certo tempo da perdere per aspettare te!” a cavallo di un grosso baio stava un ragazzo elegante, che parlava con un perfetto accento inglese.
“Inu-yasha! Imbecille! Cosa ci fai qui conciato in quel modo? Vuoi mandare a monte tutto?”
“Zitto e sali” disse l’altro tirandolo rozzamente per il vestito e issandolo dietro la sella. Non dette neanche a Miroku il tempo di sistemarsi che diede di speroni e partì al galoppo.

Il sergente Bilot intanto era giunto con la sua squadra alla porta ovest ed aveva frenato il cavallo pochi metri prima che sbattesse contro il legno massello.
“Aprite! Sono il sergente Bilot!” ordinò con voce autoritaria ai due guardiani che fino a poco prima sonnecchiavano poggiati al muro.
“Ma, cittadino…” provò a dire uno dei due, prima di essere interrotto dagli ordini di un Bilot ormai non più capace di controllare le sue azioni.
Non appena la porta fu aperta si gettò fuori alla cieca senza fermarsi un attimo a riflettere sul motivo per cui avesse trovato chiusa la porta ovest.
Ma era troppo spaventato. Non era la prima volta che gli scappava qualche nobile da sotto il naso e, come i suoi superiori gli avevano gentilmente fatto notare, la prossima sarebbe stata l’ultima.
Forse iniziava a capire come dovevano sentirsi quei dannati aristos, con il fiato sul collo e la lama della ghigliottina che sorrideva nei sogni. Era per quello che fuggivano a frotte da Parigi: uomini donne bambini, i cui antenati avevano servito i Borboni ed erano campati a spese della povera gente! Diamine, non sarebbe andato sulla ghigliottina al posto loro.
Eppure sempre più aristos riuscivano a fuggire dalla Francia.
Correva voce che queste fughe fossero rese possibili da un gruppo di Inglesi, che con frequenza sempre maggiore riuscivano ad escogitare modi nuovi ed originali per eludere i controlli e far uscire fuggitivi da Parigi.
Questo gruppo di isolani, che agivano per il gusto di ficcanasare nelle faccende che non li riguardavano, erano guidati da un uomo di eccezionale audacia, che, ogni volta che riusciva a sottrarre un nemico della patria a Madame la Guillotine, mandava alle autorità una lettera bianca con il disegno di un piccolo fiore rosso, per rivendicare il misfatto.
Per questo motivo tutti in città lo conoscevano come: Primula Rossa.
Però nessuno sapeva chi era. Era considerato una specie di fantasma, che appariva nei luoghi più impensati, si faceva passare per qualcuno di insospettabile e attuava i suoi piani contro la patria francese. Chi ne parlava lo faceva sempre con una vena di superstizione nella voce.
Galoppando fuori dalla città Bilot sperava segretamente che la Primula Rossa si portasse via anche lui, in Inghilterra, lontano dalla ghigliottina.

Poco distanti dalla porta, nascosti dietro l’angolo di una casa, stavano due donne ed un ragazzo.
I loro vestiti erano logori ed i piedi scalzi, ma un attento osservatore si sarebbe accorto che, sotto quella apparente povertà, si nascondeva qualcos’altro.
La donna più anziana sedeva su una cassa, spostando in continuazione la veste, come se avesse paura di sporcarsi e si toccava il collo, come se cercasse una collana che non aveva.
La ragazza giovane, che si stava sistemando i capelli neri in una lunga coda con gesti eleganti e raffinati, storceva il naso ogni tanto, come se sentisse cattivo odore.
Il ragazzo camminava su e giù per il piccolo vicolo cieco con passo fermo ed ogni tanto sporgeva la testa al di là dell’angolo, verso la piazza.
“Hanno aperto la porta!” disse all’improvviso “ cosa facciamo? Passiamo?”
“non fare nulla Kohaku, aspettiamo gli altri, rischiamo di rovinare tutto così!” gli rispose la ragazza, sua sorella, mentre gli andava accanto e si sporgeva anche lei per vedere la porta.
Videro tutta una squadra che usciva di gran carriera dietro il suo comandante, che si era lanciato al galoppo fuori dalle mura.
“Ma cosa sta succedendo? Come facciamo ad uscire se fuori ci sono tutti quei soldati!” esclamò Kohaku, in un moto di rabbia mal repressa: erano tre ore che stavano lì nel vicolo.
“guarda” sua sorella gli indicò la porta.
Kohaku si sporse di nuovo e vide un giovane soldato che correva trafelato verso le sentinelle.
“ Miroku…”
sentirono un tonfo sordo che li fece voltare di botto, spaventati.
Inuyasha era saltato dal tetto ed era atterrato davanti alla loro madre “Allora contessa, siete pronta a partire?” chiese, porgendo la mano alla donna seduta sulla cassa.
“alla buon’ora! Sapete quanto ci avete fatto stare qui?” esclamò Kohaku
“feh, moccioso, un po’ di rispetto per chi ti salva la vita! adesso non bisogna perdere tempo, ascoltate, Miroku distrarrà le due sentinelle, dovremmo passare velocemente, faremo un pezzo a piedi, fino alla taverna del vecchio Andrè, lì troveremo dei cavalli”

Miroku raggiunse le due sentinelle e fermò la sua corsa, sperando che per quel giorno fosse l’ultima. Altri due metri e si sarebbe accasciato al suolo.
“Che succede cittadino? Sapete come mai il sergente Bilot..”
“Morbleu” esclamò Miroku, interrompendo le parole dell’altro “ non avrete fatto passare Bilot!” parlava in tono estremamente spaventato e gesticolava come in preda ad una crisi “ siete impazziti? Tra i membri della squadra di Bilot si erano infiltrati dei nobili! Abbiamo trovato poco fa i veri soldati legati ed imbavagliati in armeria! E voi li avete aiutati a fuggire!”
Le guardie divennero paonazze.
“ Forza non c’è tempo da perdere!” Continuò Miroku capendo di averli fregati “ andate a dare l’allarme! Io intanto chiudo la porta!”
I due poveri francesi, che avevano abboccato all’amo meglio di due ghiozzi, non se lo fecero ripetere e partirono a corsa verso Place de la Greve.



 
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