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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: A BLIND HEART
Genere: Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: sakyo galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 08/06/2007 17:01:49

Sconsigliata a chi pensa di potersi offendere leggendo (piccoli) accenni alla religione in generale.
 
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CAPITOLO UNICO
- Capitolo 1° -

Il momento è arrivato.
Finalmente.
Sono giunta sull’orlo di un precipizio. Strano, ero convinta che mi sarei trovata a camminare nel famoso tunnel illuminato da una luce limpida e accecante, o che qualche strano essere, alato o con un ascia in mano (sarei stata più propensa per il primo), mi sarebbe venuto a prendere.
Beh, poco male. Sono mesi che aspetto questo. Non importa in che forma, il momento è arrivato.
Ora mi butto e la faccio finita.
Mi sporgo leggermente in avanti, pronta per il salto.
“Dove vai?”
Una voce femminile dal tono severo mi fa sussultare.
Ah, è arrivato Dio. Mi ero dimenticata di questa possibilità.
“Chiunque tu sia, non perdere tempo a farmi la predica, è inutile” rispondo subito.
Silenzio.
Ehi. Ma allora Dio è una donna?
“Non ti farò alcuna predica. Devo solo mostrarti alcune cose. Vuoi ascoltarmi?”
Di riflesso alzo lo sguardo in alto, come se da un momento all’altro potessi vedere qualcuno scendere dal cielo… Che non c’è.
Mi accorgo che sopra di me non vi è nulla.
Inquietante.
Cos’è che mi ha detto, quella voce? Deve farmi vedere qualcosa?
“Va bene” mi limito a rispondere, e immediatamente mi ritrovo catapultata in un grande spazio d’erba ricoperto di fiori colorati e arbusti di ogni tipo. Mi sembra di scorgere anche un laghetto, più in fondo.
Sarà il paradiso?
Resto ferma, in attesa che la voce mi dica cosa fare.
“Allora?” chiedo.
“Osserva”
“Osservare cosa? Non c’è nessuno qui!”

Dato che non sento più nulla, tanto vale che mi dia da fare.
Inizio a camminare e a guardarmi intorno. Piante, alberi fiori… Ma non finisce mai questo giardino? Vedo il laghetto di prima e decido di avvicinarmi. Mi sporgo leggermente in avanti e rimango di sasso quando mi accorgo che l'acqua non riflette la mia immagine.
Che sciocca, è normale. Qui sono solo un'anima vagante.
Almeno credo.
Continuo ad andare avanti ma non riesco a trovare nulla che possa suscitare un pò di interesse o curiosità.
"Cos'è che dovrei osservare?"
Nessuna risposta.
"Ehi!"
Passano alcuni istanti in cui sento crescere in me dell'impazienza, poi finalmente la voce si degna di rispondermi.
"E' cieco"
"Cosa? Che stai dicendo?" questo presunto Dio femmina è un pò fuori di testa.
"Il tuo cuore. E' cieco." dice, pacata. "Lo è sempre stato" aggiunge.
Benché non riesca a capire, quella frase mi colpisce. Ma faccio finta di nulla.
"Guarda alla tua destra. La quercia accanto a te"
Mi volto verso l'albero e lo guardo. "Beh?"
"Il ramoscello. Guarda sul ramoscello."
Faccio ciò che dice. Avvicinandomi strizzo un pò gli occhi per focalizzare meglio il punto che mi è stato indicato.
E vedo una farfalla.
Una farfalla bianca.
"Senti, non mi sono mai piaciuti i giri di parole." dico, esasperata. "E' una semplice farf..." ma la voce mi blocca prima che possa finire la frase. "Sì, è una semplice farfalla. Un piccolo insetto a cui nessuno fa caso. Guardala"
Torno a osservarla e il mio cuore sussulta.
Ha le ali spezzate, trema, ma cerca di reggersi sulle esili zampette e di non cadere giù dal ramo.
"Hai visto? Sta lottando. E sai per cosa?"
Non rispondo, il mio sguardo resta fisso sull'animaletto.
"Per vivere. Lotta con tutta se stessa per rimanere in vita. Sai qual'è il suo ciclo di vita? Prima c'è l'uovo, poi il bruco, la crisalide e infine nasce la farfalla vera e propria. Tremendamente faticoso, non credi? E ora dimmi, sai quant'è la durata della sua vita?" dal tono della voce non traspare alcuna emozione.
"Il massimo... è una settimana" rispondo, roca. L'avevo letto su un libro quando ero piccola.
"Proprio così. Una settimana. Ma lei, ignara di questo, ce la sta mettendo tutta."
Poi la voce scompare di nuovo, e resto sola con la farfalla. Quando mi volto verso di lei però... Non c'è più. Guardo intorno... E la trovo là. Per terra, nell'erba. Senza vita.
Improvvisamente mi trovo catapultata in una stradina di una città sconosciuta.
Che succede? Sto sognando?
"Questa è una qualunque città del mondo" dice una voce di ragazza.
Ah, allora era tutto vero!
"Ora apri gli occhi. Gli occhi del tuo cuore."
A quella frase sento un brivido dietro la schiena. Mi metto in cammino, non so per dove, e mi lascio trasportare dalle gambe.
La gente intorno a me sembra non accorgersi di nulla. Forse non mi vedono. Anzi, è sicuramente così.
Ad un certo punto mi fermo davanti a un vicolo stretto e buio, dove decido di entrare.
Lì, in mezzo alla spazzatura si trova una piccola scatola di cartone malridotta.
Mi ci avvicino e la apro.
Dentro c'è un gatto randagio, vecchio e sporco.
Anche lui sembra non notare la mia presenza. Annusa un pò in giro, poi esce piano dalla scatola e inizia a leccare una spina di pesce lì vicino.
"Questo gatto ha sempre vissuto qui, da quando è nato. E, come vedi, è costretto ad una dieta ormai da troppo tempo forzata..."
Vedendolo leccare avidamente quel pezzo di osso, provo una pena infinita.
Ad un tratto da dietro di me arriva una vecchietta, coi capelli bianchi e un sorriso gentile sul viso solcato dalle rughe. Si siede accanto all'animale, che subito si accoccola tra le sue gambe.
"Lei invece è una senzatetto. Ogni sera viene a coricarsi qui, vicino al gatto. Non hanno cibo e nulla per coprirsi quando fa freddo. Presto moriranno, ma sono felici."
"Sono felici?"
"Sì. Perchè entrambi hanno donato un pò d'amore all'altro. Esclusi dal mondo, si sono cercati, trovati e accettati."
Quelle parole mi entrano dentro lentamente ma in modo profondo. Doloroso.
Di nuovo lo sfondo cambia e ora mi ritrovo in una casa.
Nel salotto ci sono una mamma, un papà e un bambino.
Il bimbo è seduto su una sedia a rotelle.
"Avvicinati"
Faccio come mi ordina la voce e mi siedo sul divano, accanto alla mamma, ignara della mia presenza.
Stanno discutendo vivacemente in una lingua che però non conosco.
"Questo bambino è affetto da una grave malattia. Nonostante ciò... guarda i suoi occhi"
Mi volto verso di lui e rimango abbagliata da ciò che mostrano le sue iridi luminose... Speranza. Per un futuro pieno di sogni da realizzare.
"Proprio così. Ha tanti sogni. Come quello di diventare un pittore. Dice di voler girare il mondo e disegnare tutti i paesaggi esistenti." la voce fa una pausa "Secondo i dottori gli rimangono due mesi di vita."
"I suoi sogni non si realizzeranno mai" rispondo.
"Sì, invece. E sai perchè? Perchè la speranza e la forza d'animo sono la chiave per aprire la porta dei sogni. Al contrario di questo bambino, tu la chiave non la possiedi."
"Io non ho sogni" ribatto, sulla difensiva.
Dopo la mia affermazione, improvvisamente tutto intorno a me sparisce e mi ritrovo in una camera d'ospedale che conosco fin troppo bene. Lì, sul lettino, ci sono io. Sono in coma da tre settimane.
Sento una presenza dietro di me, mi volto... e mi ritrovo davanti un'altra me stessa.
"Tu sei...?"
"Sì, sono la voce che ti ha guidata. Puoi definirmi la tua coscienza, se vuoi."
"Io... Devo andare, adesso. Riportami al precipizio."
L'altra me sembra non aver sentito e si avvicina al lettino dove sto dormendo da molto tempo.
"Guarda." dice, indicando il mio viso immobile poggiato sul cuscino "L'elettrocardiogramma dice che sei ancora viva. Ma la tua espressione..."
"E' morta." mi ritrovo a concludere la frase.
"Perchè vuoi morire?"
"Lo sai."
"Pensi che la tua esistenza sia vuota e non dai valore a nulla."
Non rispondo.
"Credi di avere il diritto di morire per questo?" il suo tono è talmente autoritario da incutermi timore.
"Io ho..."
"Hai diciassette anni. La vita per te non è ancora iniziata."
I battiti del mio cuore segnati sull'apparecchio elettronico iniziano improvvisamente a diminuire.
"Il bambino, la barbona e il gatto, la farfalla... Loro volevano vivere."
"Non mi importa niente!" mento.
"Non sai cosa ti riserverà il futuro."
Tum. Il cuore si ferma qualche istante. Fisso terrorizzata la macchina.
Riprende a battere.
"Fammi vedere la tua forza di volontà."
E' l'ultima frase che sento.
Il mio cuore è troppo debole, ormai.
Sullo schermo dell'elettrocardiogramma le linee verticali scompaiono definitivamente, lasciando il posto ad una sola, lunga, orizzontale.

"Hai perso."
 
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