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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Videogiochi
Dalla Serie: Kingdom Hearts
Titolo Fanfic: YOU ARE MY WISH
Genere: Sentimentale, Drammatico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, Shounen Ai
Autore: axel-sora galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 24/05/2007 21:43:50

"Qual'è... il tuo desiderio?" "Vorrei passare questa intera giornata con te"
 
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- Capitolo 1° -

Buongiorno a tutti ^O^
Qui è Sora che è tornata a torturarvi con una sua ff XD
Non voglio tenervi qui 5 ore con il commento iniziale, quindi passo a dire le cose importanti *___*
Questa è un'altra delle mie ff in cui apparentemente non succede nulla... beh, un po' è così... ho voluto solo esprimere dei sentimenti e delle sensazioni, che spero possano arrivare anche a voi.
Poi... dedico questa ff alla mia Riku, senza la quale non avrei scritto ciò che state per leggere ^___^ Se vi state chiedendo il perché... ecco la spiegazione: l'idea per questa storia è nata da un discorso in msn che abbiamo fatto taaaaaaaaanto tempo fa... ^___^ e poi comunque... gliela dedico perché è la mia Riku u__u XD
Inoltre ringrazio tantissimo Axeluccia che sopporta sempre le mie ff e che mi ha fatto tornare l'ispirazione perduta con la sua graziosa minaccia di scrivere una Xaldin X Sora *___* XD Grazie Axeluccia, senza di te sarei perduta çOç ç***ç
Un ultimo avviso... come per Sin Harvest, non aspettatevi Riku e Sora buoni e angiolettosi XD
Mi scuso in anticipo per come sarà questa ff ç_____ç
Bene, ora che ho detto tutto quello che dovevo dire... lascio chiunque voglia continuare augurandogli buona lettura ^O^

***


“Qual è… il tuo desiderio?”.
“Vorrei passare questa intera giornata con te”.


YOU ARE MY WISH


“Sora, stai uscendo?”.
“Sì, mamma! Devo vedermi con Riku!”, rispose il ragazzo, mentre seduto sullo scalino davanti alla porta d’ingresso finiva di mettersi le scarpe.
“Quando tornerai?”, chiese di nuovo la donna, comparendo sull’uscio della cucina.
“Questa sera. Gli ho promesso… gli ho promesso che avremmo passato insieme questa giornata”, disse, senza staccare gli occhi da terra, un istante prima di alzarsi.
“D’accordo! Mi raccomando, divertitevi!”.
“Grazie mamma!”, esclamò Sora, voltandosi verso di lei e regalandole un sorriso dolcissimo.
Uscì di casa; per la prima volta nella sua vita era in orario ad un appuntamento, e di certo l’amico si sarebbe dovuto stupire non poco di questo evento eccezionale. Forse poteva riuscire ad arrivare anche prima di lui, accelerando un po’ il passo… se così fosse accaduto, si sarebbe sentito la persona più realizzata di tutto il mondo.
“Ehi Sora, buongiorno!”.
Il moretto ricambiò il saluto dell’amico con un sorriso: non era riuscito nel suo intento… eppure, quella volta, quasi ci aveva creduto.
“Buongiorno Riku! Sei pronto a partire?”, gli domandò, entusiasta, mentre gli si avvicinava.
“Certamente! Ora manca solo da stabilire la meta…”, fece notare il più grande, scendendo dal ramo su cui si era seduto ad aspettare.
Il viso di Sora fu illuminato da un sorriso furbetto. “Abbiamo tutta la giornata e la Gummiship a nostra disposizione… che ne dici se scegliamo due mete a testa, senza dire nulla all’altro? Sarà bello anche l’effetto sorpresa!”, propose, tutto gongolante per la bellissima idea che aveva appena avuto.
“Effetto a sorpresa accordato…! Ciò che ho imparato in molti anni è che bisogna sempre assecondare le tue idee”, lo prese in giro il ragazzo dai capelli argentati, volgendogli le spalle per avvicinarsi al loro mezzo di trasporto.
“Cosa avresti imparato tu, in molti anni?”, chiese Sora in tono indagatore, seguendolo.
L’altro lo ignorò appositamente e, rivolgendogli un cenno con la mano, disse: “Scegli tu per primo!”.
“Ehi, rispondimi!”, esclamò ancora il più piccolo, mentre con l’amico entrava all’interno della Gummiship. Riku ovviamente non gli rispose… e i due continuarono a punzecchiarsi per la durata dell’intero viaggio, che li portò nel primo Mondo scelto da Sora.

“Tra tutti i Mondi… non avrei mai pensato che mi avresti portato in questo posto”.
“Sai, è che… volevo vedere come saresti stato qui”.
Riku si guardò tutt’intorno, scorgendo una rupe lontana da quel terreno brullo in cui si trovavano, pensando che Sora non fosse l’unico a voler vedere che aspetto avesse in quel luogo. Abbassò lo sguardo, incontrando aggraziate, strane estremità ricoperte da un leggero manto argentato. Se quello già gli sembrava una cosa insolita, il sentirsi appoggiato su quattro zampe era una sensazione totalmente… alienante.
Riku guardò Sora, capendo più o meno cosa potesse essergli successo.
Sora guardò Riku, lasciandosi sfuggire un sospiro di ammirazione.
Aveva davanti a sé un giovane leone albino, che lo superava in altezza senza aver però raggiunto le dimensioni di un adulto. Il pelo era liscio e lucente, e la criniera soffice ricadeva morbida ai lati del muso; due grandi occhi di quell’inconfondibile color acquamarina lo stavano fissando. Il corpo era armonioso, le zampe forti ed asciutte, ogni muscolo visibile perfettamente proporzionato.
“Sei di sicuro… più carino di me…”, disse Sora, in tutta sincerità, ammirando l’amico.
Riku mosse qualche passo incerto. “Anche tu non sei male, cucciolo”, esclamò.
Il più piccolo non sapeva se sentirsi lusingato o semi-offeso da quell’affermazione. Scelse un silenzio pensoso, dal quale fu la voce dell’altro a risvegliarlo.
“Sai Sora…”, disse, mentre si sgranchiva le dita delle zampe, “vedere questo paio di zampe… mi incuriosisce un po’… ma non penso che in un posto del genere ci sia uno specchio nel quale possa vedere cosa sono diventato…”.
L’altro ridacchiò a quelle parole, pensando che l’amico risultava leggermente vanitoso come al solito anche in quella veste. “Beh, nella savana di specchi non ce ne sono, come dici tu… ma possiamo raggiungere un piccolo laghetto dove di sicuro potrai specchiarti!”, esclamò, mentre si tratteneva dal concludere la frase con un “dove potrai ammirarti”.
Riku annuì, incuriosito anche dal luogo in cui si trovavano.
“Correre a quattro zampe può essere difficile, la prima volta! Pensi di farcela?”, domandò Sora, contento di avere più esperienza dell’amico in qualcosa.
“Non c’è bisogno che ti preoccupi Sora… fai strada, se ovviamente ti ricordi dove dobbiamo andare”.
Il più piccolo gli lanciò un’occhiata torva, ma senza ribattere si mise a correre per la savana. Riku lo seguì immediatamente, ma dopo pochi metri il loro viaggio appena iniziato fu interrotto a causa di un piccolo incidente.
“Sora… tutto bene?”, chiese Riku, cercando di rimanere serio mentre guardava l’amico che era finito a zampe all’aria dopo essere inciampato probabilmente in uno dei propri arti.
“Non dire una parola, ti prego”, disse l’altro, asciutto, rimettendosi in piedi e cercando di trovare la dignità che aveva appena perso. Si diede una scrollatina, gesto che gli venne totalmente naturale, e, dopo aver dato un’occhiata in giro, ripartì verso la loro meta. In un attimo Riku gli fu accanto, accompagnandolo in quella corsa.
Solo in quel momento Sora lo capì: correre libero, veloce, con il vento che lo ostacolava ma che mai gli avrebbe impedito di andare dove desiderava… era una sensazione che gli era mancata. E quel giorno aveva anche di più… stava vivendo quell’esperienza con il suo migliore amico… avanzavano fianco a fianco, immersi in attimi privi di pensieri, dimentichi di ciò che più li affliggeva… e che in quegli istanti sembrava solamente un brutto sogno.
Percorsero velocemente il tratto di savana che li divideva dalla loro meta, improvvisando a tratti alcune piccole gare di velocità, come spesso avevano fatto quando erano sulla loro isola. Il poter correre su quattro zampe non faceva altro che aumentare l’impegno che mettevano nella loro sfida, come se insieme alla loro velocità fosse aumentata anche la voglia di vincere.
Infine, quasi senza che Sora se ne accorgesse, arrivarono alla piccola oasi. Così preso dalla competizione con Riku non si rese subito conto di essere nel posto che dovevano raggiungere, e fu solo quando rischiò di cadere nel laghetto che si fermò.
“Sembra che siamo arrivati, Riku!”.
“Sembra…?”.
“Cioè, siamo arrivati!”, disse il leoncino bruno, esibendo un grande sorriso.
Riku preferì non approfondire il discorso, e dando le spalle al moretto si specchiò sulla superficie trasparente. Ora che vedeva anche se stesso in quella forma non aveva più dubbi… era un leone come l’amico. Per quanto la cosa potesse sembrare assurda, aveva imparato che tutto poteva accadere… anche trovarsi con un paio di zampe al posto della mani. E riuscire a ruggire in modo convincente, non dimentichiamolo.
“Sora, sai che hai ragione…? Penso di essere davvero più carino di te…”, mormorò, non staccando gli occhi dalla sua immagine in acqua, per prendere in giro l’amico. Non ricevendo risposta, però, si voltò: si guardò un attimo intorno, ma di Sora non c’era nemmeno l’ombra. Girò per l’oasi, solo alcuni attimi, e trovò l’altro vicino ad un cespuglio che annusava scettico alcune bacche rosse dall’aria appetitosa.
“Sora…”.
“Riku, secondo te sono buone…?”.
“Io non mi fiderei molto a mang-… Sora, mi spieghi perché prima mi chiedi un consiglio se poi fai di testa tua?”, concluse, scuotendo la testa sconsolato.
Il leoncino, in tutta risposta, lo guardò mentre masticava le due bacche che aveva preso.
Riku attese, sapendo che presto Sora lo avrebbe reso partecipe della sua trovata culinaria.
“Sono… sono… amarissime!”, piagnucolò, mentre continuava a masticare schifato con espressioni davvero buffe.
Il leone albino lo guardò, dapprima serio, poi si lasciò scappare un risolino.
“Riku, non ridere!”, lo minacciò l’altro, ma queste sue parole non fecero altro che rappresentare la ciliegina sulla torta… Riku scoppiò a ridere, voltando lo sguardo verso il cespuglio, perché sapeva che se avesse continuato a guardare il musino contrariato e comico di Sora non avrebbe più smesso.
Sora ringhiò, un ringhio che però non aveva alcuna cattiveria, ma che risultò più carico di tenerezza che altro. Visto quell’insuccesso, decise di giocarsi l’ultima carta: con un balzo leggero saltò addosso a Riku, buttandolo a terra, e passando poi a mordicchiargli un orecchio.
“Vuoi giocare alla lotta, cucciolo…?”, gli domandò il più grande, con espressione furba.
L’altro non rispose, e nemmeno accennò a staccarsi dal suo orecchio: quel comportamento per Riku era più che valido come risposta… in un attimo passò al contrattacco, buttando Sora di lato per poi rialzarsi e guardarlo con espressione di sfida.
Nemmeno loro si resero conto di quanto tempo passò mentre si rincorrevano, si tendevano agguati, lottavano e riprendevano fiato per un nuovo attacco… entrambi erano rapidi, ma la differenza era tutta nella tecnica: mentre Riku era un perfetto predatore, Sora attaccava seguendo più l’istinto che altro, creando situazioni così buffe che non potevano non far sorridere l’amico.
Alla fine, dopo l’ennesimo assalto del moretto, i due si lasciarono cadere tra l’erba, ansimanti.
“Non sei male come leoncino, Sora”, esclamò il più grande.
“Neppure tu… sai, avevo sempre desiderato lottare contro di te senza farmi troppo male. Dovevo pensare prima a portarti qui… sì sì…”, commentò l’altro, pronunciando le ultime parole con fare pensoso.
“Sei indescrivibile…”, disse Riku, sorridendo.
Una leggera brezza si alzò, portando sollievo ai due leoni. Rimasero alcuni minuti a godere di quell’atmosfera, riprendendosi in brevissimo tempo dallo scontro giocoso a cui avevano appena partecipato.
“Riku, ti va se facciamo a gara a chi arriva primo alla Gummiship, per partire per la nostra prossima meta?”.
“Tu non ti stanchi mai, vero Sora?”.
“No”, rispose il moretto, accompagnando la negazione con un grande sorriso.
“D’accordo… accetto la sfida, come sempre”.
Così i due leoni ripresero la corsa, che alla fine fecero fianco a fianco perché nessuno dei due voleva realmente vincere quella gara, ma desideravano solamente condividere quel momento di totale libertà che stavano vivendo… mentre la Gummiship si avvicinava, pronta a condurli un passo avanti nella loro giornata.

“Io sono l’unica persona che potrà mai ucciderti”.

“Il mio cuore è così cambiato dall’ultima volta in cui sono stato qui… desideravo rivedere questo posto per poter sostituire ogni ricordo ad esso legato”.
I due giovani, appena scesi dalla Gummiship, si erano fermati sulla strada ciottolosa che conduceva al piccolo borgo.
“Radiant Garden”, mormorò Sora e se stesso, osservando le case poco lontane.
“Hollow Bastion…”, sussurrò Riku, abbassando lo sguardo.
L’amico lo guardò: sapeva benissimo che cosa affliggeva il ragazzo dai capelli argentati… aveva dovuto vivere in quel luogo, quando si trovava sotto l’influenza di Ansem, lì il suo cuore aveva lottato contro le tenebre che ad ogni costo volevano trascinarlo con loro; ad Hollow Bastion i due amici si erano ritrovati e affrontati, in una spietata rivalità che non avrebbero mai più voluto sperimentare.
Sora attese; capiva che avrebbe dovuto essere Riku a fare la prima mossa, ora che si trovavano nel luogo dei suoi ricordi più odiati.
Il più grande aspettò ancora qualche attimo, poi si mosse in direzione del centro abitato. “Il castello è stato distrutto…”, disse, abbozzando un sorriso per Sora: vedeva che l’amico si stava preoccupando per lui, e trovò che rassicurarlo con quel semplice gesto fosse la cosa migliore da fare.
“Già, ma… per fortuna Leon e gli altri lo stanno ricostruendo, per iniziare una nuova era di Radiant Garden! Anch’io sono nel club per la ricostruzione, sai?”, fece il moretto, in un attimo travolto dall’entusiasmo.
Riku lo guardò con un sorrisetto: “Allora cosa ci fai ancora qui? Perché non sei a costruire?”, gli chiese, scherzoso.
“Beh, perché…”. Sora iniziò spedito a rispondere, ma dovette subito bloccarsi siccome non sapeva effettivamente quale spiegazione dare. “Diciamo… diciamo che… sono una specie di membro onorario!”, riuscì a concludere, con rinnovato vigore.
“Membro onorario…?”.
“Sì, o qualcosa del genere…”.
Il giovane dai capelli argentati lo guardò serio, ma dopo un attimo ridacchiò. Sora sorrise, felice di vedere l’amico sereno anche lì, in quel luogo che era stato Hollow Bastion.
“Senti Riku, ti va di andare a vedere come stanno procedendo i lavori?”, domandò.
“Certamente! Fai strada, ti seguo”, rispose l’altro, sorridendo.
I due si incamminarono; raggiunsero e attraversarono il piccolo centro abitato, passando davanti alla casa di Merlino che trovarono vuota. Si diressero verso il passaggio che conduceva al castello, ma delle voci provenienti da poco lontano li fecero deviare dal loro percorso originario.
“Yuffie, se continui a scappare da Leon non vi allenerete mai”, stava dicendo una voce affabile.
“Ma combattere contro di lui è sleale!”, mugolò una vocina vivace.
Sora guardò Riku e gli fece cenno di seguirlo; svoltarono un angolo, e il moretto si trovò davanti alle tre persone che aveva immaginato.
“Sora! Era ora che venissi a trovarci!”, urlò felice Yuffie salutandolo con una mano, correndo poi verso di lui. Leon, in piedi al suo fianco, sorrise e si avvicinò al ragazzo, seguito da Aerith.
“Buongiorno ragazzi!”, salutò il moretto quando si furono tutti riuniti.
Per alcuni istanti cadde un silenzio imbarazzante, in cui gli sguardi di ognuno fecero almeno una volta il giro di tutti i presenti. Sora sembrava l’unico a non aver capito quale fosse la situazione, ma in un istante si illuminò: “Ragazzi vi presento Riku!”, esclamò infine, indicando l’amico con un grande sorriso.
Yuffie fu la prima a parlare: “Finalmente ti sei deciso a portarlo qui! Eravamo molto curiosi di conoscerlo, sai?”.
Riku guardò Sora, chiedendosi che cosa l’amico potesse aver detto o fatto per averlo reso così famoso, ma il moretto rimase paralizzato guardando la ninja. Probabilmente, pensò il ragazzo dai capelli argentati, doveva aver intuito quelle domande che gli ronzavano in testa.
Leon e Aerith, fortunatamente, si limitarono a presentarsi senza commenti troppo vivaci com’era accaduto poco prima, cosa che si rivelò gradita a tutti.
“Allora, come procedono i lavori?”, domandò Sora.
“Procedono molto bene! Presto Radiant Garden acquisterà un nuovo splendore”, rispose Aerith, sorridendo dolcemente.
Il moretto ricambiò il sorriso, poi si rivolse a Yuffie: “Come mai prima ti abbiamo sentita così contrariata?”, le domandò, incuriosito e al contempo divertito.
“Io e Leon ci stavamo allenando ma… lui non è leale!”, spiegò lei.
“Non sono leale…?”, disse Leon, inarcando un sopracciglio.
“Sì, sei troppo forte!”, ribatté la piccola ninja.
“E per questo non sarei leale…?”.
Sora ridacchiò, divertito da quello scambio di battute. Yuffie, rimasta per un attimo senza parole, guardò prima il ragazzino, poi il suo compagno di allenamenti. “Oh, mi sa che è ora di andare, Merlino mi starà aspettando! Sora, potresti allenarti tu con Leon! Riku è stato un piacere conoscerti! Mi raccomando tornate presto!”, esclamò alla velocità della luce, quasi senza respirare, mentre sgattaiolava via probabilmente senza sapere bene dove doveva andare.
“Che tipo…”, mormorò Leon, sorridendo.
“È adorabile!”, commentò la ragazza rimasta, incrociando le braccia ed appoggiandosi ad un muro.
Riku e Sora, dal canto loro, non fecero commenti: si stavano ancora domandando se la ninja fosse davvero sparita in quel modo, o se fosse stata solamente un’illusione ottica.
“Beh, la proposta di Yuffie non mi sembra tanto male, però”, disse Aerith, rivolgendosi al ragazzino.
Sora si riscosse dai suoi pensieri, e in un istante sul suo volto si dipinse un’espressione di raggiante impazienza. Si rivolse all’amico al suo fianco: “Riku, posso allenarmi un po’ con Leon? Posso posso posso?”.
“Come potrei dirti di no se me lo chiedi così? Vai pure”, rispose il giovane con un sorriso.
In meno di un secondo Sora stava già correndo verso lo spazio vuoto seguito dal suo avversario, mentre tra le mani gli compariva il Keyblade.
I due sfidanti iniziarono l’allenamento, mentre i due rimasti presero posto lì vicino ad osservarli.
Passarono alcuni minuti: “E così tu sei Riku… sai, Sora ci ha parlato molto di te”, disse ad un tratto Aerith, in tono gentile.
Sora schivò abilmente un attacco di Leon.
Riku non si voltò verso la ragazza, ma rimase fisso ad osservare il combattimento. “Sora è sempre il solito…”, disse dopo un attimo, non sapendo che cosa fosse più giusto risponderle.
In un attimo di distrazione, Sora venne colpito di piatto dal Gunblade di Leon. Passò un istante di silenzio, poi il moretto puntò un dito accusatorio contro il suo avversario e piagnucolò, rivolto al loro pubblico: “Riku, Leon mi ha fatto male! Dovresti difendermi!”.
Attimo carico di significato; l’allenamento ricominciò.
“…Che bambino…”, mormorò Riku, sorridendo mentre guardava dolcemente l’amico che aveva ripreso a combattere con lo spirito di prima.
Aerith lo guardò, lasciandosi sfuggire un lieve sorriso. “Quella che vi lega dev’essere una bellissima amicizia”, disse, riportando gli occhi sul combattimento.
Il giovane accanto a lei abbassò lo sguardo, come se non avesse più il coraggio di guardare la ragazza in viso. “Già…”, ammise a voce bassa, dopo alcuni attimi, “una bellissima amicizia… alla quale si preferirebbe la morte, se si osasse anche solo deturparla…”.
Sora e Leon si scambiarono un altro paio di attacchi, ma nessuno di quelli andò a segno.
“Riku…”, mormorò Aerith con gli occhi posati sul suo interlocutore, e una leggera nota di preoccupazione nella voce. Nemmeno lei sapeva perché, ma quelle parole l’avevano turbata.
“Basta non essere così stupidi da rovinare un’amicizia di questo tipo”, disse il giovane, sorridendo alla ragazza. “Basta non credere in qualcosa che non deve esserci…”.
“Rikuuuuu!”.
I due spettatori si voltarono verso Sora, che stava agitando un braccio in aria per chiamare l’amico. Il ragazzo più grande si diresse verso di lui, silenzioso, mentre Aerith lo guardava allontanarsi con sguardo penetrante. Osservò i due ragazzi dire qualcosa a Leon, scherzare tra di loro… mentre le parole di Riku non la abbandonavano.
“…quindi ripartite subito?”, stava chiedendo Leon, dopo che i tre avevano raggiunto la giovane. Quest’ultima si riscosse finalmente dai suoi pensieri, e ricominciò a prestare attenzione a ciò che gli altri si stavano dicendo.
“Sì, ormai sì è fatto tardi! Ci spiace davvero molto!”, rispose Sora.
Aerith lanciò una fugace occhiata a Riku, poi domandò: “Già ve ne andate…?”.
“Sì… vi chiediamo perdono!”, disse il moretto.
“Non preoccupatevi”, li rassicurò la giovane, “ma prometteteci che tornerete presto a trovarci!”.
“Contaci”, fu la risposta di Sora, che sorrise dolcemente.
Il gruppetto rimase ancora alcuni minuti a parlare, poi Riku e Sora si allontanarono. Si aggirarono ancora un po’ per Radiant Garden, per vedere ciò che era stato distrutto e ciò che stava venendo ricostruito; alla fine, in tacito accordo, si diressero verso la Gummiship per la terza meta del loro viaggio. Camminavano fianco a fianco, senza guardarsi, con lo sguardo basso.
“Non è da te promettere qualcosa che sai non potrai mantenere, Sora…”.
Il moretto non si voltò, e sorrise tristemente: “Forse… un po’ sono cambiato…”.

“Prima della fine… mi permetteresti di esprimere un ultimo desiderio?”.

Alle loro spalle si trovavano le porte della grande città, da cui proveniva un animato vociare della folla che l’abitava. Davanti a loro, invece, c’era il deserto sconfinato, silenzioso, dentro al quale qualsiasi suono si perdeva e si dissolveva quasi fosse un timido respiro.
Riku osservò le imponenti mura di Agrabah, vicino alle quali Sora aveva fermato la Gummiship; guardò poi il moretto con aria incuriosita, chiedendosi che cosa avesse in mente l’amico per la terza meta della giornata.
Il ragazzino sembrò non accorgersi di quello sguardo, o forse lo ignorò appositamente; iniziò invece ad aggirarsi nei dintorni, come se fosse alla ricerca di qualcosa… e forse lo era davvero. Ma cosa poteva voler trovare in mezzo a qualche palma e a chilometri di sabbia?
“Di solito gira qui da queste parti…”, mormorò il moretto, meditabondo, aguzzando di tanto in tanto la vista mentre rivolgeva lo sguardo all’orizzonte lontano.
Il più grande, ancora più incuriosito da quel comportamento, aveva da poco iniziato a seguire gli spostamenti dell’altro in silenzio, fermandosi anche lui quando Sora si fermava, quasi che fosse diventato la sua ombra. Probabilmente quella situazione lo divertiva.
Il più piccolo fece qualche altro passo, e Riku lo seguì. Poi si fermò, e Riku fece lo stesso. Dopo un paio di minuti si voltò verso l’amico che lo stava pedinando, e gli lanciò un’occhiata non ben definita. Alla fine si voltò di nuovo e, inaspettatamente, gridò: “TAPPETOOOOOOOOOOOOO!”.
Non si può negare che Riku si spaventò, e subito dopo si preoccupò che quel caldo avesse in così breve tempo minato la salute mentale di Sora. Il ragazzino, come se avesse intuito il timore dell’amico, gli rivolse un sorriso smagliante.
“Vedrai che tra poco arriverà, Riku!”, gli disse.
“Di cosa stai parlando…?”.
Il moretto alzò lo sguardo, attirato da un sibilo leggero che si avvicinava. “Lui!”, esclamò, indicando il tappeto volante che stava atterrando al loro fianco.
Riku osservò l’oggetto che, se avesse avuto gli occhi, si sarebbe potuto dire lo stesse guardando; per concludere il tutto, il tappeto mosse un proprio angolino in segno di saluto. Il ragazzo più grande, con un sopracciglio inarcato, fece lo stesso con una mano.
“Tappeto!”, esclamò d’un tratto Sora, buttandosi sopra il tappeto volante, in quello che avrebbe dovuto essere un abbraccio; il tappeto lo sostenne, sospeso a pochi centimetri dal terreno.
“Tappeto… ci porteresti a fare un piccolo giro?”, gli chiese infine; il suo interlocutore fece un piccolo movimento con il proprio bordo superiore, che probabilmente rappresentava una risposta affermativa.
“Riku… ti andrebbe di fare un giro?”.
“Dovremmo volare su di lui…?”, domandò Riku, indicando il tappeto. Non l’avrebbe mai ammesso con Sora, ma l’idea di poter volare su un tappeto lo attirava non poco. L’amico gli sorrise, facendo cenno di sì con la testa. “Beh, se mi dici che per te non è la prima volta che voli con lui, come penso di aver capito… allora accetto”, concluse il ragazzo dai capelli argentati, non dimostrandosi troppo entusiasta; sapeva comunque che Sora era in grado di capire cosa nascondevano i suoi atteggiamenti, e che avrebbe quindi intuito quanto quella sua proposta gli avesse fatto piacere.
Presero posto sul tappeto e, non appena furono pronti, il loro speciale mezzo di trasporto si alzò in aria. La prima cosa che poterono ammirare fu la città, così grande vista da terra, così vasta ammirata da lassù. Le tende dei mercanti, dei piccoli quadratini colorati, spiccavano nelle piazze e tra le case; il palazzo del sultano era enorme, bellissimo e luminoso, con il sole pomeridiano che si rifletteva nelle cupole dorate.
“Il cielo è stupendo, quassù… un azzurro così intenso, senza nemmeno una nuvola…”, commentò Sora, pervaso da un enorme senso di pace, chiudendo per alcuni istanti gli occhi e inspirando profondamente.
Riku sorrise, e guardò sotto di sé: il tappeto li stava portando ora sul deserto, su quell’infinito susseguirsi di morbide onde di sabbia e di rare macchie di verde increspato.
“Sai Sora… sarebbe bello un giorno poter visitare insieme anche il deserto… vagare tra le sue dune, fermarsi nelle sue oasi… poter stare in mezzo ad una natura così inospitale è una sfida che mi piacerebbe vivere…”.
Nelle parole che Riku aveva appena pronunciato si nascondeva un desiderio ricco di malinconia, che nessuno sarebbe riuscito a cogliere; l’impercettibile nota di rassegnazione celata nel suo tono di voce non sfuggì però a Sora, che sentì come se il suo cuore avesse pulsato per un istante sangue a vuoto.
Seguì un breve attimo di silenzio, rotto solo dal rumore del vento che veniva tagliato dal loro incedere.
“Lo sai che non potremo farlo…”, mormorò alla fine il moretto, con lo sguardo fisso in un punto lontano nel cielo.
Un sorriso spontaneo comparve sul viso di Riku, sereno e terribilmente afflitto allo stesso tempo. “Lo so…”, ammise.
Sotto di loro le dune si susseguivano, tutte uguali ma tutte diverse; passarono anche sopra la zona in cui era sprofondata la Caverna delle Meraviglie, che manteneva ancora il maestoso ricordo di ciò che aveva ospitato un tempo.
Nessuna voce si era più levata, in tutto quel tempo; solo quando il sole iniziò ad avvicinarsi alla linea dell’orizzonte, Sora parve recuperare lo spirito che sembrava essersi assopito. “È un peccato non poter vedere il tramonto da quassù, ma dobbiamo tornare alla Gummiship se non vogliamo che si faccia troppo tardi”, disse.
“Hai ragione. In più che ora tocca a me scegliere la meta… per l’ultima volta…”, esclamò il ragazzo dai capelli argentati.
Sora lo guardò.
“Sono certo che ti piacerà…”, lo rassicurò Riku mentre il tappeto volante riprendeva la via del ritorno, facendo dir loro addio a quell’interminabile e dorata distesa di sogni.

“Certo”.

“Allora? Sei sorpreso?”.
Sora si voltò verso l’amico, mentre scendevano dalla Gummiship. Intorno a loro c’erano gli alberi che ben conoscevano, il loro mare, l’isoletta che apparteneva solo a loro.
“Ho pensato che questo fosse il luogo più adatto come ultima meta della giornata…”, disse ancora Riku, vedendo che l’altro non accennava a rispondergli.
Il moretto fece qualche passo sulla spiaggia, poi una breve corsa verso la casetta di legno che usavano come loro rifugio. Si girò in direzione del ragazzo dai capelli argentati, sorridendogli, facendogli cenno con la mano di raggiungerlo. “Sono d’accordo con te… non avrei pensato potesse esserci luogo migliore”, gli disse, quando furono di nuovo vicini.
“Passiamo sempre meno tempo qui…”, esclamò Riku, con lieve tristezza.
“Ormai siamo cresciuti, e sembra sempre di avere così poco tempo per fare tutto…”, gli rispose l’altro, guardandolo malinconico.
Gli occhi acquamarina si persero per un istante nella tristezza di quelli celesti, una tristezza dalla quale gli sembrò quasi impossibile sfuggire; riuscì infine a distaccare lo sguardo dall’amico per posarlo su tutto l’orizzonte, inspirando profondamente l’aria salmastra che sentiva sulla pelle, nei polmoni, che li avvolgeva completamente.
Sora, istintivamente, seguì lo sguardo dell’altro andando ad ammirare tutta la loro isoletta, silenziosa e vuota.
“Ti va di fare un giro, Sora…?”, domandò il più grande dopo alcuni attimi, sorridendo con dolcezza. L’amico annuì, sereno, ed insieme iniziarono a percorrere il lungomare.
Tutto ciò che vedevano costituiva innumerevoli ricordi della loro infanzia, della loro adolescenza, del loro ritorno a casa dopo tanto tempo; anche senza dirsi nulla quei pensieri avrebbero potuto tener loro compagnia per ore e ore, senza che nessuno dei due avesse potuto sentirsi solo o a disagio.
Arrivarono in un punto della spiaggia in cui una palma si allungava verso il mare; Riku si fermò, dando l’impressione di meditare su qualcosa di davvero importante. L’amico lo guardava, incuriosito, aspettando che gli dicesse il motivo di tale atteggiamento.
“Sora…”, disse finalmente, “questo luogo non ti ricorda il punto preciso dove iniziavamo ogni nostra gara di corsa, che tu puntualmente perdevi?”.
Non c’erano dubbi sul fatto che Riku avesse usato appositamente un tono così candido. Uno dei suoi passatempi preferiti era sempre stato quello di far arrabbiare il moretto, che puntualmente non riusciva a resistere all’impulso di rispondergli di rimando; il più grande trovava adorabile questa cosa.
“Credo proprio che la tua memoria sia un po’ scarsa Riku… non mi pare che tu mi abbia mai battuto”, ribatté prontamente l’amico, guardandolo severamente.
“Dai, lo sai che con me non puoi vincere! Sono sempre il migliore, dopotutto”, si celebrò il ragazzo dai capelli argentati, sfoggiando un sorriso furbetto che lasciava trasparire chiaramente la sua voglia di scherzare.
Sora l’aveva capito, e non si sarebbe tirato indietro in quel gioco.
“Potrei farti l’elenco di ogni cosa in cui ti ho battuto, Riku”.
“Ad esempio? Guarda che il numero di cadute dagli alberi non conta. Lo so che in quello sei un campione”.
Il più piccolo guardò l’amico, con sguardo impassibile. Siccome non trovava un modo per rispondere a dovere, capì che era arrivato il momento di agire: un lampo istantaneo balzò nei suoi occhi, ed un attimo dopo era già saltato addosso a Riku buttandolo a terra.
“Ti ho colto di sorpresa, visto?”, fece Sora, vittorioso.
Riku, steso sulla sabbia, con l’amico sopra di lui, inarcò un sopracciglio. “Pensi ancora di essere un leoncino?”.
Il moretto non fece caso a quella domanda. “Ed ora chi è il migliore?”, chiese, con un sorriso che a prima vista sarebbe sembrato dolce e innocente.
“Sicuramente…”. Riku non terminò la frase: con poca fatica riuscì a togliersi Sora di dosso, buttandolo poi a terra ed invertendo le posizioni. “…io”, concluse infine.
Seguì un attimo di silenzio, animato solo dal continuo sciabordio delle onde.
“…Non è valido!”, piagnucolò alla fine Sora, mentre tentava invano di liberarsi.
“Non è valido il fatto che io sia più forte?”, commentò il più grande, con un sorrisetto.
Il moretto si lasciò sfuggire un mugolio indispettito. “D’accordo, d’accordo, mi arrendo”, disse infine, sconfitto, dopo aver cercato ancora una volta inutilmente di sottrarsi alla presa dell’amico.
Riku sorrise, questa volta non ironicamente, ma colmando la sua espressione di dolcezza; si rialzò, stando attento a non far male al più piccolo, porgendogli poi una mano per rialzarsi. Il moretto accettò l’aiuto, e un attimo dopo era in piedi; senza dire nulla, senza lamentarsi come ci si sarebbe aspettato da lui, fissò lo sguardo alle spalle dell’altro, come se avesse visto qualcosa che avesse catturato immediatamente la sua attenzione. Fu così che anche Riku si voltò, incuriosito…
“Hai visto? Ti ho battuto di nuovo!”, esultò Sora, che per la seconda volta aveva atterrato il ragazzo dai capelli argentati saltandogli addosso a tradimento.
“Ecco, questo non è valido…”, disse Riku, scuotendo la testa rassegnato, senza però far scomparire un sorriso divertito dalle proprie labbra.
“Io dico di no…”.
“Sei proprio un bambino, Sora…”.
“Lo so… non è la prima volta che me lo dici…”.
Già, non era la prima volta… quella situazione, così simile ma allo stesso tempo così diversa, che tornava casualmente e crudelmente nelle loro vite. Tutti e due potevano leggere negli occhi dell’altro che lo stesso pensiero aveva colto entrambi; si guardarono, in silenzio, catturati da quel ricordo, desiderando forse che tutto ciò non stesse accadendo. Fu solo in quell’istante che Sora capì di non aver smesso di ingannarsi, di illudersi, di credere che non tutto fosse distrutto; lo comprese quando, quasi senza rendersi conto di ciò che stava facendo, si sporse sull’altro fino a far arrivare il proprio viso a pochi centimetri da quello dell’amico.
Riku non si era mosso; non lo stava invitando, né lo stava fermando. Lo guardava solo con occhi carichi di dolcezza mista a tristezza, che avrebbero colpito il cuore di chiunque.
Che avevano trafitto duramente il cuore di Sora.
Lentamente il moretto si allontanò, senza staccare gli occhi da quelli dell’altro.
“Lo so che non vuoi…”. Sora si rialzò, voltando lo sguardo, mordendosi un labbro. “Lo so che non vuoi più…”, mormorò ancora, mentre con difficoltà soffocava la rabbia e il dolore che in un attimo lo avevano completamente catturato. Mosse qualche passo verso il mare; Riku rimase immobile a guardarlo, senza alcuna espressione, come se in quel momento non riuscisse a provare alcun sentimento.
“Ci stiamo perdendo un bellissimo tramonto… – Sora si voltò, esibendo un sorriso dolcissimo – sediamoci qui… non lasciamo che questo momento fugga via così…”, concluse sedendosi sulla sabbia, poco lontano dalla battigia. Il giovane dai capelli argentati si alzò ed andò dove gli era stato chiesto; si accomodò anche lui sulla sabbia, ad alcuni passi di distanza dall’amico, regalandogli un sorriso, per poi dare tutta la sua attenzione al cielo e al mare davanti a lui.
Sora fece lo stesso: sembrava che nella sua mente, in quel momento, ci fosse spazio solo per il calore e la profondità di quel tramonto.

“Allora… vorrei trascorrere la mia ultima giornata con te”.

La lama del coltello riluceva di un chiarore rosato, quasi che il sole si volesse specchiare sulla sua superficie.
Riku non aveva staccato gli occhi dal mare; il suo sguardo rimaneva tranquillo, perso nei mille riflessi splendenti tra le onde, come se niente potesse turbarlo.
Sora manteneva lo stesso distacco, soffocando rabbia, frustrazione e tristezza. Soffocando le lacrime che tentavano invano di rigargli il viso. Con la mano libera prese una manciata di sabbia e la strinse, sentendo quei piccoli granellini solleticargli le dita, cercando di sfuggirgli.
“Non voglio vederti piangere… non lo voglio più”.
Il più piccolo sospirò a quelle parole, mentre un sorriso amaro gli compariva sulle labbra.
Il ragazzo dai capelli argentati si alzò, mosse qualche passo in direzione dell’altro e gli si fermò davanti; poi gli porse la mano, gentilmente, invitandolo ad alzarsi. Il moretto lo guardò intensamente, per alcuni istanti, prima di allungare la propria mano tremante a prendere la sua. Riku sentì sul proprio palmo alcuni granelli della sabbia che l’amico aveva raccolto poco prima, la sabbia fine e liscia della loro isola.
I due rimasero fermi ad osservarsi per lunghi attimi, con il solo rumore delle onde a far compagnia ai loro respiri, con il calore del sole come unico elemento che riusciva a farli sentire vivi.
“Voglio poterti tenere tra le braccia, mentre accadrà”, disse infine Riku, sereno, invitando Sora a farsi avvolgere dal suo abbraccio.
Il moretto sospirò impercettibilmente, senza distogliere gli occhi da quelli dell’altro. Poi, senza dire nulla, fece un passo e si ritrovò stretto al corpo dell’altro, in quel contatto che conosceva, che per lui aveva sempre rappresentato l’unica fonte di sicurezza e felicità. Sentiva il profumo dei suoi capelli vicini al proprio viso, l’aria che accarezzava delicatamente la loro pelle, quelle mani così amate sulla sua schiena e sul suo fianco.
Avrebbe sentito la mancanza di tutte quelle sensazioni.
Il coltello penetrò nella carne, andando a fondo, mentre un liquido caldo iniziava a brillare alla luce del sole.
Era il suo turno di prenderlo tra le braccia per non farlo cadere, per tenerlo stretto a sé, per non doverlo guardare negli occhi.
Lo colpì altre volte per spezzare del tutto il suo respiro.
Lo adagiò delicatamente a terra, come se avesse paura di potergli fare ulteriore male.
Si voltò, per non dover vedere l’espressione serena che non lo aveva abbandonato.
Ripensò ai giorni d’inferno che aveva vissuto, alle ore appena trascorse.
Ciò che doveva fare l’aveva fatto: aveva realizzato l’ultimo desiderio di Riku.

“Ed ora che tu non ci sei più… chi esaudirà il mio ultimo desiderio?”.

FINE


***

...<Sora è nascosta in un angolino in qualche parte remota dell'universo>
Ringrazio chiunque sia arrivato fin qui per aver avuto il coraggio di leggere sino in fondo ç_ç Se la fine non vi piace... o anche tutta la ff... vi prego non tiratemi pomodori ç__ç (Ma insalata volendo sì ^O^ NdTurks XD)
Volevo solo dire una cosa... so che probabilmente non si sarà capito molto di cosa può essere successo a Riku e Sora per portarli a ciò che è accaduto... ma preferisco che sia così ^___^ Io una mezza idea ce l'ho, ma lascio alla fantasia dei lettori XD
Ancora un grandissimo grazie a tutti ^________^

Sora



 
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