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Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: DANCING IN A FAIRY CIRCLE
Genere: Sentimentale, Commedia
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: rekishi galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 06/05/2007 12:07:35

Spaccato sull'infanzia di Lily e James, pre-Hogwarts.Fanfiction vincitrice del concorso Rest in Peace.
 
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CAPITOLO UNICO
- Capitolo 1° -

Allora, questa è la mia prima fic su Harry Potter, scritta per il concorso "Rest in peace" indetto da Gattaitaly.
Un esperimento che ha dato i suoi frutti a quanto pare, visto che i giudici sono stati così gentili da assegnargli il primo posto.
Quindi, un grazie a tutta la giuria.
E alla mamma, che si è subita tutta la trafila per la scelta del titolo XD!
Buona lettura.





«I tuoi capelli sono troppo rossi.»
«I tuoi occhi sono troppo verdi.»
«Tu, sei troppo strana.»

Rose scarlatte.
Purpuree.
Il giardino ne era pieno.
Spesso, Lily Evans, si era paragonata a quei fiori.
Capelli rossi come i petali, occhi verdi come le foglie seghettate.
Piena di spine, tanto da non poter essere colta.
Distante dal mondo.
Troppo bella e orgogliosa per rientrare nel reale.

«Tu sei troppo vivace.»
«Tu sei troppo dispettoso.»
«Tu, sei troppo strano.»


Api.
Ronzanti.
Il giardino ne era pieno.
Spesso, James Potter, si era paragonato a quegli insetti.
Grande esploratore del mondo, fastidioso come il loro ronzio.
Pungente, sarcastico, ironico, tanto da risultare antipatico.
Distante dal mondo.
Troppo sagace e orgoglioso, per smettere di volare.

…………

Kensington Garden è il parco più magico di Londra.
Ben lo descriveva lo scrittore James Mattew Barrie nel suo libro “Peter Pan”.
Fate e folletti sono gli abitanti di quei luoghi.
Durante le notti di luna piena, danzano sotto le querce levando inni alle stelle.
Il parco si riempie di magia e guai agli umani che si avventurano nei giardini dopo l’orario di chiusura! Rischiano di rimanere imprigionati nel loro cerchio ed essere costretti a danzare fino allo sfinimento.
I maghi sanno bene di non doversi avvicinare al luogo in cui si riuniscono le fate, anche se molti di loro tendono ad accettare sfide di coraggio che concernono proprio l’incontro con questi esseri magici.
Specie quando questi maghi sono giovani, stupidi, avventati e si chiamano James Potter.

Era una notte estiva, di luna piena.
Selene irradiava il parco di ombre cupe, dai contorni misteriosi.
Animali d’ombra danzavano sul sentiero pieno di ghiaia che delimitava il confine con l’erba.
La statua di Peter Pan, ragazzo-folletto, osservava con aria beffarda l’incauto visitatore del giardino.
Se il suo flauto di bronzo avesse potuto intonare una melodia, sarebbe stata uno stacchetto allegro e divertente, come in “Pierino e il Lupo”.
O, forse, una marcia funebre, visto che il ragazzo procedeva spedito verso le querce.
Stupido, stupido, stupidissimo umano.
Come pensi di venir fuori dal cerchio delle fate?
Gli occhi nocciola di James Potter, scrutavano vivaci e arroganti il parco.
Un’altra atmosfera, rispetto a quella suscitata dalla luce del sole.
L’erbetta verde su cui di giorno giocava si era fatta bruna e l’odore del taglio fresco, di cui di solito si beava, adesso lo opprimeva.
Dal basso dei suoi dieci anni, James Potter deglutì.
Forse accettare quella stupida sfida non era stata una buona idea.
Ma come tutti i bambini, se non di più, James ponderava le proprie azioni solo dopo averle compiute.
Mettendo in conto una tendenza innata a cacciarsi nei guai e uno sprezzo per il pericolo non indifferente, il bambino dai folti capelli neri come il cielo sopra di lui continuava a camminare lungo il sentiero, illuminato dai flebili raggi della luna piena.
Ed ecco, finalmente, le piccole creature alate danzare.
Fate, folletti e tutti gli altri esponenti del Piccolo Popolo intonavano melodiosi e seducenti canti al satellite.
Creature celate ai raggi del Sole, fiere baccanti a quelli riflessi della Luna.
Danzavano.
Movimenti sinuosi.
Attraenti.
Ammalianti.
Nonostante fosse nato e cresciuto in un mondo dove la magia era la normalità, James non aveva mai percepito il suo flusso forte come allora.
Quegli esseri avevano la magia nelle vene; loro erano magia.
Pura.
La più pura che c’era.
Ormai James non pensava neanche più alla sfida.
Non voleva più neanche catturare la fata.
Voleva solo diventare un membro del Piccolo Popolo.
Voleva ballare con loro.
Voleva essere Danza.
A passi lenti e assorti, il bambino si diresse verso gli esseri magici.
Piccole e tintinnanti fate dagli abiti di fiore e le ali di flebile cristallo cangiante; folletti danzanti dalle orecchie a punta e nasi adunchi.
Stupendi.
Meravigliosi.
Magici.
James mise il piccolo piede nel cerchio dorato.
Incauto come ogni bambino, stupido come ogni umano.
Le fate lo accolsero.
La musica fluì dentro di lui.
Fu Danza e Ubriachezza.
Fu Estasi e Annullamento.
Percepiva il Tutto e si sentiva parte di esso.
Quello era il Piccolo Popolo.
Quella era la vera magia.
James poteva sentire il mondo attorno a sé.
La formica che camminava; il canto del filo d’erba…
Una totalità che lo avrebbe portato alla distruzione, perché lui era parte della magia, ma non era questa.
Ma a volte la Fortuna si toglie la benda e decide di gettare un occhio sulla Terra, aiutando gli audaci e gli impavidi.
«Stolto!»
Una manina infantile bloccò la danza del ragazzo, tirandolo fuori dal cerchio magico.
Il contatto con l’erba bagnata riscosse James dal torpore.
A poco, a poco, gli occhi nocciola si liberarono di quell’apatia e della loro vuotezza, riacquistando vivacità.
Rapido fu l’intravedere nella penombra lunare capelli di fiamma e occhi verdi abbastanza infuocati.
«Sei un idiota! Non si va nei cerchi delle fate!» gridò la bambina, incrociando le braccia con aria da maestrina.
Cosa che James trovò incredibilmente irritante.
«Che ci fai nel parco a quest’ora?»
La ragazzina non gli permise di replicare ai suoi insulti.
Aria decisa, severa.
Era un tipo che non accettava repliche, e si vedeva.
«Potrei farti la stessa domanda.» sbottò James, massaggiandosi la testa.
Gli girava ancora e le gambe gli facevano male.
E quella bambina continuava a fissarlo con aria critica.
Gli occhi verdi che brillavano indispettiti, prima di abbassarsi in un gesto triste.
Le piccole dita intente a tormentare una soffice ciocca di capelli rossi.
Poi, ecco il visetto contrarsi di nuovo in un’espressione corrucciata, stizzita.
«Non sono affari tuoi!»
Strillò, battendo il piedino sul terreno umido.
Mai avrebbe ammesso che voleva catturare un folletto per mostrarlo alla sorella Petunia, così che non le desse della pazza quando le parlava di quegli esseri strani che vedeva ai giardini.
«Beh…neanche tuoi!»
«Ma io non ti ho chiesto niente!»
«No, ma lo hai pensato!»
«Sei antipatico!»
«E tu isterica!»

Le danze si bloccarono; le piccole dame luminose e i loro accompagnatori dalle orecchie appunta e i nasi adunchi osservavano il litigio tra i due bambini.
Sorriseti maliziosi, ghignanti.
Le fate ridono ancora al ricordo di quel battibecco che terminò solo quando i ragazzini, stanchi di urlarsi contro a vicenda, decisero di unire le forze per uscire dal parco.
Naturalmente, anche quella vicenda terminò con una pernacchia e qualche spintone.
James perse la scommessa, tornando senza la sua fata.
Il suo amico, Lucius, lo prese in giro, dandogli del codardo e dell’incapace, colpendo appieno l’orgoglio del bambino.
Da quel giorno, la loro amicizia s’incrinò.
Lily non convinse la sorella dell’esistenza dei folletti se non quando le arrivò una busta di pergamena ingiallita, su cui erano stati tracciati con un elegante corsivo verde, il suo nome e il suo indirizzo.
Circa diciotto anni dopo, un pomeriggio di giugno, una donna dai lunghi capelli rossi camminava lungo il viale di Kensington Garden, tenendo una mano sul pancione.
Il marito, chioma nera scapigliata e sorriso perennemente strafottente, le teneva la mano.
Di tanto in tanto, il verde degli occhi della chioma degli alberi si specchiava nel nocciola del tronco e le loro labbra si piegavano all’insù, radiose.
Le fate, camuffate da fiori, li osservavano ridendo e, adesso, talvolta, conversano con i loro fantasmi.

Il Piccolo Popolo è noto per essere attaccabrighe, superbo, arrogante e dispettoso nei confronti degli uomini.
Eppure, il legame tra loro e gli esseri umani, è sempre vivido.
C’è sempre stata un’attrazione inscindibile tra i due mondi.
Fate, folletti, gnomi, brownie…la magia, non sono altro che i sogni degli uomini che diventano realtà; acquistano consistenza.
Sono i ricettacoli segreti della passione, dell’istinto, del desiderio.
Sono come i bambini.
Magici.
E per chi attraversa i giardini di Kensington con il cuore aperto, per chi è troppo strano per tutti, per chi è troppo orgoglioso per chinare il capo, per chi sa diventare rosa, ape, donna, uomo, genitore, ci sarà sempre, di sottofondo alla sua passeggiata, il risolino divertito del Popolo che, dopo qualche occhiata incuriosita, appena le ombre ricoprono le querce e l’ultimo bambino esce dal parco, riprende a danzare.



 
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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
lilylunapotter - Voto: 25/08/08 12:45
bellissimaaaaaa
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