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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: DragonBall
Titolo Fanfic: 50 MINUTI PER VOLTA
Genere: Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Autore: ellelillololla galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 27/04/2007 00:07:52 (ultimo inserimento: 30/04/07)

le riflessioni di Chichi sulla sua vita...T__T
 
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IL TEMPO CHE HO PER ME
- Capitolo 1° -

Aveva appena finito di riordinare casa, il bucato era steso, quello asciutto stirato, la cena in cottura e la dispensa…vuota.
Prese le chiavi della macchina ed uscì diretta in città, erano da poco passate le quattro, sarebbe arrivata in città in un oretta scarsa, il tempo di svaligiare il superstore e poi di nuovo a casa, a riprendere da dove aveva lasciato.
Così le rimanevano quei cinquanta minuti di viaggio all’andata e al ritorno per pensare alla sua vita, alla sua solitudine e alla sua eterna umiliazione, essere l’ultimo pensiero del suo primo pensiero.
Sospirò rassegnata, quel tempo “suo” era il momento peggiore della giornata, non poteva fare a meno che riflettere, e anche se faceva attenzione alla strada, ai deficienti che non mettevano le frecce e pretendevano la precedenza o superavano sulla linea continua non riusciva a non pensare a lui, che mille e più volte l’aveva abbandonata per inseguire i suoi sogni, i suoi obiettivi, colui che se ne andava, poi tornava dopo mesi, a volte…spesso anni come se fosse passato un giorno e riceveva ogni volta le sue attenzioni, il suo immenso amore e il suo sincero perdono.
Ma era giusto perdonare e sopportare sempre?
Guardò a destra se c’era la via libera prima di mettere la freccia e svoltare al bivio per a città, la sua vita era stata una strada a senso unico, mai aveva avuto altre possibilità, altre vie, altre scelte, e sinceramente mai e aveva volute, lei amava la sua famiglia, amava il suo uomo e i suoi due figli, erano la sua vita e viveva per loro.
Ma era giusto vivere solo per gli altri e mai per se stessi?
Probabilmente no…
Però ogni volta che si riappropriava della sua vita, seppur per cinquanta minuti alla volta era triste, pensava a lui, a ciò che aveva ma che le mancava, si trovava a pensare che solo vivendo per gli altri riusciva a dimenticare il dolore che provava nel vivere solamente per se stessa, e quel no diventava un probabilmente si; era giusto dimenticare i propri sentimenti, sotterrarli in fondo a mille faccende di casa, era giusto dimenticare sensazioni e momenti unici per poter continuare a vivere senza ricordare il dolore dell’averli persi.
Non lo sapeva, non voleva saperlo, aveva paura di scoprire la risposta, che in entrambi i casi non avrebbe accettato, non voleva essere rinchiusa negli schemi del si e del no, almeno questo non doveva succederle, glielo dovevano tutti, glielo doveva il destino, glielo dovevano le sue emozioni e suoi figli, gli amici le circostanze, glielo doveva persino lui, almeno in questo senso voleva essere libera e sola, senza giudizi, senza vicoli o incroci, strada unica ma infinita.
Frenò osservando nel retrovisore la distanza che la separava dal muretto, poi spense la macchina e scese chiudendo la portiera.
Sorrise, il suo tempo per ora era terminato, sarebbe ricominciato al ritorno.
Cercò nella borsa la moneta per il carrello non badando alla lista della spesa che le aveva scritto il minore dei suoi figli, a che serviva, sapeva a memoria cosa serviva, ci era abituata.
Entrò nel grande supermercato e fece il pieno di panini, cereali, paste varie e bibite, la carne non era un problema, i suoi due ometti pescavano e cacciavano ad occhi chiusi.
Uscì poco dopo con il carrello stracolmo di scorte alimentari e si diresse alla macchina.
Si fermò adocchiando un gruppetto di bulli che avevano circondato la sua vettura, non li degnò di attenzione, cercò le chiavi e pigiò il pulsante per l’apertura elettronica, ma i teppisti non si scomposero nel vederla arrivare, anzi si strinsero ancora più all’auto, circondando anche lei.
Con aria indifferente si avvicinò al portabagagli e dopo averlo aperto cominciò a sistemarci dentro le provviste.
I commentini dei coglioni non la sfioravano minimamente, era gelida, insofferente nei loro confronti, e questo li fece adirare.
Il loro capo si frappose fra lei e il carrello premendole una mano sul braccio e stringendo, nemmeno si accorse di come faceva poco dopo a trovarsi a dieci metri di distanza dalla sua gang.
Altri due o tre lo seguirono inducendo gli altri a girarle a largo, uno solo, che si reputava più coraggioso degli altri e voleva conquistarsi la fiducia del boss estrasse una piccola calibro 22 e senza indugio sparò a quelle due perle neri lucenti, ma la pallottola non arrivò mai a destinazione, finì nel palmo bianco di un guanto che fasciava un braccio muscoloso a sua volta coperto sa una tuta blu.
Inutile dire che quel demente finì molto male, come tutti gli altri che avevano deciso di andarsene, ma non per mano di lei, che ignorando tutto era risalita in macchina e partita senza nemmeno ringraziare il suo salvatore, sapeva che se la sarebbe cavata comunque, non era la prima volta che si trovava in quelle situazioni, anzi, sorrise di nuovo trattenendo le labbra dalla smorfia del pianto che feroce le premeva alla gola, ecco un nuovo argomento per i suoi cinquanta minuti di solitudine, ecco dell’altra umiliazione, dell’altro rancore, ecco la sua vita.
Si premette il dorso della mano sugli occhi per impedire alle lacrime di uscire e offuscarle la visuale sulla strada, patetica, ecco cos’era diventata lei, che tutti definivano la degna compagna dell’uomo più forte dell’universo, ma non era così, lei era una normale terrestre, con sogni, ambizioni ed emozioni complete solo a metà, lei che non era compresa da nessuno perché rinchiusa in schemi, regole e destini che non le appartenevano solamente per dei dannati cinquanta minuti per volta.
Ma era giusto così?
Probabilmente si….
Probabilmente no…

E intanto la macchina si stava allontanando dall’immenso parcheggio ora diventato teatro di un pestaggio di massa avvenuto per mano di un solo uomo ai danni di chi stava molestando la donna del suo miglior nemico.
Non era la prima volta che l’aiutava e che veniva ignorato da lei, che preferiva starsene da sola nella sua casa fra i monti Paoz a vivere per gli altri senza accettare niente per lei, convintasi ormai di non meritare altro che ciò che già possedeva, sogni infranti e sprazzi di infelicità e indifferenza.


T__T mamma che tristeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!
Questa ficcy tratta dei sentimenti di Chichi che praticamente nella storia di DB non fa altro che generare i figli di Goku per poi essere riposta non troppo accuratamente nel dimenticatoio.
Personalmente io adoro Chichi, perché ha carattere e tenacia, forza e carisma, sa quello che vuole e lotta per averlo, è mitica!!!!!
Tuttavia niente è invincibile, e col passare del tempo ci si può accorgere dell’immensa fragilità che questo personaggio nasconde, povera mitica Chichi, sempre sola a tirar su famiglia etc…
Volevo solo raccontare a ciò che si cela dietro alla forza di accettare un destino voluto solo a metà, tutto qui…
Spero di esserci riuscita in qualche modo.
Grazie a tutti quelli che leggeranno e commenteranno, ^O^

A presto

Lillo

 
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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
succubus94 - Voto: 27/06/12 13:18
è bella anche se triste .-. scrivine altre :)
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