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Categoria: Videogiochi
Dalla Serie: Final Fantasy VII
Titolo Fanfic: SIN: THE END IS HERE
Genere: Dark, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, What if? (E se...)
Autore: ale27293 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 24/04/2007 08:54:14

E' un mondo diverso quello in cui Sephiroth ha trionfato, un mondo dove non esiste la Speranza. Riuscirà lei a farlo cambiare?
 
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SIN: THE END IS HERE
- Capitolo 1° -

Disclaimer e avvertimenti vari: accidenti, questa roba l’ho scritta io @.@ Mi sorprendo solo a pensarlo… e dire che in una sera ho scritto “solo” le prime quattro pagine O_O. E’ la cosa più lunga che abbia mai scritto, dopo L&D (contate però che L&D è una long-fic).
Passando al sodo: l’introduzione è tutta la parte in corsivo, mentre da lì in poi comincia la vicenda vera e propria (consiglierei comunque di leggere tutto, per capire meglio il contesto).
Il Raiting: ecco il punto dolente @_@. Sconsiglio comunque di leggere la fic ai più sensibili, in quanto contiene la scena di uno stupro (ecco, adesso farete il contrario e andrete a leggerla xD).
Comunque ecco la fic… consiglierei a chi la leggerà molta pazienza, in quanto nove pagine non sono uno scherzo.


.:°(Sin: the End is Here)°:.






Tutti mi consideravano un eroe anni fa, un esempio da seguire, da adulare.
Ovunque passassi la gente abbassava gli occhi in segno di soggezione e rispetto e solo pochi mantenevano la testa alta, nemmeno fossi un Dio incarnato.

Ma adesso lo sono finalmente, la mia aspirazione si è realizzata.
Non è stato semplice raggiungere il mio obiettivo, ma il carisma è una delle più grandi doti dei tiranni, e io ho dimostrato di esserlo.

Se questi miseri esseri umani credevano in un Dio buono e generoso che non ero io si illudevano, e adesso si ritrovano con un’unica, fatale certezza:
sono io il loro unico Dio, e non sono né buono né generoso.

La speranza non è permessa nel mio Regno, ne ora ne mai.
Perché questi inutili esseri dovrebbero provare una qualunque traccia di sentimenti positivi quando Io ero tristemente segnato sin da prima che nascessi?
Lì farò soffrire; ucciderò i loro cari, li farò lavorare come bestie da soma, gli proibirò di toccare cibo.

Dicono che sono spietato e che la Bontà è un sentimento che non conosco, che se mai ho un cuore sarà fatto di acciaio o di granito… Ma sapete una cosa?

Me ne fotto.
Aveva capito bene, me ne frego.
Anche un Dio può avere i suoi lati d’ombra, no?
E Io adoro i miei.

Sicuramente qualcuno adesso dirà che all’inizio il mio scopo era un altro, che volevo invocare Meteor per liberare il Pianeta da questi sorci che lo stavano distruggendo, ma lasciate che vi spieghi, stupidi mortali, il motivo del mio ripensamento;
se io stavo pensando al bene del Pianeta… Perché nessuno aveva mai pensato al mio di bene?

Cambiai idea, ma restava comunque un interrogativo: e Madre?
Madre rimaneva solo un ostacolo: mi informai a suon di minacce su dove erano conservati i resti del suo corpo alieno, e mi diressi lì.

Quando entrai nel Palazzo Shinra mi ritornò nella mente il periodo in cui ero ancora oggetto di spontanea adorazione, provocandmi una sensazione di disgusto.

Più mi avvicinavo al laboratorio, più un’orda di cadaveri e sangue si accumulava dietro di me.

Avevano tentato di fermarmi, gli stolti.
Pensai alle famiglie che attendevano quei disgraziati per l’ora di cena, dei loro figli che non aspettavano altro che raccontargli delle loro giornate a scuola, delle mogli che non vedevano l’ora di avere la famiglia al completo.

Tuttavia la mia espressione non cambiò, se non per un piccolo restringimento delle palpebre.
Dovevo fare ciò che avevo programmato ed andarmene al più presto, per evitare eventuali complicazioni.

Raggiunsi il laboratorio.
Camminavo con lo sguardo dritto davanti a me, ignorando le imprecazioni che i miei orecchi sentivano.
Non era necessario che guardassi dove colpivo con la Masamune.

Madre era finalmente davanti a me dentro quella specie di capsula blindata ricolma di Mako che la teneva in vita, nonostante il suo corpo macilento e schifoso senza testa.

Uccisi l’ennesimo idiota che si era messo sulla mia strada e feci un sospiro, cercando di ignorare le preghiere che quell’essere mi stava trasmettendo telepaticamente.

-Stai facendo la cosa sbagliata Figlio mio, non uccidermi, ti prego, ti guiderò alla conquista del potere se non mi ucciderai, ti pregofiglio, tipregotipregotipregoperfavore… lo scongiuro, TELOESIGOSTUPIDO!!!NON…!

Gli smorzai giusto in tempo le parole, o per meglio dire i pensieri, visto che cominciavo a perdere la pazienza.
Distrussi lo spesso oblò con un solo fendente per permettere ad una parte del Mako di fuoriuscire e mi sedetti su una delle casse lì vicino, ascoltando le suppliche di Jenova con un misto di divertimento e commiserazione.

Era colpa sua se avevo sofferto.
Sua e di coloro che avevano programmato la mia esistenza.

Successivamente avrei fatto una ricerca sul progetto Jenova e avrei ucciso a sangue freddo i suddetti collaboratori.
Avrei riservato una morte speciale per l’ideatore di tale idea.

Come avevo pensato il Mako restante dentro la capsula tenne l’alieno in vita.
Con alcuni potenti calci sfondai la porta in acciaio e feci un balzo all’indietro per evitare di infradiciarmi.

-Aiutami, sporco Mezzosangue!! …Non… sei degno…
-Preparati a morire, troia.

Nessuna traccia di emozione si intravide sul mio volto impassibile mentre trafissi il suo corpo, ancora e ancora, finchè non sentìì che la sua energia vitale si era affievolita.
Tagliai di netto l’alieno in due.
Schizzi di sangue d’appertutto.
Anche sul mio volto.

Mi pulìì frettolosamente e mi preparai ad andarmene da quel posto, ignorando gli sguardi terrorizzati dei pochi che avevano avuto un minimo d’intelligenza da non intralciarmi.
Buon per loro.

Notai con la coda dell’occhio una macchia rosa e una testa castana, ma al momento non gli avevo attribuito molta importanza.

Me ne andai.


Li uccisi uno per uno nel giro di due settimane, lasciando per ultimo Cloud.
Alla fine erano rimasti solo lui, Tifa e l’altra ragazza, quella che avevo già visto al palazzo Shinra.
Probabilmente erano già rassegnati al fatto che avrei fatto fuori anche loro, ma avevano deciso comunque di fare il tentativo di sopravvivere.
Era notte fonda, ma non fu difficile prendere Tifa di spalle, mentre faceva il suo turno di guardia.
Le chiusi la bocca e resistetti a suoi calci, nel tentativo di non svegliare gli altri due che dormivano nello stesso sacco a pelo, mano nella mano.

La portai in un posto abbastanza lontano, in mezzo ad un bosco.
Quasi riuscì a fuggire se non l’avessi afferrata per un braccio e non le avessi dato uno schiaffo, tramortendola.
Cadde per terra di fianco, con il segno della mia mano sulla sua guancia visibile anche al buio.

Dopo qualche secondo si sdraiò prona e appoggiò la testa sulla terra polverosa, con gli occhi socchiusi per il dolore e per il tramortimento.

La osservai a lungo, provando un vago istinto sessuale.
Il piacere della carne mi era proibito al momento, ma non potevo comandare ai miei occhi di scostare lo sguardo dal profilo sinuoso del suo essere donna e dalle sue gambe lisce, perfette.

Mi chinai accanto a lei, assumendo un cipiglio pensieroso.
Lei sussurrò:
-No... che vuoi farmi…?
Non risposi.
Mi limitai invece ad afferrarla per una spalla ed a capovolgerla supina, provocandole un’occhiata di disappunto nei miei confronti.

Non avevo previsto la manciata di polvere che mi tirò negli occhi.
Mi affrettai a riprendermi e la sorpresi in ginocchio, pronta a saltarmi addosso.

In circostanze normali avrei preso la Masamune e avrei posto subito finire a questo gioco, ma un istinto primordiale quanto l’uomo mi proibiva di farlo.

Maledissi mentalmente i miei istinti e bloccai Tifa sotto di me, impedendole di muoversi.

Le diedi un altro schiaffo molto più forte del primo, facendole sputare sangue.
Non avevo delle funi per legarla e impedirle di muoversi, quindi dovevo farla tramortire per bene o meglio ancora farla svenire.

Non mi piaceva molto mettere le mani addosso ad una donna, ma non mi restava altra scelta; osservai il suo bel viso e mi ritrovai a constatare che sembrava che fosse stata picchiata da una decina di individui contemporaneamente.

Quando finalmente svenne mi rimisi in ginocchio di fronte a lei, pensieroso, avvertendo solo vagamente la pulsazione che avevo in mezzo alle gambe.

Da quanto tempo non avevo rapporti?
…Mesi sicuramente.

Protesi una mano.
La posai su uno dei suoi seni e strinsi delicatamente.

Socchiusi le palpebre e aspettai che quella sensazione svanisse a poco a poco.

Avevo un lavoro da fare, non potevo permettermi di distrarmi con “altri pensieri” che mi avrebbero intralciato.

Presi la Masamune.


Il resto è facile da immaginare.


Successivamente fu il turno di Cloud, ma fu una cosa più veloce.
Tentò di oppormi resistenza, ma mi bastò un affondo della Mia katana per porre fine alla sua esistenza.

Mentre duellavamo osservai il suo viso pallido e stanco, le occhiaie bluastre appese sotto ai suoi occhi, e arrivai ad una conclusione repentina.

L’unico scopo per cui combatteva era quello di proteggere un’altra persona.

Un solo stato d’animo trapelava da i suoi occhi opachi: rassegnazione.
Sarebbe stato più semplice sconfiggerlo.

Così fu.


Mi rimaneva una sola persona adesso: Aeris Gainsborough, 23 anni, fioriaia, ultima Cetra vivente.
Mi ero informato molto bene sul suo conto, soprattutto sui dettagli, il suo modo di vestire, i suoi gusti, i suoi orari…

Più trovavo ed immagazzinavo informazioni su di lei, più mi rendevo conto di quanto fosse simile a me.
Era stupefacente il numero di cose che avevamo in comune.
E poi… Provavo una strana attrazione nei suoi confronti, una voglia sfrenata di farle del male, di possederla.

Desideravo che la dolcezza nei suoi occhi svanisse.

Avevo previsto come un orologio svizzero che si sarebbe diretta alla Forgotten Capital; la piccola innocente Ancient credeva ancora che volessi invocare Meteor, e di conseguenza invocare Holy per fermarmi.

Povera incosciente.

La sorpresi davanti all’entrata della città che si stringeva convulsamente le mani e continuava a mordersi il labbro inferiore.
Stavo attendendo il suo arrivo, e non mi sarei lasciato scappare questa occasione.

Scesi dalla costruzione a forma di conchiglia su cui ero seduto e la sorpresi di spalle.

-E’ inutile.

Per tutta risposta si voltò immediatamente verso di me, saltando all’indietro con il volto terrorizzato.
Rimasi impassibile, nonostante dentro di me stessi sogghignando.

La Caccia si sarebbe rivelata interessante.

Lei non rispose e abbandonò le braccia sui fianchi stringendo i pugni, cercando di ostentare del coraggio che non aveva.

Ci osservammo per alcuni secondi, senza mai distogliere lo sguardo.
Indietreggiò di un passo, poi si mise a correre, sperando vanamente di sfuggirmi.
Questa volta sogghignai apertamente, e mi lanciai all’inseguimento.

A dir la verità la riacciuffai subito.
Precisamente la afferrai per un polso e strinsi volontariamente, ignorando i suoi gemiti di paura e dolore.
Con l’altra mano la afferrai per una spalla, sempre stringendo, avvicinandomi a lei ai limiti del possibile.
Le sussurrai alcune parole all’orecchio, quasi dolcemente..

-Ora non fuggirai più mia Preda, il Cacciatore è arrivato…


***



Freddo.
Il vento raggiunge la terrazza su cui mi trovo e mi investe in pieno, facendo galleggiare i miei capelli.
Sono appoggiato sulla ringhiera a torso nudo e osservo il Mio Impero.
Sono il padrone del mondo, l’unico e il solo.

Ho fatto costruire il Mio palazzo a Migdar, in modo da tenere sotto controllo il grande della popolazione.
La mia tirannia è basata soprattutto sulla violenza psicologica, per questo nessuno ha ancora scoperto il mio punto debole.

Per forza, un punto debole non ce l’ho.

E’ ancora molto presto – appena l’alba – e sono già sveglio.
Non ho chiuso occhio stanotte.
Ultimamente non dormo molto, comincio a pensare che ho problemi d’insonnia.

Probabilmente è tutta colpa sua.
Avrei dovuto sbarazzarmene sin da subito, da quando l’ho catturata.

La odio.
La odio perché so che crede ancora nella Speranza, pura e semplice.
La odio con tutto me stesso e provo una sensazione di piacere quando le faccio male.

Luce e Tenebra, Bene e Male, Ying e Yang, Light and Darkness…
Sembra che siamo stati creati per stare insieme, di coincidere come due tasselli di un puzzle.

Entro dentro.
Dorme.
Ha un’espressione serena, così tranquilla che mi fa venire il dubbio se l’ho veramente stuprata.
Sembra che viva in un mondo tutto suo, dove ci sono fiorellini e caprette parlanti.
E, soprattutto, dove non ci sono io.

Ha un modo particolare di respingere il dolore.
Non geme, non urla, ma piange in silenzio, come una bambina.

Mi avvicino al letto a due piazze e noto delle piccole chiazze di sangue sulle lenzuola immacolate con cui è avvolta.

Solo noi due sappiamo il motivo di quel sangue.
Solo noi.

Mi sdraio sul mio lato e appoggio la testa sul cuscino fresco, senza neanche coprirmi.
Fisso il soffitto e rimugino su tante, tante cose.

Mi chiedo se mi piacerebbe avere dei figli.
Non so, ma dopotutto ho così tanti anni davanti a me per decidere.
Tanto il mezzo non mi manca.

Cambia posizione e si gira verso di me, sospirando.
Dorme ancora con quell’espressione ingenua, con un sorriso a fior di pelle.
Forse sta sognando qualcosa di bello.

Mi giro su un fianco per osservarla meglio.
C’è qualcosa di lei che mi piace?
Non ne sono sicuro.
E sono poche le cose su cui non sono sicuro.

Avvicino il mio viso al suo e la bacio a fior di labbra, lentamente.
Finalmente si sveglia reprimendo un gemito quando si accorge di me.
Cerca di tirarsi indietro, ma allungo il braccio e le tengo la testa.
Non lotta neppure, sapendo che ha già perso.
Si rilassa e mi lascia fare, quasi assecondandomi.

Una lacrima solitaria le scende sulla guancia.

Scosto il lenzuolo che avvolge il suo corpo nudo e mi posiziono sopra di lei, continuando a baciarla.

Mi sembra di star facendo sesso con una bambola a scala reale.

Un’altra lacrima cade sul cuscino.
Le accarezzo un seno, cercando di capire se i suoi gemiti sono di piacere o di paura.
Non avrebbe comunque importanza.

Violo la sua intimità e spingo, cacciandole un urlo strozzato.
Ma lo reprime subito, e continua a piangere senza far rumore.

Spingo di nuovo, ancora, fino a toccare il culmine dell’estasi.

Alle fine mi accascio sopra di lei ad occhi chiusi, poggiando la testa accanto alla sua.
Sento che mi sta toccando una spalla e socchiudo le palpebre.

Mi sta abbracciando.

***



Sono due giorni che si ripete sempre la stessa storia, ogni notte.
Durante il dì rimane per la maggior parte del tempo nel nostro giardino segreto seduta su di una panchina sotto un albero, con lo sguardo vacuo.
Si muove solo per mangiare, dormire o per curare la propria igiene.
Non le sono mancate le opportunità di fuggire, eppure è ancora qui.

Sto bevendo un caffè in cucina quando sento dei passi avvicinarsi.
Aeris.
E’ sulla soglia, senza alcuna emozione sul volto cerchiato dalle occhiaie.

D’un tratto mi sembra così fragile.

Poso la tazza sul ripiano in marmo e ricambio il suo sguardo, aspettando che parli.
Apre la bocca ma non ne esce alcun suono, e scoppia a piangere.
Si appoggia allo stipite e si copre il volto con le mani, singhiozzando.

Tentenno per un brevissimo attimo, ma poi rimango lì, aspettando che finisca.
Continuo a bere il mio caffè.

Poco dopo, con gli occhi rossi e gonfi ci riprova, questa volta con più successo.
L’ascolto senza mai interromperla, fissando una gamba del tavolo che ho di fronte.

-Io… In teoria dovrei odiarti, odiarti più di qualsiasi altra cosa… Hai ucciso i miei amici… Dal primo all’ultimo… Hai rovinato la mia, anzi… la loro vita, per non… parlare di quello che hai fatto a me… anche se questo è il minimo. Dovrei scappare, o… meglio ancora… tagliarmi le vene con una lametta, ma sento che… che il mio ruolo… che qualcosa me lo impedisce, non so cosa. Non so nemmeno io perché ti dico queste cose, ma io sento… sento che c’è del buono in te… me lo sento……….-

Avverto un brivido all’altezza delle braccia e socchiudo gli occhi.
Cambio posizione, continuando a guardare la gamba del tavolo.
Dapprincipio non rispondo subito, ed emetto un sospiro.
Cosa posso rispondere?
Meglio tenermi sul vago.
-Forse Aeris, forse…
E’ la prima volta che la chiamo per nome.

Mi sembra di scorgere un sorriso sul suo volto, ma non posso valutarlo solo con la coda dell’occhio.
Continuo a non guardarla.

-Lo penso anch’io… Sephiroth.
La prima volta in cui lei chiama per nome me.

Alzo la testa solo alcuni minuti dopo, per accorgermi che se n’è andata.


***


Inutile.
Tutto ciò per cui ho lottato…
Le mie motivazioni…
Tutto inutile.
Avrei dovuto invocare Meteor, e invece…
Ho perso tutto.
Anche un nemico con cui combattere.
Che senso ha uccidere a poco a poco queste sporche creature dette esseri umani?
Non provo nessuna soddisfazione né piacere.

Sono seduto su una panchina del giardino, sotto un salice piangente.
Mi copro il volto con le mani, cullato dal buio rinfrescante.
Avrei preferito non uccidere Cloud, almeno mi sarebbe rimasto un avversario con cui confrontarmi.

Ma, forse, qualcuno mi è rimasto…
Forse Aeris non mi odia, forse…

Voglio qualcuno che mi ami, dannazione..!

Non me posso più.
Troppe emozioni trattenute, troppe angherie ho dovuto subire.

Sospiro.
Aeris si è seduta accanto a me, mantenendo un po’ di distanza.

Tolgo le mani e le appoggio sulle ginocchia.
Attendo, come ho sempre fatto nella mia vita.

-Ciao…

Nessuno di noi due si sta guardando negli occhi.
Rispondo.

-Ciao.
Passano alcuni secondi di silenzio, poi lei salva la situazione:
-Problemi?- sento una nota di affetto nella sua voce, e mi ricorda la madre che non ho mai avuto.
-Si, te.

Voglio stare da solo, per l’ennesima volta.

-Se vuoi me ne vado.

Entrambi continuiamo a guardare l’erba.
Non rispondo.
Lei si alza e si accinge ad andarsene.
La fermo.

-No.. Aspetta.

Si risiede, adesso più vicina a me.

Sento una sensazione fastidiosa agli occhi e mi chiedo così sia, finché una lacrima non rotola sulla mia guancia.

La prima lacrima da 15 anni…

Non ricordavo più come si piangesse…

Aeris senza dire nulla mi abbraccia, poggiando la sua testa alla mia.

E’ così rassicurante il suo avvicinamento.

Non l’ho più stuprata da quel giorno che mi ha parlato un cucina, ogni sera ognuno si sdraiava sul proprio lato del letto, e non si muoveva più.

Accosto le mie labbra alle sue e si baciamo teneramente, solo per poco, poi torniamo alla posizione di prima, testa contro testa.

Sento che c’è del buono in te…

Forse è vero.


.:°( F I N E )°:.

 
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