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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: BLANK WHITE ROOM
Genere: Angst, Sentimentale, Romantico, Drammatico, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: Spoiler, One Shot, Shounen Ai, Slash
Autore: vahly galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 11/04/2007 18:12:11

Sirius/Remus scritta per la community fanfic100_ita. Angst, death fic, spoiler HP e il principe mezzosangue.
 
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BLANK WHITE ROOM - CAPITOLO UNICO
- Capitolo 1° -

Note dell’autrice: Questa fanfiction è stata scritta ispirandomi al prompt “019.bianco” della Big Damn Table del sito fanfic100_ita (http://community.livejournal.com/fanfic100_ita/).
La mia tabella per la coppia Sirius/Remus è sul mio livejournal: http://vahly.livejournal.com/#item1262



Blank white room





In questa stanza tutto è bianco, candido.
Le pareti, il soffitto… le tende che sventolano grazie alla brezza calda che la finestra socchiusa lascia entrare appena…
Persino la mia camicia è bianca.
La luce… no, la luce che si riflette sul mio letto è di un colore più caldo. Ma quando il sole si abbassa, e si riflette sulle pareti, allora tutto quel bianco diventa semplicemente troppo. Mi fa male agli occhi.
È quasi mezzogiorno, è tardi… strano che nonostante io abbia dormito così tanto, mi senta tutto indolenzito e stanco.
Le lancette argentate dell’orologio appeso alla parete accanto al letto si muovono veloci, e so che presto dovrò scendere a pranzo. Anche se non ho fame, dovrò scendere e mangiare per farli contenti, e sorridere a tutti fingendo che vada bene.
No, non va affatto bene, nulla va bene, nulla, nulla. Ma cosa posso fare? Non posso piangere o disperarmi, non mi è permesso… se grido e mi lascio prendere dall’agitazione verranno qui, e mi faranno mille domande, e non voglio, non voglio…
Abbasso lo sguardo, affranto, e quando lo rialzo ti vedo, di fronte a me.
Sirius.
Mi chiedi cosa c’è che non va, perché sto così male, ma non ti avvicini.
Se anche lo facessi, non potrei toccarti.
“Che cosa ci fai qui? Pensavo che tu fossi…”
Trapassato? Mi chiedi. No, non sei trapassato, conservavi troppo rancore, troppe cose hai lasciato qui giù, e mentre lo dici leggo la rabbia nei tuoi occhi, e la disperazione.
Il tuo volto pallido si contrae mentre mi spieghi che non dovevi morire, che non doveva finire così, e tu lo sai benissimo.
Potevo essere io, poteva essere Piton… poteva essere chiunque altro… Tonks, Silente, Harry. Perché proprio tu? Non riesci ad accettarlo.
“Mi dispiace,” mormoro, e sono sincero, “mi dispiace tantissimo… vorrei tanto che tu fossi qui, con me…”
Ti vedo ghignare amaramente, e poi urlare che non è vero. Che ti ho dimenticato, che ora sto con Tonks, e questo significa che non ti ho mai amato davvero.
“SMETTILA!” grido per sovrastare la tua voce, ma tu non vuoi smetterla, e mi dici cose terribili, mi dici che sono un mostro, che sarei dovuto morire io, che tu avevi già perso troppo della tua vita mentre io ero convinto che tu fossi un assassino. “NON È VERO… SMETTILA, SMETTILA!”
Ma non posso continuare a gridare.
Loro mi sentiranno e mi porteranno nell’altra stanza, quella stanza buia che io odio, e mi chiederanno che cosa è successo. E non mi crederanno se dirò loro di averti visto. Nessuno mi crederà.
Ti calmi, finalmente, e posi i tuoi occhi vitrei su di me, su di me che vorrei solo poter sfiorare ancora la tua pelle, ora così candida.
Ma non posso, perché tu non sei qui, tu non sei reale. Non sei più vivo, e non lo sarai mai più…
Non posso perché non riesco ad allungare le braccia, e mi fanno male mentre cerco di spostarle verso di te, per poi rinunciare.
“Perché non riesco ad accettare il fatto che tu sia morto?” domando più a me stesso che a te, “Ti amavo così tanto… non è giusto…”
Tu sorridi, finalmente.
Nonostante la tua pelle sia così pallida, e il volto tanto emaciato, il tuo sorriso mi sembra ancora splendido e radioso.
C’è un modo, mi dici, vieni con me, vieni da me per sempre.
“Come posso fare? Tu sei morto…”
Raggiungimi, mi dici.
“No, non posso… non posso lasciare gli altri. Non posso morire anch’io… già hanno visto troppi funerali e…”
Ma mi interrompi, e mi dici che non ne soffriranno, non gli importerà nulla della mia morte.
Sono solo un peso oramai, e creo solo fastidi e problemi… per quanto faccia male, non riesco a contraddirti, perché forse è ciò che ho sempre pensato anch’io.
“Tonks mi ama…” sospiro, per cercare di farti capire che non posso abbandonarli.
Il Sole si sta alzando sempre di più, e la luce che si riflette sulla parete dietro di te mi costringe a socchiudere gli occhi, mentre mi dici che anche tu mi ami, che tu mi hai sempre amato, che tu hai più diritto di stare con me di quella ragazzina viziata che mi ha abbandonato in questo schifo di posto.
“Lo ha fatto per me.”
Te lo ha detto lei questo?, mi chiedi.
Poi ridi tristemente.
Ancora le credi.
Ancora la giustifichi.
Vuole solo liberarsi di te…
E le tue parole risuonano stridule nella mia mente, mentre mormoro senza sosta “Non è vero, non è vero, non è vero…”
Chissà, se mi sentissero…
Sì che è vero, continui, lo è e lo sai. Nessuno ti vuole, nessuno tranne me. Nessuno si è più fatto vedere, no? Nessuno si preoccupa più. Vogliono solo dimenticarti… far finta che tu non esista. Solo io voglio starti accanto…
Le lacrime mi escono dagli occhi, ma ogni tua parola mi convince sempre di più che questa è la verità.
Sorridi più dolcemente, mentre mi chiedi di seguirti, mentre allunghi la tua mano verso di me, ridendo un po’ perché sai che non potrò afferrarla.
Io mi avvicino lentamente, e in un attimo so che è ciò che devo fare.
Vivremo per sempre felici e contenti, come nelle favole, vero?
Sì, mi dici tu, come se avessi letto nei miei pensieri, staremo per sempre assieme, io e te.
Non sento più niente, e mi avvicino sempre di più a te.
Non so dove sono, so solo che ho gli occhi chiusi, e nonostante ciò vedo tutto bianco.
Ma non è più il bianco di quella stanza, né il bianco della mia camicia, o dell’orologio che batte in lontananza mezzogiorno, l’ora del pranzo. È solo luce, è solo… solo…


“Signora, mi dispiace, non so davvero come sia potuto accadere…”
Le disse un medico, posando una mano sulla spalla di una ragazza che guardava impotente il corpo del suo uomo, riverso a terra.
“Non… non potete fare nulla per salvarlo? Ci deve essere un modo…”
L’uomo scosse la testa.
“Mi spiace davvero… ma capisce, ha troppe ossa spezzate, e…”
Lei scosse la testa, in preda ai singhiozzi. “Non voglio sapere altro. Non ditemi niente, per favore…”
Il medico annuì. “Lei è la moglie, vero?”
“Sì.”
Annuì la donna, i cui capelli erano diventati grigi.
L’uomo li ricordava di un bel rosa acceso, la volta precedente, ma non fece domande.
Le strinse maggiormente la spalla, conscio che doveva essere stato un trauma per lei, vedere suo marito buttarsi dalla finestra proprio mentre stava entrando per andarlo a trovare.
Da quella stessa finestra che veniva lasciata sempre chiusa, e che con la le braccia legate dietro la schiena dalla sua camicia di forza non avrebbe mai potuto aprire.
Ancora non si spiegava come fosse potuto accadere.
“Sa… sa se suo marito aveva delle volontà particolari, in caso di morte? Non so, essere cremato, o qualcosa del genere?”
Lei prese a piangere e a singhiozzare ancora più forte, mentre con voce un po’ stridula ribatteva “Non lo so… non ne ho idea! Perché mi fa queste domande? Perché invece non provate a salvarlo!?”
L’uomo sospirò, e decise di non chiederle più nulla.
La condusse all’interno della struttura, per tranquillizzarla, mentre altri due medici portavano il cadavere in una stanza apposita, mentre gli coprivano il volto, e scuotevano tristemente la testa vedendo la sua espressione felice.
“Poverino, non si rendeva conto di cosa faceva…”
Sospirò uno, mentre si allontanava.
“Già,” ribatté con tono convinto l’altro, “Se lo avesse saputo non sarebbe morto sorridendo in questo modo...” continuò, per poi uscire dalla stanza e chiudere la porta a chiave.
In fondo era solo un altro cadavere, un povero mentecatto aveva liberato il mondo della sua presenza. Era inutile stare a pensarci.
Un altro posto letto si era liberato, pensò. Forse avrebbe potuto piazzarci lo zio. Sì, ci avrebbe provato.



 
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