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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Bakuten Shoot Beyblade (Beyblade)
Titolo Fanfic: IL CAMPO DI GIRASOLI
Genere: Sentimentale, Romantico, Drammatico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: OOC
Autore: ladyk galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 25/03/2007 13:55:09 (ultimo inserimento: 03/04/07)

Da quel giorno, Kai, non era stato più lo stesso...Ma poi era arrivata Hilary. Sarebbe stata lei a riportarlo al campo di girasoli?Commentate vi prego
 
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LUI
- Capitolo 1° -

Un altro lampo squarciò il cielo, accompagnato da un tuono fortissimo. Un fulmine doveva essere caduto proprio nelle vicinanze. La pioggia batteva contro il vetro dell’imponente finestra. Rannicchiato vicino ad essa, come un aquilotto nel suo nido, lui continuava a fissare quelle piccole gocce d’acqua che si schiantavano violentemente al suolo. Era da giorni, ormai che pioveva. Il cielo plumbeo di Yokohama e l’oscurità rendevano ancora più tristi le mura di quella stanza. La pareti candide, le tende color smeraldo intonate al resto della tappezzeria presente nella camera.
L’acqua scivolava sui vetri, il cielo oscurato da nubi nere e cariche di pioggia. Quel paesaggio, così triste e monotono, rispecchiavano il suo stato d’animo alla perfezione. E lui continuava a stringere a se quel dannato orsacchiotto, come fosse un bambino piccolo, con il suo pupazzo, impaurito da quei fulmini e da quei boati. A distanza di un anno, continuava a martellargli in testa quella dannata frase “ Vivi per me “, come l’eco lontana che continua a giungere fino alle tue orecchie. Certo…Facile a dirsi. Forse se non gli fosse stato richiesto ci sarebbe riuscito benissimo a continuare a vivere, ma quelle parole, quelle parole avevano reso tutto più difficile, perché temeva che da un giorno all’altro avrebbe potuto cedere e la sua promessa sarebbe stata infranta.
Posò l’orsetto di peluche che stringeva a se sul cuscino ed si mise in piedi. Lo osservò per un attimo, mentre altri ricordi tornavano alla sua mente, straziandogli l’anima. Rimpianto, rimorso, senso di colpa…Mentre ricordava il gelo che gli trapassava le ossa di un giorno di pioggia, triste e malinconico come ora, mentre, la voce di remota di una ragazzina, stretta tra le sue braccia continuava a ripetere quella dannata frase e quella maledettissima richiesta che lo lacerava dentro: “ Sento freddo…tanto freddo…” parole tristi, pronunciate con disperata rassegnazione, quando la consapevolezza di un qualcosa che mai si sarebbe potuto impedire cominciava a farsi spazio nella sua mente, stretta tra le braccia dell’unica persona che aveva amato e dalla quale era stata amata. E lui continuava a ripercorrere quel momento, ogni singolo istante della sua vita, passo dopo passo, ricordando il sorriso amaro e malinconico e la voce del suo piccolo ed unico angelo, farsi sempre più debole ed impercettibile che continuava a chiedere, a pregarlo: “ Vivi per me…Vivi come se fossimo una cosa sola…” per poi vedere spegnersi, dinanzi ai suoi occhi la sua unica ragione di vita, l’unica luce del suo cuore, l’unica cosa che ancora gli permetteva di andare avanti, contemplando gli occhi di quella creatura tanto amata, perdere ogni espressione e udendo l’urlo straziante e disperato che aveva emesso lui, mentre il dolore gli stringeva il cuore.
-Signorino Kai….- ed ecco che il giovane si vide costretto a voltarsi. –Vostro padre…Vi sta aspettando-. Kai annuì lentamente ed il suo maggiordomo, che fino a poco prima era fermo davanti alla porta si congedò con un lieve inchino, sparendo aldilà del corridoio. Il ragazzo rimase solo: la frangia argentea gli coprì appena gli occhi dalle iridi color rubino, scarlatte, splendenti, meravigliose, come lui. Sfiorò appena con la mano la zampetta dell’orsacchiotto. “Udite, Udite! A distanza di quattordici anni ho trovato un nome al mio orsacchiotto” . –KAI!- suo padre. Era stato lui a chiamarlo dalla stanza al piano inferiore di villa Hiwatari. Padre….neanche poteva definirlo come tale. Si infilò al volo una camicia bianca e dei pantaloni scuri, per poi scendere ed arrivare fino al salotto. Non appena arrivò, rimase per un istante spiazzato, trovandosi di fronte, oltre al signor Hiwatari una donna di circa quindici anni più giovane. Il padre di Kai, un uomo tanto affascinante quanto viscido, dai capelli scuri vestito in giacca e cravatta, era seduto accanto alla giovane donna a cui stringeva la mano. Non appena vide suo figlio, Soichiro Hiwatari si alzò in piedi con un sorriso e le braccia aperte. Il ragazzo rimase impassibile. –Figliolo, come stai? E’ da un po’ che non ci si vede- pronunciò l’uomo quarantenne cercando di abbracciarlo. –Non toccarmi- sibilò freddo e rigido il giocane. Suo padre strinse i pugni, perse il sorriso e abbassò le braccia. Con una risata forzata si volse verso la bellissima rossa in sua compagnia, presentandogli il ragazzo. –Dominique, mia cara, questo è mio figlio, Kai- Dominique, accennando un inchino con il capo e sorridendogli radiosa lo salutò. –Kai, sei ancora più bello che nelle foto che mi ha mostrato tuo padre. Soichiro mi ha molto parlato di te…- Kai strinse i pugni conficcandosi le unghie nella pelle. Falsa, falsa schifosa. Chi era ora quella? La nuova puttana di suo padre? Il ragazzo fu costretto a sedersi e rendersi cordiale per l’arco di quasi tutto il primo pomeriggio, tra the, risatine forzate e complimenti. Lui rimase per tutto il tempo in silenzio e privo di espressione, altero, eretto. –…E ora, Kai, dobbiamo dirti una cosa- Il giovane posò la tazzina di ceramica sul piattino e posò lo sguardo sul padre. –Io e Dominique ci sposeremo presto-. Kai si irrigidì. –E inoltre, devi sapere che io sono incinta…Ben presto avrai una sorellina.- e quelle parole rimbombarono nella sua mente, riportando a galla ricordi che aveva cercato di cancellare, mentre rivedeva sua madre, la sua VERA madre, morta quando era solo un bambino, mentre pronunciava le stesse identiche parole “ Kai, tesoro…Ben presto avrai una sorellina.” Per poi rivedere una serie di immagini, susseguirsi l’una dopo l’altra, mentre si rivedeva da piccolo insieme ad una bambina, e poi grande, con quella stessa bambina, cresciuta, rannicchiata tra le sue braccia che continuava a ripetere quella maledetta frase “Vivi per me”. Cercò di respirare profondamente, tentando invano di calmarsi, di non esplodere, ma non riuscì nel suo intento. Si alzò in piedi di scattò gettando a terra quella fottuta tazzina che teneva tra le mani, lasciando che si rompesse in mille piccoli frammenti. –Kai, ma che ti prende?- chiese suo padre spiazzato dalla reazione del figlio. Si avvicinò a lui cercando di sfiorargli il braccio. –LASCIAMI- urlò in preda alla rabbia. Soichiro Hiwatari tentò di calmare il ragazzo ma senza ottenere alcun risultato. –TI HO DETTO CHE NON MI DEVI TOCCARE! Lurido…- Kai non fece in tempo a finire la frase che si ritrovò a terra. La guancia bruciava ardentemente. La scena era pressappoco questa: lui a terra, fermo, immobile, con la mano sulla guancia che gli doleva e lo sguardo basso, Dominique in silenzio, attonita e sbalordita e suo padre, in piedi davanti a lui con il braccio ancora alzato. Kai si morse il labbro inferiore e si rimise in piedi, barcollando. –Non ti permetto di parlare così a tuo padre- pronunciò a voce bassa l’uomo. Il ragazzo fissò colui che gli stava di fronte con uno sguardo carico d’odio e rancore. –Tu…non sei mio padre. Io non ho un padre, non me ne frega niente di te. Fai quello che ti pare, sposati, scopati quella puttana, dai alla luce tutti i fottutissimi figli che vuoi, ma lascia in pace me. Come puoi ancora considerarti un padre, brutto stronzo? Provo pena per quei poveri bastardi che nasceranno dall’unione tua e di quella troia- urlò Kai puntando il dito contro Dominique, mentre lacrime copiose, colme d’ira e di dolore rigavano il suo viso arrossato. -Dominique, abortisci prima che questo bastardo uccida anche quella mocciosa che deve ancora nascere.- detto ciò il ragazzo uscì di corsa dalla casa, raggiungendo l’enorme cortile che circondava la villa. Si inginocchiò sotto la pioggia, portando le mani alla testa. Poi sentì la voce preoccupata del suo maggiordomo che lo chiamava. Si voltò in direzione dell’anziano, che, con in mano un ombrello nero si inginocchiò accanto al giovane riparandolo sotto l’oggetto che teneva in mano. Kai abbassò lo sguardo a terra e poi si strinse al maggiordomo, a l’unica persona che riusciva ancora a capirlo e confortarlo. Il vecchio gli posò una mano sulla spalla, mentre il ragazzo continuava a piangere ed urlare disperato…

“ …Io lo guardai in silenzio, sentendomi in colpa, senza sapere cosa fare, mentre continuavo a osservare la sua disperazione. Non potevo fare nulla per lui…Se quel giorno le cose fossero andate diversamente, forse non mi sarei ritrovata a vederlo in quello stato. Si stava distruggendo: il suo corpo era vivo, ma il suo cuore era morto quel giorno di pioggia dell’anno precedente quando aveva perso l’unica persona che l’aveva sempre amato. Perdonami, Kai! Se solo avessi saputo…”

 
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