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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: CHRONICLES OF FRONTIER
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, Shounen Ai
Autore: keven galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 09/03/2007 16:09:32

Momenti persi. Momenti lasciati al vento. Momenti mai esistiti. Cosa, cosa ne rimaneva…?
 
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- Capitolo 1° -

Luce.
Luce.
Luce.
Bianca.
Abbagliante.
Luce.
Socchiuse un po’ gli occhi.
Troppa luce.
Lì. Lì stonava completamente.
Lui, lì, stonava.
Quello era il suo regno.
E il suo regno non comprendeva la luce.
Il suo regno odiava la luce.
Aprì gli occhi, ma non riusciva a incrociare i suoi.
La voleva.
Quella luce.
Ma l’odiava
Meravigliosa.
Meravigliose.
Bellissime.
Stupende.
Le sue ali.
Le sue ali.
Bianche.
Troppo.
Accecanti.
Abbaglianti.
Ali.
Fatte di luce.
Abbassò lo sguardo.
Ma non era la luce a comandarglielo.
Non riusciva a reggere i suoi occhi più che le sue ali.
Il Cherubino batté le ali, chiudendo quegli occhi che tanto spaventavano l’altro.
Silenzio.
Strinse un po’ le mani.
Le dita gli bruciavano.
Bruciavano dalla voglia.
Dalla voglia di toccarlo.
Di sentirlo.
Di sentire il calore del suo corpo.
Della sua pelle.
Di SentirLo.
Lui.
Lui senza le sue ali. Lui. Senza tutta quella luce. Semplicemente. Solamente. Lui.
Le mani gli si chiusero convulsamente. E il rumore delle sue catene graffiò quel silenzio irreale.
Sospirò, socchiudendo leggermente gli occhi.
Un dolore.
Dolore.
Dolore.
Lo squartava.
Immensamente.
Gli squartava il petto.
Lo dilaniava.
Sentiva dentro di se degli artigli perforargli la carne e strappargliela.
Allargargli il torace lentamente. Molto lentamente. Ma con costanza. E decisione.
Strinse i denti, sentendo i molari spingersi sopra con quelli di sotto.
Parla… parla… parla… parla…
Ti prego…
Dì qualcosa…
L’angelo bianco sospirò poi aprì gli occhi così come le sue tre ali, che si spalancarono cacciando con forza il buio che gli avvolgeva. L’altro spostò un po’ il viso infastidito, ma non mosse una mano a coprirsi gli occhi.
Le sue mani lasciate senza forza sulle gambe inginocchiate a terra.
Le sue mani pesanti.
Peso.
Le sue mani incatenate.
Catena.
I suoi polsi da sempre chiusi in quelle manette d’acciaio.
Io… iniziò piano la creatura di luce, sfiorandosi con i polpastrelli il medaglione che gli pendeva alla gola.
Alzò lo sguardo su di lui.
Voleva ricordarlo in ogni sua movenza.
L’avrebbe voluto tenere per sempre nei suoi ricordi.
E avrebbe dovuto guardarlo se voleva farlo. Si alzò. Le catene si srotolarono facendo rumore.
La sua mente lo sapeva.
Sapeva.
Certezza.
Ma il suo cuore non poteva smettere di sperare.
Speranza.
… io… cominciò lentamente.
Il ragazzo incrociò il suo sguardo ma lo abbassò quando quelle maledette catene si fecero sentire ancora una volta.
Sorrise, poi fece un passo avanti. Il demone si spinse contro il muro alle sue spalle mentre la luce avanzava verso di lui. “Vattene” sussurrò serio.
“Non posso” rispose l’altro.
Rise un po’ “Non si tratta di ‘potere’… ne di ‘volere’… noi non possiamo. Punto. Luce. Ombra. Non si può. Lo sai. L’una non può vivere senza cercare di sopraffare l’altra. E per quanto possano vivere vicine, ci sarà sempre un confine tra di loro. Un confine. Un confine che può distruggere entrambe se cercano di unirsi. Se cercano di vivere complete… se… cercano… di amarsi…”
“Si, lo so” fece ancora un passo avanti.
Le loro ombre si allungarono a dismisura a quelle ali troppo bianche.
Distolse lo sguardo. Sbatté le palpebre. Li sentiva lucidi. Lucidi. Bagnati.
Non si poteva. Non si poteva. Al massimo, si poteva continuare a volerlo.
Ma la semplice volontà non poteva abbattere i limiti dell’eterno.
Sussultò, sgranando gli occhi.
Le dita dell’angelo gli sfiorarono piano la guancia che gli rivolgeva. Gli bruciavano. Tanto.
Dolore.
Sospirò.
Il Cherubino ritrasse le dita. Chiuse gli occhi, e le lacrime gli rigarono le guance, spostò il viso incrociando il suo sguardo.
“Non si può” sussurrò stringendo tra le dita quelle fredde catene che da sempre gli soffocavano i polsi.
L’angelo resse per qualche secondo il suo viso poi lo distolse perdendolo nel vuoto.
“Non posso. Non posso” ripeté piano. “Non pos…”
“Dimmi che mi ami.” Il Cherubino portò lo sguardo nel suo deciso. “Dimmi che mi ami. E io non me ne andrò.”
Il demone strinse gli occhi, mentre le lacrime gli scendevano copiose.
“Non posso”.
“Ti prego… dimmelo…”
“No”.
“Dimmi che mi ami”.
“No!!” strinse forte la mandibola, impedendosi di parlare “No…” sussurrò ancora.

“Guardami”.
Scosse la testa “Non posso”.
“Guardami”.
Un singhiozzo gli fece sussultare il petto, stringendo gli occhi “Non posso… i- io non posso…”.
L’angelo continuò a guardarlo.

“Io ti amo” disse serio. Le piume delle sue ali si aprirono lentamente.
L’essere del buio cadde in ginocchio, abbassando la testa sul petto, mentre le lacrime gli bagnavano abbondantemente le guance.
“Ti Amo…” ripeté ancora l’altro, perforandogli il cuore con quelle due parole. Si aggrappò alle sue gambe, stringendo forte le mani sul suo pantalone.
L’angelo si abbassò, inginocchiandosi davanti a lui. Gli prese il viso tra le mani, raccogliendogli le lacrime con le dita, incrociò il suo sguardo. “Perdonami”.
Il dannato chiuse gli occhi stringendosi contro il suo tocco e portando le mani sulle sue.
Dolore.
Dolore.
Dolore.
Dolore.
Fuoco.
Uno sul tocco dell’altro.
Entrambi.
Entrambi.
Dolore.
Dolore sulle sue guance.
Dolore.
Dolore sulle sue mani.
Luce.
Luce.
Ombra.
Ombra.
Luce e ombra che non cercavano più di conquistarsi.
Luce e ombra che non cercavano più di annullarsi.
Luce e ombra che volevano.
Volevano solo.
Solo.
Solo.
L’altro.
Luce e ombra.
Luce e ombra.
Luce e ombra.
Luce e ombra.
Luce e ombra che volevano solo.
Solo amarsi.
Solo amarsi.
Solo.
Solo.
Solo amore.
Aprì gli occhi.
“Ti amo. Ti amo tanto. Ti amo troppo” sussurrò.
L’angelo sorride avvicinando il viso al suo.
Il demone sgranò gli occhi lasciando le sue mani e spingendosi contro al muro.
“Non possiamo” bisbigliò.
L’angelo lo guardò poi rise un po’ “Lo credi davvero?” gli mise la mano sulla guancia spostandogli il viso per guardarlo negli occhi.
Lui inghiottì.
“… io…” iniziò.
“Senza te. Senza te nulla ha importanza” fece il Cherubino. Il Demone annuì un po’.
“Ma non posso essere io a…” s’interruppe sentendo le labbra dell’angelo toccare le sue.
Resistenza…
Voleva resistere…
Ma…
Ma…
Chiuse gli occhi abbandonandosi completamente sul muro quando la lingua dell’angelo si insinuò calda tra le sue labbra. Gli sfiorò con i polpastrelli la gola.
Le sue dita.
Il suo tocco.
La sua pelle.
Lui.
Lui.
Lui.
Dolore.
Dolore.
Dolore.
Dolore.
Dolore.
Dolore.
Dolore.
Dolore.
Tanto. Intenso. Intenso. Forte. In ogni cellula.
I muscoli tremarono l’uno sull’altro.
Dolore.
Dolore.
Dolore.
Dol…
Piacere.
Piacere.
Amore.
Amore.
Rispose con foga, aggrappandosi alle sue spalle.
Quanto…?
Quanto restarono così…?
Aggrappati l’un l’altro.
Persi l’un l’altro.
I loro sguardi che si toccavano.
Che si sfidavano.
Che si sentivano.
Che si amavano.
L’angelo sorrise, baciandolo dolce. “Ti amo…”
Il demone gli sfiorò le spalle con le dita, rise un po’ “Ti amo an…”. Sgranò gli occhi allontanandosi di colpo.
L’angelo rise un po’ accarezzandogli con tocchi leggeri la guancia. “Tranquillo…” sussurrò.
L’altro boccheggiò con gli occhi persi alle spalle dell’altro “L- le tue a…” balbettò.
Lui sorrise tranquillo sbattendo le ali “Si, lo so. Ma ora non si può fare più nulla…” sussurrò.
Il moro sbatté le palpebre ancora sconvolto a quella visione.
Nero.
Nero.
Nero.
Macchie nere.
Macchie di sangue.
Ma nere.
Nere.
Nere.
Nere a sporcare quel bianco.
Nero a opacizzare quel bianco.
Buio a imbrattare la sua luce.
L’angelo strinse involontariamente gli occhi dal dolore, mentre quelle piume tanto candide fino a qualche secondo precendente venivano corrose lentamente da quel buio.
Da quel buio.
Da quel male.
Da quel dolore.
Da quell’amore.
Il Demone spalancò gli occhi alzando di botto il viso.
I suoi occhi.
In quegli occhi che fino a quel momento avevano annegato in un buio surreale si ramificarono lentamente fiumi di luce.
Luce.
Bianco.
Nero sbiadito da quel bianco.
Buio infastidito da tanta luce.
Dolore.
Dolore.
Dolore.
Tanto dolore da non poterlo descrivere.
Dolore.
Dolore.
Dolore.
Tanto dolore da non avere neanche lacrime.
Tanto dolore da non chiedere neanche sofferenza.
Dolore.
Dolore.
Dolore.
Si aggrappò alle spalle dell’amante, chiudendo gli occhi per sfuggire alla visione delle sue ali.
Delle sue meravigliose, meravigliose ali.
Ali.
Ali.
Ali di luce corrose fino all’osso da quel buio.
Dal suo buio.
L’altro lo strinse forte a se.
Forte.
Forte.
Sorrise.
“Ti a…” Strinse le mani sulle sue spalle, interrompendolo.
“Shh… lo so… Amami e basta…” affondò il viso nel suo petto “Amami… ma non pronunciarlo al vento… Non buttare parole che volerebbero via…”
L’angelo l’abbracciò mentre quel buio passava dalle sue ali alle sue spalle, distruggendogli la pelle.
Il demone alzò il viso incrociando il suo sguardo “Amami e basta” sussurrò. “Io non ho bisogno di parole…”
L’angelo si perse nei suoi occhi, ormai quasi completamente bianchi, mentre la pelle dell’amante cominciava a seccarsi e irrigidirsi. Sorrise, poggiando le labbra sulle sue.
Il demone si spinse contro quel contatto come a urlare tutto il suo amore. L’angelo lo accolse nel loro ultimo bacio.
I loro respiri sempre più affannati.
Ormai senza più fiato.
Vivi.
Vivi solo in quel bacio.
Vivi solo in quel contatto.
Vivi.
Vivi solo l’uno nell’altro.
Vivi.
Vi…
Amore.
Amore.
Amore senza più luce.
Amore.
Amore.
Amore senza più ombre.
Amore.
Amore.
Amore senza più corpo.
Amore.
Amore.
Solo.
Solo.
Solo amore.

Un angelo dai capelli rossi comparve in quel luogo fuori da tempo e materia.
Abbassò lo sguardo.
Chiuse gli occhi.
Strinse le dita.
Sospirò.
E così…
Così…
Era finita così…
Si abbassò, raccogliendo da terra il medaglione pesante.
Sfiorò con le dita le catene nere.
Sorrise.
Era finita così.
Finita…?
Come poteva definirsi qualcosa mai iniziata?
Qualcosa che mai nessuno avrebbe mai potuto testimoniare…?
Momenti persi.
Momenti lasciati al vento.
Momenti mai esistiti.
Cosa…?
Cosa ne rimaneva…?
Un medaglione…?
Un medaglione di un angelo? E le catene di un demone?
Era questo quello che rimaneva di un amore?
Cosa rimane di un amore alla sua fine?
Di un amore capace di perdersi.
Di un amore che voleva sfidare leggi eterne e mai contestate.
Un amore che luce e ombra non avevano potuto intimorire.
Non avevano potuto fermare.
Ma un amore…
Un amore.
Un amore morto.
Cosa rimane dell’amore?
Sospirò di nuovo come impossibilitato a non farlo.
Nulla…
Nulla…
Eppure…
Eppure…
Eppure.
Ricordo.
Legenda.
Follia.
Nient’altro.
Ma un amore, un amore…
Morto con i suoi amanti…
Sorrise.
Un amore morto con i suoi amanti, rimaneva, sarebbe rimasto per sempre…
Un amore eterno.
Eterno.
Eterno.



 
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