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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Beyblade (Bakuten Shoot Beyblade)
Titolo Fanfic: IL TRONO
Genere: Sentimentale, Romantico
Rating: Per Tutte le età
Autore: redeagle86 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 27/02/2007 11:05:17 (ultimo inserimento: 07/03/07)

Esiste il principe azzurro? Anche se non ha l'armatura splendente e il cavallo bianco? E se fosse lui ad aver bisogno di essere salvato? KxH
 
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IL MIO ANGELO CUSTODE
- Capitolo 1° -

-Maledetta pioggia- pensò Hilary, affrettando il passo. Nonostante l’ombrello, si ritrovava i pantaloni bagnati fino al ginocchio ed era enormemente in ritardo per la cena con i ragazzi: erano sicuramente in pensiero per lei. Tutta colpa di suo padre , che le aveva fatto il terzo grado per sapere dove andava, con chi, quando sarebbe rientrata…
Stupida gelosia paterna.
Se solo avesse saputo che il suo cuore batteva già per un ragazzo, l’avrebbe barricata in casa senza lasciarle alternative…
-Dove vai tutta sola?
Davanti a lei, un ragazzo minaccioso era apparso dal buio, sbarrandole la strada. Alto, moro e robusto, non prometteva niente di buono. Fece per cambiare direzione, ma al primo teppista se ne aggiunsero altri due, che le bloccarono ogni possibile via di fuga.
Iniziò a guardarsi intorno freneticamente, il cuore a mille e il cervello in panico. L’ombrello le sfuggì di mano, mentre arretrava lentamente, finché non si trovò con le spalle al muro. Si sentiva un topo in trappola.
-Potremmo farle compagnia, voi che dite?
-Lasciatemi andare…i miei amici mi aspettano…mi verranno a cercare…
-Oh, non devi aver paura, tesoro. Vogliamo solo divertirci un po’ con te.
La sbatté contro alla parete, avvicinando il viso al suo: puzzava di alcool e di fumo. Ma il suo ghigno si trasformò in una smorfia di dolore quando la ragazza gli assestò un calcio fra le gambe.
Mentre quello si piegava in due per il dolore e i suoi compari si preoccupavano per lui, Hilary ne approfittò per svicolare e scappare via lungo la strada. Purtroppo non fece molta strada: dopo breve si sentì afferrare un polso, cadendo a terra, circondata dai tre.
Il moro le si portò accanto, affibbiandole una sonora sberla.
-Sei solo una sgualdrinella! Te la farò pagare!
-Lasciami, ti prego! Lasciami…- lo implorò, perdendo a poco a poco le forze e le speranze. Avvertendolo sempre più vicino a sé, cadde in una sorta di trance, interrompendo ogni forma di resistenza. Non piangeva e non urlava, tremava e basta, era come assente quasi avesse abbandonato quel corpo non avendone scelta.
La pioggia cadeva fitta, ma un sibilo attirò la loro attenzione. Si guardarono intorno alla ricerca della fonte del suono, ma trovarono solo una trottola di colore blu che girava vorticosamente sollevando schizzi d’acqua. Uno fece per raccoglierla, ma questa schizzò in alto, aprendogli un profondo taglio sul palmo e sul viso e facendolo cadere a terra. Si portò una mano al volto, sentendo il calore appiccicoso del sangue colargli lungo la guancia.
Il bey tornò in mano al suo padrone, una figura uscita dalle tenebre, una sagoma indistinta e gocciolante, dall’aspetto inquietante e pericoloso. Due occhi viola, vivamente minacciosi e ostili, emersero dall’oscurità, suscitando un po’ di paura negli animi dei teppisti.
-Complimenti: in tre contro una ragazzina indifesa. Che prova di virilità- commentò il nuovo arrivato.
-Guarda che mi hai fatto!- gridò il ferito, mostrando le mani macchiate di sangue. –Non pensare di passarla liscia!
Si avventò contro l’invisibile avversario, immergendosi nel buio. Si udirono pugni e suoni di una rissa, poi il silenzio. L’aggressore fece alcuni passi sotto la luce, poi crollò al suolo.
-Prendetevi il vostro amico e sparite- sibilò il blader.
I superstiti raccattarono il compagno e fuggirono, lanciando imprecazioni e minacce. Cose che il diretto interessato non si fermò neppure ad ascoltare, correndo invece dalla ragazza ancora a terra, appoggiata al muro sempre con un espressione vuota.
Si inginocchiò, senza badare alle pozzanghere che gli sporcavano i vestiti, prendendola per le spalle e scrollandola leggermente.
-Hilary…Hilary! Hilary!! Sono io, sono Kei!
Dovette ripeterlo più di una volta prima che l’amica si riprendesse dallo shock.
-K-Kei…oh, Kei!
Lo abbracciò, dando sfogo alle lacrime che fino ad allora aveva trattenuto con forza. Si aggrappò all’amico come ad un’ancora di salvezza, quasi temesse che sparisse lasciandola di nuovo nelle grinfie di quei tre. Singhiozzò disperata, stringendo la maglia di lui.
Kei non poté far altro che abbracciarla a sua volta, cercando di calmarla. Era stata una fortuna che fosse passato di lì…non voleva neanche immaginare cosa sarebbe potuto succederle altrimenti.
-Hilary, è finito. È tutto finito- disse, portandole una mano sulla testa per tenerla più vicina al petto. –Basta piangere…sono qui con te, ora.
Incuranti entrambi della pioggia che ormai li aveva inzuppati, rimasero abbracciati a lungo, immersi nella luce di un lampione. Sembravano esistere solo loro e quel momento.
Quando Kei non la sentì più singhiozzare, la separò leggermente da sé, guardandola negli occhi. Hilary aveva le iridi castane, grandi e innocenti. Occhi in cui il ragazzo si sarebbe volentieri perso. Ma non in quell’occasione.
-Ti accompagno a casa, d’accordo? Ti fai un bel bagno caldo e poi vai a dormire.
-Ma…gli altri…- protestò debolmente.
-Avverto io Takao, non preoccuparti- le rispose tranquillamente, aiutandola ad alzarsi.
-Sei fradicio…- notò, appoggiandosi a lui. -Ti prenderai un malanno…
-Non mi sono mai ammalato in vita mia. Su, torniamo a casa- continuò, cingendole le spalle con un braccio e avviandosi verso la casa di lei. Il cuore di Hilary rallentò la sua corsa sfrenata: si sentiva al sicuro fra le braccia di Kei. Come sempre, del resto. Lui era il suo cavaliere dall’armatura splendente, che correva a salvarla dal drago.
-Siamo arrivati- annunciò, togliendo repentinamente il braccio. La sagoma di Hiroshi Tachibana alla finestra, ma soprattutto il suo sguardo omicida, le fecero intuire il motivo di quel gesto. –Ci vediamo domani.
-Sì. Kei?
-Dimmi.
-Grazie. Se non ci fossi stato tu, io non so…- iniziò Hilary.
-Non pensarci. È acqua passata, ormai.
-Comunque…grazie- concluse, stampandogli un inaspettato bacio sulla guancia e sparendo dentro casa.
Kei restò alcuni minuti immobile, davanti all’abitazione con una mano sulla guancia e un sorriso ebete dipinto sul viso.
Da un po’ di settimane a quella parte sentiva chiaramente che qualcosa in lui era cambiato: guardava l’amica di un tempo con occhi diversi, quasi fosse un tesoro inestimabile, e avvertiva una profonda rabbia invadergli l’anima se qualcuno osava toccarla.
Gli capitava di pensare a lei molto più spesso, di desiderarla felice, sorridente. Perché quel sorriso faceva sorgere il sole sul suo mondo.
Era l’unica cosa che riuscisse a sciogliere il gelido blader russo.
Ne era innamorato, come mai gli era accaduto. Anzi, a dire la verità, era la prima volta che provava un sentimento simile. Aveva voglia di gridare all’universo la sua felicità.
Continuando a sorridere, si lasciò alle spalle casa Tachibana, correndo verso la residenza Kinomiya.

-Sono preoccupato: Hilary è troppo in ritardo- esclamò Takao, prendendo l’ombrello. –Io vado a cercarla.
In quel momento si aprì la porta, facendo entrare un ragazzo bagnato fino alle ossa. Sembrava aver appena fatto un bagno nell’oceano.
-Kei! Si può sapere cosa…
-Dopo giuro che vi spiego tutto- rispose, scostandosi i capelli dal viso.
-Hai per caso incontrato Hilary?
-È a casa sua- ribatté Kei, scrollandosi di dosso litri d’acqua. –Ce l’ho accompagnata io.
-Perché?
-Se mi lasci andare a cambiarmi, poi te lo dico.
Rientrò nella stanza alcuni minuti dopo, finalmente asciutto.
-Allora, cos’è successo con Hilary?- domandò Takao, inghiottendo quintali di cibo ad una velocità impressionante.
Il giovane lo osservò sconvolto e vagamente disgustato, trovando sostegno nei suoi amici, perplessi quanto lui.
-Mentre tu pensavi al tuo stomaco, io ho tirato fuori Hilary dai guai. Un gruppo di teppistelli le stava facendo “compagnia”.
-Cosa?!- esclamarono all’unisono.
-Ma…sta bene adesso? È ferita?- Takao era talmente serio da fare quasi paura.
-Calmati, sta bene. Era solo molto spaventata.
-È una fortuna che tu sia passato di lì in tempo- aggiunse Rei. –Ma chi erano?
-Già. Tu hai bazzicato per parecchi anni fra le bande del quartiere- confermò Max, ricevendo occhiate truci dai compagni. –Non li hai riconosciuti?
Kei glissò sull’affermazione del biondino, scuotendo la testa.
-No, non ho idea di chi fossero, non mi sono fermato a guardarli con attenzione. Quando sono arrivato ho visto che stavano importunando una ragazza…e solo dopo mi sono accorto che si trattava di Hilary.
-Sei un eroe!- proclamò il giapponese con la bocca piena.
-E tu sei vomitevole- replicarono Rei e Max.
-Come avete detto, scusate?!
Takao si avventò sui due amici, iniziando una battaglia a colpi di cuscini e di solletico. Kei si lasciò sfuggire un sorriso, volgendo poi lo sguardo alla finestra: chissà se Hilary stava bene…
Le sue riflessioni furono però bruscamente interrotte da una cuscinata dritta in faccia che lo costrinse a rispondere al fuoco e ad unirsi al combattimento.

Hilary entrò di corsa in casa, lasciando pozze d’acqua ad ogni passo ed infilandosi velocemente in bagno. Riempì la vasca, giocando con le bolle del bagnoschiuma; gettò in un angolo gli abiti fradici e si immerse nell’acqua calda, rilassandosi all’istante.
Se l’era vista brutta…aveva temuto di non riuscire a scamparla…
Poi era apparso Kei che, come il principe delle favole, l’aveva salvata dal pericolo. Si era sentita protetta fra le sue braccia, come se niente potesse superare quella barriera e farle del male.
Il suo Kei…il cuore iniziava a correre se solo ripensava al suo bel volto, ai suoi penetranti occhi viola…
Lo amava alla follia, da sempre. Dalla prima volta in cui l’aveva soccorsa, sull’isola dello Psico Team. Il calore del suo corpo, il suo sguardo intenso, il suo viso così vicino a quello di lei… Era stato difficile reprimere l’impulso di passargli le braccia intorno al collo e baciarlo: forse fu solo la presenza del professor Kappa a fermarla.
Prima di quel giorno lo aveva sempre considerato un tipo freddo e scostante, dal sorriso cinico e dall’aria superiore. Spesso le aveva anche dato abbastanza sui nervi con il suo mutismo e il suo isolamento dal mondo.
Poi aveva scoperto il vero Kei, quello che si celava sotto la sua arroganza. E se ne era innamorata.
-Hilary, tutto bene?- chiese suo padre dal corridoio.
-Sì, papà.
-Allora appena esci mi devi spiegare un paio di cose.
Quella frase le provocò uno sbuffo istintivo. Sapeva di cosa le voleva parlare: del ragazzo che l’aveva accompagnata, del braccio che le teneva intorno alle spalle, del bacio che lei gli aveva dato.
Già, quel bacio. Doveva essere veramente scossa, se aveva trovato il coraggio per compiere quel gesto. Kei, probabilmente, lo aveva interpretato solo come un ringraziamento…ma con suo padre era un altro paio di maniche.
Dubitava che il russo incontrasse l’approvazione del genitore: un passato da teppista della peggior specie, il nonno in prigione per i crimini commessi in Russia con quel delinquente di Borgof… Era esattamente il tipo che alle ragazze di buona famiglia come lei era stato insegnato di evitare.
Asciugandosi i capelli bruni, immaginò i discorsi che di lì a poco sarebbe stata costretta a sentire: chi è, da quanto lo conosci, lo frequenti, chi sono i suoi genitori, dove vive, cosa fa…
Per fortuna suo padre non faceva il poliziotto, o avrebbe interrogato tutti i ragazzi che lei frequentava, controllando le loro fedine penali. Indossò il pigiama, scendendo nel salotto.
Hiroshi la stava aspettando, seduto sul divano. Le fece cenno di accomodarsi, piegando il giornale e mettendolo sul tavolo.
-Come mai sei rientrata così presto?- le domandò.
-C’è stato un cambio di programma- mentì. Non poteva certo raccontargli dell’aggressione. –Nel tornare mi si è anche rotto l’ombrello.
-E…quel giovane?
-Kei. Si chiama Kei. È un amico che ho incontrato per strada e che mi ha accompagnata.
-Un amico?
-Certo. Un amico a cui sono particolarmente legata- rispose. Bhe, era la verità…o almeno una parte della verità. –Non c’è nient’altro fra noi, mettiti pure il cuore in pace. Buonanotte, papà.
-Vai già a letto? Non mangi qualcosa?
-No, grazie. Sono molto stanca.
-Buonanotte- continuò. –Hilary?
-Sì?
-È un bravo ragazzo?
La domanda la bloccò a metà scala.
-Come?
-Ti ho chiesto se è un bravo ragazzo.
-Certo- rispose con un sorriso. -È speciale…
-In questo caso non piangerò troppo quando ti porterà via da me.
Hilary tornò indietro per abbracciarlo: a volte riusciva davvero a stupirla.
 
Continua nel capitolo:


 
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