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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Beyblade (Bakuten Shoot Beyblade)
Titolo Fanfic: L'angelo dell'Apocalisse
Genere: Drammatico, Fantasy, Poesia
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, AU, Shounen Ai
Autore: luna-chan18 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 24/02/2007 18:19:31

-Questa notte un angelo nero non volerà ... - KeixRei - [dedicata a Nanamalefica*3*]
 
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L'ANGELO DELL'APOCALISSE.
- Capitolo 1° -

~ Å ŋ ġ ë ļ ð Ð ē ļ ļ’Ą þ ǿ ç ã ļ Ϊ ş ŝ Ë ~


È curioso pensare come la gente ancora aspetti con terrore il tanto temuto giorno dell’apocalisse, quando questo, il realtà, è già passato. Sicuramente, dalla breve introduzione di questa storia penserete “Ma com’è possibile?” “E’ un’assurdità!”; ma vi prego, miei signori, prestate attenzione a codeste brevi righe, scritte dalla mano di colui che quel dì lo visse e che porta sia in corpo che in cuore i frammenti laceranti di quei momenti.
Come per ogni storia che si rispetti, anche codesta possiede un protagonista. Colui che portò la distruzione, arrivò sulla terra nei tristi freddi, incolori giorni del lontano Medioevo inglese.
In quell’epoca, nelle sconosciute terre abitate dalle prime tribù celtiche, la pace e la serenità dettate dai liberi e sereni animi della gente, purtroppo furono bandite con la forza, poiché il messaggero della fine giunse senza indugio a divulgar l’orrore, poggiando i piedi sull’umida terra, spiegando le ali…nere.

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Scure pozze di fuoco sono gli occhi
e il tuo respiro dolce ha il sapore
di mari sopra terre inesplorate,
di sole appena nato
su vergini pianure di corallo.
Spuntano viole nuove al passo lieve
degli scalzi tuoi piedi, sul mio cuore
che sangue caldo beve dalle tue mani a coppa,
sconosciute.
Muoio nell’ombra del tuo sguardo nero,
specchio opaco invidioso della luce
che intreccia morte ghirlande di parole.
Folle di nostalgia di un canto arcano
che lieve scivolava tra le rose.
Strappi con crudi artigli ogni colore,
anima viva ormai buia radura…
di un delirante, oscuro sabba osceno
tra maschere ghignanti a quella luna,
disco morente che recide il sole.


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In quei tempi, la religione si basava sulla credenza delle forze naturali. L’oceano, le foreste, le fiamme erano venerate giornalmente dagli abitanti del luogo. Come nell’antico Egitto, le catastrofi naturali erano segno d’ira e delusione da parte delle forze supreme.
Le persone non facevano distinzione le une dalle altre; erano un popolo pacifico, capeggiato da i più forti combattenti e dalle amazzoni, donne guerriere.
L’inizio della fine, se così si può denominare, avvenne in prossimità di un tramonto estivo, quando all’orizzonte la “vedetta” scorse una figura maschile sconosciuta avvicinarsi.
Costui, non curante delle minacce di morte da parte dei guerrieri sopraggiunti, continuò ad avanzare tranquillo verso il centro del villaggio. Non uno sguardo, non un sospiro, non un fremito da parte sua. L’uomo sembrava quasi un automa privo di sensi. Trapassava, calpestava ogni cosa. Nulla pareva scalfigerlo. Il suo manto nero, lungo e ondeggiante continuava il moto ondulatorio dettato dai suoi continui passi, dai movimenti calmi e quieti, senza fretta o sobbalzi.
Non una freccia sfregiò il suo viso, non una lancia trafisse il suo petto, non un pugnale ferì quel corpo. Immune ad ogni arma, la reincarnazione del mistero avanzava sereno. Come un fantasma che non poteva esser colpito, come un soffio che non poteva essere preso, come una nuvola che non poteva essere sfiorata. L’uomo avanzava, camminava. Fino a giungere nei pressi dei propilei, dell’entrate sacre del villaggio. Era notte. Tutto era avvolto dall’assillante silenzio e dal voluttuar di qualche battito d’ali di farfalla. L’uomo si fermò dinanzi un tempio, si sedette sulla scalinata e attese il buio.
Quando la notte spense la terra sottostante al cielo, l’uomo alzò il viso scuro verso i primi raggi di Luna e osservò curioso il calarsi della notte. Il dì si nascondeva quasi come un timido bimbo.
Il volto di costui si liberò dal pesante manto nero e chiunque, se pur per errore o per volontà, lo osservava, rimaneva ammaliato e devastato da tanta bellezza: occhi rossi, innaturali, forgiati da iridi nere sottili come un serpente; capelli argentei, albini, deliziati dalla luce delle stelle; pelle candida, diafana, come se rivestita dall’alabastro più pregiato. L’emblema della beltà era lì. Come Apollo si prostrava nella sua virilità, nella bellezza del fuoco e delle più ardenti fiamme scarlatte…
Era possessore di qualità mai viste, di pregi inumani. Era la bellezza fatta creatura.
Il manto scuro lentamente scoprì il corpo nudo: sulle caviglie e sui polsi borchiate catene e alle spalle ali piegate dalle piume corvine, lucide come lava fredda. Al primo sorger del Sole, egli scomparive, spiegando le ali e scappando via oltre il cielo, lasciando, ogniqualvolta, ceder una piuma sul terreno.
Chi lo vedeva se ne innamorava. Ma chi lo vedeva anche ne soffriva, poiché il suo corpo una sola volta poteva essere scorto da cadauno sguardo. Chi lo scorgeva, dannato a vita sarebbe stato, in preda al dolore di non poter più riveder l’amore. Chiunque si sarebbe dannato per sempre, fin quando al buio infinito sarebbe arrivato: il suicidio! L’unico modo di fuggir via da quegli incubi.
La pazzia prendeva spazio nel cuore della gente, le urla di disperazione aumentavano ogni notte, in cui lui tornava lì!Lentamente, tutto il villaggio di notte usciva dalle proprie case, per cercare il suo amore, quell’angelo proibito. E lui, sadico e godente delle pene altrui, si faceva vedere solo da chi ancora non l’aveva lodato. Solo da chi ancor non era divenuto suo schiavo.
Lentamente perciò, la morte si portò via sempre più gente…pian, piano la vita di ognuno si spense, preferendo smetter quel così atroce e continuo soffrire.
Finché un dì, l’angelo nero non catturò gli occhi di uno straniero sopraggiunto in quel villaggio oramai deserto. Gli occhi d’ambra del fanciullo lo fissarono e senza un accenno di piacer nel guardarlo, prestarono attenzione al nero paesaggio. In lui nulla cadde in oblio! In lui, nemmeno un muscolo si tese al guardar l’angelo! L’indifferenza fu l’arma più letale per costui che sopraffatto dall’ira fuggì ancor prima del sorger del primo spiraglio di luce. Il fanciullo dagli occhi d’ambra e i capelli corvini passeggiò per l’intero luogo, macchiato del sangue dei morti uccisi per le loro stesse mani. E, mentre questo giovane piangeva per la distruzione che aveva dinanzi, l’angelo nero piangeva sangue poiché per la prima volta qualcuno non cedette al suo richiamo…e quel qualcuno non era altro che il ragazzo verso il quale amore iniziò a provare, poiché non un umano era in realtà, ma un angelo bianco giunto per salvare dalla morte l’intera città.

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Questa notte un angelo nero non volerà…
Chiuderò le mie ali impolverate e stanche su ... i miei dolori, i miei rimpianti,
le mie passioni,il mio amore, il mio odio, la mia morte,
la mia continua dannazione di risorgere, di rimarginare le ferite ormai lacere e putride
della mia anima ... tutto questo
stanotte non accadrà.
Una tregua al mio spirito ... anche io ho bisogno a volte di ... dormire ... forse nell' oblio perdermi ancora e ancora nel mio sogno perenne di una passione mortale.
Raggi di luna si infrangono sul mio volto ,nello specchio della mia anima orbite vuote mi guardano in un abisso di follia.
Pegaso...mio caro amico ... portami con te ancora una volta ... per un ultima battaglia ancora ...
forza fammi indossare l' armatura ,impugnare la vecchia spada e brandire lo scudo pieno di antiche leggende affinché possa scendere nell'arena ancora una volta e ancora una per sentire la mia pelle sanguinare e la mia carne lacerasi in questo scontro ancestrale di anime.
Le tue mani brillano nella notte, avvinghiano come serpenti, mi assalgono; creature infernali delle quali godo ogni istante del mio ricordo, il tuo profumo mi ubriaca come il desiderio che scaturisce nel naufragare ogni
volta nel mare dei tuoi occhi.
Della maschera del bene diffido; del tuo male così palese mi sto ubriacando.
Questo male così assoluto e puro che sento mio.


***************************************************************

Perfino il più cruento e imbattibile dei mali, un dì smetterà di vivere. L’angelo nero dell’Apocalisse era stato sconfitto dall’amore, da colui verso il quale sentimenti umani iniziò a provare.
Un pensiero però adesso mi giunge: siete curiosi di saper il perché di questa storia?
In realtà son io a dar lei tanta importanza: poiché il ragazzo dagli occhi d’ambra e i capelli corvini, nonché l’angelo bianco della giustizia…ero io.

~ Ǿ Ŵ Ã Ř Į~



Note dell'autrice:
^__^ uh! Che bello! Sono riuscita a finirlo entro un'oretta! ^//^ Come scritto prima della descrizione, questa breve one-shot è dedicata a Nanamalefica! Polipettina mia, ti piace? *__* Spero proprio di si! >///< Ok, ok. La storia è un po' breve e incompleta. Ma era proprio così che volevo renderla. Come una novella raccontata da un narratore interno alla storia, anche se in apparenza estraneo! ^____^ E' scritta in linguaccio ipotattico...scusate ma è più forte di me! >///< Mi piacciono questi registri complessi*.* rendono tutto più antico! XD Questa storia sarebbe dovuta essere una sorta di mito greco...o.O Non so se ho propriamente centrato l'obiettivo >//>...
Cmq se è piaciuta vi prego di commentare^__^. Magari mi date qualche consiglio! >.< Ah, se non fosse stato capito, l'angelo nero era Kei e quello bianco Rei! XD A proposito, è un po' che non aggiorno le altre ff di beyblade, infatti sto cercando di essere un po' più attiva! =.= Ma sono stata davvero straboccante di impegni! @__@ Grazie a tutti i miei lettori che continuano a scrivermi^///^! Un bacio enorme a tutti i miei amici e in particolare a nanetta*-*!
Dawa mate, mate aimazu! ^O^
=^^=LuNa-ChAn=^^=
 
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