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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Vampire Knight
Titolo Fanfic: MOONLIGHT DARK
Genere: Sentimentale, Dark
Rating: Per Tutte le età
Autore: war galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 22/02/2007 21:23:03 (ultimo inserimento: 18/04/08)

Per qualcuno il collegio Cross rappresenta qualcosa in bilico fra speranza e disperazione...
 
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AMETHYST EYE
- Capitolo 1° -

AMETHyST EYES

L'epoca che mi diede i natali era quella che avrebbe sfatato il vecchio adagio di coloro che credevano nell'imminente fine del mondo. Mille e non più mille, dicevano. Tuttavia, agli inizi dei Ventesimo secolo la gente viveva e in un certo senso correva incontro alla Grande Guerra, del tutto ignara e disinteressata a cosa sarebbe potuto accadere il giorno dopo.
Viveva il presente, cercando di trarne il meglio, afferrando a piene mani dalla coppa che un incostante Ganimede porgeva.
Londra era una città molto bella e molto avant-garde... Ricca di novità, artisti, poeti, inventori... Una città tutto sommato giovane e molto dinamica.
Tuttavia, come ogni città aveva dei lati oscuri e terribili... Maniaci e assassini mai catturati e diventati leggenda, da qualche decennio si era conclusa la vicenda Jack The Ripper che si erano verificati degli attentati alla Corona...
Nei suoi vicoli bui, lontano dai quartieri nobiliari si potevano trovare strade popolate da un' umanità disperata, derelitti che cercavano rifugio nell'alcol, bambini coperti di cenci e prostitute che vendevao il loro corpo per pochi penny.
C'era chi operava per il bene dei cittadini, proteggendo la città alla luce del sole, come la Regina aveva comandato... La polizia londinese, Scotland Yard e i suoi investigatori...
E poi c'erano gli altri, gli Hunter... "Cacciatori" era il nome di cui si servivano per riconoscersi fra di loro... E vivevano la loro vita in bilico fra luce e tenebra.
Mio padre era un Hunter, come lo era stato suo padre prima di lui e il padre di suo padre, per generazioni...
E alla sua morte, mio zio ne aveva ereditato la missione, per poi lasciarla a sua volta in eredità a suo figlio e ai figli dei suoi figli...
Ma quello che significava tutto ciò, lo capii solo in seguito.

Per gli Hunter, Dracula non era il macabro personaggio nato dalla fantasia e dalla penna di Bram Stoker... Per i membri della nosta famiglia, nelle cui vene scorreva una parte del sangue dei Van Helsing, era la realtà celata al resto del mondo.
Nel sotterraneo del palazzo in cui vivevo con mio zio, mia zia e mio cugino avevo spesso visto crocefissi, paletti appuntiti, balestre e grandi spadoni con cui mio zio combatteva le creature della notte.
Ai miei occhi era un eroe.
Il più grande di tutti.
L'esempio da seguire, da emulare e da superare, un giorno lontano.
Quello che so dei miei genitori non è molto, dato che sono rimasta orfana il giorno stesso della mia nascita.
Quello che mi hanno raccontato è che mamma e papà sono morti in un tragico incidente e che mamma era la gemella di zio Alexander.
Sinceramente mi è difficile immaginare i bellissimi tratti di mio zio su un volto femminile... Eppure dalle foto in bianco e nero che ho potuto vedere e da alcuni ritratti, posso dire che mia madre gli somigliava davvero, pur essendo una bella donna.
Sfortunatamente per me non ho preso da lei nè l'oro dei capelli, nè l'azzurro degli occhi. I miei infatti, per quanto ricci come i suoi sono neri come l'ala di un corvo e gli occhi sono leggermente allungati di un blu così scuro e profondo da parere quasi neri, soprattutto alla luce delle candele, dove prendono un'inquietantissima sfumatura viola.
A volte, mio cugino mi diceva che forse qualcuno di simile a me aveva ispirato la fiaba di Biancaneve... Capelli di ebano, pelle nivea e labbra rosse come le ciliegie... A quell'epoca credevo davvero che in me l'ebano si limitasse ai capelli e non intaccasse mai il mio cuore... In ogni caso, i tratti di mio padre, che era per un quarto orientale non si potevano certo dire invisibili nel mio aspetto.

Allora ignoravo tante cose... Detto col senno di poi, ne inoravo davvero troppe e prima di quanto immaginassi avrei scoperto la verità sulle mie origini, e lo avrei fatto in un modo piuttosto diretto e traumatico. Ma forse, non essite un modo soft per scoprire certe cose...

Quella sera io ed Erik eravamo in procinto di compiere la cosa più stupida che potevamo fare in vita nostra... E pensare che a sedici anni le donne erano già fidanzate o sposate... Insomma avevano già messo su famiglia ed erano adulte. Certo, raramente potevano vantare un matrimonio fatto per amore... Tuttavia sposarsi le faceva uscire da quel limbo chiamato fanciullezza, in cui non ci si scontra con i grandi problemi degli adulti, e si gode di una certa spensieratezza. Il problema maggiore per le ragazze che vanno dai quattordici ai diciotto anni, infatti era quello di trovare marito, essere compute e in ordine, insomma delle vere signorine dabbene della società. Ragazze per le quali tagliarsi i capelli è una tragedia, che devono chiamare il medico se hanno un unghia spezzata, che passeggiano con l'ombrello sotto il sole altrimenti perdono il loro incarnato niveo come la porcellana (ottenuto con dei salassi se la cipria non basta), ragazze che faticano a fare di conto, ma con ago e filo sono imbattibili... Ragazze lontane anni luce da me. Io non avevo mai avuto nessun pretendente, fosse stato mio zio a scoraggiare i pochi audaci o avessi fatto da sola uno splendido lavoro devo ancora stabilirlo, ma la cosa non mi interessava per nulla...
Ripensandoci adesso, forse una parte di me... Quella parte di me... già lo sapeva. Io sapevo di non essere come tutti gli altri.

"Guarda che se mi dici che hai paura possiamo tornare a casa..." sussurrò Erik puntando la poca luce del candelabbro verso la porta di legno e ferro dell'abitazione.
"Lo so che vuoi farmi ammettere di avere paura per deridermi a vita! Io non torno indietro! E poi ai vampiri nemmeno ci credo, ecco!" ribattei con stizza, anche se la mia voce risultò un pochino più tremula del solito.
"Allora... Prima le signore!" ghignò mio cugino facendo un inchino e cedendomi il passo.
"Vile!" ritorsi volgendomi di nuovo verso la porta di ingresso.
Ero cresciuta, come tutti i ragazzini del palazzo, con racconti spaventosi che riguardavano la torre dietro il ciliegio. Essa era l'icona della paura. Per alcune ragazze era sufficiente menzionarla per vederle tremare, ma io non ero fra queste. Erik diceva che avevo l'anima di un vero Hunter, che non ha paura di nulla e affronta il male con coraggio. In realtà quella era stupidità mista a una grande dose di incoscienza. Avere paura è un requisito fondamentale per portare a casa la pelle. Ogni volta. Erik diceva sempre che ero la sua principessa guerriera e che più che Luna, avrebbero dovuto chiamarmi Diana, come la dea della caccia. In effetti con arco e frecce o semplicemente con la fionda avevo una gran bella mira.
Tornando ai vampiri... A dirla tutta ero affascinta, quasi stregata dalle storie di vampiri.
Avevo persino sottratto di nascosto un libro che trattasse di tale argomento dalla biblioteca di mio zio, ma sfortunatamente per me era scritto in modo troppo difficile perchè riuscissi ad afferrare bene i concetti. E i caratteri manosciritti erano ricchi di svolazzi che a volte confondevano lo sguardo sulla lettura. Non che potessi aspettarmi altro da un libro vecchio come quello, dopotutto la stampa era un'invenzione piuttosto recente e come avrei scoperto in seguito certi testi non dovevano essere alla portata di tutti.
D'altra parte non c'era di che meravigliarsi a quel tempo. Il tasso di alfabetizzazione, soprattutto femminile era molto vicino al nulla. Io avevo imparato solo perchè mio zio era un personaggio di spicco nella politca del Paese e mio cugino, decisamente poco incline allo studio si era messo d'impegno a insegnarmi a leggere e scrivere, affinchè io gli facessi i compiti che i maestri che gli tenevano le lezioni private gli davano.
In ogni caso, anche se non leggevo troppo bene ero veloce di intelletto e le illustrazioni che avevo spesso visto in quelli che zio chiamava Libri Proibiti e che ci avrebbe frustato se ci avesse visti solo sfogliare, erano chiarissime.
Nella nostra folle ingenuità, anzi, nella mia, avevo fatto il ragionamento logico che se lo zio non era mai andato in quella torre era perchè là dentro non vi era nessun vampiro, ma erano semplicemente voci infondate che qualche adulto aveva messo in giro, per tenere i ragazzini ficcanaso lontani.
Arricciai il naso osservano la gonna di pizzi e merletti che mi arrivava alle caviglie, le calze bianche di cotone e le scarpe nere di vernice con la zeppa. Mi chiesi di nuovo perchè dovevo sempre vestire come una bambolina. Forse lo zio non si rendeva conto che non avevo più dieci anni? E che per quanto ci si ingengasse a nasconderlo sotto merletti il mio petto era molto più morbido di quello di una bambina? L'unica consolazione era che se in qualsiasi altra circostanza mi avrebbero presa per pazza, data la posizione di spicco della famiglia, mi consideravano solo estremamente eccentrica.
Ma quella non era la sola cosa eccentrica che io facessi. Più di una volta, quando zio era lontano da casa e la zia era con lui, sgattaiolare fuori casa sotto il naso della servitù era facilissimo. Vestita con gli abiti di mio cugino avevo potuto osservare un mondo così esclusivamente maschile che nessuna donna dell'epoca avrebbe pensato solo di sbirciare.
Che fosse la mia natura o meno, per Erik non ero mai stata une bella donna, ma più il suo migliore amico, a cui si fanno confidenze che non ci si sognerebbe mai di fare a qualcuno che si considera come un bell'esponente dell'altro sesso.
"Allora, rinunci Luna?"
"Sta' zitto!"
Oltre il portico disseminato di polvere, foglie morte e assi scricchiolanti si trovava la porta che introduceva in quella Torre... Raddrizzai le spalle, raccogliendo la sfida come avevo sempre fatto e avanzai sulle assi marcescenti.
"Erik, vedi di non far spegnere la candela, non vorrei spaccarmi una gamba perchè inciampo da qualche parte!" borbottai registrando il tremito nel fascio di luce.
"Se cammino è ovvio che la luce si sposta con me!" ribattè lui.
Mi voltai a fissarlo con gli occhi stretti a due fessure diffidenti, poi aprii quella porta.


Salire le scale a chiocciola, immersi nella fragile luce della candela si rivelò essere più disorientante che non farlo di giorno. Era come se le tenebre inghiottissero ogni cosa. Non c'era nulla davanti a noi e nemmeno dietro di noi. Solo quell'andamento a spirale che finiva per essere ipnotico e per dare alla testa, come un vino fresco e dolce.
Finalmente ci trovammo davanti a dei drappi di velluto purpurei che celavano la stanza circolare dell'ultimo piano.
"Fin qui è quasi una delusione. Non è diversa dalle altre torri in cui siamo entrati!" borbottai delusa.
"A parte le ragnatele... Che schifo sono lunghe fino a terra, guarda!" indicò lui con un cenno del mento.
"Bhe, mica ci devi vivere qui! Dai vediamo se il vampiro ha lasciato la sua bara in questa stanza, fammi luce!" gli dissi impaziente. Volevo svelare quel mistero, in nome di che cosa non saprei dire nemmeno ora.
Una volta giunti al centro della stanza la trovammo davvero.
La bara.
Nera, lucida e aperta.
A ridosso della parete.
Foderata di bianco lucido... Così pulito... Così candido...
Come ipnotizzata mi avvicinai alla bara e allungai la mano a sfiorare la morbida imbottitura interna. Erik era ancora paralizzato qualche passo dietro di me...
Accadde tutto così in fretta che i miei ricordi non riuscirono a ricostruire l'accaduto...
Qualcuno si era materializzato all'ingresso della stanza. Non vi erano vie di fuga.
Le finestre, ammesso che non ci sfracellassimo a saltare da esse, erano comunque troppo strette per farci passare...
Ebbi solo il tempo di fare quella valutazione che la mano del vampiro afferrò la gola di Erik, le sue unghie penerarono nella morbida pelle del collo e il sangue iniziò a sporcare il colletto bianco della camicia e le lunghe dita del mostro.
Il candelabbro cadde a terra, la candela si staccò e rotolò sul pavimento. Per qualche istante non vi fu altra luce che quella della luna che filtrava dalle strette finestre alla mia sinistra.
Poi lo udii... Quel suono orribile.
Come una specie di succhiare e seppi che la massa scura davanti a me altro non era che il vampiro avvinto ad Erik che si nutriva di lui.
Qualcosa esplose dentro di me.
Paura.
Rabbia.
Furia.
...
Desiderio.
La belva sopita alla fine si era risvegliata.
Mi scagliai con tutta la mia forza contro quelle due figure, nel tentativo di separarle, di sentire, di toccarle... Troppa confusione nella mia testa... Era come se... Volessi unirmi a loro e nello stesso tempo sottomettere entrabi, dominarli...
Sentii sulle mani la sensazione viscida del sangue. La sentii anche in faccia. Umidiccio e tiepido, poi freddo e infine sentii qualcosa trafiggermi il polso e fu allora... Fu allora che gridai.
La mia voce parve echeggiare fra i mondi. Fra quello dei vivi e quello dei morti. Fra luce e tenebre.
La candela che in realtà non si era spenta aveva fatto il suo lavoro e improvvisamente la luce invase la stanza. La tenda stava bruciando in un rogo enorme.
Il vampiro si portò una mano davanti agli occhi, infastidito.
Registrai che sembrava giovane. Vent'anni al massimo. Aveva capelli biondo cenere lunghi come quelli di una ragazza. Indossava una camicia bianca con i polsi di pizzo, un panciotto nero come i pantaloni e il frack.
Erik rantolava ai miei piedi. Il mio polso era ancora premuto contro la sua bocca, con le zanne confitte nella mia carne e il sangue che gocciolava sul pavimento di legno...
Istinto di sopravvivenza?
Provai solo una profonda, devastante, inceneritirice rabbia.
Non seppi dove attinsi la forza, sta di fatto che riuscii ad allungarmi quanto bastava e ignorando il dolore dell'ustione afferrai la tenda in fiamme e la scagliai contro il vampiro.
Prese fuoco rapidamente.
Bruciò come carta sul fuoco, gridando in un modo che di umano non aveva nulla.
Non ricordavo come avevo fatto, cosa fosse successo...

Mio zio ci trovò insanguinati sotto il ciliegio, che osservavamo con sguardo vacuo le fiamme uscire dall'ultimo piano della torre.
Nel blu inenso della notte, le fiamme parevano voler lambire il cielo e le stelle... Ma la cosa più terribile di quello spettacolo era la luna che riempiva il cielo a lato del ciliegio, lontano dal rogo...
Una luna enorme.
Tonda come una palla, ma....
Una luna rossa.
Rossa come il sangue che avevamo addosso.
Erik aveva perso molto sangue da due forellini che aveva sul collo.
Io avevo una mano ustionata, ma il polso, che avrebbe dovuto essere martoriato non portava alcun segno. La pelle era nivea, nessuna minuscola ferita o segno di morso... Solo gli occhi erano cambiati definitivamente e irreversibilmente. Non più blu. Mai più blu.
Come se avessro inghiottito quella luna rossa, adesso erano...
Solo viola.
 
Continua nel capitolo:


 
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VOTO: (1 voto, 3 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 3 commenti
Rif.Capitolo: 4
ggdtui
27/09/08 15:57
ti prego... me infelice se nn continui :-(
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Rif.Capitolo: 4
ggdtui
17/09/08 20:12
CONTINUAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
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Rif.Capitolo: 4
ggdtui - Voto:
21/06/08 09:54
L'ho appena letto e devo dire ke mi è molto piaciuto xò ... ti chiedo di continuarlo ... voglio assolutamente vedere cm andrà a finire ... TI PREGO CONTINUALOOOOOOOO !!!! *_____* il mio kaname fa sempre la sua figura bona ç____ç amoreeeeeeee
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