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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: BANDE
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: kgchan galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 27/01/2003 22:01:24

quando il passato ritorna.
 
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1° CAPITOLO
- Capitolo 1° -

Bande

Disclaimers: i personaggi appartengono a Takehiko Inoue eccetto Kiryu, la sua famiglia, le bande Lions e Tigers, ed alcuni altri.
Note: tra le virgolette singole ‘…’ ci sono i pensieri; tra le virgolette doppie “…” ci sono i discorsi; tra gli asterischi *…* ci sono le parti scritte; tra i maggiori e minori (scusate, ma non so come chiamarli) <…> ci sono le discussioni telefoniche.

^_^ Buona lettura!!! ^_^


Liceo Shohoku.
I ragazzi del club di basket stanno facendo il loro allenamento.
Tra la folla di sostenitori che stavano assistendo agli allenamenti c’era una ragazza che fissava intensamente un unico giocatore. Quel giocatore era Hisashi Mitsui.

Hisashi per tutto il tempo degli allenamenti aveva avuto la sensazione di essere osservato, ma non se n’era curato troppo. In fondo c’era abbastanza abituato.
Eppure, anche mentre si faceva la doccia, aveva la sensazione che quel pomeriggio ci fosse stato qualcosa di diverso. Ma cosa?
Hanamichi, vedendolo imbambolato e perso nei propri pensieri, senza farsi notare gli aveva aperto l’acqua fredda al massimo.
“Ma che cazzo succede?” vedendo Hana ridere a crepapelle lo dedusse. Scordandosi ciò cui stava pensando prese a rincorrerlo per tutto lo spogliatoio con una bacinella piena d’acqua fredda.
Come gli fu abbastanza vicino gli tirò addosso il contenuto.
Sfortuna volle che Akagi scelse proprio quel momento per frapporsi tra di loro, per farli calmare, e… farsi una doccia fredda.
Infuriato appioppò ai due ragazzi un pugno in testa ciascuno.
“Scusa capitano.” Disse Hisashi.
“Ma io che c’entro? È stato lui a tirarti addosso l’acqua.”
L’occhiata che il capitano gli rivolse ,però, lo indusse a credere che fosse meglio per una volta starsene zitto.
Poco dopo tutti si stavano avviando all’uscita della palestra.
Fuori incontrarono Ayako, Haruko e le sue amiche.
“Sorellina che ci fai ancora qui? Credevo che fossi già andata a casa.”
“Oh, Harukina mia!” Fu il commento di Hanamichi.
“Ciao Hanamichi.” Lo salutò la ragazza. Poi si rivolse al fratello. “Stavamo aspettando te. Al cancello della scuola c’è una banda di teppisti e non ci sentivamo tranquille.”
“Avete fatto bene ad aspettare.”
Tutti insieme si diressero al cancello.
Una banda di motociclisti si era disposta a semicerchio rendendo difficile il passaggio a chiunque.
“E loro cosa ci fanno qui?” disse Hisashi più a se stesso che agli altri.
“Li conosci?” gli chiese Akagi.
“Sì. Fanno parte della banda dei Tigers.”
“Sono degli amici o dei nemici?” domandò Miyagi.
“Degli stronzi.” Fu la risposta di Hisashi. Poi aggiunse: “Voi allontanatevi. Me ne occupo da solo.”
“Scordatelo! Siamo una squadra, no?” gli disse Miyagi.
“Grazie. Però è meglio se alcuni dei ragazzi accompagnano le ragazze. Loro devono restarne fuori.”
Decisero di farsi avanti i titolari del club di basket più l’armata Sakuragi che si era, nel frattempo, unita a loro.
“Ehi, Shu. Che cavolo ci fai qui?”
“Toh, ma guarda chi si vede! Hisashi Mitsui. Mi pare che noi due avessimo un conto in sospeso.” Disse un energumeno scendendo dalla mota centrale ed andandogli incontro con fare minaccioso.
“Credo che tu, Shu, stia sbagliando persona.” Disse una voce femminile alle spalle del gruppo del club di basket.
Tutti si voltarono per vedere chi avesse parlato.
A Hisashi mancò il fiato per un attimo. “Kiryu.” Sussurrò quando lo ritrovò.
Lei lo ignorò totalmente, mentre si frapponeva tra lui e Shu.
“In effetti, siamo venuti per te. Non ci è piaciuto lo scherzetto che ci avete combinato.”
“Noi non vi abbiamo fatto alcuno scherzetto.”
“A no? E allora chi ha mandato all’ospedale tre dei nostri uomini?”
“E io cosa vuoi che ne sappia? Tra di voi ci sono talmente tante mezze calzette che anche un bambino delle elementari saprebbe metterli K.O.”
“Come osi mocciosa?”
“Kiryu ma sei impazzita?” si intromise Hisashi.
“Tu restane fuori. Non c’entri più nei nostri affari.” Il suo tono e il suo sguardo era stato ancora più glaciale di quello che, a volte, usava Kaede. Hisashi rimase shockato da quello sguardo.
Poi Kiryu tornò a rivolgersi a Shu. “Per quanto riguarda te, invece, dovresti sapere che non ti conviene sottovalutarmi.”
“E, infatti, non ti sto sottovalutando. Non vedi quanti uomini ho portato con me stavolta?”
“Vediamo… uno, due, tre… Mi pare che continui a sottovalutarmi. Che cosa credi che potete farmi in sette?”
“Farti a pezzi.”
“Beata ignoranza.” Fu il commento di Kiryu.
“Ehi! Basta! Non vedi che lo stai facendo incazzare di più?” si intromise ancora Hisashi.
“Sparisci!” gli disse Kiryu con lo stesso sguardo e lo stesso tono di prima.
“Ma guarda… Adesso fai il buon samaritano? Forse è normale. Ti senti in colpa per aver abbandonato la tua banda e aver fatto ricadere tutto su una ragaz…”
“Adesso basta!” lo fermò Kiryu. “Sei venuto qua per me, ricordi? Non per trastullarti con i ricordi dei vecchi tempi.”
“Hai ragione.” Concesse Shu.
“Allora seguimi. Qui siamo in zona neutra.” Gli disse adducendo ad un patto tra bande che vedeva i luoghi di lavoro e le scuole come zone neutre in cui non ci si poteva battere.
“E dove vorresti andare?”
“In un posto più intimo qui vicino. Prendo la moto.”
Prese la moto dal parcheggio per gli studenti di fianco al cancello. Hisashi tentò ancora di fermarla quando tornò.
“Togli le mani dalla mia moto.”
“No. Ti stai cacciando in guaio più grande di te.”
“E tu che ne sai?”
“Lo so perché ti conosco!”
“Sbagli. Tu non mi conosci. In un anno le persone cambiano. Totalmente. Ora te lo dico di nuovo: togli le tue mani dalla mia moto.” Il suo tono era calmo, ma proprio per questo, più pericoloso.
Lui obbedì, fulminandola con lo sguardo. Lei fece segno agli altri motociclisti di seguirla e si allontanarono.
“Merda! Sei una stupida!” gli gridò mentre lei se ne andava.
I suoi compagni rimasero a fissarlo.
“Che cosa pensi di fare adesso?” domandò Miyagi.
“Non lo so. Non ho idea di dove possa essere andata.”
“Ha detto un posto intimo qui vicino. Ma che significa? Può essere di tutto.” Disse Hanamichi.
“Aspetta… Un posto intimo… Ma certo! Sono andati alla Iartis!” intuì Hisashi.
“Alla Iartis? Ma non è quella fabbrica abbandonata?” chiese Akagi.
“Infatti. Il posto ideale per una scazzottata.”
Hisashi iniziò a correre e si accorse di essere seguito dagli altri ragazzi.
“Ma cosa…?” tentò di chiedere.
“E’ da molto che non facciamo a pugni con nessuno.” Lo interruppe Hanamichi.
Hisashi in cuor suo li ringraziò. Dopodiché aumentò la velocità subito imitato dagli altri.
La fabbrica era vicina se si era in moto. Ma a piedi, anche correndo ci voleva almeno un quarto d’ora. Alla loro velocità la raggiunsero in dieci minuti. Intanto Hisashi pregava di arrivare in tempo.
Quando finalmente arrivarono, videro delle luci nel piazzale. Le luci provenivano dalle moto che, disposte a cerchio, permettevano ai combattenti di vedere perfettamente, nonostante il buio che era già sceso sulla città.
Nel momento in cui arrivarono i ragazzi, Kiryu, che dava loro le spalle, stava colpendo Shu con un pugno allo stomaco. Questi cadde a terra perdendo i sensi.
“Kiryu.” Sentendosi chiamare la ragazza si voltò e li vide.
Anche loro poterono vedere il suo viso. Aveva un labbro che sanguinava e un livido che si stava già formando sulla guancia.
“Mi pareva di averti detto che non erano affari tuoi!” disse seccata passandosi la manica della giacca della divisa sul labbro per asciugarsi il sangue.
“Mi vuoi spiegare che significa?” chiese Hisashi indicando i ragazzi a terra.
“Non ci vuole una laurea in ingegneria elettronica. Li ho stesi, messi K.O., mandati al tappeto… scegli tu l’espressione che preferisci.”
“Lo sai a cosa mi riferisco! Perché sono venuti a cercare te?”
“Per regolare i conti con i Lions. Semplice.” Disse lei salendo in moto e accendendola.
“Aspetta! Questo significa…”
“Bravo. Ci sei arrivato.” Lo interruppe. Poi con una sgommata partì.
“Maledizione!” disse Hisashi.
“Ehi, che ti prende?” domandò Miyagi.
“E’ diventata il capo!”
“Il capo di cosa?” chiese Hanamichi.
“Dei Lions!”
“Scusa, ma noi non ci stiamo capendo più niente. Perché non ci fai un riassunto?” propose Mito.
“Ve lo spiego mentre ce ne andiamo da qui.” Tutti si diressero all’uscita. Nel frattempo Hisashi iniziò a parlare.
“Come vi ricorderete io ero a capo di una banda prima di tornare nel club di basket. (Lo so, non era esattamente il capo, però mi serve per la storia, perciò datemela per buona. ^_^’) Non eravamo certo stinchi di santi. Nella banda c’era anche lei. Non sempre era parte attiva. Partecipava soltanto quando c’era in ballo l’onore o quando riteneva che fosse giusto. Infatti quella volta in palestra non venne, ritenendola una cosa sbagliata. Quando lasciai la banda, questa si divise in due fazioni. Una comandata da Tetsuo e l’altra comandata da Riu. Per una serie di motivi si diedero rispettivamente il nome di Lions e Tigers. Kiryu si era schierata nella banda di Tetsuo. Alcuni mesi fa anche lui ha lasciato la banda. Sapevo che avevano già trovato un altro capo, ma non sapevo chi fosse. E sinceramente non volevo saperlo. Volevo restarne fuori totalmente.”
“Quindi il capo adesso è Kiryu.” Disse Miyagi.
“Sì.” Convenne Hisashi.
“Possibile che una ragazza diventi il capo di una banda?” chiese Takamiya.
“L’avete visto anche voi. Da sola è riuscita a mettere al tappeto quei sette energumeni in 10 minuti.”
“Si direbbe abbastanza forte.” Disse Hanamichi.
“Togli pure l’abbastanza. È grande nei combattimenti. Ma non doveva finire così.”
“C’è qualcos’altro vero?” chiese Kaede sorprendendo tutti.
“Sì, infatti. Lei era entrata nel nostro gruppo perché era la ragazza di uno della banda. Stava con noi perché non aveva nient’altro. La sua famiglia se n’è sempre fregata di lei. È stata adottata e da quando i suoi genitori hanno avuto un figlio naturale le cose sono peggiorate. Quando poi il suo ragazzo ha lasciato la banda si è sentita ulteriormente abbandonata. Anche se il suo ragazzo voleva che lei andasse via con lui per poter rimanere insieme.”
“Ma non potevano rimanere insieme lo stesso?” chiese Mito.
“No. Se uno abbandona la banda, non può rimanere legato ai membri. Per lo meno non se il sentimento che li unisce è l’amore. Altrimenti rischierebbe di rientrarci poco dopo.”
“Ti senti responsabile per lei perché eri il suo capo?” chiese Miyagi.
“Anche per quello.”
Nel frattempo erano arrivati davanti alla scuola. Si salutarono ed ognuno andò verso la propria casa.

“Sono tornato!” annunciò Hisashi quando arrivò a casa.
“Bentornato! È andata bene la giornata?” gli chiese la madre.
“Poteva andare meglio. Faccio una telefonata.”
“Fai in fretta che è quasi pronta la cena.”
Hisashi salì al piano di sopra per andare in camera sua, prese il telefono, compose un numero e attese che rispondessero.
<<Pronto?>>
“Ciao Tetsuo. Sono Hisashi.”
<<Ehilà! Come mai questa telefonata?>>
“Perché non mi hai detto che il nuovo capo è Kiryu?” domandò senza preamboli.
<<Quando ti ho chiesto se volevi sapere chi era il nuovo capo hai detto di volerne restare fuori.>>
“Perché credevo fosse uno qualsiasi. Dovevi dirmelo che era lei!”
<<E che avresti fatto?>>
“Io…” silenzio.
<<Anche se te l’avessi detto non sarebbe cambiato nulla. La conosci meglio di me. Se si mette in testa una cosa è impossibile farle cambiare idea.>>
“Proprio perché la conosco mi preoccupo per lei.”
<<Non devi. Lo sai che è in gamba.>>
“Forse una volta. Oggi si è comportata da incosciente. Fuori dalla scuola c’erano sette tipi dei Tigers. Invece di farli calmare gettava benzina sul fuoco. E non contenta alla fine si è fatta seguire e li ha portati alla fabbrica per combattere da sola contro di loro.”
<<Com’è finita?>>
“Li ha messi tutti K.O..”
<<L’avevo detto che è in gamba.>>
“Le è andata bene perché era lo squadrone di Shu. Ma cosa sarebbe successo se fosse stato quello di Riu.”
<<…Forse hai ragione. Che cosa vuoi che faccia?>>
“Prova a parlarle. A me non da ascolto. Anzi se possibile fa il contrario di ciò che dico. Magari a te darà retta.”
<<Non ne sono convinto, ma ci proverò.>>
“Grazie. Sei un amico.”
<<Già. Sono vostro amico. Tuo e di lei. Ma mi chiedo cosa sia lei per te.>>
“Che vuoi dire?”
<<Sei sicuro che lei sia solo una della banda di cui preoccuparsi? Non è che forse l’ami ancora?>>
In quel momento la madre lo chiamò. Hisashi salutò Tetsuo senza rispondere alle sue domande e riagganciò. Ma per tutto il resto della serata non riuscì a togliersi dalla testa le parole dell’amico. Anche mentre era a letto cercando di addormentarsi continuava a rimuginarci sopra.
‘La amo ancora? Non ne ho la più pallida idea. Certo lei è stata importante per me. Ma… Merda! Non ci capisco più niente. Tetsuo non poteva starsene zitto? Figurati deve sempre dire la sua.’
Circa un’ora dopo riuscì ad addormentarsi.
Il giorno dopo quando Miyagi arrivò a scuola vide Hisashi appoggiato al muro davanti all’entrata della scuola.
“Ehi, ciao. Come va?”
“Ciao Ryota.”
“Che cos’hai? Mi sembri giù di morale.”
“Non è nulla.”
“Come mai sei qui fermo? Di solito a quest’ora devi ancora arrivare.”
“Miyagi, ma oggi i fatti tuoi proprio non te li vuoi fare, vero?”
“Scusa.”
“No, scusa tu. Sono un po’ nervoso. Sto aspettando Kiryu.”
“Capisco. Cosa vuoi fare?”
“Non ho ancora deciso. Quando la vedrò, deciderò.”
Nel frattempo arrivarono anche Ayako, Hanamichi, Haruko e Takenori.
“Ciao ragazzi.” Disse Miyagi.
“Che faccia scura Mitsui.” Disse Hanamichi.
“Sta aspettando la ragazza di ieri sera.” Spiegò Miyagi.
“Quale ragazza?” chiese Ayako.
Miyagi fece un breve riassunto.
Poco dopo aver finito videro arrivare Kiryu.
“Eccola.” Disse Mitsui.
“E’ lei?” chiese stupita Haruko.
“Sì, perché?” Domandò Mitsui.
“E’ nella mia stessa classe.”
“Davvero?”
“Sì.”
“Akagi, in che classe sei?” le domandò Mitsui.
“In 1a B.”
“1a B… grazie.” Dicendo questo Mitsui si allontanò.
Durante la pausa pranzo Hisashi andò in 1a B.
Avvistò subito Kiryu e le si avvicinò. Si sedette a cavalcioni sulla sedia del banco davanti al suo poggiando le braccia sullo schienale.
“Che vuoi?”
“Che bella accoglienza.”
“Mi sono sforzata di essere gentile.”
“Figuriamoci se non ti sforzavi.”
“Se devi dirmi qualcosa, dilla e poi sparisci.”
“Non devo dirti nulla di particolare. Solo che non è stata una grande performance la tua di ieri sera.”
Lei lo fulminò con lo sguardo. Poi chiuse per un paio di secondi gli occhi. Quando li riaprì era riapparso il suo sguardo gelido. La ragazza si alzò e si diresse all’uscita.
“Non è stato inutile venire qui.” Le disse Hisashi.
Lei si fermò sulla soglia. “Che vuoi dire?”
Lui rimase immobile sulla sedia. “Che ho visto la fiamma.”
“Non la chiamerei fiamma. Era soltanto un piccolo focolaio. Facile da spegnere.”
“Ma che si può anche far divampare come un incendio.”
Lei lo fissò un attimo poi stupendolo sorrise. Sebbene i suoi occhi rimasero gelidi.
“Voglio proprio vedere se ne sarai capace. Ma ti avviso. È tutto inutile.”
“Forse. Ma non intendo arrendermi. Non questa volta. E questa volta vincerò io.”
Lei non rispose. Si limitò a guardarlo. Dopo alcuni secondi uscì.
A quel punto anche Mitsui si alzò. Si avvicinò a Haruko e le diede un foglio.
“Che ci dovrei fare?”
“Fammi un favore. Daglielo quando torna.”
“Non glielo puoi lasciare sul banco?”
“Col rischio che lo legga qualcun altro? No grazie. Te lo chiedo per favore.”
“Va bene.”
Ottenuta la risposta che voleva uscì dall’aula.
Quando finì la pausa pranzo, Kiryu Otashi tornò in classe.
“Scusa Otashi…”
“Che c’è?” chiese Kiryu.
“Prima Mitsui mi ha detto di darti questo, quando saresti tornata in classe.” Le disse dandole il foglio.
“Grazie.”
“Figurati.” Detto questo si allontanò.
Kiryu lesse il foglietto.
* Quando ieri ti ho visto mi è preso un colpo. *
‘Non si smentisce mai. Ma che inizio è?’ pensò la ragazza.
* E un colpo ancora più forte l’ho avuto quando ho capito che eri diventata il capo dei Lions. Ma dico, sei impazzita? *
‘Io lo strangolo. Ma come si permette?’
* Tu più di chiunque altro dovresti sapere cosa comporta essere il capo. La tua vita passa in secondo piano. Nel senso che ogni volta che combatti rischi di perderla. *
‘Guarda che non sono una femminuccia debole da proteggere!’
* Certo tu sei forte, lo so perfettamente. Ma prima o poi incontrerai qualcuno di ancora più forte di te. Non te la sto tirando. Ma succederà. E in quel caso potresti rischiare molto. Perché sarai alla sua completa mercé. Cosa farai se lui decidendo della tua vita, scegliesse di togliertela? *
‘Per quello che mi importa.’
* Scommetto che non te ne importa niente. So che la tua vita non è stata delle più felici. Ma possibile che non ci sia niente di importante per te? Non c’è davvero nulla che ti fa battere il cuore? Che ti faccia sentire felice? Che ti faccia sentire viva? *
‘Una volta c’era.’
* Non ci credo. E se davvero non c’è… *
‘Ma come? Finisce così? Quell’imbecille. Che avrà voluto dire?’
Continuò a rimuginarci sopra per tutto il resto delle lezioni. Quando finirono Kiryu decise di andare a vedere gli allenamenti della squadra di basket come il giorno prima.
Si nascose in mezzo alla folla e rimase a guardare Hisashi.
Era passato un anno ma era ancora capace di attirare la sua più completa attenzione. Anche ora mentre si stava mettendo in posizione per fare un tiro da tre punti. Il rossino cercava di stopparlo ma lei sapeva che era inutile. Hisashi l’avrebbe superato. Infatti con un’abile finta si spostò di lato e, compiendo un unico fluido movimento, tirò la palla che scivolò perfettamente nel canestro, senza toccare né il tabellone, né l’anello.
Kiryu lo vide esultare di gioia e sorrise. Quando si accorse di ciò, fece riapparire sul suo volto la maschera di ghiaccio e si allontanò dalla palestra.
Si avviò verso casa a piedi. Quel giorno era stata accompagnata a scuola dalla madre, in macchina, in quanto la moto aveva avuto dei problemi a partire.
A metà strada si trovò circondata da alcuni uomini della banda dei Tigers.
“Che volete?”
“Pareggiare i conti.”
“Per ieri scommetto.”
“Brava sei più intelligente di quel che sembri.”
“E voi più stupidi.”
Quelli dei Tigers si erano presentati in cinque questa volta, ma, dopo che quello che sembrava il capogruppo fischiò, arrivarono da dietro un angolo altri sette ragazzi.
‘Ahia, le cose si mettono male.’
Iniziò una violenta scazzottata. Sebbene Kiryu fosse brava, non poteva farcela da sola contro tutta quella gente. Alla fine ne mise al tappeto la maggior parte, ma lei era conciata molto male. Aveva il labbro spaccato e sanguinante, lo stesso del giorno prima, vari lividi e le faceva un male incredibile il fianco.
Gli uomini dei Tigers, quelli che avevano ancora forza, aiutarono i loro compari a rialzarsi e si allontanarono lasciandola a terra dolorante.
“Accidenti al capitano. Oggi c’è andato giù pesante.” Si stava lamentando Hisashi mentre tornava a casa.
Mentre camminava si accorse della persona sdraiata a terra. Aveva intenzione di tirare avanti, ma aveva qualcosa di familiare. Avvicinandosi notò che si trattava di Kiryu. Provò a chiamarla ma era svenuta. Senza pensarci due volte la prese in braccio e la portò a casa sua. Fortunatamente i suoi sarebbero rimasti fuori quella sera.
La fece accomodare nel suo letto. Andò a prendere la cassetta del pronto soccorso e le si avvicinò.
Iniziò a curarle il labbro.
Forse per l’odore del disinfettante lei si riprese.
“Che cosa è successo? Dove sono?” chiese leggermente confusa.
“Sei a casa mia. In quanti erano stavolta?”
“Non ha importanza.” Disse lei ricordando tutto.
“Quanti?” ripeté con tono perentorio.
Lei lo fissò negli occhi. “12.”
“Lo sapevo che eri pazza, ma non pensavo fino a questo punto.”
“Che vuoi dire?”
“Ti sembra normale ritrovarsi da sola contro 12 uomini?”
“Guarda che non sono una fanciulla indifesa.”
“Lo so bene. Ma avrebbero potuto farti fuori.”
“Aspetta… Aspetta… Tutto questo mi sembra di averlo già vissuto. E ricordo anche quando. Tu e il tuo foglietto. Me l’hai tirata dietro.”
Come finì la frase cercò di mettersi a sedere ma una fitta di dolore al fianco la fece ricadere sul letto.
“Ti fa male?”
“Tu che ne dici?” gli rispose ironicamente.
“Alzati la maglietta.”
“Cosa?”
“Fammi vedere la situazione.”
“Te lo puoi scordare!”
“Non fare la bambina. Non c’è nulla che non abbia già visto. Tutto questo pudore mi sembra inutile.”
‘Io lo strozzo. Giuro, adesso lo strozzo!’ pensò la ragazza.
“Guarda che se preferisci chiamo un medico, così gli spieghi anche come ti sei procurata tutte quelle ferite.”
“Stronzo.” Disse ma alzò la maglietta.
Nel modo in cui l’aveva alzata, Hisashi poteva intravedere il suo reggiseno. Il ragazzo trattenne inconsciamente il fiato. Poi deciso a non mostrare il proprio turbamento lo rilasciò lentamente e si concentrò sulle cure.
Un livido si stava già formando sul fianco sinistro. Hisashi prese una pomata e iniziò a spalmargliela come aveva fatto sui lividi delle braccia.
Come poggiò la mano con la pomata sulla pelle di Kiryu lei tremò. Ma neanche lei sapeva se dipendeva dalla pomata che era fredda o dal fatto di sentire pelle contro pelle Hisashi. Certo l’aveva già sentito mentre le distribuiva la pomata sulle braccia, ma c’era una certa differenza tra le braccia e il fianco. Tanto più che avrebbe giurato che lui lo facesse apposta a sfiorarle il seno. Ogni volta involontariamente tratteneva il fiato. Totalmente imbarazzata per quelle sensazioni continuava a guardare ostinatamente tutto ciò che c’era nella stanza, eccetto Hisashi.
Lui dal canto suo aveva notato il suo turbamento e sebbene riuscisse a mantenere un’espressione impassibile, dentro di sé sorrideva.
Mentre faceva vagare lo sguardo nella stanza guardò la porta e, per associazione di idee, le vennero in mente i genitori di lui.
“Credo che ora basti. E poi non vorrei che i tuoi ci vedessero così.” Disse lei guardandolo negli occhi.
“Stai tranquilla. Sono fuori a cena.” Hisashi sapeva che doveva togliere la mano dal fianco di Kiryu, ma il corpo di lei lo tratteneva come una calamita fa con un magnete.
Rimasero a fissarsi alcuni secondi nei quali rivissero il loro passato felice.

FLASHBACK.
Un anno e mezzo prima.
Hisashi faceva già parte della banda. Era il braccio destro del capo.
Un giorno mentre girava per la città vide, in un parco, una ragazza che stava venendo importunata da un gruppo di ragazzi.
Le si avvicinò per aiutarla, o per meglio dire per fare a pugni. In quel periodo non aspettava altro.
Quando notò che la ragazza reagì e mise al tappeto tutti, rimase piacevolmente stupito. Non gli erano mai piaciute le ragazze frignone e insicure. E lei sembrava essere proprio il contrario. Un tipo forte e deciso. Il suo tipo.
Le si avvicinò.
“Sei uno di loro?” gli chiese lei notandolo.
“No. Volevo solo farti i complimenti. Sei molto brava. Dove hai imparato?”
“In orfanotrofio.” Di solito questa informazione faceva scappare tutti. Ma non lui. Iniziarono a parlare e fecero amicizia.
“Vieni spesso in questo parco?” le chiese Hisashi.
“Tutti i giorni.”
“Buono a sapersi.”
Poco dopo si separarono e tornarono ognuno a casa propria.
Il giorno dopo Hisashi tornò allo stesso parco. Ma di lei non c’era traccia.
Ci riprovò anche il giorno seguente, ma continuò a non avere fortuna.
Il terzo giorno, quando ormai stava per rinunciarci e andarsene, la vide arrivare.
“Ciao.” Le disse.
“Ciao…” disse con il fiatone.
“Hai corso?”
“Già… Sono uscita di casa di nascosto e ho fatto la strada di corsa.” Disse mentre si sedeva su un muretto.
Lui le si mise davanti restando in piedi. “Perché di nascosto?”
“Perché ho litigato con i miei e mi hanno praticamente rinchiusa in camera. Sono riuscita a scappare grazie all’albero di fronte alla finestra di camera mia.”
“Come mai sei uscita così di soppiatto? Non ce la facevi più a stare in casa?”
“Anche, ma in realtà speravo di vederti.”
“Davvero?”
“Sì. E a quanto pare ho avuto fortuna. Sei venuto anche tu oggi.”
“Veramente ci sono venuto anche ieri e l’altro ieri.”
Lei rimase un attimo in silenzio. “Perché?”
“Perché volevo rivederti.” Mentre parlava le aveva accarezzato la guancia. “Come fai con i tuoi?”
“In che senso?”
“Vuoi tornare a casa prima che si accorgano della tua fuga? Se vuoi ti accompagno.”
“Ti sei già stufato di me?”
“No. Lo dicevo per te.”
“Allora stai tranquillo. Tanto non se ne accorgeranno di certo.”
“Se lo di ci tu mi fido. Che cosa vuoi fare?”
“Mh… Sapere qualcosa di te.” Gli disse sorridendo.
Lui ricambiò il sorriso.
FINE FLASHBACK.

Come se si risvegliasse da un sogno Hisashi si allontanò da Kiryu che si riabbassò la maglietta.
Il ragazzo si avvicinò all’armadio e tirò fuori, un maglione, un paio di jeans e una cintura.
“Tieni mettiti questi.”
Lei sembrava ancora un po’ intontita.
“I tuoi sono macchiati di sangue.”
“Gra-grazie.”
Lui la lasciò sola e si diresse in cucina per preparare qualcosa per cena. Nel frattempo lei si cambiò.
Qualche minuto dopo lo raggiunse in cucina.
“Eccomi qui.” Disse dato che lui non sembrava essersi accorto della sua presenza.
Lui si voltò e la guardò. I suoi occhi si fecero dolci.
“Che succede?” chiese lei notando il suo sguardo.
“Quel maglione. Ti sta ancora meglio di quanto mi ricordassi.”

FLASHBACK.
Stavano uscendo insieme da circa un mese. Un acquazzone improvviso li aveva colti alla sprovvista. Avevano fatto una corsa fino a casa di lui che era vicina al negozio in cui erano andati a fare acquisti.
Entrambi erano bagnati fradici, perciò Hisashi le aveva dato dei suoi vestiti per cambiarsi. Per la precisione un maglione e un paio di pantaloni della tuta.
Quando lei finì di cambiarsi e lo raggiunse in salotto lui non poté reprimere un commento. “Stai benissimo con il mio maglione.”
“Ha il tuo odore.”
“E che odore è?”
Lei gli si avvicinò e avvicinò il suo viso al collo di lui. “L’odore della tua pelle. Sai di buono.”
Lui l’abbracciò. Lei scostò leggermente il viso. Si guardarono per alcuni secondi negli occhi poi si baciarono.
Hisashi sapeva che i suoi sarebbero rimasti a lungo fuori.
Quando il bacio finì la prese per mano e la condusse in camera sua. La guardò ancora, per avere conferma che anche lei volesse ciò che voleva lui. Per tutta risposta lei iniziò a sbottonargli la camicia. Poco dopo i loro vestiti erano abbandonati sul pavimento.
FINE FLASHBACK.

“Le cose sono diverse ora. Non succederà come allora.”
“Peccato.”
Lei lo fulminò con lo sguardo.
Lui sorrise e mise in tavola la cena, facendole cenno di accomodarsi a tavola.
“Mi puoi spiegare una cosa?” gli domandò Kiryu.
“Cosa?”
“Perché ogni volta che ti lancio un’occhiataccia tu sorridi divertito?”
“Perché ti conosco. Nonostante tu dica il contrario. So che quando guardi qualcuno in quel modo è perché non ti è indifferente. Perciò finché mi guarderai così, saprò di avere ancora una possibilità.”
“Possibilità di cosa?”
“Possibilità che torniamo insieme.” Ammise lui sia con lei che con se stesso.
“Guarda che è inutile che tu faccia questa manfrina. Lo so che lo fai solo per farmi lasciare la banda.”
“Non nego che anche quello fa parte dei miei obbiettivi.”
Finirono di cenare in silenzio. Poi Hisashi parlò.
“Perché non sei venuta via con me?”
“Lo sai. Io odio i cambiamenti.”
“Questa è una cretinata bella e buona. Sia che venissi con me o che non lo facessi ci sarebbero stati dei cambiamenti. Nel primo caso avresti finito di passare la tua vita con la banda, nel secondo hai finito la tua vita con me. Credevo che ci tenessi alla nostra storia.”
“Potrei dire lo stesso.” Il suo tono era duro.
“Io ci tenevo a te. E ci tengo tuttora.”
“Certo. Ed è per questo che mi hai lasciata.”
“Se non ci avessi tenuto non ti avrei chiesto di venire con me. Non nasconderti dietro mille scuse. Sei tu che hai voluto interrompere la nostra storia. Mi sono chiesto talmente tante volte la ragione che ti ha spinta a farlo e sono giunto a due conclusioni. La prima è che tu fingessi di tenere a me. La seconda è che tu fossi felice con me, felice come non lo eri mai stata prima, e questo ti ha spaventata.”
Lei rimase in silenzio con lo sguardo basso.
“Devo andare a casa, è tardi.” Disse prendendo in fretta le sue cose.
Stava per aprire la porta ma Hisashi, alle sue spalle, poggiò una mano sulla porta bloccandola. Avvicinando il suo viso al suo orecchio mormorò: “Io sono andato via, ma sei tu ad essere fuggita. Così come stai facendo adesso.”
Dopodiché tolse la mano e fece un passo indietro permettendole di aprire la porta e andarsene.
Dopo che la porta si fu richiusa alle spalle della ragazza, Hisashi rimase a fissarla per qualche secondo.

10 minuti dopo a casa di Kiryu.
“Finalmente sei tornata! Sai che ore sono? Noi dovevamo uscire! Ma la signorina doveva farsi i fatti suoi! Eppure te l’avevamo detto che dovevamo andare via! Vuoi rovinarci ancora di più la vita?” le disse la madre.
“Se avessi le chiavi di casa non dovreste rinunciare ad uscire per me.”
“Puoi scordartele! Figurati se possiamo fidarci di una delinquente come te che esce e non si sa quando torna. Chissà chi porteresti in casa mentre non ci siamo.”
“Beh, ora sono tornata!” il suo tono era duro.
“Non usare quel tono con tua madre!” l’ammonì il padre.
“Non è mia madre! E tu non sei mio padre!” dicendo questo corse in camera sua. Si chiuse a chiave, accese lo stereo ed alzò il volume al massimo, affinché la musica coprisse le urla dei suoi genitori adottivi, affinché coprisse le urla del suo cuore. Si buttò sul letto e rimase ferma a fissare il soffitto, come in trance. La mente vuota, occupata soltanto dalla musica.

Il giorno dopo a scuola Hisashi stava aspettando Kiryu al cancello.
Quando lei lo vide tirò dritto. Ignorandolo volutamente.
Lui non si fece avanti. La stessa scena si ripeté anche durante la pausa pranzo. E si ripeté anche il giorno seguente in maniera più assidua.
Dovunque Kiryu si voltasse se lo trovava davanti.
Finite le lezioni non ce la fece più.
“La vuoi finire di seguirmi dappertutto?”
“Solo se mi prometti una cosa?”
“Cosa?” chiese lei scettica.
“Che domenica vieni a vedere la partita di basket.”
“Perché dovrei?”
“Perché mi farebbe piacere.”
“Scordatelo.”
“E allora tu scordati che io smetta di seguirti.”
Lei era già nervosa di suo. Voleva soltanto essere lasciata in pace. Perciò suo malgrado si trovò ad accettare.
“Ricordati che non è onorevole non mantenere le promesse. E tu hai promesso.” Disse Hisashi. Poi se ne andò.

Arrivò domenica.
Lo Shohoku e il Ryonan si stavano scaldando.
Hisashi continuava a guardarsi in giro alla ricerca di Kiryu, ma di lei non vi era traccia.
L’arbitrò decretò l’iniziò della partita.
Entrambe le squadre stavano giocando al meglio.
La loro forza e la loro bravura si equivalevano. Tanto che a metà del secondo tempo erano in parità: 71 a 71.
Però tutti i giocatori, compagni e avversari, avevano notato che Hisashi era distratto.
Il ragazzo non riusciva a fare a meno di chiedersi che fine avesse fatto Kiryu.
‘Non è venuta a vedere la partita. Forse non ha avuto voglia di venire. O si è arrabbiata per il fatto che le ho praticamente estorto la promessa di venire.’ Continuava a ripetersi cercando di convincersi.
Il problema era che Kiryu non avrebbe mai infranto una promessa, per quanto estorta, perché la riteneva una cosa disonorevole. E lei ci teneva al suo onore.
Niente da fare. Continuava a preoccuparsi.
In quel momento Miyagi gli passò la palla. Hisashi era in ottima posizione per un tiro da tre punti ed era smarcato. Tirò a canestro. La palla colpì il tabellone, l’anello e rimbalzò fuori.
Akira Sendo ne approfittò per recuperarla e passarla a Fukuda nell’altra metà campo. Questi come prese la palla saltò a canestro e fece uno slam dunk.
La panchina dello Shohoku chiese il time-out.
Hisashi camminava a testa bassa. Sicuramente l’avrebbero sostituito, questo era il pensiero di tutti. Compreso il suo.
Mentre camminava una voce attirò la sua attenzione.
“Hisashi, ma che stai combinando? Cos’era quella schifezza di tiro? Non è assolutamente degno di te.” Disse una ragazza appoggiata alla balaustra sopra la panchina dello Shohoku.
Era Kiryu.
L’unico pensiero di Hisashi era: ‘E’ venuta! E’ venuta!’
“Ehi! Mi stai ascoltando? Mi hai fatto promettere che sarei venuta. Per quale motivo? Per vederti giocare così male? Se è così dimmelo subito che me ne vado!”
“Resta e non te ne pentirai.” Fu la risposta del ragazzo.
Il time-out finì e il gioco riprese senza che venissero effettuate sostituzioni.
Hisashi sembrava un altro. Il suo gioco era decisamente migliorato.
Il quel momento Sendo era riuscito a smarcarsi da Kaede e stava per andare a canestro. Ma si trovò davanti Hisashi che riuscì a rubargli palla. La passò a Miyagi.
Tutti si portarono nella metà campo del Ryonan che si dispose a difesa.
Il punteggio era di 93 a 94 per lo Shohoku.
Miyagi passò la palla a Hisashi che non appena la prese fece una finta, ingannando Koshino, e tirando a canestro. Fece un magnifico canestro da tre punti.
Come Fukuda rimise in campo la palla l’arbitro fischiò la fine della partita.
Hisashi si volse verso Kiryu e le sorrise facendole il segno della vittoria con le dita. Lei ricambiò sia il sorriso sia il gesto.
Poco dopo i giocatori andarono negli spogliatoi per cambiarsi. Kiryu uscì fuori dalla palestra ad aspettare Hisashi.
Ma non rimase sola a lunga. Ben presto un gruppo di ragazzi le si avvicinò. Era Riu con la sua banda.
“Che vuoi?” gli chiese con tono non molto amichevole.
“Indovina.”
“Non qui. Non voglio mettere nei guai il club di basket.”
Il volto di Riu cambiò espressione diventando ancora più cattiva del solito.
“Allora seguici senza fare storie.”
Kiryu si volse un attimo verso la palestra e poi si allontanò con loro.
Pochi minuti dopo Hisashi corse fuori dagli spogliatoi cercando Kiryu. Ma non la trovò da nessuna parte.
Provò a chiamarla sul cellulare, ma non rispose nessuno.
‘In effetti non eravamo d’accordo che mi avrebbe aspettato. Però poteva anche farlo. Cosa le costava?’
Con questi pensieri in testa decise di andare a casa.
Quella sera uscì a cena con i suoi genitori.
Quando tornarono videro che davanti al cancello c’era una persona sdraiata a terra.
Hisashi la riconobbe subito. Era Kiryu. Era coperta di lividi e ferite e i suoi vestiti erano coperti paurosamente di sangue.
“KIRYU!” la chiamò.
Lei riuscì a stento ad aprire gli occhi e a mormorare: “Hisashi… scusa… non sapevo dove andare…” dopodiché svenne.
Lui la chiamò alcune volte, ma lei non si riprese.
I genitori intanto avevano aperto il cancello.
“Forza, portala dentro.” Gli disse la madre.
Hisashi prese Kiryu in braccio e fece come la madre gli aveva detto.
La portò in camera sua e la distese sul suo letto come aveva fatto alcuni giorni prima.
Alla luce del lampadario le ferite parvero ancora più gravi. Hisashi le accarezzò la fronte e notò quanto scottasse.
“Ha la febbre alta.”
“Chiamo il medico.” Disse la madre subito prima di uscire dalla stanza.
Hisashi rimase fermo in ginocchio di fianco al letto.
“E’ colpa mia! È tutta colpa mia!”
“Come può essere colpa tua?” gli chiese il padre in piedi di fianco a lui.
“Se non avessi lasciato la banda non sarebbe successo!”
“Che vuoi dire?”
Hisashi raccontò tutto.
Il fatto che erano stati insieme e che si erano lasciati i genitori lo sapevano già, perché spesso li avevano visti insieme in atteggiamenti inequivocabili. Poi, quando lui aveva deciso di lasciare la banda, si era confidato con loro riguardo alla decisione di Kiryu che preferiva rimanere nella banda e lasciare lui.
“Anche se tu fossi rimasto nella banda le cose non sarebbero cambiate. Non si può modificare il destino.”
“Stronzate!” gli ringhiò contro Hisashi. “Il destino non esiste! Ognuno crea il suo futuro da solo, con le sue azioni! E io ho sbagliato tutto! Le mie decisioni hanno coinvolto persino Kiryu!”
Il padre non sapeva che dire. Non lo aveva mai visto così sconvolto. Nemmeno quando si infortunò il ginocchio e dovette abbandonare il basket.
Circa un quarto d’ora più tardi arrivò il medico che visitò Kiryu.
“Le sue ferite sono abbastanza profonde e numerose, ma non sono gravi. L’ho medicata. Lo svenimento è stato causato dalla febbre alta. Datele questi antibiotici ogni otto ore a partire dalle 7 di domani mattina. La prima dose gliel’ho data io tramite un’iniezione. In pochi giorni dovrebbe passarle. Cambiatele le fasciature due volte al giorno medicando le ferite con del disinfettante.” Li informò quando finì.
Il medico non fece domande sulle ferite. Era un buon amico di famiglia e conosceva il tipo di persone che Hisashi frequentava in passato e tuttora. Perciò preferì non chiedere nulla.
La famiglia Mitsui ringraziò il medico che se ne andò.
“Hai il numero di telefono di casa sua, vero?” chiese la sig.ra Mitsui al figlio.
“Sì, perché?”
“Credo sia il caso di chiamare i suoi genitori.”
Lui fece un sorriso ironico, scrisse su un foglietto il numero e glielo diede.
“Per quello che gliene può importare!” disse Hisashi.
La madre non gli rispose e compose il numero.
“Buonasera, mi scusi se chiamo a quest’ora. Sono Yukari Mitsui, la madre di un amico di Kiryu. Parlo con la madre?”
“Sì. Cosa vuole?” chiese una voce di donna abbastanza scocciata.
“Sua figlia è a casa nostra. È stata aggredita. Abbiamo chiamato il nostro medico che l’ha visitata. Le sue condizioni, per fortuna, non sono gravi. Ho pensato fosse il caso di avvertirvi credendo che foste preoccupati non vedendola tornare.”
“Non ci preoccupiamo di certo per lei. Quella teppista chissà cosa avrà fatto. Si sarà di certo meritata tutto ciò che le è successo!”
“Ma come può dire queste cose? È sua figlia!” le rispose la signora Mitsui shockata.
“Per mia fortuna non lo è!” come finì la frase chiuse la comunicazione.
La sig.ra Mitsui osservò incredula la cornetta, poi agganciò.
“Che ti avevo detto? È tutto inutile. I suoi genitori se ne fregano di lei.” Disse Hisashi. Poi tornò vicino alla ragazza e le prese una mano tra le sue. Per tutta la notte non si allontanò di un solo passo. Nonostante la madre gli avesse preparato il divano per la notte. Lui finì con l’addormentarsi con la testa sul suo letto tenendo tra le sue una mano di Kiryu.
Poco dopo l’alba, la ragazza si svegliò. Aveva un mal di testa allucinante e non riusciva a capire dove fosse.
Sentendo una mano imprigionata la guardò e vide Hisashi. E ricordò. Lo scontro, il senso di impotenza, la paura, il fatto di essere andata da lui essendo lui la persona che più sentiva vicino, nonostante non volesse ammetterlo.

Fine 1° capitolo.

Ciao ^_^ Che ve ne sembra? Fatemi sapere qualcosa, (sia che siano complimenti sia che siano critiche) mandandomi un messaggio al fermo posta o all’indirizzo mail katiagiovanatti@virgilio.it

Konnichi-wa!

 
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