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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Gundam
Titolo Fanfic: LA MIA VITA CON DUO - HEERO E DUO ARCH
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Avviso: Yaoi
Autore: heeroduo galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 26/01/2003 21:13:44 (ultimo inserimento: 04/02/03)

201 a.c. - un giorno importante per heero e duo ha dei risvolti imprevisti. yaoi. ^_^
 
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- Capitolo 1° -

Come tutte le mie storie: yaoi, 1x2, 3x4, 5xS
No lemon, no violenza… sì tanti tanti sentimenti!!! ^_^
Ah… dimenticavo! GW continua a non essere mio anche se vorrei comprarlo così potrò smettere di scrivere le solite cose ^_^;





La mia vita con Duo - HEERO E DUO ARCH
by Ely


Capitolo 1


201 A.C.

Il 9 Maggio è un giorno speciale nella vita mia e di Duo, è il nostro anniversario. Non parlo di anniversario di matrimonio o fidanzamento, niente del genere, ma è il giorno in cui tre anni fa abbiamo cominciato la nostra convivenza. Forse potrebbe non sembrare un momento eccezionale, per molti non lo sarebbe, sarebbe più importante il giorno in cui ci si è messi insieme o ci si è fidanzati o sposati, ma per noi una tale data non esiste.

Non siamo in grado di definire il giorno che ha segnato l'inizio del nostro rapporto perché tutto tra di noi è iniziato in modo strano, indefinito... la nostra storia non è come tutte le altre, non ci siamo conosciuti, frequentati, innamorati e messi insieme, o meglio è successo, ma eravamo immersi in una guerra e tutte queste cose passavano in secondo piano, scorrevano sulle nostre vite disastrate e sempre a rischio regalandoci brevi sprazzi di normalità in una situazione disperata. Se di normalità si vuol parlare poi! Come già sapete io e il mio Duo siamo due ragazzi e ci sono tante persone che mi contesterebbero il termine normale quando parlo di noi, ma a me non importa, non importa niente, perché la mia vita non è mai stata normale e a me va bene così.

Comunque, quello che stavo cercando di dire è che io e Duo non abbiamo un giorno ufficiale. Un annetto dopo le guerre, quando la nostra relazione prese a consolidarsi, io trovai finalmente il coraggio di dirgli che lo amavo e di rendere ufficiale quello che c'era tra noi. Era Natale, il 25 Dicembre, ma non si può considerare come il giorno che diede inizio a tutto, perché tutto già c'era e solo la mia testa dura e la mia scarsa abilità con i sentimenti non mi avevano permesso di accorgermene, ma io già lo amavo, ora lo so, ne sono certo. Io e Duo stavamo già insieme prima di quel Natale, lo eravamo da quando le nostre anime si erano incontrate riconoscendosi e ciò era accaduto in un momento imprecisato della nostra vita, andato ormai perduto nel tempo.

Ma il 9 Maggio del 198 accadde qualcosa che avrebbe legato le nostre esistenze per sempre, non vi aspettate colossali avvenimenti o incredibili coincidenze, niente di eclatante! In realtà io e Duo mettemmo semplicemente piede, per la prima volta, nella nostra casa, sì insomma, cominciammo a convivere. Fu un evento tanto banale quanto fondamentale per noi, fu il giorno in cui le nostre vite, tanto segnate da un'infanzia difficile ed un'adolescenza di orrori, divennero definitivamente stabili e normali. Finalmente io e Duo diventammo ciò che desideravamo da tanto (lui più di me): due persone comuni.

In particolare è del nostro terzo anniversario che voglio parlare, quello del 201, perché è del mio compagno per la vita che voglio scrivere.

Quel giorno avremmo dovuto festeggiare andando a cena fuori nel nostro ristorante preferito e invece trascorremmo la serata stesi sul divano nel salotto del nostro appartamento, un monolocale che una volta era stato parte degli uffici di un giornale. Scommetto che vi state domandando cosa ci sia di strano in due amanti che passano l'anniversario sdraiati sul divano di casa loro e vi assicuro che di solito non ci sarebbe niente di anomalo. Se avessi passato il tempo steso su di lui baciandoci fino a toglierci il fiato allora anche io vi avrei detto che era una situazione del tutto normale, ma purtroppo non andò così.

Duo era tra le mie braccia ed io lo tenevo a me così forte che, se avessi stretto solo un poco di più, sono sicuro gli avrei fatto del male; il suo volto e il suo braccio sinistro erano schiacciati contro il mio petto e l'altra mano era dietro la mia schiena, chiusa intorno alla camicia che indossavo, la stringeva così forte che credevo che prima o poi l'avrebbe strappata. Tremava il mio Duo, tremava con ogni piccola parte del suo corpo e piangeva, per fortuna non più in quel modo disperato che fino ad una decina di minuti prima lo aveva fatto sussultare sotto la violenza dei suoi singhiozzi incontrollabili, ma con un lamento basso che nonostante tutto continuava a straziarmi il cuore.

Duo era crollato...

...di nuovo.

Pilotare un Gundam alla tenera età di quindici anni ed essere buttato nell'occhio del ciclone di una guerra non è di certo una cosa che si supera dopo un giorno. Tutti e cinque portiamo segni di cui non ci libereremo mai e che ci hanno traumatizzato nel profondo, ma oramai so che tra di noi chi si porta dentro i segni più grandi è proprio Duo. E' una persona di una forza incredibile e ancora non mi spiego come facesse a sopportare tutto ciò che aveva passato e a buttarsi a capofitto nelle battaglie senza mai tirarsi indietro; alla fine poi aveva sempre un sorriso per tutti noi, una battuta o una frase con la quale riusciva ad alleggerire un poco il peso che ci schiacciava l'animo. Per un po', prima di conoscerlo bene, pensai addirittura che fosse uno stupido ragazzino che non aveva la più pallida idea di cosa stesse facendo e perché. Presto mi sono dovuto ricredere ed ora so che il suo atteggiamento in parte era una forma di difesa, da sé stesso e da ciò che aveva nel cuore.

La sua vita è stata un disastro sin dall'inizio, un continuo altalenarsi di pace e disgrazie, di amore e solitudine e a volte mi domando come non sia impazzito. E' inutile che mi metta qui a ricordarvi accuratamente tutte le sue catastrofi, basta dire che a partire dalla perdita dei genitori (che fortunatamente non ricorda ma che certamente l'ha segnato) ha cominciato a lottare con la morte delle persone che amava con una costanza micidiale che si ripeteva circa ogni tre anni. Combatte con la paura dell'abbandono da sempre e io so che cosa significa, so che dolore porta restare soli perché l'ho provato anch'io quando Odin morì. Ma a differenza di Duo, la mia vita divenne assolutamente stabile dopo la perdita dell'unico padre che avessi mai conosciuto.

Il pilota del temibile Gundam Deathscythe è una delle persone psicologicamente più fragili e al contempo più forti che conosca; è riuscito a crearsi una corazza molto resistente che gli ha permesso di superare anche gli eventi più drammatici della sua vita ma che, da quando la guerra è finita, ha cominciato a disgregarsi lentamente. Non è difficile capirne il motivo, del resto con la pace raggiunta e i Gundam distrutti non c'era più bisogno di mantenere tutta quella forza e sono certo che il mio compagno si è semplicemente lasciato andare un poco alla volta, facendo venire in superficie ciò che realmente è.

Da qui le sue crisi.

Non pensate che Duo sia uno psicopatico con gravi disturbi mentali, questo no, ma di certo è una persona profondamente traumatizzata dalle esperienze che ha vissuto e ha delle reazioni a situazioni difficili della vita che potremmo definire... uhm... un po' esagerate. Col tempo ho imparato a capirlo, a sentire quando ha bisogno di sfogarsi e quando le sue emozioni e le sue paure diventano così forti da non essere più in grado di controllarle; il più delle volte ce la caviamo bene io e lui, ma ci sono stati momenti in cui ammetto di aver avuto paura, non perché Duo diventasse violento - assolutamente no! - ma perché diventava tremendamente fragile! Così fragile che temevo potesse andare in frantumi tra le mie mani.

Il 9 Maggio del 201 fu uno di quei momenti. Non sembrava più il pilota di Gundam che è stato, né l'uomo che è diventato, ma era tornato ad essere quel bambino sperduto, spaventato e solo che era ed io non sapevo come aiutarlo. Lo tenevo stretto a me, lo accarezzavo, lo baciavo, gli sussurravo parole di conforto e nonostante tutto continuavo a sentire che mi stava scivolando via. Dio mio! Era così frustrante! Avevo voglia di piangere anch'io! Voglia di urlargli che era tutto a posto, che non doveva avere paura di nulla, ma avrei anche voluto dirgli che ero stanco e che non ce la facevo più a vederlo soffrire così e che il suo tremore cominciava a farmi venire la nausea. Ma non avrei potuto fare una cosa simile perché so che gli avrei dato solo il colpo di grazia e non era questo che volevo. Io volevo solo che stesse bene. Tutto ciò che mi rimase da fare, quindi, fu sospirare, stringerlo a me e chiudere gli occhi sperando che prima o poi il peggio sarebbe passato come faccio tutte le volte che il mio amante ha una delle sue crisi.

Fino al giorno prima le cose tra di noi erano filate lisce come sempre... la giornata era cominciata come al solito, con lui che sgocciolava per casa con la sua treccia bagnata e io in cucina che preparavo il caffè, vestito e pronto per andare al lavoro da almeno dieci minuti. Canticchiava ed era felice; l'indomani sarebbe stato il nostro anniversario e noi avevamo deciso di prenderci un giorno di ferie; non sapevamo ancora come avremmo trascorso la prima parte della giornata, ma di certo la sera saremmo andati a teatro e poi a cena fuori nel nostro ristorante preferito, un grazioso locale con la veranda che dà sul parco. Niente di raffinato, la cucina è più rustica che altro e non ci sono piatti ricercati ed elaborati, ma piuttosto grandi bistecche e torte fatte in casa davvero deliziose. Anche l'arredamento non ricorda i ristoranti a cinque stelle del centro, tutto in legno scuro sembra più un pub irlandese, ma a noi piace lo stesso e ci troviamo a nostro agio. Oramai conosciamo anche alcuni camerieri e con una ragazza in particolare ci diamo del tu perché è sempre estremamente gentile con noi e in un modo o in un altro riesce a trovarci sempre un posto.

Ma sto divagando e non era certo mia intenzione. Come stavo dicendo la giornata precedente al nostro anniversario iniziò splendidamente ma era destinata a finire piuttosto male e le cose cambiarono nel momento stesso in cui mettemmo piede in ufficio. Lady Une mi convocò che non avevo ancora tolto il giubbotto e fui immediatamente informato che ero richiesto con una certa urgenza in Montana. Circa quattro mesi prima avevo fatto qualche ricerca su alcune fabbriche del luogo ma non era saltato fuori niente. A distanza di 16 settimane uno degli ingegneri con cui avevo parlato, aveva contattato i Preventers dicendo di avere importanti informazioni e che le avrebbe date solo a me e di persona.

"Devi andare per forza?" mi chiese Duo una volta avergli comunicato la splendida novità.

Io annuii a malapena e lui tirò un profondo sospiro; dentro di noi non potevamo fare a meno di sentirci tristi, sapevamo che smascherare fabbriche di mobile suit era una cosa davvero importante per mantenere quella pace che tanto faticosamente avevamo raggiunto, ma mobile suit o no il giorno dopo sarebbe stato il nostro anniversario e ci pianse il cuore a vedere i nostri piani andare in fumo.

"Tornerò per sera... c'è un aereo da Helena a qui verso l'una. Sette ore di volo e arriverò giusto in tempo per la cena!"

"Arriverai a pezzi..."

"Con chi credi di stare a parlare?!" esclamai battendogli due dita sulla fronte. "Mi ci vuole molto di più per essere a pezzi!"

Duo sorrise lievemente e se non fossimo stati in ufficio lo avrei abbracciato e magari anche baciato, ma dovetti limitarmi a poggiargli una mano su una spalla e a stringerla tra le dita. "Vorrà dire che a teatro ci andremo un'altra volta," mi disse. "A questo punto credo che verrò al lavoro anch'io domani."

"Allora facciamo così... una macchina dei Preventers verrà a prendermi all'aeroporto, il tempo di passare qui in ufficio per fare rapporto a Une e poi ti raggiungerò al ristorante, ok?" Duo annuì. "Ti contatterò prima di salire sull'aereo per farti sapere esattamente a che ora arriverò. Comunque se non ci dovessero essere ritardi sarò al ristorante per le 9."

Passai a casa a prendere il necessario per la breve missione e partii immediatamente verso gli Stati Uniti. Dire che il mio viaggio andò liscio come l'olio è dir poco. Arrivai a Helena che era appena mezzogiorno, ora locale, e mi incontrai con l'ingegnere Wilson a metà pomeriggio. La nostra chiacchierata fu davvero interessante e mi rivelò di essere entrato in possesso di alcuni progetti di un settore di ricerca top secret dell'azienda per cui lavorava. Tutti erano convinti che in quel reparto si progettassero motori per veicoli spaziali, ma ciò che mi mostrò era di sicuro qualcosa di gran lunga differente, era lo schema dettagliato di un mobile suit che riprendeva e migliorava le caratteristiche degli Aries.

Montgomery Wilson era un uomo intelligente e profondamente pacifista, aveva perso un figlio nella prima guerra e non voleva che simili catastrofi accadessero di nuovo. Mi raccontò il caso fortuito che gli aveva fatto passare per le mani quel progetto e i rischi che aveva corso nel portarne una copia fuori dai laboratori di ricerca. Poi mi guardò fisso negli occhi e mi chiese cosa avessimo intenzione di fare. Solo cinque anni prima mi sarei infiltrato nella fabbrica e avrei fatto saltare in aria i laboratori top secret, ma le cose erano molto cambiate dall'epoca e l'organo dei Preventers aveva scelto di seguire vie ben più discrete, il che ovviamente non escludeva il fatto che ci saremmo infiltrati nell'azienda; era la parte del far saltare in aria le cose che sarebbe stata evitata o quanto meno posticipata. Come è facile immaginare non dissi tutti questi particolari all'ingegnere, ma mi limitai ad assicurargli che i Preventers si sarebbero mossi immediatamente e che li avremmo fermati. L'uomo sorrise e sembrò rilassarsi, poi con tutta calma riprese a sorseggiare il suo caffè e mi rivelò che gli davo un forte senso di fiducia, per questo aveva voluto parlare direttamente e soltanto con me. Fu davvero un bel complimento e non potei fare a meno di ringraziarlo.

Rientrai in albergo solo dopo aver comprato qualcosa per Duo e gli telefonai che erano quasi le sette di sera; sapevo che da lui erano solo le due di notte, ma mi aveva fatto promettere di chiamarlo appena avessi concluso il mio lavoro ed io non feci altro che mantenere la promessa. Mi rispose dopo il primo squillo e come il suo solito mi tempestò di domande, rivelandomi dopo un poco che aveva aspettato sveglio la mia telefonata. Sorrisi alla cornetta e mi sentii palpitare il cuore più forte. "Lo sai," mi disse subito dopo, "che qui è già il nostro anniversario mentre dove sei tu ancora no? Io posso dirti buon anniversario mentre tu non puoi!" Scoppiammo a ridere e per i buoni dieci minuti successivi continuammo a ridacchiare facendo battute stupide; poi entrambi cominciammo a sbadigliare e a malincuore chiudemmo la telefonata.

Nonostante stessi per crollare dal sonno mi imposi di scrivere un rapporto dettagliato a Lady Une, ritenevo le informazioni ricevute troppo importanti per essere riportate solo il giorno dopo. Inviai il messaggio per posta elettronica e finalmente me ne andai a dormire nonostante fossero solo le sette e mezza di sera. Non era solo una questione di fuso orario, il fatto era che senza Duo non avevo voglia di andare in giro a fare il turista neppure per un'ora; credo che oramai dipendiamo fortemente l'uno dall'altro. Conseguenza inevitabile fu che alle due e quaranta di notte ero già in piedi, a girarmi i pollici e ad aspettare che giungessero le sei per andare a prendere l'aereo.

Nei miei lunghi anni di addestramento con il dottor J imparai che le cose accadono perché ci si sforza di farle accadere, che non esiste un destino se non quello che creiamo noi e men che meno esistono le coincidenze. Solo 48 ore dopo aver lasciato il mio maestro accadde qualcosa che mi fece ricredere completamente su quella teoria, incontrai Duo. E quella mattina ne accadde un'altra, incontrai Wufei.

Ero in aeroporto e avevo finito di parlare al telefono con Duo da solo un quarto d'ora quando il mio amico e collega cinese mi si parò davanti mentre ero in fila per il check-in ed io letteralmente trasalii.

"Accidenti Yuy! Ti sei rammollito?" Niente 'ciao' o 'buongiorno' o 'ehi! Che ci fai da quelle parti?'. Wufei ha un modo tutto suo per interfacciarsi con la gente. Puntò le mani sui fianchi con un'espressione di disappunto sul volto, un'espressione che gli viene così naturale che non riesco mai a capire se è sincero o se sta scherzando. "Sono dieci minuti che sto aspettando che ti volti e invece non ti sei guardato intorno neppure una volta!!"

"Oh... b-buongiorno anche a te, Wufei."

L'ex-pilota di Shenlong abbassò lo sguardo sul peluche che avevo tra le mani. "Che diavolo è? E' da quando ti ho visto che te lo rigiri tra le mani."

"E' un puma... animale tipico da queste parti..."

Alzò un solo sopracciglio e poi incrociò le braccia. Da qualche anno mi ripeteva che stare con Duo mi aveva rovinato e che avevo cominciato a fare stupide battute come lui. All'inizio avevo protestato dicendo che non era vero, ma poi a lungo andare avevo dovuto cedere all'evidenza. Il mio amante ha una grande influenza su di me e, ad essere sinceri, è una cosa che non mi dispiace affatto.

"E' per Duo," dissi infine, sentendomi quasi in dovere di dare una spiegazione.

"Ecco perché avevi quell'espressione stralunata! Ma non è l'orso l'animale tipico di queste parti?"

"Uhm... s-sì, ma non era il caso che... sì, insomma... un orso di peluche me lo avrebbe lanciato appresso..." Wufei alzò anche l'altro sopracciglio ed io cominciai a sentirmi in imbarazzo nonché a balbettare. "Ne regalai uno a Relena una volta," sussurrai chinandomi un po' verso di lui, quasi gli stessi rivelando un segreto. Wufei annuì solennemente ma capii che lo faceva più per prendersi gioco di me che perché mi capisse sul serio. Questo risvegliò il mio orgoglio e il desiderio di restituirgli il favore. "E tu cosa hai comprato a Sally?" chiesi con nonchalance.

Capii di aver fatto centro nel momento in cui vidi il suo sguardo ammorbidirsi e le labbra curvarsi in un leggero sorriso. La sua voce assunse addirittura un tono più emozionato. "Uh... io... le ho comprato una di quelle collane indiane fatte a mano, quelle con i simboli in metallo e..." si azzittì di colpo e divenne rosso fino ai capelli, aveva addirittura preso a gesticolare per descrivere un'invisibile collana intorno al collo e ammetto che in quel momento mi sentii davvero soddisfatto di me stesso.

"Ora sei tu che hai lo sguardo stralunato," commentai divertito; l'avevo messo in imbarazzo in meno di un istante spostando completamente l'attenzione su di lui. Oramai sono anni che ci prendiamo in giro in questo modo sottile; con Duo si sfotte apertamente, ma io e Wufei abbiamo un rapporto strano, siamo entrambi schifosamente orgogliosi e inspiegabilmente competitivi, lo siamo sin dalla guerra. Il rispetto e la stima che abbiamo l'uno per l'altro è una cosa a cui teniamo sinceramente e lo so io di lui come lo sa lui di me ed è proprio questo ciò su cui giochiamo per prenderci in giro, ci mettiamo in imbarazzo a vicenda con l'impressione di stare deridendo un comportamento dell'altro. Insomma ci divertiamo con poco! La cosa bella è che io, a differenza di lui, non arrossisco tanto facilmente e ammetto che la cosa ha un che di esilarante... per me.

"Ooh!" esclamò in un istante agitando una mano come se volesse scacciare l'attimo di imbarazzo. "Non sono fatti tuoi, Yuy! Piuttosto che ci fai qui? Ti facevo in giro con Duo a festeggiare il vostro anniversario. Quella zucca vuota non ha fatto altro che parlarne per due settimane? Ehi, non è che Zucca Vuota è qua intorno?" chiese guardandosi frettolosamente prima alle spalle e poi a destra e a sinistra.

Io non potei trattenere un sospiro mentre avanzavo di un altro posto nella fila, era quasi il mio turno per il check-in. "Lavoro urgente dell'ultimo minuto," risposi e Wufei mi guardò per un solo secondo sinceramente dispiaciuto prima di battermi una mano sulla spalla e prendersi gioco di me e della mia sfortuna. "Tu piuttosto, che ci fai qui?"

"Ero a Seattle."

"Sì, lo so, ma credevo dovessi rientrare l'altro ieri."

"Le cose sono andate un po' per le lunghe. Fanno dei gingilli davvero interessanti lì, lo sai?"

Annuii sorridendo. A Seattle vi era una grande azienda di ricerca e sviluppo che da anni lavorava per i Preventers; mezzi terrestri e spaziali sofisticati, meccanismi per le comunicazioni segrete e non e ogni tipo di attrezzo per lo spionaggio, un vero e proprio paradiso della tecnologia super avanzata. Non potendo sconfiggere i cattivi con la forza delle armi, cerchiamo di contrastarli con l'astuzia e l'intelligenza e, modestia a parte, siamo davvero bravi in questo. Spesso Lady Une ci manda a verificare i lavori e a volte addirittura a testare le novità più interessanti. Questa volta è toccato a Wufei e dal sorriso compiaciuto che ha sulla faccia sono certo che è stata una bella esperienza.

"E come mai sei qui a Helena?" chiesi porgendo il passaporto alla signorina al di là del banco, la salutai con un cenno del capo e lei rispose con un sorriso ed ebbi l'impressione che indugiasse un po' troppo sui miei documenti o meglio sulla mia foto, ma non ci prestai troppa attenzione perché stavo ancora parlando con Wufei.

"Sono dovuto atterrare ieri sera per una turbolenza e ora ci stanno mettendo un po' a rivedere i piani di volo."

Mi voltai stupefatto verso il mio collega e Wufei corrugò la fronte perplesso, sembrava che si stesse chiedendo se gli fosse spuntata una seconda testa. "P-Perché mi guardi così?"

"Che significa che sei atterrato ieri sera?" Fu una di quelle rare volte in cui vidi quel ragazzo balbettare sinceramente confuso, non aveva la più pallida idea di cosa rispondermi e mi ripromisi di sfruttare la situazione per prenderlo in giro come meritava. "Voglio dire," ripresi prima che cominciasse a preoccuparsi, "sei qui con un aereo?!"

"S-Sì, uno dei Preventers, gli scienziati di Seattle volevano apportare delle modifiche..."

"E stai rientrando?"

"S-Sì..."

"E allora mi spieghi per quale motivo ho fatto tutta questa fila al check-in?!?"

Wufei ci mise solo un istante a fare le giuste connessioni mentali e poi arrossì di nuovo. "P-Perché non torni con me?" balbettò abbozzando un sorrisetto e questa volta fui io ad alzare un solo sopracciglio.

"Amico, ho la sensazione che qui chi si è rammollito sei tu, lo sai?" Mi volsi verso la ragazza e le chiesi cortesemente di restituirmi il passaporto perché non mi sarei imbarcato.

"Veramente io ho già inserito tutti i dati e..."

"Non importa," mi affrettai a dire mentre un brontolio cominciava a levarsi alle mie spalle, le persone dietro di me avevano iniziato a spazientirsi ed io mi tolsi in fretta dalla fila riprendendo i miei documenti. Salutai la signorina e mi volsi verso il mio collega. "E poi dici che Duo è una zucca vuota! Ti prenderà in giro un mese di fila per questa storia quando gliela racconterò!"

"Oh no! Ti prego, risparmiami!" esclamò Wufei battendosi una mano sulla fronte.

"Ma si può sapere come ha fatto a non venirti in mente?!"

"E dove sta scritto che devo pensare a tutto? Uh, ti è caduto qualcosa." Si arrestò di colpo e si chinò per raccogliere un pezzo di carta.

"Che roba è?" chiesi.

"E che ne so, ti è scivolato dal passaporto."

Confuso presi il foglietto e Wufei allungò il collo per poter vedere, contrariamente a quel che si può pensare è una persona davvero curiosa, quasi quanto Duo. Con una penna nera era stato scritto un numero di telefono e un nome: Christine. Il biglietto terminava con la parola 'chiamami' ed io sempre più perplesso mi voltai verso il banco per il check-in. La signorina mi lanciò uno sguardo famelico e sorrise strizzando un occhio.

Wufei, riservato com'è, scoppiò in una fragorosa risata. "L'ha beccato giusto!!" esclamò non riuscendo a trattenersi e sono certo che quella volta riuscì addirittura a farmi arrossire per l'imbarazzo. Lo afferrai per un braccio e lo trascinai via. "Ehi, che dici? Raccontiamo a Duo anche questa?!" Rise più forte e più di qualcuno si girò nella nostra direzione, avrei voluto mettergli un tappo in bocca.

"Non credo sia il caso, ora piantala e andiamo a vedere se possiamo decollare. Con l'aereo dei Preventers dovremmo tornare anche prima del previsto." Sperai in questo modo di distogliere l'attenzione del mio invadente collega, ma sfortunatamente continuò a prendermi in giro ancora per un bel po'. Decollammo da Helena meno di trenta minuti dopo e i nostri discorsi si fecero più seri quando gli raccontai dell'esito della mia missione; fabbriche di mobile suit erano una cosa che riusciva sempre a farci venire i brividi, non che sperassimo che la storia non si sarebbe ripetuta, non eravamo sciocchi sognatori sino a quel punto, ma non potevamo fare a meno di sperare che la pace fosse diventata qualcosa che il genere umano desiderava più del potere. Ovviamente non era così, non per tutti almeno.

Parlare con Wufei è un passatempo davvero stimolante, è una persona di una cultura vastissima e credo che non se ne renda neppure conto, inoltre su tante cose siamo simili anche se alcune idee che ha, riescono ad essere ancora più radicali delle mie, ma tutto sommato siamo due tipi piuttosto compatibili. Così il tempo con lui volò e in meno di cinque ore raggiungemmo l'Europa, atterrando in cima al palazzo del Quartier Generale dei Preventers che erano solo le sette di sera; Duo probabilmente era già tornato a casa dal lavoro, ma l'avrei stupito lo stesso rientrando prima ancora che lui uscisse per andare al ristorante in cui avevamo appuntamento. Già pregustavo il suo entusiasmo e il suo abbraccio e non immaginavo minimamente che quattro piani più in basso i nostri uffici erano letteralmente gettati nel panico.

Continua…

***

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