CAPITOLO UNICO
- Capitolo 1° -
Avete mai sentito il bisogno di sedersi su di una panchina, su una di quelle del parco solo per riposare o magari per pensare u po’…Vi sedete occupando tutto il posto, non volete assolutamente che qualcuno vi tenga in compagnia, non per oggi. Chiudete gli occhi ed emettete un profondo respiro prima d’immergervi nel mare di ricordi che piano piano vi porta via, lontano, lontano da qui, da questo luogo che fate fatica solamente a guardarlo. Vi si proietta nella vostra mente un’immagine sfocata, una stanza piccola, sommersa nella penombra, dove su di una parete, quella accanto ad una finestra accuratamente chiusa, fa la sua comparsa una grande macchia rosso scuro, circondata da un grande alone marrone. Una figura umana, forse una donna, siede con la schiena appoggiata alla parete, le braccia sono abbandonate lungo i fianchi mentre il capo è chino ed è coperto da lunghi ciuffi castani che ricadono placidamente davanti agli occhi. Gli occhi…i suoi occhi…la curiosità di scoprirne il colore, l’intensità, vi spinge a chinarvi sul corpo minuto e a sollevare il mento con le dita. Due grandi bulbi azzurri e vitrei fissano lo sguardo sul vostro volto, hanno un’aria assente ma accusatrice che in qualche modo ricorda quella dei fanali di un’auto schiantata durante la corsa. Afferrate istintivamente il polso per sentire il sangue ormai muto della vittima…con un ghigno dipinto sulle labbra vi alzate lentamente per poi incamminarvi verso la porta sprangata. Vi voltate appena verso la donna per contemplarla ancora una volta…c’è chi dice che da viva era bellissima, ma per voi, pensate accennando a una risatina nervosa, è più attraente così, da morta.
Credete ai fantasmi? che essi possano ritornare per tormentarvi e vendicarsi? No…meglio vendicarsi da vivi per avere maggior soddisfazione…sempre se se ne abbia la possibilità. Ripensate alla casa del vostro zio, quello un po’ stravagante che si era guadagnato l’odio di tutti i suoi famigliari, a quella enorme villa così isolata e antica da sembrare abbandonata su quel colle dove solevate trascorrere le vostre estati. Vi divertivate dallo zio, avevate i vostri compagni di giochi…quella ragazzina così solare e allegra, sembrava un fiore, persino i suoi ricci profumavano di gelsomino…e che dire dei suoi occhi? Azzurri come il cielo, la pioggia, il mare…Quanti giorni passati assieme a giocare a nascondino in quella casa, lei che correva per le stanze ridendo e cantando come un usignolo e voi, storditi dal suo canto, la inseguivate per ben altri scopi. Che innocenza la sua…la vostra? Quel povero vecchio, sdraiato su quella poltrona silenzioso e tranquillo, pareva dormire di un placido sonno se non fosse per il rivolo di sangue che scivolava lungo il braccio abbandonato sul cuscino. Rimanete a guardarlo ammirati, ammirando quella pace di cui sembrava godere, ma lei con la sua voce squillante aveva emesso un grido soffocato dai singhiozzi, che cercavano di soffocare a loro volta la parola assassino…
Sorridete mentre a malincuore riaprite lentamente gli occhi, voltate lo sguardo verso l’alto quando una goccia vi cade sulla punta del naso. Pochi secondi dopo comincia a piovere più forte, tirate su il cappuccio della felpa e chiudete bene la cerniera, mentre v’incamminate pensando che un ombrello lo potevate pure prendere…
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