- Capitolo 1° -
Aria intrisa di sangue e polvere. Del cielo azzurro nemmeno uno spiraglio nella grigia e spessa nuvola che lo ricopriva come un mantello insudiciato.
I rimbombi lontani degli spari e i lamenti dei feriti erano costantemente nelle orecchie dei soldati sia di giorno che di notte. Una furia cieca li spingeva anche in sogno ad ammazzare più gente che potevano.
Lì tra le urla e i feriti vi era una ragazza, poco più diciannovenne, che con un mitra in spalla girava per l’accampamento aiutando i feriti e i deboli.
Portava quasi sempre una tuta da militare e camminava con sguardo fiero tra le fila dei soldati in cerca dell’unico uomo che avesse mai amato. Era un iraniano di bell’aspetto pressappoco venticinquenne. Stava nella terza tenda in fondo all’accampamento.
Ogni volta che lei lo vedeva sdraiato sulla branda sentiva un brivido insolito percorrerle tutta la schiena. Lo osservava mentre teneva tra le labbra quella sigaretta bianca che trasformava l’aria stantia di sangue in un forte aroma di tabacco. Le mani grandi e affusolate tenevano un coltellino e un pezzetto di legno.
Intagliava il legno con precisione e calma. Lei lo osservava per ore intere senza parlare direttamente con lui.
Quel giorno come sempre lo guardò e gli sorrise e si sedette di fianco a lui.
Osservò per parecchi minuti il suo operato senza parlare. Trucioli di legno erano sparsi dappertutto. Rimase incantata ad osservare la figura intagliata nel legno trasformarsi sotto il dolce tocco del suo a modellatore.
Ad un tratto un uomo apparve trafelato e lo chiamò. Lui prese il mitra e scappò dicendo alla ragazza di non muoversi che era pericoloso.
La ragazza uscì e lo vide appena mentre scompariva tra l’agitazione generale.
Si sentì improvvisamente triste e l’aroma di sigaretta scomparve lasciando solo l’odore acre e pestilenziale del sangue.
Un lampo accese il paesaggio e una nuova paura mise le radici nel cuore della ragazza. Lacrime di terrore le solcarono il viso nel vedere il compagno di stanza di lui insanguinato e sofferente su una barella. Un’orribile sensazione di disagio e terrore si bloccò nella sua gola come un grosso sasso impossibile da mandare giù.
Corse tra le fila dei soldati con il mitra in mano.
Lo vide in lontananza. Un uomo fiero e forte. Il suo uomo. Urlò il suo nome per la prima volta in due anni di conoscenza.
<<Juan! Ti proteggerò!>> urlò in mezzo alla mischia e si gettò su di lui buttandolo di lato. Sentì una fitta dritta al cuore. Una gioia la pervase coprendo il dolore.
Cadde tra le sue braccia. Felice. Soddisfatta. Innamorata proprio come la prima volta. Chiuse gli occhi respirò lentamente l’odore di sigaretta.
<<Com’è successo?>> chiese un uomo ad un altro.
<<Chi era?>> chiese di rimando l’altro.
In mezzo alla polvere un uomo dalla schiena dritta e con una sigaretta fra le labbra guardava dentro una bara nera. Una lacrima solcò il volto imperscrutabile di Juan. Una lacrima sola e basta.
<< Una pallottola ha trafitto il suo cuore! Sembra che il caporale l’abbia colpita per sbaglio!>> mormorò un ragazzino chino sulla bara.
Il caporale Juan non disse nulla. Guardava quella ragazza così pazza da salvarlo da una pallottola vacante.
Sembrava che dormisse beatamente, un sorriso stampato sulle labbra. Le mise un animaletto di legno tra le mani fredde che le avrebbe dato come dono insieme alla sua proposta di matrimonio.
Un dottore gli si avvicinò e gli sussurrò qualcosa che lo lasciò sbigottito. La pallottola si era conficcata poco più in su dal cuore in un punto reperibile e sarebbe sopravvissuta se estratta subito. Il decesso era per un infarto.
Un infarto d’amore come l’aveva definito lui.
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