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Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: FORSE
Genere: Sentimentale, Drammatico, Fantasy, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: black-shadow galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 19/01/2007 01:29:11

Breve fan-fic dal sapore agrodolce...
 
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FORSE
- Capitolo 1° -

“Soltanto due continuavano a combattere, a quel che pareva ignari del nuovo arrivo. Harry vide Sirius schivare il fiotto di luce rossa di Bellatrix e deriderla.
“Avanti, puoi fare di meglio!” le gridò, la voce echeggiante nella vastissima sala.
Il secondo getto luminoso lo colpì in pieno petto.
La risata non gli si era ancora spenta sul viso, ma il colpo gli fece sgranare gli occhi.
Senza rendersene conto, Harry lasciò andare Neville. Scese di nuovo a balzi i gradini ed estrasse la bacchetta, mentre anche Silente si voltava verso la piattaforma.
Sirius parve impiegare un’eternità a toccare terra: il suo corpo si piegò con grazia e cadde all’indietro oltre il velo logoro appeso all’arco.
Harry colse un misto di paura e stupore sul suo volto sciupato, un tempo così attraente, mentre varcava l’antica soglia e spariva dietro il velo, che per un momento ondeggiò come scosso da un forte vento, poi ricadde immobile.
Udì l’urlo di trionfo di Bellatrix Lestrange, ma sapeva che non significava niente… Sirius era solo caduto al di là dell’arco, da un momento all’altro sarebbe ricomparso…
Ma Sirius non ricomparve.
“SIRIUS!” urlò Harry. “SIRIUS!”
Era in fondo ai gradini, il fiato mozzo, i polmoni in fiamme. Di sicuro Sirius era dietro la tenda, lui, Harry, l’avrebbe tirato fuori…
Fece per lanciarsi verso la piattaforma, ma Lupin lo bloccò, circondandolo con le braccia, e lo trattenne.
“Non puoi fare niente, Harry…”
“Fermalo… salvalo… è appena passato…!”
“… è troppo tardi, Harry”.
“Possiamo ancora raggiungerlo…” Harry si divincolò con violenza, ma Lupin non lo lasciò andare…
“Non puoi fare più niente, Harry… niente… se n’è andato”.”

Un ragazzo dai ribelli capelli corvini abbassò le palpebre sopra un paio di lucidi occhi verdi. Harry era disteso sopra il suo morbido letto, con le braccia spalancate, come un angelo che, provando a volare, aveva perso le ali ed era caduto. O meglio, come un angelo a cui erano state strappate. Sul volto tracce di lacrime versate tanto tempo fa. E, in qualche posto indefinito dentro di sé, un ritmico e continuo battere. Un cuore, che avrebbe preferito estirpare piuttosto che continuare a sentire, batteva incessante, senza posa, con un ritmo sempre uguale.

““Sai che cosa significa?” chiese improvvisamente Black a Harry, mentre procedevano lentamente lungo il tunnel. “Consegnare Minus?”
“Che tu sei libero” disse Harry.
“Sì…” disse Black. “Ma io sono anche… non so se nessuno te l’ha mai detto… io sono il tuo padrino”.
“Sì, lo sapevo” disse Harry.
“Be’… i tuoi genitori mi hanno nominato tuo tutore” disse Black seccamente. “Se fosse successo qualcosa a loro…”
Harry rimase in attesa. Black intendeva dire quello che anche lui pensava?
“Lo capisco, naturalmente, se vuoi restare con i tuoi zii” disse Black. “Ma… be’… riflettici. Una volta che avranno riconosciuto la mia innocenza… se tu volessi una… una casa diversa…”
Qualcosa parve esplodere in fondo allo stomaco di Harry.
“Cosa… vivere con te?” chiese, battendo la testa contro una roccia che sporgeva dal soffitto. “Lasciare i Dursley?”
“Certo, lo sapevo che non avresti voluto” disse Black in fretta. “Capisco, credevo solo che…”
“Sei matto?” disse Harry, la voce di colpo roca come quella di Black. “Ma certo che voglio lasciare i Dursley! Tu hai una casa? Quando posso venire?”
Black si voltò a guardarlo; la testa di Piton strusciava contro il soffitto, ma Black non ci fece caso.
“Lo desideri davvero?” chiese. “Sul serio?”
“Sì, sul serio!” rispose Harry.
Il volto tormentato di Black si aprì nel primo vero sorriso che Harry vi avesse scorto finora. La differenza era sorprendente, come se una persona più giovane di dieci anni brillasse attraverso la maschera incavata; per un attimo, riapparve l’uomo che aveva riso al matrimonio dei genitori di Harry.”

Dolore. Un dolore sordo che, da qualche parte imprecisata del petto, si faceva sentire come un tamburo. Gli faceva male il cuore, sempre di più ad ogni battito. Una morsa alla bocca dello stomaco ed un nodo in gola completavano l’opera. Odiava questa sensazione: era come avere il cuore in uno spazio troppo piccolo per lui. Harry sapeva bene che quel senso di oppressione non se ne sarebbe mai andato: l’avrebbe portato con sé per tutta la vita. Certo, c’erano giorni in cui sopportava al meglio la situazione; altre volte, invece, si sentiva soffocare da sentimenti contrastanti: senso di colpa, voglia di rivederlo, anche per un singolo istante. In questi casi voleva mettere a tacere tutto quanto e sprofondare nell’oblio, senza pensare a niente.

Hermione lo fissò preoccupata.
“Cosa hai detto?” la sua voce era solo un sussurro, ma Harry recepì lo stesso la domanda appena postagli dalla sua migliore amica.
“Che sono stanco di soffrire e vorrei semplicemente non avere un cuore, che esprima ciò che provo” ripeté Harry, stancamente.
“Come puoi affermare una cosa del genere?!” la ragazza era incredula. Harry, quel ragazzo coraggioso, che altri non era che il suo migliore amico, sembrava non avere più la forza di reagire per affrontare la vita.
“Se avessi lacrime da versare, ti risponderei: perché sono stanco di piangere!” rispose con la voce leggermente incrinata. Lo sguardo che gli rivolse Hermione era carico di tristezza e, con voce malinconica, disse una cosa che Harry avrebbe ricordato per tutto il resto della sua esistenza:
“Se il cuore ti fa male, è la prova che Sirius è entrato a far parte di te. Non potresti liberartene neanche volendo, perché, così facendo, sarebbe come perdere Sirius un’altra volta. Affronta la vita, Harry, come hai sempre fatto: con determinazione! Non ti dirò di farlo per i tuoi genitori né per lo stesso Sirius, perché sono morti. Una persona non deve vivere per coloro che non ci sono più ma per coloro che vivono. Vivi per Silente, per Ginny, per Ron, per Lupin e… per me. Se tu non ce la dovessi fare, io perderei molte cose: il mio migliore amico, mio fratello, la mia anima gemella. Allora sarebbe il mio cuore a non farcela. Ma, soprattutto, vivi per te stesso!” concluse lei a metà tra un singhiozzo ed un sorriso.
Il ragazzo, commosso dal discorso, capì che, come lui aveva bisogno di Sirius, altre persone avevano bisogno di lui, prima fra tutte la ragazza che gli stava seduta di fronte e dai cui occhi sgorgavano, adesso, lacrime silenziose, che non tentava minimamente di nascondere. Allora Harry fece una cosa che non aveva mai fatto da quando la conosceva: l’abbracciò. L’abbracciò così forte, tanto da farle male. E, mentre Hermione ricambiava l’abbraccio, ancora piangendo leggermente, le disse piano in un orecchio:
“Vivrò! Vivrò accettando il mio cuore! Per me…” 'ma, soprattutto, per te’ ma quest’ultimo fu solamente un pensiero vago, che così come si era avvicinato al suo cuore, sfiorandolo, si allontanò in punta di piedi, non ritornando più…

Sorrise. Un sorriso dolce-amaro gli increspò le labbra, lasciandogli in bocca un sapore agrodolce. Quante volte si era dovuto ricordare questa conversazione per poter andare avanti! Gli aveva fatto da sostegno per tutti gli anni successivi, gli aveva permesso di affrontare meglio il dolore. E anche adesso, l’aveva ritirata fuori dal cassetto dei ricordi perché ne aveva bisogno. A quanto pare aveva sortito l’effetto sperato: la morsa sul cuore si era allentata. Si alzò dal letto, pronto ad affrontare un’altro giorno. Forse questa giornata sarebbe stata meno dolorosa delle precedenti, forse oggi avrebbe salvato qualche vita in più, o forse…








 
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