DISTRUZIONE, LUCE E DOLORE - Capitolo 1° -
KINGDOM HEARTS + LEGEND OF DRAGOON
****************************************************************** Salve a tutti! Un breve prologo prima di iniziare: questa è la fic che fa da seguito a quella intitolata "LEON&ROSE". Stavolta però ho preso solo l'ambientazione di Kingdom Heart e un solo personaggio di legend of dragoon. Salvo pochissimi capitoli, infatti, non appariranno quasi mai gli altri dragoni. Va bene penso basti. Aspetto commenti e mi raccomando: siate sinceri ^__- Piccola novità: ho cercato di allungare i capitoli, dato che li scrivo troppo corti... spero di aver fatto un buon lavoro ^^" ******************************************************************
CAPITOLO 1 DISTRUZIONE, LUCE E DOLORE Una donna dai lunghi capelli corvini, gli occhi grigi e l’agilità felina correva veloce con la spada in pugno, senza fare caso ai detriti che ricoprivano il suolo della città di Bale: per lei evitare quel macello non significava niente, volando quasi sui massi e superandoli facilmente. Un essere sinistro, tutto nero e dagli occhietti tondi e gialli la inseguiva ma non riusciva a raggiungerla. La velocità di quell’umana era impressionate: schivava gli attacchi che le arrivavano dai lati con una rapidità incredibile e parava ogni colpo con una bellissima spada dalla lama verde, stringendo con l’altra mano una pietra dal colore blu scuro. Era al limite dell’esasperazione e l’unico modo per togliersi di torno tutti quei nemici era proprio quella pietra: la strinse più forte e una luce subito la illuminò tutta. Si sentì rinascere avvolta da quel potere che lei conosceva bene, un potere oscuro che però lei sapeva usare per fare del bene. Un istante dopo fu pronta a ricominciare la lotta grazie ad un’armatura nera e rossa magica e a un paio di forti ali che le permettevano di volare. In mezzo a tutto quel caos di voci che si sovrapponevano, edifici che crollavano e armi che cozzavano fra loro emanando scintille al contatto, Rose riuscì ad intravedere i suoi amici che lottavano come furie per difendersi. Purtroppo Haschel e Kongol non ce l’avevano fatta. Oddio ma perché? Perché tutto deve ripetersi? Perché doveva fare di nuovo i conti con il passato? Non era cambiato niente da allora, pensò, le solite grida di terrore, il solito dolore… poi s’illuminò pensando a colui che da poco aveva ritrovato, dopo che una maledizione lo aveva pietrificato per undicimila anni. Doveva trovarlo, si disse, non lo avrebbe perso di nuovo. Cominciò a volare fra la gente e i nemici con velocità sostenuta, spiando la gente che gli assomigliava per poter cogliere il suo sguardo fiero, difendendo coloro che stavano per soccombere al nemico. Poi scorse la sua armatura rosso fuoco in mezzo a una mischia di heartless: non si era dimenticata del nome di quei nemici che un anno prima le avevano dato del filo da torcere. Corse da lui volando in picchiata, poi concentrò le sue energie e lanciò la sua magia preferita, quella che usava sempre: -DEFLUSSO VITALE!- L’energia dei nemici venne risucchiata e trattenuta nella spada di Rose, poi le fu rilasciata quando la magia si concluse e i nemici stessi caddero uno a uno. Rose poté allora afferrare il suo Zieg e portarlo nella piazza del paese, dove lo lasciò con un bacio dicendogli di stare attento. E lui lo fu o almeno provò ad esserlo. Il destino spesso è crudele: gioca con noi, con le nostre vite, con i nostri cuori, malvagio e perverso come un demone, crudo e glaciale come una persona il cui cuore è sopraffatto dall’odio. Rose non poté fare nulla. Si era allontanata troppo. Voltandosi, chiamata da una voce silenziosa vide ciò che non avrebbe mai voluto vedere e nemmeno immaginare. Una spada d’argento che affondava nel petto di suo marito, del suo amore di sempre e tutto finì lì, così: in un modo veloce e talmente squallido… e fu così che Rose si ritrovò di nuovo, dopo undicimila anni, sola e stavolta per sempre. Non sentì Dart che cercava di scuoterla da quella sua apatia. Non sentì Shana che tentava, disperata, di riportarla alla realtà. Non sentì l’oscurità avvolgere sempre di più il suo mondo e i suoi amici. Non sentì boato che segnava la distruzione del suo mondo. Si ritrovò nel buio totale. Sarebbe rimasta lì per sempre? Non lo sapeva ma che importava? Era sola.
Un ragazzo sedicenne dai capelli arruffati castani e gli occhi di un blu profondo se ne stava incollato a una ragazza carina dai capelli rossi lisci e lunghi e dagli occhi vispi castani. Era passato un anno da quando Sora aveva riabbracciato Kairi, la sua Kairi, sotto il sole scottante dell’isola e si erano ritrovati ed ora erano felici insieme. Ma ogni tanto Sora ripensava a quelli che aveva lasciato: Aerith, Leon, Yuffie, Dart, Shana… e Rose… -Sora… cos’hai?- Kairi fissava il suo ragazzo negli occhi e quando lo sentì irrigidirsi nel suo abbraccio si domandò, preoccupata, cosa fosse successo. -Oh… nulla… pensavo al passato, ai miei amici…- Sora abbracciò più forte Kairi e nessuno dei due parlò più. Kairi non trovava le parole per consolare il keyblader. Se da una parte sapeva che non avrebbe rivisto più nessuno dall‘altra sentiva che qualcosa sarebbe successo, che non era finito tutto, ma per non rovinare quell’atmosfera di calma e spensieratezza Kairi ritenne più saggio tacere. Si trovavano a Twilight Town la città dai colori magici del tramonto, romantica e al tempo stesso sicura… almeno lo era sempre stata fino a quel giorno. . All’inizio dell’estate, con somma gioia di Pippo e Paperino, il re Topolino aveva concesso ai quattro eroi un permesso per lasciare il loro mondo e raggiungere così Twilight Town e restarci per tutta la durate dell‘estate, come premio per il loro coraggio e la loro forza d‘animo. I quattro allora avevano deciso di comune accordo che sarebbero rimasti insieme per tutto il tempo concessogli. In quel momento erano tutti nella piazza della stazione e guardavano il tramonto dall’enorme terrazza che sovrastava tutta la città: il panorama era mozzafiato. La città, il mare, il bosco, tutto sembrava creato solo per essere ammirato nel suo splendore e nella sua quiete serale. A pochi metri da loro però Pippo e Paperino borbottavano, specialmente quest’ultimo aveva parecchio da ridire. -Ma tu guarda quei due… stanno appiccicati da mattina e sera e non si staccano neanche con la forza!- il papero terminò con un borbottio incomprensibile. Il suo amico Pippo lo stette ad osservare per cinque minuti poi gli chiese: -Gawrsch Paperino non è che sei invidioso?- Pippo aveva colto nel segno: Paperino si fece più bianco delle sue piume poi si fece rosa e infine rosso. Il capo dei cavalieri del reame di re topolino continuò: -Sei invidioso perché Paperina è lontana e non puoi coccolarla!- -Grrrrrrr PIANTALA!- Paperino si incendiò e cominciò ad inveire contro il suo amico, il quale distolse lo sguardo da quel papero infuriato e tornò a guardare Kairi e Sora. Ma alcuni esseri bianchi gli paravano la visuale così li avvertì: -Yuk! Scusate ma non vedo niente, potreste spostarvi?- Paperino che si voltò subito dopo saltò sul posto: quelli erano heartless? -SORA!- il papero, mago di corte, avvertì l’amico il quale si voltò allarmato e capita la situazione fece nascondere Kairi dietro una panca. -Tu resta qui!- Sora stava per partire all’attacco quando si ricordò di una cosa importante. -Il keyblade! Riuscirò a chiamarlo?- in fondo era tanto che non lo utilizzava! Mentre Paperino e Pippo distraevano i nemici lui si concentrò con quanta forza d’animo aveva… e comparve! -Oh, sia ringraziato il cielo!- detto questo si lanciò all’attacco. Subito uno di quegli esseri lo attaccò diretto ma lui lo aggirò in scivolata e lo colpì forte alla schiena. La lotta continuò un po’ finché, stremati, i tre non si ritrovarono schiena a schiena. -Paperino, Pippo, che si fa?- senza attendere risposta però Sora lanciò il keyblade verso Kairi e uccise un nemico che stava per attaccarla. L’arma poi con un paio di giri su se stessa tornò da Sora. Ma erano di nuovo nei guai, quei dannati erano troppi! Poi una luce li investì in pieno e Sora, Pippo e Paperino quella luce la conoscevano bene: il Re era lì per aiutarli e toglierli dai guai!
La notte era stellata e quieta, leggermente afosa in quell’inizio d’estate. Leon non riusciva a dormire e ciondolava con fare stanco qua e là per Hollow Town, la città annessa a Hollow Bastion. In quei giorni la sua mente vagava distratta per chi sa quali luoghi e niente sembrava metterlo di buon umore. Certo, ormai aveva superato da tempo la morte di Rinoa, i suoi amici lo sapevano ma non sapevano cosa lo rendesse così nervoso. Lui solo lo sapeva e la spiegazione era più semplice del previsto: semplicemente era passato un anno e lui lo ricordava bene. Si era prefissato di non dimenticare mai quella data, quella data di inizio giugno quando era successo. Era felice, finalmente aveva raggiunto la sua amata Rinoa. Rinoa che lo aveva fatto innamorare con la sua bontà e la sua tenacia. Rinoa che gli aveva insegnato a ballare. Ma non aveva fatto in tempo a raggiungerla alla loro scuola, il Garden, che il suo mondo si era fatto scuro e un’orda di heartless lo aveva invaso. Inutile furono gli sforzi di tutti. Piano piano il mondo era stato inghiottito e Rinoa… la sua Rinoa non c’era più né mai ci sarebbe più stata. I primi tempi dopo la sua morte lui non li ricordava: l’apatia e lo shock in cui era precipitato gli annebbiarono la mente per settimane fino al giorno in cui Rinoa gli apparve in sogno. Lei gli disse che era lì per riportarlo alla realtà, che non doveva arrendersi all’oscurità. Doveva vivere, per lui stesso, per i suoi amici e anche per lei. Poi era sparita e da allora non l’aveva più sognata. La mattina dopo quel sogno si svegliò con un nuovo obiettivo ben fisso nella mente: vendetta. Li avrebbe sterminati tutti, quei dannati heartless, li avrebbe fatti soffrire uno ad uno li avrebbe guardati agonizzare e sentiti urlare sotto i suoi colpi impietosi e sterminatori. E avrebbe riso di loro e della loro fine. Per adesso si accontentava di aspettare. Senza l’aiuto di Sora e i suoi amici era difficile contrastare il nemico, senza contare che adesso ci si metteva pure una certa Organizzazione XIII a far casino. Vagando come un’anima in pena alla fine arrivò al punto più alto della città, vicino alla piazza del mercato. Lì si appoggiò al muretto di cinta e prese ad osservare l’orizzonte con sguardo vuoto. All’inizio iniziò a pensare a Rinoa e gli avvenimenti di un anno prima ma poi, concentrandosi sui capelli neri della sua defunta ragazza si ricordò di un’altra chioma nera e allora ricordò… pensò alla lotta di un anno prima, ai suoi amici dragoni e a quell’invasata di Rose e si soffermò su di lei… era abile, cavolo, bravissima in battaglia e terribilmente veloce… e si sorprese a chiedersi se stesse bene. Poi si disse, stizzito: -”Oh, al diavolo! È inutile, non riesco a concentrarmi… c’è qualcosa nell’aria che mi infastidisce… sono sicuro che a momenti mi ritroverò con un diavolo per capello… anche se non so bene perché”- Si scostò dal muretto e diresse al passaggio che conduceva al retro della città, alla terrazza che permetteva di osservare la Fortezza Oscura in tutta tranquillità. Lì rimase fino al mattino dopo quando, stupendosi fino al limite dell’immaginazione si ritrovò davanti la donna che stimava più di tutti quanti.
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