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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: BED AND BREAKFAST PANNA&FRAGOLA -LA SIGNORA DELLE FRAGOLE-
Genere: Romantico, Commedia, Giallo, Azione
Rating: Per Tutte le età
Autore: ladykokatorimon galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 10/01/2007 23:14:04 (ultimo inserimento: 14/01/07)

Piccola storiella scritta in base a 3parole chiave in una "sfida letteraria", anticonformista se voglio fare la presuntuosa, commentate se volete
 
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PRIMA PARTE
- Capitolo 1° -

Maledetto,pensavi di farla franca? Pensavi che non me ne sarei accorta? Pensavi che di essere stato furbo, sappilo,non lo sei mai stato…


-Cazzo!- Francesca Cacioppo urlò come una gallina nelle mani del macellaio e scese dalla macchina sbattendo lo sportello con tutta la forza che le sue esili braccia le concedevano, la piccola panda verde acqua trema quasi spaventata e si riassesta con una mossa repentina degna del miglior equilibrista.

-Maledetto catorcio! Li mortacci tua- sbraita mentre prende a calci il veicolo infierendo con i tacchi affilati. Odia quella macchina con tutte le sue forze, la sua specialità è abbandonarla proprio quando ne ha più il bisogno.

Quasi ha l’impressione che una grossa e viscida lingua stia spuntando da sotto la targa, che in realtà è solo la benzina che cola paciosa sull’asfalto assetato.

Se ne sta circa una mezz’ora buona a imprecare contro tutto ciò che questo mondo abbia mai ospitato dalla più remota notte dei tempi quasi fino a dimenticarsi di chi fosse il vero oggetto della sua collera, poi alza la testa al cielo e la sua rabbia si muta in preoccupazione.

Il cielo è plumbeo, livido,o meglio lo sarebbe stato se le fastidiose ombre della notte non lo soffocassero, e sembra non aspetti altro che rovinarle definitivamente i piani, forse in combutta con la macchina menefreghista.

Già qualche esile stilla comincia a paracadutarsi giù probabilmente prendendo di mira il suo trucco fino a pochi minuti prima perfetto.

Intanto il catorcio birichino sembra osservarla come niente fosse fumando peggio di Toro Seduto.

Guarda l’orologio abbassando le palpebre appesantite dalla dose eccessiva di phard rosaceo e la sua rabbia implode definitivamente, 2.23, le cifre brillano quasi ballando sul quadrante, presumibilmente anch’esse prendendosi gioco di lei.

Si guarda un po’ intorno spaesata, pensando che ben poche volte l’aggettivo “Spaesata” le poteva essere attribuito.

Il mare scroscia tranquillo sulla sabbia avanzando le sue onde ad intermittenza anch’esso incurante del dramma che si sta consumando a poca distanza, e il cielo non fa che caricarsi ulteriormente di guai.

Provare a farlo ripartire è da escludere, lo conosce quasi meglio di sua madre e quel rottame quando s’impunta non percorrerebbe neanche il perimetro di una pista delle automobiline.

Chiamare Tiziana? Idea peggiore della prima, quella donna non si smuoverebbe neanche se la stesse per investire uno Tsunami della Malesia, e tanto meno quel troglodita di suo cognato, che a quanto pare non aveva fatto altro che prendere le cattive abitudini della consorte.

Le opzioni sembrano concluse, l’unica cosa che le resta da fare e girare la testa a mo’ di struzzo in cerca della salvezza, in qualunque modo avrebbe potuto manifestarsi, eppure...

Ma certo! Un meccanico! Stupendosi del fatto che le sue capacità mentali stiano lentamente venir meno afferra il cellulare super tecnologico dal cruscotto e compone il numero delle pagine gialle.

Tum...tum... un rumore simile a gorgoglio di una fogna, e poi il nulla.

-Merda, non c’è campo!- ormai nella certezza di essere all’apice della sfiga, fa una giravolta, e scorge una sagoma quadrata spuntare dal profilo del promontorio, acuisce la vista per focalizzare meglio l’immagine.

Le affiora il lieto sospetto che possa trattarsi della salvezza tanto attesa.

Fa librare le chiavi tintinnanti nell’aria, e riafferrandole le infila nella serratura.La macchina obietta decisa ma si arrende al voler della sua padrona, almeno in questo.



Il sussurrare continuo,i tuoi interminabili segreti,il continuo squillare del telefono,le frasi senza senso,ora tutto sembra aver acquistato una logica.



Il cielo tuona deciso su quella singolare immagine, un piccolo edificio di forgia antica quasi diroccato che reca l’insegna “Bed and Breakfast Panna&Fragole”.

Non molto convinta dall’aspetto tetro ma in un qualche modo rinfrancata dalla dolcezza di quel nominativo, la ragazza avanza titubante sulla pedana di legno che sovrasta la sabbia grigiastra, sempre guardando in ogni dove a profilassi di qualunque evenienza.

È in quel momento che un miriade di piccole sagome nere appaiono ai suoi occhi, all’incirca una cinquantina di piccole sagome rettangolari arrotondate sulla cima che stavano ignare in un altrettanto piccolo spiazzale verde.

Non ha il tempo di inquadrare la faccenda che qualche goccia d’acqua incomincia a tintinnarle sulla spalla cadendo in picchiata sul terreno granuloso.

Seguendone il tragitto la ragazza punta lo sguardo sul legno della pedana.

Maledizione! Un liquido rosso striscia impunemente vicino alle sue scarpe di Dolce e Gabbana.

Liquido rosso? Ritrae velocemente l’arto trattenendo un do di petto che premeva per uscire.

“Che stupida che sono...” si china passando velocemente un dito sul liquido acquoso “...è solo succo di fragola”

Le fragole evidentemente perseguitavano quel luogo, e, come avrebbe scoperto in seguito, più di quanto pensava.



Scosse vistosamente la testa riprendendo il controllo di se e in un slancio corse verso l’entrata dell’edificio diroccato quasi catapultandocisi come un agente segreto che evita una scarica di acquee pallottole.

Non appena constatò che nemmeno la più piccola goccia d’acqua poteva raggiungerla si scrollò elegantemente la giacca di lino bianco.

La hall che le si parò davanti non era affatto diversa dalle sue aspettative, un angusto e ligneo spazio che indubbiamente non faceva che presagire le condizioni delle stanze, analogamente anguste e lignee.

-Signorina, posso aiutarla?- alzò lo sguardo ancora segnato dalla collera per guardare il suo interlocutore, negli occhi, come faceva sempre.

-Si, la ringrazio, sono proprio nei casini,- rispose ad una signora di circa cinquant’anni dalla tipica pettinatura riccioluta e vaporosa della donna di mezza età e la voce sommessa e servizievole.

-Desidera una stanza?-

-Si, e vorrei sapere anche se qui c’è campo-

-Si, certo, ma ora è meglio che si alzi e venga ad asciugarsi un po’-

Le prese la mano e l’aiutò a rimettersi in piedi dalla sua posizione che rasentava il ridicolo e si fece condurre ai piani superiori.

Passando davanti al banco notò una strana figura china, molto grossa

“Strano, che ci sia qualcun’altro in questa bettola, davvero strano”



Ho sentito la sua voce,ho sentito la sua voce rozza da provinciale,so chi è,non sei mai stato capace di nascondere nulla.



Le nuvole si stavano finalmente scaricando, fortunatamente evitando di fare i propri bisognini su di lei, e ora l’acqua s’accaniva come satura di collera sul vetro inerme della sua povera stanza.

I proprietari, i Signori Nobello, erano stati davvero molto gentili, e cordiali come i classici provinciali isolati e bigotti, e l’avevano condotta in un angolo strategico della casa dove, doveva dirlo, prendeva magnificamente,oltre naturalmente ad offrirle di usare il loro telefono.

Il meccanico sarebbe passato il mattino seguente per dare un occhiata a quella sciagurata della sua macchina che, nelle più rosee delle aspettative, ancora aspettava sotto quella specie di cascata del Niagara.

Si toglie le scarpe notando con sollievo che sono intatte, ma conficcandone il tacco nell’armadio quasi come una lancia medievale,e si stende sul letto marmoreo che si staglia al centro di quel buco puzzolente.

E fortunatamente c’è qualcos’altro nella sua mente oltre alla sua inossidabile sfiga, un qualcosa di decisamente più piacevole, qualcuno di decisamente più piacevole.

A quanto le era sembrato era l’unico ospite dell’albergo, se così lo poteva chiamare, oltre a lei. Un ragazzo assolutamente statuario alto peggio di un lampione che aveva risvegliato il suo istinto di cacciatrice.

Chiaro segno che la fortuna prima o poi gira anche per lei.



***



Il mattino seguente sul tardi, parecchio sul tardi, un insignificante nano baffuto, che per specificare era il meccanico, si presentò per revisionare il famoso catorcio.
Il responso era stato drammatico, a parte il discorso sul carburatore ed eccetera eccetera ci volevano minimo tre giorni per farla tornare in carreggiata.

-Signorina Cacioppo,- la voce soffice della Signora Nobello la distolse dai suoi pensieri che tanto erano sempre gli stessi.

-Allora, come sta la sua macchina?-

-Uff, che vuole che le dica,è la mia solita vecchia panda, quando non vuole partire non parte. Comunque dovrebbe essere pronta entro tre giorni se tutto va bene-

-E non ha nessuno che possa venire a prenderla?-

-Ci sarebbe mia sorella, ma in realtà ero io che dovevo andare da lei- rispose digrignando i denti nel tentativo di farlo sembrare un qualcosa di simile ad un sorriso.

La donna sembrava aver finito le domande, che già di per se erano state poche, ed ora stava in silenzio guardando il mare che finalmente sembrava aver trovato pace dai capricci del cielo bambino.

-Mi scusi- disse senza pensare, altra cosa che di solito non faceva.

-Ma quello vicino all’entrata non sarà mica un cimitero?- la vecchia donna trattenne un risatina isterica.

-Si, ma la maggior parte delle salme sono molto antiche,- Francesca non seppe come prendere la cosa, se dal fascino o dalla semplice inquietudine,evidentemente scelse la seconda perché non chiese delucidazioni alla faccenda cercando di glissare non molto abilmente.

-E mi dica, “Fragole e panna” hanno un qualche significato?- a quella domanda parve rabbuiarsi improvvisamente chinando il capo, forse stavolta era lei che cercava di glissare sull’argomento.

-È in ricordo di un fatto accaduto qui circa quindici anni fa, ma è meglio che non glielo racconti altrimenti penserà anche lei che qui ci sono i fantasmi-

-La prego, mi ha incuriosito, e non si preoccupi, io non credo in queste cose- l’altra sospirò e parve prendere fiato con rassegnazione.

-Circa quindici anni fa c’era una piccola famiglia, padre, madre e figlio di dieci anni, che veniva annualmente ogni estate a passare le vacanze alloggiando sempre qui, sembravano tutti normali ma...-

-Ma?-

-La madre, che poi si seppe soffriva di depressione, si suicidò annegando in queste acque- fermò le labbra e parve rimanere paralizzata, ma tranquilla.

-E mi scusi, che c’entrano le fragole in tutto questo?-

-Beh vede, quando il corpo fu ritrovato,era tutto sporco di succo di fragola e di panna,e sul fondale una coppa di cristallo, così la polizia ipotizzò che fosse entrata in acqua portando in mano la coppa piena di fragole con la panna-

La ragazza inorridì a quel pensiero e ancor più a quello che avessero voluto ricordarsi per così lungo tempo questo fatto così agghiacciante con il nome dell’albergo, il tutto aggravato dal fatto che...

-E..e, mi scusi...- balbettò inconsultamente, l’altra le fece segno con la testa di continuare.

-Che, che c’entrano i fantasmi?-

-Questo è un fatto che io definisco curioso. Ma purtroppo altri non fanno altrettanto.
Comunque la donna è stata sepolta in quel cimitero qui vicino, ed ogni anno,all’anniversario della sua morte,appare sempre una coppa di cristallo piena di fragole con la panna sulla sua tomba, e nessuno ha mai saputo chi ce la mettesse, o meglio nessuno ha mai avuto il coraggio di scoprire chi ce la mettesse, oltre che ad avvistamenti di presenze strane all’interno del cimitero-

-Ma non si preoccupi,- si girò di scatto e vide Giorgio Nobello avanzare lentamente verso di loro.

-Sarà lo scherzo di qualche cretino che non ha niente da fare,- disse sorridendo, un sorriso molto accattivante che denotava un certo impegno amoroso in gioventù, e una zazzera ancora indomabile di plumbei capelli.

-Un ultima cosa, e in che giorno sarebbe accaduto?- l’uomo si prese il mento fra le dita in un rito propiziatorio alla sua memoria, poi di scatto si batté il pugno sul palmo della rugosa mano.

-Oh, questo è ancora più curioso- lei lo guardò in cagnesco sperando di non aver frainteso quella frase.

-Il 4 agosto... dopodomani è esattamente l’anniversario!-



Sei stato proprio un idiota,ti hanno mai detto che non devono chiamare al telefono di casa?



Il primo giorno passò lento, noioso, quasi anestetizzante, e Francesca la trascorse quasi interamente nella sala da tè dell’albergo, pressappoco in stato catatonico, su una vecchia e cigolante poltrona di vimini.

Non che credesse ai fantasmi o ad una qualunque sorta di creatura svolazzante, ma non poteva negare che quella storia le aveva messo addosso una certa ansia cronica che raramente le sorgeva.

La mattina del secondo giorno, una mattina decisamente tendente al pomeriggio, la ragazza discese, neanche fosse lei il fantasma dell’operetta, per l’ennesima volta nella solita saletta.

Si sedette alla stessa poltrona che probabilmente non sopportava più il peso del suo beneamato fondoschiena, e attese che un qualche accadimento di qualunque tipo arrivasse a smuovere quella calma piatta, un po’ come la pioggia aveva fatto con il mare. E fortunatamente la tranquillità non ebbe vita lunga.

Quella specie di marcantonio, che al momento rappresentava l’unica nota intonata nello spartito, l’ammazzò facendo il suo ingresso trionfale nella sala illuminata dal sole di mezzogiorno, sedendosi a pochi metri da lei.

-Buongiorno,- azzardò con voce sommessa, che fra tutte era quella che meno le si addiceva.

-Buongiorno,- rispose l’altro prontamente sfoderando un sorriso degno di Brad Pitt di circa trentaquattro denti. Quello fu il richiamo che fece destare il leone.

-Scusi, ma non ci siamo mai presentati, Francesca Cacioppo-

-Tommaso Cartini- disse afferrando la mano di lei con forza erculea.

Lo squadrò da capo a piedi, quell’analisi non fece che avvalorare la sua convinzione: quello era proprio il suo tipo.

Alto circa sul metro e novanta, fisico degno del campione mondiale di body building, sguardo magnetico e tenebroso.

-Mi dica, che cosa e venuto a fare in questo luogo sperduto?- azzardò ancora nel tentativo di risfoderare le sue doti le sue doti di abile conversatrice.

Lui stava con gli occhi fissi sul tavolino, non si mosse nemmeno di un millimetro.

-Immagino che la Signora Nobello le abbia parlato della “Signora delle fragole”,- disse con voce strisciante girando ponderatamente il cucchiaino nella tazza di porcellana.
-Beh, se così la vuole chiamare,- già se lo vedeva come cacciatore di spettri alla Ghostbusters, ma nel frattempo evitò accuratamente di aggiungere altro, continuando di soppiatto ad adocchiargli i pettorali scolpiti.

-Glielo dico senza troppi giri di parole...- iniziò -..quella donna era mia madre- smise di fissarlo come una maniaca sessuale e assunse la sua espressione affranta che solitamente le riusciva tanto bene.

-Oh, mi scusi, io non intendevo-

-Non si preoccupi... ma mi scusi, io dovrei andare- s’alzò facendo tremare il tavolino e s’allontanò sotto lo sguardo sognante della sua novella ammiratrice.


Eppure io so,io so fin troppo bene,anche quello che mai avrei dovuto sapere.



Le 12.17, Francesca uscì a passo cadenzato dall’ingresso dell’albergo, e un sole finalmente libero dalle sue nuvolose catene la illuminò lieto ed entusiasta,il mare parve salutarla frenetico, interessandosi improvvisamente a lei avanzando un onda fin troppo lunga che parve volerla raggiungere di soppiatto.

La sua sfiga pareva aver fatto le valigie ed essere andata a rompere le scatole a qualcun altro in un qualche remoto angolo della terra,magari in un posto dove le potenziali vittime abbondavano.

Si girò un po’ intorno in cerca di qualcosa da fare fino all’ora di pranzo, e naturalmente quel piccolo luogo di morte, che eppure alla luce del sole sembrava tanto innocuo, le saltò subito agli occhi destando in lei una certa curiosità, infondo di cosa doveva aver paura? In ogni caso i fantasmi non si scioglievano come budini alla luce del sole?

Alquanto stupita dall’assurdità della sua ultima meditazione la ragazza si mosse quasi in punta di piedi cercando di attutire il ticchettio dei tacchi assassini sul legno della pedana e si addentrò senza pensarci fra le lapidi marmoree che sembrarono accoglierla quietamente fra di loro senza obbiettare.

Il vento si cullava gentile nel blu terso del cielo che finalmente aveva trovato pace dalle proprie inquietudini,fischiava armonioso zigzagando fra le pietre stanche, l’acqua reclamò la sua parte in quella sorta di paradiso incedendo con più forza, con le onde che si fecero man mano più rumorose ma quasi intonate.

Respirò a pieni polmoni l’aria satura di salsedine e girò le braccia a mo’ di canoa ondeggiando un po’ come ubriaca di quella calma così divina, pensò che infondo i morti potevano essere meno maligni di quanto li si credeva, insomma il diavolo non è brutto come lo si dipinge.

L’unica cosa che mancava era...

Non tardò ad arrivare la ciliegina sulla torta.

-Vedo che ci rincontriamo- Il ragazzo borbottò udendo la voce petulante della sua interlocutrice.

-Non ce n’è da stupirsi, questo posto non è esattamente una metropoli-

Il suo tono era stato falsamente garbato e infarcito di una certa irritazione che non evitò di sfuggire al suo intuito garantito. Lo stava disturbando ma la cosa non la toccava affatto.

-Questa è la tomba di tua madre?- chiese in tono perentorio ma senza accorgersi di essere passata dal lei al tu come niente fosse, l’uomo infatti stava inginocchiato e chino davanti ad una piccola pietra tornita leggermente e ambrata di grigio che sembrava fradicia d’acqua di mare, si chinò leggermente per leggere le parole che vi erano incise.

“Alla memoria di Monica Rettondi, moglie e madre amorevole, morta il 4 agosto dell’anno 1988”

-Si, è di mia madre,- aveva riafferrato in extremis il suo accento accattivante e la sua voce risultò di nuovo calda e cortese.

Lei intanto guardava la tomba illuminata dal sole abbagliante. C’era un mazzo di crisantemi nel vaso di metallo, ma niente fragole da nessuna parte, questo, non seppe neanche le il perché, la fece sospirare lungamente di sollievo.

-Mi scusi- esordì stavolta soppesando minuziosamente il peso delle parole che sarebbe andata a pronunciare -ma si ha un idea del perché si sia suicidata?-

Lo guardò con quella sua faccia da schiaffi attendendo con intolleranza una risposta di qualunque tipo, anche una sberla in piena faccia le sarebbe andata a genio pur di averla.

-Io una ce l’avrei, e molto precisa- parve sillabare le parole, ma non si mosse di un millimetro continuando a stare chino con le mani giunte.

Per un attimo il tempo sembrò sospendere la propria corsa ma che in realtà in quel momento rasentava una placida passeggiata.

-Ho il sospetto che mio padre avesse un amante in quel periodo,e mamma non lo avrebbe sopportato nello stato in cui era-

Ne fu quasi stupita, eppure proprio non le era sembrata un persona che spiffera i fatti propri dall’oggi al domani, evidentemente quel suo collaudato intuito aveva fatto palesemente cilecca.

-E suo padre ha confermato?- una risata quasi diabolica scaturì di botto dalle sue labbra facendola sobbalzare di paura.

-Non credo potrà mai farlo da sottoterra- quello era stato il momento di tacere, ma lei non l’aveva colto minimamente, ma non se ne curò nemmeno cogliendolo.

Ma da quella risata colse invece tutto il suo infinito rancore per il genitore.

-Tommaso- una vocina stridula riecheggiò per tutto il cimitero facendo finalmente destare il ragazzo che alzò la testa di botto.

Una ragazza di circa vent’anni avanzava sorridendo come un ebete, incespicando qua e la sulla sabbia a causa delle infradito di bassa lega che portava ai piedi, era piuttosto carina con capelli a caschetto neri come la pece e gli occhioni da cerbiatta in calore.

-Vittoria!- esclamò lui risfonderando il suo tono irritato ed alzandosi di malavoglia, lei lo raggiunse e lo abbraccio stritolandolo peggio di lottatore di Sumo.

-Allora, sei tornato per tua madre vero?- esclamò staccandosi da lui quasi per miracolo, una scena da voltastomaco,

-E per cos’altro?- rispose cercando disperatamente di mantenere un espressione entusiasta che probabilmente gli sarebbe costata un bel po’ di rughe precoci.

-Oh giusto! Allora racconta, come va il negozio?-

-Emh emh,- la ragazza si girò di scatto verso di lei,

-Ah, scusami, questa è Francesca Cacioppo, un ospite dell’albergo- la squadrò da capo a piedi con aria di sufficienza.

-Piacere, Vittoria Nobello- lo disse velocemente per togliersi la seccatura di presentarsi a quella nuova sciacquetta di turno.

-E tua sorella? Che fine ha fatto?- chiese lui pescando probabilmente a caso fra i possibili argomenti di conversazione.

-Mmmh, dovrebbe essere già qui per la verità ma lo sai com’è fatta-

-Perché scusa, come sarei fatta?- una nuova entrata in scena, anche se sicuramente non peggio della prima: una donna di circa trent’anni s’addentrava lentamente incedendo fra le lapidi,si avvicinò sorridendo e anche lei abbracciò il ragazzo ma con innata eleganza.

Poi si staccò e porse la mano alla sconosciuta.

-Piacere, Giada Nobello- disse dimostrando una classe che nella sorella non si riscontrava affatto.

-Piacere, Francesca Cacioppo- rispose afferrando la sua mano affusolata e dalle unghie chilometriche. Anche lei era molto carina ma a livelli decisamente più alti, con i lunghi capelli lignei e vagamente inanellati ma perfettamente composti e gli occhi simili a profondissime voragini.

I tre sembravano conoscersi molto bene e incominciarono a parlare animatamente del più e del meno lasciandola in disparte. Quelle due arpie gliel’avevano soffiato per benino e questo non faceva che punzecchiare il suo orgoglio di cacciatrice di cuori.

-Francesca...- disse improvvisamente la sorella maggiore -...noi andremmo a fare un passeggiata sulla riva, vuole venire con noi?-

-No la ringrazio, preferisco tornare in albergo- rispose alzando le spalle, ma pensando in realtà che ci sarebbe andata di buon grado se quelle due non le avessero messo i bastoni fra le ruote.

I tre salutarono e s’incamminarono sparendo ben presto dalla sua vista e lasciandola sola come un imbecille.

Probabilmente la sfiga le era troppo affezionata per andarsene in lidi lontani abbandonandola al suo beffardo destino.

Sospirò sconsolata cominciando a muovere qualche passo indietro tenendo attentamente d’occhio le sue beneamate scarpe di D&G che troppe volte si erano salvate da una fine ignobile sul filo del rasoio,e come volevasi dimostrare quel liquido rosso tornò ancora ad attentare alla vita di quelle salate calzature.

Liquido rosso? Mosse lo sguardo gradualmente sulla lapide riflettente e i suoi occhi si dilatarono a dismisura.

“FRAGOLE...PANNA!”

Corse via trattenendo un urlo rabbioso.
In quel momento quelle dannate scarpe potevano andarsene tranquillamente alla malora.



Credevi di potermi ingannare? Credetevi davvero di poterlo fare?Hai buttato nel cesso tutto ciò che rimaneva del mio orgoglio maledetto bastardo, ma per ora l’unica a pagarne sarò soltanto io,ma poi verrà anche il tuo momento,e il mio spirito ti perseguiterà fino a quando non mi raggiungerai all’inferno,insieme a chi mi ha preso indegnamente il mio posto.



-Tiziana, Tiziana, ti prego rispondi sorellona...- il telefono squillava strozzato alle sue orecchie mentre lei attendeva con ansia che la sua confidente rispondesse con il solito accento alla romanaccia, e magari completando il quadro con una delle sue risate degne delle più spietate streghe delle fiabe.

-Pronto-

-Tizianaaaaaa!-

-Ah, A Francé,alleluia te si rifatta viva finarmente!- quella voce così galvanizzante non poteva essere confusa con nessun’altra sulla faccia del globo, e sentirla le diede uno strano senso di protezione che solo la sua super sorellona era capace di darle.

-Titty, aiuto, FANTASMI!!!- urlò senza pochi preamboli quasi stritolando il suo nuovo Nokia che già vedeva la fine dei suoi giorni nelle mani ossute, e attendendo naturalmente che questa dannato senso di protezione si tramutasse in pratica, evidentemente aveva idealizzato fin troppo la sua cara sorellona.

-E me veneristi a parlà de fantasmi ner 2003?- lei fece un gesto d’assenso agitando la testa in un qualcosa di molto simile al mugugnare di un cane malmenato.

-Ma scusa ma ‘ndo stai? Casomai te ne fossi scordata io dopodomani me sposo, hai presente?-

-Si che ho presente, comunque sono in albergo in una spiaggia sperduta, ma non so quanto disti da Siracusa-

-Ma come no o sai? Ma sei er testimone! E poi me voi di come ce sei capitata?-

-Intelligenza, è colpa di quel rottame della tua macchina! Comunque il meccanico ha detto che sarà pronta domani se tutto va bene-

-O spero pe te che sennò qua va tutto a rotoli, ma scusa che stavi a di dei fantasmi?-

La ragazza trasalì ricordandosi improvvisamente del motivo della sua chiamata,spiegò per filo e per segno tutta la storia sotto i sospiri scettici della futura sposa con voce supplicante che ben poche persone poteva gloriarsi di aver udito uscire dalla sua bocca.

-E tu credi ancora a ste cose ner 2003? Me sa che te sei vista troppe vorte Shining- dall’altro capo Francesca si strinse alla coperta rosata di flanella, in effetti credere nei fantasmi non seguiva alcuna logica ferrea o lasciva che fosse, non stava nei in cielo ne in terra ne tanto meno doveva stare nella stare nella sua capoccia! E anche se a malincuore dovette ammettere che in quel frangente, e anche in un altro, si era comportata da perfetta idiota.

-E poi scusa che c’è di male a lascia e “cerasa” sopra a na tomba?-

-Fragole non ciliegie t’ho detto!- ma indubbiamente non aveva torto nell’altra affermazione,

-E io che pensavo che ta fossi cota cor principe azzurro,-

-A proposito di principi azzurri,- esclamò improvvisamente come riprendendo in un colpo tutta la sua civetteria che sembrava fuggita chissà dove,

E infondo che cosa c’era di cui preoccuparsi? L’indomani sarebbe finalmente tornata nella sua vera ed amata civiltà e più nessuna “Signora delle fragole” o “delle cerasa” o chicchessia le avrebbe dato da pensare in modo così sciocco.

O almeno lo sperava in cuor suo...



La mia mano ti afferrerà comunque anche dalla tomba,e salderete il prezzo che avete contratto





 
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