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Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: HARRY POTTER E IL RITO MORTALE
Genere: Sentimentale, Drammatico, Fantasy
Rating: Per Tutte le età
Avviso: Spoiler
Autore: ronnie90 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 07/01/2007 15:48:49 (ultimo inserimento: 23/07/07)

Siete stanchi della Rowling che ancora non ha scritto il settimo libro del nostro Harry? Per sopportare l'attesa leggete HP7 secondo me.
 
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RICORDI RIEMERSI
- Capitolo 1° -

Sto aspettando come ttt i fan di HP, il settimo libro della saga. Nell'attesa mi è venuta l'ispirazione. Perchè non scrivere HP7 cm penso ke possa essere? La Rowling ho sentito ke vuole ammazzare il nostro Harry. Quando ho sentito questa notizia mi sn infuriata 1kasino. Voi no? Prometto ke nel libro di Harry Potter 7 Secondo Me, non muore il maghetto.
Beh, ora lascio ke vi immergiate nella magia + bella ke esista: la lettura...


7°. Harry Potter e il rito mortale.

Capitolo 1.
Ricordi riemersi.

Un ragazzo osservava la sua immagine riflessa nel vetro della finestra. Gli rimandava lo sguardo il riflesso di un ragazzo dai capelli neri tutti arruffati e dagli occhi verdi che brillavano come smeraldi.
Il suo sguardo era vuoto, perso tra mille pensieri.
Harry Potter pensava alla recente scomparsa della persona a cui teneva di più. Il preside Albus Silente era morto a causa sua. Se avesse bevuto lui quella pozione nella grotta, il preside non si sarebbe indebolito e a quest’ora sarebbe ancora vivo, pronto ad aiutarlo nella ricerca degli Hocrux.
Se non fosse stato per Piton, lui sarebbe ancora vivo. Harry gli ripeteva in continuazione che non c’era da fidarsi di Piton. Ma il preside era troppo buono e la sua seconda possibilità, la sua fiducia l’avevano portato alla morte.
Amare lacrime scesero lentamente sulla guancia, fino al mento e infine caddero sulla sua mano destra chiusa a pugno con il finto Hocrux all’interno.
Silente era morto invano. Il medaglione che avevano trovato era falso e non sarebbe servito a nulla. Il foglio di pergamena che Harry aveva trovato al suo interno giaceva spiegazzato in mezzo alla confusione della scrivania del ragazzo.
R.A.B. Quelle tre lettere lo tormentavano e rimbombavano nella sua testa incessantemente. R.A.B. Chi era? E che ne aveva fatto del vero Hocrux? Lo aveva distrutto come aveva promesso, Voldemort lo aveva ritrovato o era ancora in qualche luogo ignoto?
Harry si asciugò gli occhi e il viso con il dorso della mano con l’Hocrux. Con rabbia lanciò il medaglione all’interno del baule della scuola aperto.
Fra una settimana avrebbe compiuto diciassette anni e la protezione che la madre gli aveva lasciato non sarebbe più servita. Avrebbe potuto andarsene dall’inferno di quella casa. Era stato Silente a fargli promettere di rimanere a Privet Drive fino a quando non avrebbe raggiunto la maggiore età. Harry avrebbe voluto invece andarsene subito ma se quelle erano le sue ultime volontà, non gli avrebbe disobbedito.
- Silente… -, mormorò con un filo di voce.
Gli occhi gli pungevano ma ricacciò indietro le lacrime. Silente è morto a causa mia, ripeté. Le lacrime sgorgarono di nuovo. Silente è morto come tutte le altre persone che hanno voluto proteggermi. Mamma, papà, Sirius…
Il suo padrino. Amico dei suoi genitori. Anche lui si era sacrificato per lui. Anche a lui voleva tanto bene e teneva a lui come un padre. Lo specchio che gli aveva donato prima di morire giaceva nella confusione del suo baule. Non lo aveva più preso in mano dal giorno della sua morte.
Andò a prenderlo e osservandolo si risedette sul letto. Era indeciso se provare a chiamarlo. Non riusciva ad accettare che fosse morto. Come non accettava che fosse morto anche Silente.
Harry scosse la testa e si schiarì la gola. - Sirius… -, chiamò titubante. - Sirius -, ripeté.
- Sirius! -, urlò infuriato e sbatté di nuovo lo specchio nel baule.
Perché si ostinava a non arrendersi? Perché? Sirius era morto e non sarebbe tornato come tutti gli altri.
I suoi pensieri furono interrotti dalla voce tuonante di zio Vernon che urlava da dietro la porta: - Che hai da gridare, ragazzo? Finiscila e fai silenzio se no ti chiudo a chiave in camera! -
Non aspetto altro. Piuttosto che vedere voi…
Harry sentì i passi pesanti dello zio che si allontanavano. Sospirò depresso. Si sentiva solo, triste e frustato. Aveva voglia di rivedere i suoi amici Ron ed Hermione; per non parlare della sua ragazza, Ginny. Le aveva fatto promettere tre settimane fa di non ficcarsi nei suoi affari poiché in questo modo non si sarebbe cacciata nei guai. In pratica l’aveva lasciata perché l’amava. Almeno qualcuno che conosco non morirà…
Ma Ron ed Hermione? Loro non l’avevano lasciato e gli dissero che non l’avrebbero mai abbandonato. Harry sospirò ancora. Non poteva impedire loro di aiutarlo, non gli avrebbero dato retta.
Di nuovo fu interrotto da Edvige che picchiettava impaziente alla finestra. Harry le andò ad aprire; la civetta volò all’interno della camera e si posò armoniosamente sul letto. Edvige lo guardava con i suoi occhi d’ambra e batté impaziente il becco sollevando una rugosa zampa su cui era attaccata una lettera.
- Ho capito -, le disse scontroso.
La civetta batté di nuovo il becco e si girò offesa.
- Scusa, Edvige -, si scusò Harry accarezzandole le piume candide. - Ma in questo periodo sono nervoso. -
La civetta accettò di buon grado le carezze e tubò contenta. Harry prese la busta e lesse il destinatario. Ronald Weasley. Harry aveva mandato una lettera a lui ed Hermione una settimana fa e non capiva perché almeno lui ci aveva messo così tanto tempo a rispondergli.
Aprì la lettera dell’amico e iniziò a leggere sperando in buone notizie:

Caro Harry,
scusa se ci abbiamo messo tanto a risponderti ma qui alla Tana c’è una gran confusione. Sai il matrimonio di Bill e Fleur. Infatti con questa lettera ti invitiamo a partecipare alle nozze. Ti prego Harry vieni. Ci teniamo che tu venga, soprattutto io, Ginny ed Hermione che è qui da qualche giorno. Non arrabbiarti per il fatto che lei e qui e tu sei intrappolato nella casa dei tuoi zii. Ma cerca di capire, stiamo cercando un modo per farti venire alla Tana incolume e senza destare sospetti.
Ora che, spero, tu ti sia calmato, ti informo che stiamo tutti bene. Rispondo anche alla tua agognata domanda: Tu-sai-chi e Mangiamorte si sono fatti sentire? Ebbene, no. Per fortuna. Ci meravigliamo tutti noi maghi ma almeno tiriamo un sospiro di sollievo. Stiamo avendo un momento di libertà da attacchi, morti e sparizioni. Solo papà non si riposa. La gente continua a produrre e vendere oggetti che dovrebbero proteggere dagli attacchi di Tu-sai-chi che poi si rivelano pericolosi manufatti magici. Scemi chi li compra, dico io…
Comunque termino la lettera avvertendoti che entro domani qualcuno verrà a portarti via dalla tua prigione. Non so con quale mezzo, però.
A presto,

Ron ed Hermione

Harry piegò la lettera e la buttò noncurante sulla già tanto incasinata scrivania. Si era dimenticato del matrimonio del fratello di Ron. Un barlume di felicità si accese in lui. Avrebbe rivisto i suoi amici, la sua ragazza. Domani. Sarebbe successo anche presto. Molto presto. Non so con quale mezzo. Già, come avrebbero fatto a portarlo via?
Con la Polvere Volante? Forse. Dopotutto i suoi zii non aveva murato di nuovo il camino da quando i Weasley avevano distrutto il loro salotto, tre anni fa. Con un’altra macchina volante? No, molto probabilmente no. La vecchia Ford Anglia stava scorrazzando libera per la Foresta Nera e sarebbe stato difficile procurarsene un’altra. Mah, ora non aveva voglia di scervellarsi del modo con cui sarebbe andato via da Privet Drive. Ci stavano pensando altri in quel momento.
Lasciò che Edvige uscisse dalla finestra per la caccia notturna prima di richiuderla.
Poi uscì dalla camera e scese di sotto.

Zio Vernon e suo cugino Dudley erano spaparanzati sul divano a guardare un quiz in tv.
- Quali di queste regioni fa parte del Regno Unito? -, domandava il conduttore.
- A- Galles; B- Lazio; C- Louisiana? -
- Ho un vuoto mentale! -, scherzò il giocatore ridendo imbarazzato.
- La risposta è Galles ignorante! -, sbraitò alla tv zio Vernon. - Che razza di idioti che compongono la nostra società! -
Senti chi parla…, pensò Harry sorridendo di sottecchi.
Il ragazzo andò in cucina dove zia Petunia stava mescolando il contenuto di una grossa pentola.
- Finalmente sei arrivato! -, esclamò con voce stridula la zia. - Apparecchia, presto. È quasi pronto. -
Menomale che fra pochi giorni me ne vado. E chi vi sopporta più.
Harry doveva rivelare ancora questo particolare agli zii e si decise di avvertirli a cena.
Quando i Dursley ed Harry si furono seduti a tavola e avevano iniziato a mangiare, il ragazzo si schiarì la gola e tossì per ottenere l’attenzione.
- Hai per caso mal di gola? -, chiese brusco lo zio Vernon.
Harry rimase lì per lì spiazzato da quella strana domanda. - No. Perché? -
- Allora smettila subito di tossire. Mi iriti -, gli rispose lo zio guardandolo con gli occhi porcini ridotti a due piccole fessure.
E quando mai c’è qualcosa che non lo irrita. Di me.
- Ho tossito perché vi devo riferire una cosa importante -, incominciò Harry ma si fermò quando notò che nessuno lo stava ascoltando.
- Ehm, ehm -, tossì ancora.
- Ragazzo, ho detto di smetterla di tossire se non hai mal di gola! -, sbottò zio Vernon con il faccione che sfumava in un leggero violetto per la rabbia.
- Sto tossendo perché devo dirvi una cosa di estrema importanza! -, esclamò irritato Harry.
- Non ora. Stiamo guardando il telegiornale. -
Harry infuriato si alzò di botto e si avvicinò minaccioso verso la televisione; infine la spense.
- Cosa diavolo hai fatto!! -, abbaiò lo zio diventando paonazzo. - Stavo guardando ti ho detto!! -
- E io devo dirvi una cosa importante, vi ho detto!! -, urlò a sua volta Harry.
- Vernon -, disse zia Petunia andando dal marito e provando a farlo risedere poiché era scattato in piedi.
- Lasciamolo parlare -, provò a tranquillizzarlo. - Farà presto. Vero che farai
presto? -, chiese a Harry con una leggera nota di minaccia.
Harry non ci fece caso e annuì.
Zio Vernon si decise a sedersi e Petunia si sedette a sua volta. Solo Harry rimase in piedi, di fianco alla televisione.
- Ebbene? -, chiese lo zio provando a trattenere la rabbia.
- Fra una settimana compio diciassette anni e… -
Lo zio Vernon balzò di nuovo in piedi urtando violentemente la sedia che per poco non cadde. - E TU MI HAI DISTURBATO PER UNA SCHIOCHEZZA SIMILE??!!! -, tuonò lo zio.
- Calmati, Vernon -, mormorò stridula la zia.
- CALMARMI??!!!!! -
- Sì, FORSE È MEGLIO CHE TI CALMI! -, urlò a sua volta Harry per sovrastare la voce dello zio.
- COME OSI RIVOLGERTI A ME CON QUESTO TONO!! -
- Vernon -, si intromise zia Petunia. - Fallo parlare. Vediamo cosa vuole. -
Lo zio sbuffò furioso e si risedette con un tonfo sulla sedia, così forte che Harry temeva che con il suo sederone potesse spaccarla. Passarono un paio di minuti di silenzio in cui lo zio stava provando a sbollire la rabbia.
Poi finalmente si decise a romperlo. - Parla -, grugnì.
Harry lo squadrò per un po’ e parlò quando si convinse che lo zio non avrebbe interrotto. - Stavo dicendo che fra una settimana compio diciassette anni… -
Fece una pausa per vedere la reazione dello zio che ricambiò lo sguardo con impassibilità. - …E Silente… -
- Silente non è quello zotico che ha voluto che ti tenessimo a casa nostra? -, lo interruppe lo zio.
- Sì -, rispose secco Harry inghiottendo la rabbia nel sentire descrivere il preside con la parola zotico.
- Quello che ti ha scritto la lettera per farti frequentare quella scuola di matti? -
- Sì -, rispose di nuovo con l’ira che lentamente fuoriusciva. - Posso continuare senza essere disturbato? -
Lo zio annuì.
- Bene -, riprese Harry, - come stavo dicendo Silente mi ha fatto promettere di restare a casa vostra fino alla maggiore età e… -
Zio Vernon lo interruppe per l’ennesima volta. - Si diventa maggiorenni a diciotto anni non a diciassette -, convenne.
- Nel mondo dei maghi si diventa maggiorenni a diciassette anni, zio -, ripose Harry marcando minaccioso l’ultima parola.
- Tutti pazzi sono… -, borbottò zio Vernon.
- Riprendo per la milionesima volta. Silente mi ha fatto promettere di restare a casa vostra fino ai diciassette anni. Ovvero fino a quando la protezione di mia madre sarà valida. Quando sarò maggiorenne la protezione svanirà e anche se resto qui a Privet Drive, Voldemort potrà uccidermi. Quindi tanto vale che me ne vada… -
- Aspetta un attimo -, disse zio Vernon alzando una mano. - Voldechecosa èquello che ha ucciso i tuoi genitori e che vuole ammazzare anche te, giusto? -
Harry annuì.
- Mi stai dicendo che fra una settimana quando la protezione svanirà, lui potrà
venire liberamente a casa mia a uccidere te e forse anche noi?! -
Harry annuì ancora.
- Ah! Sono d’accordissimo con il vecchio! Te ne puoi andare il giorno stesso che compi gli anni. -
- È quello che sto cercando di dirvi: io fra una settimana faccio le valigie e sparisco dalla vostra vita. -
- Perfetto, ragazzo! Sono felice che ci hai interrotto per una notizia splendida come questa. -
- Avrei altre due cose da chiedervi, se me lo permettete -, dichiarò Harry.
- Dimmi, ragazzo. Se sono buone notizie come questa che hai appena detto, dille pure -, disse zio Vernon lisciandosi i baffoni.
- Non sono proprio delle notizie. Piuttosto delle domande -, iniziò titubante Harry.
- Domande? -, si scaldò lo zio con il faccione che lentamente si riempiva di chiazze rosse.
- Sì, domande -, disse Harry più sicuro. - Zia voglio sapere di chi era la Strillettera di due anni fa e che cosa voleva dire. -
- Strillettera? -, chiese zia Petunia fingendo di essersela scordata.
Zio Vernon batté un pugno sulla tavola così forte da far traballare le stoviglie. -Non voglio che si parli delle diavolerie di voi pazzi in casa mia! -, sbottò.
Harry non fece caso allo zio e sempre rivolto alla zia continuò: - Ti prego, zia. Ricorda l’ultima che cosa? -
- BASTA, POTTER!!! -, sbraitò lo zio picchiando questa volta il tavolo con tutte e due le mani a prosciutto.
- Zia, ti prego dimmelo. Mi serve per combattere Voldemort -, implorò Harry.
- RAGAZZO, VATTENE SUBITO IN CAMERA TUA! SUBITO!!!!!! -,
urlava lo zio con il viso completamente rosso per rabbia.
- SE NON ME LO DICI, SE SARÀ UN PARTICOLARE UTILE PER
UCCIDERE VOLDEMORT, AIUTAMI TI PREGO -, urlava a sua volta Harry.
Lo zio infuriato si alzò in piedi, si avvicinò minaccioso ad Harry e tirandolo per la maglia lo trascinò via dalla cucina.
Harry fece in tempo ad urlare ancora alla zia: - Voldemort ha ucciso tua sorella. Voldemort se riesce a uccidere anche me, non farà distinzioni tra maghi e Babbani. Zia tu sai cosa significa. Zia!! -
Zio Vernon sbatté Harry violentemente contro il muro e minaccioso gli disse: - non una parola, Potter. Non una parola sul tuo mondo di tu-sai-cosa. Non una parola su Voldechecosa. Non una parola. Capito? Startene chiuso in camera tua per una settimana, poi sparisci dalla mia vita. Sono stufo di macchine volanti, camini distrutti e…. -, non fece in tempo a finire la frase che un allocco entrò dalla finestra della cucina e si posò sul tavolo, suscitando un gridolino di spavento da parte della zia.
- … e GUFI!!! -, finì la frase lo zio strappandosi
convulsamente i capelli.
Harry si affrettò a prendere la lettera da Erroll, l’allocco dei Weasley. Aprì la busta e lesse il contenuto, facendo finta di non sentire le grida dello zio che ripeteva: - gufi, gufi, gufi! Basta!!! -

Caro Harry,
Papà ha pensato come farti andare via dalla casa dei tuoi zii: Polvere Volante. Spero che non succedano incidenti come l’ultima volta. Fatti trovare pronto domani alle dieci circa.
Ti aspettiamo con ansia,

Ron, Hermione e Ginny

- È la lettera di quel vecchio che ti ha chiesto di andartene via subito? -,
domandò speranzoso zio Vernon.
- Silente è morto, zio -, rispose scorbutico Harry. - Comunque ci hai azzeccato. Domani me ne vado dal mio amico Ron. -
- Chi è? Quello che ci ha distrutto mezzo salotto? -, chiese lo zio surriscaldandosi.
- Sì, proprio lui -, rispose Harry, - comunque non me ne vado per sempre. Ritornerò un’ultima volta prima che compia diciassette anni. -
- Speriamo sia proprio l’ultima! -, esclamò zio Vernon ritornandosi a sedere muovendo la mano per scacciare Erroll. - Sciò, bestiaccia, via. Ragazzo, manda via questo piccione. -
- Erroll -, disse Harry. Una parola, solo una. L’allocco lo guardò con un espressione ebete poi tubando volò via.
- Ecco fatto. Me ne vado in camera mia, visto che ho dato tanto disturbo -, annunciò Harry avvicinandosi alla porta.
- Meglio così, ragazzo -, disse zio Vernon ritornando ad addentare il suo cosciotto di pollo.
Harry era quasi uscito quando la voce stridula ma bassa della zia Petunia lo chiamò:
- Harry! -
Il ragazzo tornò indietro non sicuro di aver sentito bene. La zia non si opponeva mai allo zio.
- Harry non dovevi fare un’altra domanda? -, chiese zia Petunia insicura.
- Che importa, Petunia. Va in camera tua, ragazzo -, ordinò zio Vernon.
- Sì. Volevo chiedere a Dudley che cosa ha visto quando i Dissenatori ci hanno attaccati, sempre due anni fa -, disse Harry e prevedendo la sfuriata dello zio in anticipo, se ne andò.
L’urlo dello zio fece tremare i muri e traballare i lampadari. - VA IN CAMERA TUA!!!! -

Harry aveva buttato nel baule della scuola il necessario per sopravvivere almeno due giorni lontano da Privet Drive: jeans, maglia, felpa, qualche calzino, pigiama e l’abito utilizzato per il ballo del Ceppo che avrebbe usato al matrimonio.
Stava per addormentarsi quando due piccoli insicuri colpi alla porta lo fecero alzare dal letto di malavoglia. Credeva che si trattasse dello zio Vernon che voleva continuare con la sua ramanzina. Si stupì quando scoprì che si trattava di zia Petunia.
- Posso entrare, Harry? -, gli chiese a bassa voce.
- Certo -, rispose il ragazzo spostandosi dalla soglia quanto bastava per far passare la zia.
Harry chiuse la porta e con essa scese un silenzio perfetto.
Fu il ragazzo a romperlo: - zia, perché sei qui? Lo zio vuole che vada da lui per farmi sgridare? -
- No, niente di tutto questo, Harry -, rispose zia Petunia con la voce più stridula del solito.
Harry si accorse che la zia lo guardava in modo diverso, in un modo che solo una volta gli era capitato di vedere sul viso della zia. Due anni fa era accaduto, quando lui e suo cugino erano stati attaccati dai Dissenatori.
- Dicevi la verità su Silente? -, domandò zia Petunia con un filo di voce.
Harry annuì.
- Anche sul fatto che Voldemort sta cercando ancora di ucciderti? -
Harry assentì di nuovo.
Zia Petunia si passò una mano sul viso. Si leggeva un espressione di sconforto mai vista sul suo volto; era triste e preoccupata.
La zia guardò Harry e lui capì per chi era preoccupata: era angustiata per lui. Per la prima volta Harry ringraziò con tutto il cuore Dio che zia Petunia fosse la sorella di sua madre; che fosse l’unica persona a Privet Drive che lo capisse.
- Harry intendo rispondere a tutte le tue domande -, dichiarò la zia.
Harry sorrise. E disse: - grazie. -
Zia Petunia ricambiò il sorriso. Un sorriso che nascondeva tristezza. - La Strillettera era di Silente. “Ricorda l’ultima”. Con quelle parole intendeva l’ultima lettera che aveva mandato a me e a Vernon, il giorno in cui lui ti portò a casa nostra. -
Detto questo rovistò nelle tasche del grembiule che teneva ancora addosso. Tirò fuori una lettera tutta sgualcita e la porse ad Harry.
- Leggila -, gli disse solamente.
Harry l’aprì e riconobbe la piccola minuziosa scrittura del preside.

Cari Signori Dursley,
Mi chiamo Albus Silente e sono un mago, preside della Scuola di Magia e di Stregoneria di Hogwarts. Scrivo questa lettera per informarvi di alcuni avvenimenti importanti accaduti nel mondo dei maghi.
I genitori di Harry, Lily e James, sono morti a causa di Voldemort, il mago più spietato e potente che si sia mai visto negli ultimi tempi. Il Signore Oscuro stava per uccidere Harry ma la maledizione gli si è ritorta contro. C’è chi dice che sia morto e chi no. Io sono tra quest’ultimi. No, lui non morirà perché ha fatto un incantesimo che impedisce ciò. Solo Harry potrà rompere quell’incantesimo e uccidere per sempre Voldemort.
Vi starete chiedendo come mai non sia morto il bambino. Ebbene, sua madre per proteggerlo a donato la sua vita e in questo modo ha attivato una protezione che proteggerà Harry fino alla maggiore età, che da noi avviene a diciassette anni. Ma la protezione è valida se vivrà sotto lo stesso tetto di un parente di sua madre, una persona che abbia il suo stesso sangue. Questa persona sei tu, Petunia. So che tu e tua sorella non andavate d’accordo ma è importante che tu mi dia ascolto. Il futuro di Harry e di tutto il mondo magico e nelle tue mani. Accogliendolo nella tua casa gli donerai altri diciassette anni di vita. Poi potrai decidere se farlo andare via o se farlo restare ancora.
Vi prego, signori Dursley di ascoltare le mie parole e di fare come vi ho detto. Ascoltate questo povero vecchio e fatelo felice.
Per Harry, per Lilly e per James.
Distinti saluti,

Albus Silente.

Harry si accorse solo adesso che stava piangendo, le lacrime scendevano copiose dai suoi occhi verdi.
- Harry -, lo chiamò zia Petunia.
Harry si riscosse dal pensiero del preside e si asciugò le lacrime.
- Tutto bene? -, chiese la zia.
Harry annuì e le riconsegnò la lettera. - Grazie ancora -, le disse piano.
- Di niente, Harry. Promettimi solo che riuscirai a uccidere Voldemort e non afarti ammazzare. -
Harry rimase interdetto. Aveva sentito bene? Zia Petunia veramente si stava preoccupando di lui come una madre?
- Te lo prometto -, mormorò Harry.
- Io volevo bene a Lily -, disse con la voce incrinata dal pianto.
Poi accadde una cosa inaspettata, mai accaduta ma che per Harry valeva più di mille parole. Zia Petunia gli si avvicinò e lo abbracciò teneramente. Sembravano madre e figlio. Harry chiuse gli occhi e il profumo della zia diventò il profumo della madre. Per un piccolo meraviglioso dolce attimo Harry credette di abbracciare sua madre.
Pianse e i suoi singhiozzi silenziosi si mescolarono a quelli della zia.
Rimasero così per qualche minuto poi si sciolsero dall’abbraccio.
Si asciugarono gli occhi. Zia Petunia si schiarì la gola. - Dudley mi ha detto di riferirti che quando si è imbattuto nei Dissenatori a visto noi che morivamo. La sua paura più grande è che noi moriamo a causa di un mago. -
Appena finì la frase, nascose la lettera nella tasca del grembiule e se ne andò senza dire una parola.
Harry rimase da solo nel mezzo della sua stanza a meditare. Cosa stava accadendo a tutti quanti?! Zia Petunia che si dimostra capace di dare amore a lui, suo nipote, l’unico figlio di sua sorella. Lei si preoccupava per lui. Lei voleva bene alla sorella.
E Dudley? Harry non credeva che sotto tutto quel grasso ci fosse una persona con dei sentimenti. Lui aveva paura della morte delle persone a cui si vuole più bene. Lui aveva paura dei maghi, aveva paura di lui.
Tutti quei pensieri e quelle novità gli fecero venire mal di testa. Scosse la testa per scacciare dalla testa tutte quelle cose e si rimise a letto.
Chiuse gli occhi e finalmente il sonno calò su di lui.

Continua...


 
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