L'INIZIO - Capitolo 1° -
Salve a tutti!Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno commentato la mia fiction incoraggiandomi a continuarla. Spero tanto che vi piaccia!!!Leggete e commentate!!^_^ Un saluto particolare a Riashi,Haylie,Hoshi-chan,Gilly,Gattaitaly e Silverprincess e anke Katy92,Kethleen e Sakura!!
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“Presto, Edward!” gridò Annah “Prendi le chiavi della macchina! Mi si sono rotte le acque!!” “Si, tesoro, le sto cercando!” rispose il marito mentre frugava disperatamente nelle tasche del cappotto. Si ricordava benissimo di aver messo il cappotto nero quando era uscito in macchina quel pomeriggio. “Sono sul tavolo della cucina.” bofonchiò svogliatamente Petunia mentre sfogliava un libro. Da una parte non avrebbe voluto dirglielo, anzi avrebbe voluto nasconderle, quelle maledette chiavi, se solo fosse servito ad impedire che la sua sorellina nascesse. In fondo lei aveva già sei anni ed un bebè tra i piedi era l'ultima cosa che desiderava. “Muoviti, Edward!! sta per nascere!” Annah era terribilmente agitata. La strada che portava da casa loro all'ospedale era molto trafficata e non c'era tempo da perdere. “Arrivo, amore! Petunia, maledizione, vuoi metterti la giacca ed uscire?!? non vedi che tua madre sta per partorire?!?” urlò Edward, mentre la bambina non sembrava avere la minima intenzione di alzarsi dal divano. “Se vuoi proprio saperlo non mi importa niente di avere una sorella. Anzi, non la voglio affatto!! Andateci voi all'ospedale!!” rispose Petunia impertinente. “Adesso basta!!” esplose il padre sollevandola di peso e scaraventandola in macchina “Partiamo.” Le case scorrevano veloci oltre il vetro del finestrino. - A quanto staremo andando? - si chiese Petunia – Sicuramente siamo oltre il limite! E tutto per quella piccola rompiscatole con cui da oggi dovrò dividere tutte le mie cose! Già non la sopporto! - Tutto il resto fu talmente veloce che la bambina faticò a capire bene quello che succedeva: la porta dell'ospedale che si apriva, tanti dottori, la madre che si allontanava e poi eccola buttata davanti ad un vetro a guardare uno strano fagotto rosa che piangeva dall'altra parte. “E quella sarebbe una sorella? La sorella di Mary Hopkins era mille volte più carina, con tutti quei riccioli neri” pensò Petunia. Non valeva neanche la corsa che avevano fatto! “Allora? Non è bellissima?” risuonò la voce di Edward dietro di lei. Era così felice: la sua seconda figlia. Aveva sempre desiderato una famiglia numerosa e sicuramente a Petunia non aveva fatto bene essere figlia unica per tanto tempo. Nonostante gli sforzi suoi e di sua moglie era cresciuta viziata e scorbutica. Ma la nuova arrivata avrebbe cambiato tutto, ne era sicuro. Ci vollero solo pochi giorni perché Annah venisse dimessa dall'ospedale. “Alla fine non è stato un parto difficile” pensava la madre salendo in macchina con la piccola in braccio. Osservava i suoi grandi occhi azzurri e i pochi capelli di un colore tra il rosso e il castano, senza accorgersi degli sguardi di odio che provenivano dal sedile posteriore. “Elizabeth è davvero un amore!” esclamò contenta Annah. “Elizabeth?” ripeté Petunia con voce stridente “E da quand'è che avete deciso di chiamarla Elizabeth?” “Da circa un mese, tesoro, non ricordi? Cosa c'è, non ti piace come nome?” domandò Edward. Petunia non rispose. In realtà l'aveva sempre trovato un nome bellissimo, al contrario del suo. Tanto bello che aveva sempre sognato di poter cambiare il suo nome in Elizabeth. E ora sarebbe appartenuto per sempre a quella sorella che già detestava. Decisamente quella giornata era iniziata nel peggiore dei modi per lei. I suoi pensieri vennero interrotti dal suono di una frenata e dal ticchettio della freccia di sinistra. “Amore, perché stai accostando? Qualcosa non va?” chiese Annah ansiosa. “No, niente! È solo che nella fretta di venirti a prendere ho dimenticato di buttare la spazzatura che avevo caricato in macchina e qui c'è un cassonetto. Ci metto quattro secondi, aspettate nell'auto.” rispose tranquillo Edward. Stava già per lasciar cadere giù il sacchetto quando udì dei suoni provenire dall'interno simili a lamenti. “Tesoro! Vieni qua presto!! c'è qualcosa qua dentro!!!” gridò allarmato. “Certo che c'è qualcosa!” rispose acida Petunia, mentre la madre si alzava per controllare “C'è l'immondizia!” I genitori ignorarono completamente la risposta sarcastica della figlia e cominciarono a spostare gli oggetti buttati finché non scoprirono un visino in lacrime incredibilmente sporco. “Ma c'è un neonato qui!!” strillò Annah “Oh mio Dio, l'hanno gettato nel secchio!!” “Non c'è un attimo da perdere!” esclamò risoluto il marito mentre tirava il fuori il piccolo “Torniamo all'ospedale!” A Petunia sembrò che la scena di pochi giorni prima si ripetesse quasi identica e se possibile ancora più veloce. Si trovò così di nuovo a fissare un neonato da dietro un vetro. Beh, indubbiamente era più carino di sua sorella, si, anche più carino della sorella di Mary Hopkins: aveva grandi occhi di un celeste chiaro e boccoli dorati attorno al viso. Era decisamente un bel bimbo, forse anche troppo bello. La cosa la indispettì non poco e la situazione peggiorò ulteriormente quando si venne a sapere che il neonato era una femmina. “Una bambina non può essere così bella.” si disse tra sé “Guarda come le stanno intorno tutte le infermiere e con che occhi la guarda mio padre! Ma quando ce ne andiamo di qui?” Una voce profonda sembrò parlare come in risposta. “Ora potete andare, signori” disse sorridendo un dottore “La piccola sta bene; siete arrivati in tempo fortunatamente. Comunque la terremo qui qualche giorno per ulteriori accertamenti.” “Potremo venire a vedere come sta ogni tanto?” chiese Edward un po' titubante. “Ma certo!” rispose gentilmente il dottore “Quando volete.” Mentre scendevano lentamente la scalinata che portava al parcheggio Petunia si chiedeva il perché di quella domanda. Era una bambina sconosciuta che avevano trovato per caso e portato all'ospedale. Che bisogno c'era di andarla a trovare? La sua domanda rimase inespressa, ma nei giorni seguenti la sua mente fu troppo occupata dal pensiero del fastidio portato dalla nuova venuta in casa per tornare a pensarci. O anche solo per accorgersi delle misteriose assenze di suo padre in determinate ore del giorno. In realtà Edward trovava sempre scuse validissime per le sue uscite sperando che non fossero notate. La bambina che aveva salvato lo attraeva tantissimo, sentiva di volerle molto più bene di quanto non fosse naturale e ogni giorno si recava all'ospedale per giocare un po' con lei. Queste visite costituivano le ore più attese dalle infermiere, dato che la piccola smetteva di piangere solo se vedeva il volto di Edward. Anche questa particolare simpatia della bimba nei suoi confronti non era del tutto spiegabile, ma l'importante per tutto l'ospedale era che per qualche ora nell'edificio sarebbe regnata la pace. Quel giorno, al termine dell'orario di visita, Edward trovò una dottoressa ad attenderlo sulla soglia. Doveva essere piuttosto giovane, forse sulla trentina, e lo guardava con aria dubbiosa. “Signor Evans...” lo chiamò piano “Potrebbe venire con me un momento?” Edward rimase un po' stupito, ma seguì la donna in una piccola stanza vicina a quella in cui riposavano i neonati. Subito gli occhi dell'uomo cercarono attraverso la finestrella il viso della sua favorita. “È laggiù, nell'angolo di sinistra” disse la dottoressa con un sorriso, come intuendo i pensieri di Edward. L'uomo assunse un'espressione imbarazzata, quasi si sentisse colto in flagrante. Era così evidente quello che cercava? La dottoressa sembrava soddisfatta di quella reazione, come ne fosse stata incoraggiata. Si sistemò gli occhiali, come faceva sempre prima di iniziare una conversazione e finalmente cominciò. “Signor Evans, mi sembra evidente che lei prova un certo affetto verso la piccola che ha salvato, giusto?” “Beh, si...” rispose Edward chiedendosi quale fosse lo scopo del discorso. “Bene” riprese la donna “Ora, come sa, la bambina è stata tenuta qui per dei controlli, ma tra poco dovrà lasciare l'ospedale. Non avendo genitori verrà senza dubbio affidata ad un orfanotrofio. Credo sappiamo bene entrambi che non è un buon ambiente, e sarà difficile che possa crescere felice laggiù.” L'espressione sconsolata di Edward le fece capire che aveva fatto centro. Fece una pausa per lasciarlo riflettere bene sulla cosa e poi continuò: “Ma lei può evitare tutto questo. Tra voi due si è instaurato un rapporto incredibile, quasi foste realmente padre e figlia. Perché non la adotta? Sareste la famiglia più felice del mondo.” Ora la voce della dottoressa era insicura; sapeva che non era semplice decidere di adottare un figlio ma non voleva assolutamente vedere quella bimba in un istituto per orfani. Edward alla sua domanda rimase impietrito. Si, certo, a volte aveva desiderato poter portare la piccola a casa con sé. Si era immaginato quanto doveva essere bello poterla coccolare a qualsiasi ora del giorno senza stare agli orari delle visite d'ospedale, ma da qui ad adottarla... e poi c'era Annah. Lei di sicuro non sarebbe stata d'accordo... No, convincerla sarebbe stato impossibile. Eppure l'idea di non vedere più la bambina lo faceva sentire terribilmente triste... “Senta, posso provare a parlarne a mia moglie, ma non posso garantirle niente” disse infine Edward poco convinto. La dottoressa azzardò un timido sorriso. Non si aspettava di più. Voleva solo che ne parlasse a casa, era il massimo che poteva sperare. Edward tornò a casa molto pensieroso quella sera. Per tutta la cena fu assorto nei suoi pensieri finché non lo risvegliò la domanda della moglie. “Allora? Come è andata oggi all'ospedale?” “Eh? Ah... bene, bene....” Gli ci volle una manciata di secondi per rendersi conto che sua moglie aveva scoperto il motivo delle sue assenze. Arrossì fino alla punta delle orecchie e cercò di balbettare qualcosa senza successo. “Credevi che non me ne fossi accorta?” chiese sorridendo Annah “Ti assentavi troppo spesso, ho indagato un po' e non c'è voluto molto per capire dove andavi. Oggi poi ti si legge tutto in faccia! È successo qualcosa?” Edward si fece coraggio e raccontò alla moglie la conversazione avuta con la dottoressa. “Adottarla?!? esclamò incredula Annah “Ma ti rendi conto di cosa stiamo parlando?! Abbiamo già una figlia piccola, non ha senso adottarla un'altra...” L'espressione desolata del marito non le permise di finire la frase. Non l'aveva mai visto così triste. “Va bene, tesoro...” mormorò rassegnato Edward “Domani andrò a dirle addio però vorrei che venissi con me, per favore...” Annah accettò la richiesta del marito pur non capendone il senso. Si sentì comunque sollevata all'idea che l'indomani tutta quella storia sarebbe finita. Il giorno dopo verso le undici si presentarono davanti alla porta dell'ospedale, dove stava ad aspettarli la dottoressa con cui Edward aveva parlato. “Signor Evans!” lo salutò cordialmente con la mano “Buongiorno. La signora Evans, immagino... piacere di conoscerla!” “Piacere mio” rispose Annah, osservando stupita l'espressione raggiante della donna. “Venite! Vi accompagno dalla piccola” disse allegramente la dottoressa. “Sta di sopra e come al solito sia lei che tutto il reparto non vedono l'ora che lei arrivi, signor Evans. Ah, non sa quanto sono contenta! La bimba avrà una famiglia, fortunatamente! E sono sicura che voi sarete degli ottimi genitori per lei e...” Il fiume di parole della donna venne interrotto dalla voce affranta di Edward. “Temo ci sia un errore... siamo venuti solamente per salutare definitivamente la bambina.” “Cosa? Ma, sua moglie... io credevo che l'avesse portata qui apposta... beh, si... per firmare i documenti di adozione e...” La delusione era dipinta sul volto della dottoressa. “Le ho solo chiesto di accompagnarmi” si giustificò l'uomo “Mi dispiace per l'equivoco.” Il discorso venne interrotto dall'arrivo di un'infermiera che teneva in braccia la piccola in lacrime. “Oh, grazie al Cielo!” esclamò la ragazza “Signor Evans, tenete!” Come si trovò tra le braccia di Edward la piccola smise di piangere e si esibì in un meraviglioso sorriso mostrando la boccuccia sdentata. Gli occhi di uso marito guardavano con tale amore la bimba, che Annah non poté fare a meno di sentirsi commossa; un pensiero le attraversò la mente. “Sono decisamente fatti l'uno per l'altra”. Era davvero incredibile il rapporto che si era stabilito fra loro, ma dopotutto chi le garantiva che con lei sarebbe successo lo stesso? Quasi intuendo i pensieri della moglie Edward le pose in braccio il neonato. Annah fu sul punto di ridarlo alle infermiere quando la piccola emise un sonoro sbadiglio e si addormentò. Lo stupore delle dottoresse le fece capire che anche lei era speciale per la bimba che normalmente impiegava ore ad assopirsi. Approfittando del momento di debolezza della moglie, Edward esclamò: “La prendiamo!” Durante il viaggio verso casa Edward era il ritratto della felicità. Finalmente aveva la sua piccola Martha! Già aveva deciso il nome e fortunatamente a sua moglie era piaciuto. Restava solo da dirlo a Petunia. Si, quella sarebbe stata la parte più difficile;già si lamentava di Lily, figuriamoci cosa avrebbe detto di Martha. Le sue paure vennero pienamente confermate dalla reazione della bambina. “Cosa?! Un'altra sorella?! Non ne bastava una?! E questa l'avete pure trovata nel cassonetto! Che schifo!!” Le lamentele di Petunia riempirono la casa nei giorni seguenti, ma almeno le piccole erano decisamente tranquille.
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