VOCI DA FUNERALE - Capitolo 1° -
Quando suonano alla porta di casa alle tre del mattino,non si tratta mai di buone notizie. Alex rider spalancò gli ochi,ma rimase immobile. Sentì una porta aprirsi e le scale scricchiolare mentre qualcuno scendeva al pianterreno.Alla seconda scampanellata guardò il quadrante luminoso della sveglia. Sentì il tintinnio della catenella di sicurezza. Scese dal letto e andò alla finestra,i piedi scalzi che affondavano nel tappeto. A quattordici anni compiuti,aveva il fisico da atleta,corti capelli chiari,a parte due ciocche che gli ricadevano sulla fronte,occhi castani e sguardo serio. Sbirciò fuori,nascosto nell'ombra. C'era un'auto della polizia parcheggiata davanti alla casa. Dalla sua postazione vedeva il numero nero d'identificazione sul tettuccio e i berretti dei due uomini in attesa due piani più sotto. La luce del portico si accesece la porta di casa si aprì. -Signora Rider?- -No.Sono la governante. Che succede?- -E' questa la casa del signor Ian Rider?- -Si.- -Possiamo entrare..?- Alex capì al volo. Lo capì dal disagio dei poliziotti,dal tono delle voci.Voci da funerale... ecco come le avrebbe definite in seguito. Il tipo di voce che si usa per comununicare la morte di qualcuno. Andò alla porta della sua stanza e uscì in corridoio.Sentì un parlottio nell'atrio,ma distinse solo poche parole. -...incidente d'auto... l'ambulanza...rianimazione...niente da fare,spiacente.- Si rese veramente conto di cosa era successo solo parecchie ore più tardi,mentre se ne stava seduto in cucina e guardava la luce grigia del mattino che si spalmava come sangue sulle strade di Londra. Suo zio,Ian Rider,era morto. Stava tornando a casa quando la sua auto era stata investita da un camion all'altezza della rotatoria di Old Street.Era morto praticamente all'istante.Non aveva allacciato la cintura di sicurezza,aveva detto il poliziotto.Altrimenti,forse,se la sarebbe cavata. Alex ripensò all'uomo che,da quando aveva memoria,era stato tutta la sua famiglia. Non aveva mai conosciuto i genitori,morti entrambi in un incidente aereo oche settimane dopo la sua nascita. Era stato cresciuto dal fratello del padr(non lo aveva mai chiamato "zio"...era una parola che Ian Rider detestava) e per quattordici anni era vissuto nella casa di Chelsea,a Londra,fra King's Road e il fiume. Lui e Ian erano sempre stati vicini.Ricordò le vacanze trascorse insieme,gli sport che avevano praticato,i film che avevano visto. Non erano solo parenti:erano amici.Quasi non riusciva a credere che non avrebbe più rivisto Ian nè sentito la sua risata. Sospirò,lottando contro il dolore che minacciava di sopraffarlo. Ciò che lo rendeva più triste era la consapevolezza di non aver mai conosciuto veramente suo zio,in realtà. Ian Rider lavorava in una banca e viaggiava di continuo.Un uomo tranquillo,riservato,amante del buon vino,della musica classica e dei libri.Non sembrava avere donne intorno e aveva pochissimi amici. Si teneva in forma,non fumava e gli piaceva vestire con eleganza. Ma tutto questo non bastava a raccontare una vita,nè a conoscere una persona.
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