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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Pokémon
Titolo Fanfic: SOMEONE TO TRUST
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: nimphadora galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 06/11/2006 17:45:47

“staremo insieme, per sempre…vero, jesse?”
 
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UNICO
- Capitolo 1° -

Casa.
Un concetto che le sfuggiva sottilmente.
Non aveva mai avuto una casa, era vissuta per strada, era riuscita a crescere grazie alla sua forza di volontà. Perché lei voleva diventare grande e lasciarsi alle spalle la miseria dell’infanzia.
Quell’infanzia che le era stata negata.
Rubata.
Era già donna. Ma non era mai stata bambina.
Non aveva mai conosciuto il tepore familiare che solo le madri emanano.
Ricordava ogni notte, ogni maledetta notte. Ogni incubo.
Quel gelo profondo che la invadeva, raggelandola paralizzandola in quel letto dalle lenzuola muffite, in quell’orrendo posto che avrebbe dovuto considerare casa.
Un orfanotrofio non è una casa.

Era cresciuta, diventata donna, con la promessa di dimenticare.
Ma certe cose non si dimenticano, il passato bussa sempre alla porta. Sempre.
Ti importuna e ti fa cadere nella sua trappola.
Non si impara mai dai propri errori, anche se si dice il contrario.
Si continuano a ripetere, infinitamente.

Si ricordava di quel sinistro individuo.
L’uomo che spesso veniva a fare visita a sua madre. Era uno di quei personaggi la cui presenza incute sempre timore e che riesce a popolare l’immaginario collettivo dei bambini con incubi di ogni sorta.
Non si era mai avvicinata abbastanza da vedergli il viso, ma sapeva perfettamente chi fosse.
Ricordava la consueta smania di carezzare ossessivamente il persian che portava sempre con sé.

“C’è una visita per te”
Non c’erano mai visite per lei.

Un breve colloquio.
Il silenzio assenso.
E la verità
Aveva dato un volto alla paura.

Abbandonò l’orfanotrofio quella stessa notte raccogliendo quelle poche cose che poteva dire sue.
Un’auto l’aveva portata a destinazione.
Una struttura anonima, fredda. Appena varcato l’ingresso Jesse seppe con certezza che da quel momento in poi tutto sarebbe cambiato.
Ora era consapevole.
E la consapevolezza porta le responsabilità.

Un uomo in divisa la scortò sino ad una stanza.
Chiusa la porta si gettò sul letto. Era tutto così diverso, così surreale.
Si mise una mano sui capelli e chiuse gli occhi.
Serbava dentro di sé ben pochi ricordi riguardanti la madre, ma uno era indelebile.
Il modo in cui le carezzava il capo.

Studiare e allenarsi. Fino allo stremo.
Fino a perdersi tra il dolore e la stanchezza, per evitare di pensare.
Doveva farcela.
Essere la migliore.
Non poteva permettersi di finire come…
Qualcuno bussò alla porta riscuotendola dal torpore a cui la mente stava per cedere.
“Il capo vuole parlarti”

Non riusciva a guardarlo negli occhi, in sua presenza teneva sempre il capo chino fissando il pavimento.
“Sei la migliore”
La migliore.
Avrebbe dovuto esserne orgogliosa.
“Ma devi fare coppia con qualcuno. Lavoro di squadra” l’uomo fece una pausa e si schiarì la voce “non vorrai finire come tua madre…vero Jesse?”

Avrebbe voluto picchiarlo, ma come al solito serrò i pugni e strinse i denti inghiottendo l’ennesimo amaro boccone.
Sua madre era morta in una missione, sola.
Tra la paura e l’abbandono.
Tra sogni di gloria e progetti di un futuro migliore. Un futuro in cui lei e la sua bambina avrebbero smesso di usare l’immaginazione per trasformare una ciotola di neve fresca in una squisita portata.

Nessuno era abbastanza, per lei.
Nessuno poteva reggere il confronto con quella ragazzina autoritaria e schiva.
Scappavano tutti.
Era la prima a metterli in difficoltà, con le spalle al muro. Voleva un compagno che, se vi fosse stata l’evenienza, avesse dato la vita per la sua.
Lei avrebbe fatto lo stesso.
Voleva un amico, una persona cara.
Qualcuno con cui condividere la vita e non solo una missione.
Non poteva accontentarsi, lo aveva fatto per tutta la vita.

Non ricordava come o perché quel ragazzino il cui atteggiamento era tanto presuntuoso fosse potuto diventare quel compagno che tanto ossessivamente aveva cercato.
Sapeva solo che lui non l’aveva abbandonata. E questo era abbastanza.
Abbastanza perché lei potesse fidarsi di James.
Di una fiducia illimitata e ceca.
Intimamente sapeva di aver dato una svolta all’esistenza di solitudine che aveva perpetuato fino a quel momento.
Non era più sola la notte, quando tra il silenzio iniziava a singhiozzare ricordando. Non era più sola quando soffriva la fame e la tristezza l’invadeva.
Ora c’era qualcuno a tenerla per mano, a guidarla, a carezzarle il capo.
A stringerla forte come nessuno aveva mai fatto. Aggrappandosi l’un l’altro come se niente e nessuno esistesse al mondo.

Sarebbero stati insieme, per sempre.
Perché così avevano promesso, non con parole.
No.
Era una muta ammissione la loro, che tacitamente avevano concordato una notte.
Tanto diversi ma uniti nella solitudine a cui dovevano, per diversi motivi, far fronte fin dall’infanzia.

Sarebbero rimasti sempre insieme, lo sapevano entrambi.
E questo bastava per lenire la fame, il freddo, per rendere meno dolorosa la sconfitta.
Per farli sorridere, così, anche quando la vita sembrava opporsi alla loro felicità.

“Staremo insieme, per sempre…vero, Jesse?”



 
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