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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: BIOGRAFIA
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: erikuccia galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 06/10/2006 21:05:39

dedicata a rumicfan che ne è l`ideatrice, parla di una vita, semplicemente.
 
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PROLOGO DI UN`ESISTENZA
- Capitolo 1° -

La storia che vi state apprestando a leggere mi appartiene solo da un punto di vista nominale. Mi appartiene solo perchè sono stata scelta per narrarla. Dopotutto è un fatto risaputo che nessuno è padrone della vita di qualcun'altro. Questa storia appartiene, in realtà, in modo più profondo e più reale, a Rumicfan, a cui è interamente dedicata. E' stata così gentile da spartire con me momenti difficili e momenti buoni della sua vita, facendomi l'onore di scegliermi per raccontare i suoi ricordi.
Farò del mio meglio per non deluderla.
Erika












-BIOGRAFIA-

















Capitolo 1.
Il Prologo di un'esistenza















"Una donna è la storia delle sue azioni e dei suoi pensieri.
Una donna è inevitabilmente la storia del suo ventre.
Una donna è sempre la storia di molti uomini.
Una donna è la storia del suo paese, della sua gente.
Una donna è la storia del suo sangue"
(Marcella Serrano.)











Un bambino è la cosa più sacra del mondo, un bambino è la speranza per il futuro, un bambino è un arcobaleno in un mondo scuro, un bambino è la personificazione di quanto c'è di più buono al mondo, un bambino è la voce stessa degli angeli, un bambino è il canto sui cancelli del paradiso.
O almeno questo è quello che si sente dire in giro.
Il più delle volte in queste poetiche visioni, sembra che ci si dimentichi che un bambino è in primo luogo una persona, un cuore che batte, e una mente che riflette e che ricorda, uno sguardo che piange, un'anima che capisce e soffre.
E' proprio vero che quando nasci non ti dicono mai che gli occhi ti serviranno molto per piangere.
Questo non lo sa nessuno quando nasce.
Non lo sapeva neanche Teresa, una bella bambina che si divertiva a giocare con gli amici e che trovava su un foglio bianco il giusto perfezionamento di una vita che almeno fino ai 8 anni sembrava perfetta.
Un'infanzia colorata dai pastelli che usava per dare forma ai suoi sogni, concentrata su un foglio bianco o in giro per le strade che le avevano dato la vita, a cercare uno spiraglio di paradiso, un miracolo da fermare per sempre nella meravigliosa eternità dell'arte.
Ma poi le distrazioni di bambina, i giochi spensierati, la scoperta del mondo erano dovuti soccombere sotto l'avvento di quella pignola signora che porta il nome di Realtà che, con la Ragione che ha come sorella, aveva portato in Teresa una consapevolezza che pesò sui suoi giorni, e sul suo futuro.
Aveva cominciato a capire, e aveva visto che la vita non era così bella come sembrava.
C'erano zone d'ombra in quei stessi luoghi che lei sempre aveva abitato con pace e serenità; la sua casa era diventato il teatro di una tragedia a cui lei non voleva assistere, di cui lei non voleva essere testimone.
Ci sono cose che un bambino non dovrebbe mai vedere anzi tempo: situazioni che devono essere celate davanti agli occhi dell'innocenza finchè il mondo non li corrompe.
La rabbia, la violenza, l'abbandono sono solo alcune di queste cose.
Ma Teresa non fu così fortunata nè così stupida da voltare lo sguardo davanti ad un problema.
Ogni volta che si trovava a casa, ogni volta che si trovava vicina alle due persone che le avevano dato la vita, si rendeva conto che c'era qualcosa che non andava.
Qualcosa che vistosamente stonava con l'immagine che la sua mente aveva sempre formalizzato.
Perchè c'erano sempre urla nella sua casa?
Perchè i suoi genitori non si scambiavano effusioni come capitava di vedere nelle case delle amichette?
"Senti Teresa" le aveva detto un giorno sua sorella Silvana, strattonandola un po' per il braccio, con la tenacia e la curiosità di una sorella minore che vede in quella maggiore la risposta a tutte le proprie domande. "ma tu lo sai perchè mamma e papà urlano sempre?"
Teresa aveva guardato la sorella di 4 anni fissarla con occhi grandi e trasparenti, tipici dei bambini che non riescono a vedere ancora il male, ma che, paradossalmente ne colgono ogni sintomo, e non aveva trovato altro da fare che scrollare le spalle.
La realtà era che a quellla domanda neanche lei sapeva ancora dare una risposta.
Se la faceva ogni notte, prima di addormentarsi, quando non le sembrava sbagliato avere dei timori, dei dubbi sulla facilità dei suoi genitori.
Non osava parlarne con nessuno, non sapeva come affrontare un problema che era più grande di lei.
Eppure quell'interrogativo restava perenne nella sua mente.
"Perchè urlano sempre?"
Non c'era stata una risposta, mai, neanche quando aveva provato a cercarla con l'ostinazione di una bambina, con il coraggio di una sorella maggiore che ha qualcuno da proteggere, anche quando, innocentemente, aveva provato a chiedere a sua madre.
"Non essere sciocca, Teresa." rispondeva sempre sua madre, per poi cambiare drasticamente argomento, pensando che sua figlia fosse troppo piccola o forse troppo distratta dalle scoperte del mondo per poter dire sul serio. All'epoca sua madre pensava che Teresa alla fine avrebbe dimenticato quella faccenda semplicemente andando a giocare fuori o chiudendosi nella sua stanza con una matita tra le mani. Quello che però la donna ignorava era che un'aspirapolvere non poteva celare il rumore di singhiozzi, e che neanche le mura attutivano le urla che ogni santo giorno salivano dalla camera da letto, accanto a quella delle bambine. Teresa aveva notato tutti questi piccoli fatti, aveva notato che quando ci si sedeva la sera a tavola non c'erano mai discorsi, non c'erano mai risate. I suoi genitori sembravano sempre essere tesi e sempre troppo impazienti che quelle abituali innocue riunioni di famiglia per i pasti finissero il più presto possibile.
Era come se di colpo, dopo anni in cui avevano condiviso la vita, non riuscissero più a sopportare la presenza dell'altro. Era come se trattenessero il respiro, come quando si una fitta. Non respiravano finchè il dolore non spariva.
Per un po'.
Erano questi i dettagli che riempivano la testa di Teresa da quando ricordava di aver imparato a ricordare le cose e a capirle. Ma non era sempre stato così, e di questo la bambina ne era certa. Suo padre adorava lei e sua sorella, e sua madre, un tempo, aveva sempre un sorriso beato sulle labbra. Si, avevano sempre discusso i suoi genitori, ma un tempo questi momenti erano alternati ad altri di pura catartica felicità.
Prima si scambiavano idee con la vitalità di due menti attente e pronte, ma poi...
Poi era cambiato qualcosa, qualcosa si era incrinato, e di colpo lei e Silvana si erano trovate scaraventate in un mondo dove non esisteva più una famiglia, ma due genitori separati, due esseri distinti che non avevano più nulla da spartire con l'altro.
Dove non si urlava più per aver ragione in una discussione costruttiva, o comunque in un litigio che si sarebbe potuto tranquillamente concludere con un bacio.
Si urlava per le proprie egoistiche ragioni, si urlava per farsi sentire, perchè ci si sentiva soli e abbandonati. Si urlava per darsi contro, per dirsi quando si odiavano.
E quei giorni erano trascorsi, pieni di quella domanda che non poteva trovare risposta. T
eresa non sapeva dire perchè, ma non aveva mai avuto il coraggio di chiedere a suo padre che cosa ne pensasse. Sebbene dentro casa fosse lui il migliore ad esprimere i propri sentimenti, Teresa non aveva mai lasciato che l'argomento fosse aperto in presenza di suo padre.
E pian piano era stato festeggiato il suo compleanno, e si era ritrovata ad avere 9 anni.
Di solito a quest'età l'unica preoccupazione è far arrivare un bigliettino al bambino che ci piace, seduto al secondo banco, oppure farla pagare a quell'altro che fa sempre i dispetti. Nel periodo del suo nono anno di vita la preoccupazione di Teresa fu quella di crescere in fretta perchè la situazione lo richiedeva, e perchè sarebbe stato proprio quello l'anno in cui la sua infanzia e la sua beata ignoranza sarebbero scomparse per sempre, lasciando il posto ad una rassegnazione e ad un dolore che non l'avrebbero più lasciata.
Quella che, umilmente, vi sto presentando, è la storia di una vita, la storia di un'esistenza, la storia di una donna che da qualche parte in questo mondo esiste veramente, e che sta andando avanti nei suoi anni con un passato che a volte la cattura di nuova, abbracciandola e chiudendola in un limbo di nostalgia, rabbia e frustrazione. Una donna che ha trovato nel disegno, proprio come quando era bambina, l'unica via di fuga quando la Realtà, ogni volta, giunge da lei a chiedere il conto.
La storia di una donna, che attraverso l'amore, attraverso la vita stessa, ha provato a ricrearsi una possibilità che sembrava preclusa quel lontano giorno in cui il suo mondo, quello quale lei lo conosceva, le era crollato addosso e la Fatalità l'aveva scelta come persona che poteva risolvere tutto o impazzire nel dolore di un'infanzia rubata e di ricordi brutti, ma impossibili da cancellare.
Perciò che ancora una volta vengano tirate le corde e aperto il sipario, perchè, signori miei, non c'è spettacolo più vivo e più fantasioso della vita stessa.
Quella vera.










continua....
 
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