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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Film, Telefilm, Teatro
Dalla Serie: Mr & Mrs Smith
Titolo Fanfic: SPIA IN AZIONE II
Genere: Azione
Rating: Per Tutte le età
Autore: smallville galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 01/10/2006 18:28:36 (ultimo inserimento: 22/05/07)

ed ecco a voi il continuo di spia in azione!! spero vi piaccia, leggete e commentate in tanti!^^ la vostra small
 
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CAPITOLO 1°
- Capitolo 1° -

In realtà con questa ff avevo intenzione di pubblicare un disegno, ma ho notato che non è impossibile, e quindi, miei cari lettori e lettrici, non scoprirete mai l'identità di Jane Olsen! Muahahahahahahaha @w@
Ok, ok, lasciamo perdere le pazzie momentanee, non mi resta altro che augurarvi buona letturaaaaaaaaaa! ^^
Un bacionissimo a West
Small


SPIA IN AZIONE II



Ero di nuovo lì.
Guardavo le rovine senza battere ciglio, fredda e distaccata come mi ero imposta di essere riguardo al passato.
Manning Avenue, un posto pieno di ricordi.
<< Jane, diamine, svegliati, dobbiamo andare… >>
<< Si… >> mormorai.
<< Vorrei tanto sapere che diavolo ti passa in quella testolina ogni tanto. >> mi rimproverò Fred.
Feci un sorriso amaro. << Niente di normale, mio caro Fred! >> risi.
Il vecchio poliziotto trascinò il suo pancione intorno all’auto, che ci avrebbe portato all’aeroporto.
Andavamo a New York, una nuova missione che avrei dovuto compiere da sola.
Dato che i miei due migliori amici mi avevano lasciato, ora l’unico mezzo di cui potevo usufruire per spostarmi era l’aereo.
Olimpia aveva raccomandato suo figlio Fred ad accompagnarmi. Ma io non volevo aiuto, anche se poi ero stata costretta oltre la mia volontà.
Avevo proprio bisogno di una spalla su cui sfogarmi. Lizzie lo faceva spesso con me, anche se io non mi ero mai permessa di piangere davanti a qualcuno che non fosse Target, il mio gatto, o Katie, la mia sorella gemella.
L’unico uomo davanti alla quale avessi mai pianto era stato quello che avevo amato e quello che poi mi aveva tradito.
Ma ora non esisteva più.
La sua vita si era consumata davanti ai miei occhi, per mezzo della mia pistola.
Vince il più forte. E’ la legge della natura.
<< Jane, ti prego, perdiamo l’aereo. >> mi supplicò Fred, il quale mi aveva aperto la portiera e stava aspettando che entrassi.
<< Si… >> mormorai di nuovo, entrando nell’abitacolo, e lasciandomi alle spalle i resti di un vecchio grattacielo, e quindi, i resti del mio passato. Che ormai non facevano più parte di me.
<< E’ qui che è successo? >> mi chiese Fred.
Lo guardai con aria interrogativa. << Intendo… beh… la tua ultima avventura con Jack. >> indicò una vecchia taverna sulla destra che avevamo appena passato.
Immagini fugaci trapassarono i miei pensieri.
Stan e Lizzie, riversi a terra, in una cella, senza vita.
Il vecchio guardiano che mi fissava con aria supplicante nel tentativo di non farmi premere il grilletto.
Ma l’avevo fatto. Uno scatto d’ira. Qualcosa che non ero riuscita a controllare. Come tutta la mia vita.
L’uomo che mi aveva interrogata, la prima cosa che avevo visto in quel luogo macabro. Ma era morto anche lui.
E Jack. Due occhi azzurri così teneri, nella quale non ero riuscita a leggere tutti i segreti che manteneva nascosti. Come quello dell’essere uno stronzo traditore che aveva trattato me, la più nota killer professionista nonché spia di tutta la costa ovest, come una bambola, che getti via quando ti sei scocciato di giocarci.
Ma io ero una bambola assassina. I torti si pagano amaramente con me.
E così, i suoi occhi azzurri che stavo fissando un attimo prima che premessi il grilletto, erano diventati vacui, poi definitivamente spenti. Come la mia anima.
Mi odiai per averlo conosciuto.
Mi odiai per averlo amato.
L’unica cosa di cui ero felice, era che la vita andasse avanti, anche la mia, che per certi versi rimaneva la stessa.
Ero la solita spia. La solita killer. La solita dipendente di Olimpia.
La solita donna sola, come sempre.
<< Oh, eccoci qui. >> Fred uscì dalla macchina. Eravamo davanti all’aeroporto.
<< Questi sono i tuoi bagagli. Sta attenta, sai bene che al checkin potrebbero vedere tutta questa roba che ti porti dietro per ammazzare la gente… >>
<< Sono pervenuta. È tutto nascosto per bene. >>
<< Non sai quanto mi fa piacere sentirtelo dire! Ops, vai, sennò non arrivi in tempo. >>
Stava per abbracciarmi. Mi ritrassi.
Anche se era un amicone per me, mi ero promessa di non avere più nessun contatto umano.
Tesi la mano e Fred la strinse, capendomi come solo lui poteva fare.
<< Ci si sente in giro, Fred. >> dissi con un cenno del capo, poi girai sui tacchi e entrai nell’aeroporto, raggiungendo il banco per il biglietto.
Superate tutte le norme legislative affinché una persona possa finalmente sedersi nell’aereo, posai il mio borsone nel portabagagli.
Nessun rimpianto.
Niente di niente.
Solo una macchina da guerra addestrata ad uccidere, come ormai ero nota.
La mia missione consisteva nel trucidare un vecchio uomo sulla quarantina, capelli brizzolati, corpo muscoloso e scarpe costose, imprenditore di una macabra azienda in cui era soprannominato “direttore dittatore”.
Presi le cuffie dalla borsa prima che il treno potesse prendere quota, cominciando a cantare impercettibilmente, per ingannare il tempo.
IL mio sguardo, quando ormai eravamo fra le nuvole, cadde su un uomo sulla trentina, seduto nella fila accanto alla mia. Ascoltava anche lui della musica con un paio di cuffie nuove di zecca. In mano aveva una rivista di auto.
Ma il suo sguardo non mi convinceva.
Non era eccitato nel vedere un paio di macchine con la carrozzeria ultimo modello. Solo troppo attento nello studiare ciò che aveva davanti. IL che mi fece capire che non erano semplici auto quelle che stava ammirando.
Olimpia non mi aveva detto di un altro funzionario che avrebbe dovuto lavorare con me.
Di certo quello non era un sicario, pensai.
Ma forse mi stavo solo facendo dei film luce in testa come spesso mi capitava quando mi soffermavo troppo sulle cose.
Presi invece la mia di rivista. Semplici abiti da sera in pizzo e con lo spacco, donne mozzafiato in pose eleganti e sensuali con indosso vestiti appena usciti di fabbrica. Che però, celavano il mio piano.
Inchiostro luminescente. Leggibile solo con gli innocenti occhiali che mi penzolavano dal naso.
Un piano che sapevo a memoria per di più.
Trovare l’obiettivo.
E una scusa per assecondarlo, portandolo nel covo del diavolo.
Spezzargli l’osso del collo.
Senza uso di armi, solo per fare economia.
I proiettili non costano mica poco.
Ore dopo, quando ancora volavamo sui cieli dell’America, vidi il tizio con la rivista di auto alzarsi. Forse per raggiungere il bagno.
Ma volevo saperne di più. Cercai di seguirlo fin dove potei con lo sguardo e quando scomparì dietro una curva, mi alzai, decisa a seguirlo.
Voltai l’angolo e accadde tutto in fretta.
Qualcuno mi afferrò per la gola, ma un semplice calcio dove non batte il sole ed era in semincoscienza. Prese ad attaccarmi con colpi rapidi, decisi, la mia stessa tecnica.
Quello era un sicario.
Lo colpii alla bocca, ferendolo, e poi al torace, mettendolo fuori gioco per un po’. Il Tizio della rivista però partì alla ribalta e mi mise con le spalle al muro, il suo corpo premuto ostinatamente contro il mio e una mano appoggiata alla parete per non farmi scappare
<< Chi sei? >> mi chiese con il fiatone. Squadrai quei suoi occhi verde pistacchio, leggendo un’arroganza che pochi possedevano. Tra i quali io ero compresa.
Sospirai. << Chi sei tu >> dissi marcando l’ultima parola.
Lui fece una brave risata ironica. << Non te lo dirò mai >>
<< Non vedo perché dovrei farlo io >> dissi ghiacciandolo con le mie iridi.
Lui mi fissò attentamente. << Hai degli occhi particolari… >>
<< E tu un cervello da gallina spaventosamente ridotto >>
Gli tirai una ginocchiata nei Paesi Bassi e cominciò una nuova lotta.
Lo scaraventai a terra, con una forza che non immaginavo di avere mai avuto. Gli misi il mio piede proprio sulla gola, per sforzarlo a dirmi il suo nome.
<< Allora? Questo nome? >>
<< Non mi ucciderai. >> rise quello, malgrado il fatto che gli stavo per chiudere le vie respiratorie.
<< Ne sei sicuro? >> Osservai meglio il suo volto.
I lisci capelli biondi e lunghi gli accarezzavano dolcemente il viso leggermente sudato. Il corpo magro e muscoloso sottolineava lunghi anni passati in palestra, magari quella del suo laboratorio.
<< Sei una dipendente della costa ovest vero? >> mi chiese.
<< Mistero >> risposi. << E adesso dimmi il tuo nome o giuro che sarò l’ultima persona che vedrai sulla Terra >>
Con un gesto fulmineo, scostò la mia gamba dalla sua gola, e io non potei fare a meno di dimostrare il mio stupore mentre mi riattaccava con le spalle al muro. Troppo facile abbattermi.
Con un movimento di reni, spinsi lui verso la parete, mantenendolo fermo.
<< Voglio quel nome. >>
<< Spiacente >> disse lui beffardo.
<< Allora non uscirai vivo da questo posto. >>
<< Dici? >>
Una nuova lotta. Infinita. Nessuno riusciva ad avere la meglio fra di noi.
Lo scaraventai con un calcio verso la parete opposta, esausta. Lui posò le mani sulle ginocchia riprendendo fiato.
Io mi appoggiai alla parete, respirando forte. Approfittai della sua distrazione per lanciargli un calcio in direzione testa. Ma lui lo bloccò prontamente.
<< Propongo un patto. >>> mormorò esausto, lasciandomi cadere la gamba.
<< Vuoi che mi fidi di… te? >>
<< Hai qualche problema? Dobbiamo condividere altre due ore di viaggio, lottare fino ad allora ci ucciderà e basta. >>
<< Non ci si fida degli estranei. Non te lo ha detto la mamma? >>
<< No, non l’ho mai conosciuta. >> mi disse beffardo. << E dopo questa parentesi sentimentale… >> tirò fuori dalla tasca una scheda, con la sua faccia.
<< Sicario della costa nord. >> disse semplicemente. << Michael Norton >>
Lo guardai in faccia, restituendogli la tessera di riconoscimento comunemente consegnata ad ogni killer.
Sorrisi. << I maschi sono sempre i primi ad arrendersi… >>
<< Il punto è che dato che il tuo nome è su tutti i manifesti del mio laboratorio, avrei anche potuto non dirti come mi chiamo…. L’ho fatto solo perché mi sembrava giusto farlo… >>
<< Credi che non sappia distinguere un americano da un irlandese? >>
Lui mi guardò con aria interrogativa. << Non sono nata ieri, mio caro. So riconoscere una tessera di riconoscimento falsa… >>
Quello fece una strana faccia. << Senti… Jane… >> sussultai. Conosceva davvero chi ero. IL che significava solamente che il mio nome era talmente famoso da raggiungere il Canada. << … anche senza mia madre, ho capito da solo come e quando fidarmi di qualcuno. Con te c’è poco di cui fidarsi. Un nome come il mio non sarebbe al sicuro con te. >>
<< Diciamo che il tuo nome non è l’unica cosa a non essere al sicuro se condividi uno stesso posto in mia compagnia >>
<< Competitiva, vedo. >>
<< Molto >> dissi, compiaciuta, con le braccia conserte.
<< Ok. Vedo che con te non si può trattare. Hai un’idea migliore? >>
<< Si, ma prima devi dirmi chi sei. >>
<< Allora non ci muoviamo da dove siamo. Il mio nome non l’avrai mai. >>
<< Come vuoi. >>dissi, appoggiandomi nuovamente al muro e guardandolo attendendo il momento in cui mi avrebbe detto il suo nome.
Il tempo passò lento, e io continuavo a fissarlo, in attesa. Lo stesso fece lui.
MI sedetti a terra dopo un tempo indefinito, fin quando non sentimmo la traiettoria dell’aereo cambiare.
Intanto, però, avevo memorizzato ogni suo lineamento. Una breve ricerca sul dischetto che avevo recuperato qualche mese prima, dopo l’esplosione di Manning Avenue, e avrei scoperto chi era.
<< Stiamo atterrando. >> mormorò, sveglio come due ore prima.
<< Me ne sono accorta. >>
<< Che ne dici di andarci a sedere? Per evitare di percorrere tutto l’aereo in discesa, sai… >>
<< Io non mi muovo di qui, finché non mi dici il tuo nome. E se non me ne vado io non te ne vai nemmeno tu. >>
<< Sei un tipo tosto. >>
<< Me lo dicono in molti. >>
Una voce dall’altoparlante poi giunse alle nostre orecchie. << Siete pregati di lasciare l’aereo. Non accalcatevi lungo l’uscita. Grazie. >>
<< Hai intenzione di rimanere qui dentro? >>
<< Se è necessario. >> dissi vaga.
<< Io ho da fare. >>
<< Anch’io. Ma ormai hai avuto la disgrazia di conoscermi e io non me ne vado finché non conosco te. >>
Lui mi guardò ancora un po’ e poi disse: << E va bene. Ti do solo un indizio, poi l’onore di cercare sul famoso dischetto spetta a te, dico bene? >>
Continuai a guardarlo.
<< Cerca Khrono. Troverai un bel mucchio di notizie. >> Si alzò, ma gli bloccai il braccio.
<< Giuro che se non è corretto ti scoverò fino in capo il mondo e te la farò pagare per avermi presa in giro. >>
Lui mi sorrise. << Sei un tipo interessante. Jane. >> detto questo prese il suo bagaglio e uscì dall’aereo. Afferrai anch’io il mio, stiracchiandomi. Non ero mai stata per due ore senza fare niente, tranne che respirare e fissare qualcuno.

 
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