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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: TELEPATIA
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: kgchan galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 23/12/2002 22:28:44

che succede se una persona riesce a leggere nei pensieri degli altri? i ragazzi di kanagawa lo scopriranno presto.
 
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1° CAPITOLO
- Capitolo 1° -

Disclaimers: i personaggi appartengono a Takehiko Inoue eccetto Kayuri ed alcuni altri.
Note: tra le virgolette singole ‘…’ ci sono i pensieri; tra le virgolette doppie “…” ci sono i discorsi.

TELEPATIA

1° CAPITOLO

/ Che cosa posso fare? Voglio dichiararmi! Ma se poi lui mi respinge? \
/ Chissà se oggi il prof. interroga? Ieri non ho studiato niente. Ho giocato con il computer ed il tempo è passato. \
/ Allora la radice quadrata di 81 per il cubo di 8 diviso 12… \
/ L’America è il terzo produttore di…\
/ Che bel ragazzo. Certo che anche quello non è niente male. Però nessuno è bello come il nostro asso del club di basket. \

‘Che noia! Nessuno che pensi nulla di interessante.’

/ Che bella che è Kayuri. Un po’ scontrosa forse. Ma ha un corpo da favola. Che voglia… \

‘Ecco il motivo per cui odio i ragazzi… Ma che fa? Non vorrà mica venire qui. Oh no! È proprio quello che sta facendo.’

“Ciao Kayuri. Posso sedermi vicino a te?”
“No!”
“Su non fare la scontrosa come al solito.” Disse sedendosi.
“Che me l’hai chiesto a fare se poi ti siedi lo stesso?”
Lui ignorò la sua domanda. “Alcuni ragazzi si mantengono a distanza da te. Il che mi fa comodo.”
“Come no.”
“Stare soli non è molto piacevole. In due ci si può divertire molto di più. Che ne dici di uscire con me oggi pomeriggio? Potremmo andare a bere un caffè.” Il ragazzo era carino e sapeva di esserlo. Era convinto che lei avrebbe accettato.
/ Nessuna ragazza riesce a resistermi. Anche lei cadrà nella mia rete. Dopo il caffè con una scusa la faccio venire a casa mia ed allora sì che ce la spasseremo. \
“Spiacente. Non bevo caffè. E non mi interessa spassarmela con te.” Detto questo si alzò e si allontanò lasciandolo con un palmo di naso.

Kayuri è una ragazza di 17 anni. Può sembrare una ragazza normale, ma in realtà nasconde un segreto. Una particolare capacità che ha fin dalla nascita: riesce a leggere nel pensiero degli altri.
‘Il che può sembrare una cosa bella e divertente. Ma invece non lo è. Non è piacevole sapere cosa pensa di te la gente. I ragazzi non fanno altro che pensare a cose oscene, mentre le ragazze provano invidia per ogni nonnulla e hanno una doppia faccia. Non so se sono io ad essere stata sfortunata ad avere incontrato solo gente così, ma inizio a dubitare che esistano altri tipi di persona. Certe volte vorrei non avere questo potere. Certo potrei evitare di usarlo, ma è più forte di me. Quando incontro una persona che mi sembra simpatica riesco a resistere per qualche tempo, ma poi inevitabilmente ci ricasco e tento di scoprire cosa pensa di me. E praticamente ogni volta scopro che non pensano esattamente belle cose di me.’
In quel momento girò l’angolo dietro alla palestra del club di basket e si scontrò con qualcuno cadendo a terra a causa dell’impatto e della sorpresa.
“Scusa. Ti sei fatta male?” domandò, tendendole la mano, la persona con cui si era scontrata.
“No. Tutto a posto. Tu?” chiese prendendo la mano ed alzandosi.
“No problem.”
In quel momento Kayuri lo guardò.
Era un ragazzo molto alto. Doveva essere sul metro e novanta, forse anche di più. Aveva una pettinatura strana che però gli stava benissimo.
‘Ma quanto gel ci metterà per farli stare così dritti?’ pensò.
Ciò che però la colpì al di sopra di ogni altra cosa fu il sorriso. Era aperto e sincero.
“Ero distratto e non prestavo attenzione a dove andavo.” Stava intanto dicendo lui.
“Anch’io era soprappensiero.” Ammise. “Diciamo che la colpa è di tutti e due.”
“Bè, io sono felice di essere stato distratto.”
“Perché?”
“Perché altrimenti avrei potuto non conoscerti. Mi chiamo Akira Sendoh, piacere.”
“Io sono Kayuri Hisegawa.”
‘Non resisto.’ Pensò Kayuri. Poi si concentrò per leggere i pensieri del ragazzo.
/ … \
‘Che non stia pensando a nulla? No. Non credo. Ma allora perché non percepisco niente?’
“Akira muoviti sei in ritardo!” sbraitò una voce alle spalle di Kayuri.
“Arrivo capitano.” Gli rispose. Poi si rivolse a Kayuri. “Devo andare. In che classe sei?”
“Eh? Ah… seconda F.”
“Perfetto a dopo.” Si allontanò senza darle il tempo di dire altro.
‘Possibile che il mio potere sia sparito improvvisamente?’ fece una prova con la prima persona che vide.
/ Che scocciatura! Adesso abbiamo due ore di storia! \
‘Il potere funziona ancora. Ma allora perché non ho percepito i suoi pensieri?’
Questa domanda l’assillò anche durante le lezioni, tanto che il prof., stufo di vederla distratta, la mandò fuori dalla classe.
‘Accidenti a lui. Mi sono beccata una sgridata per colpa sua… Ma a chi voglio darla a bere? Sono io che sono ossessionata. Odio quando non riesco a capire qualcosa…’
“Ciao Hisegawa.”
Quella voce la colse alla sprovvista.
“Sendoh… che ci fai qui?”
“Sono stato sbattuto fuori dall’aula. Il prof. non apprezzava il fatto che io stessi pensando ai fatti miei invece di pensare alla lezione. Tu?” Disse con il suo solito sorriso dipinto in volto.
“Idem come sopra.”
“Allora siamo davvero due bei distratti!”
/ … \
‘Ancora? Ma possibile che non pensi mai a niente?’
“Senti, stavo pensando…”
‘Ma allora pensa! Ma se è così perché cavolo non lo percepisco!’
“… ti va di andare a fare un giro? Tanto i prof. non se ne accorgeranno.”
‘Forse se sto un po’ con lui mi si chiarirà il mistero.’ Pensò. “Andiamo.” Disse.
Salirono in terrazza e rimasero a fare due chiacchiere.
“E così tu sei il grande asso della nostra squadra di basket!”
“Così dicono.”
“Se lo dicono così in tanti sarà pure vero.”
“Forse. In realtà non credo che ciò che dice la gente sia vero. O almeno non in tutti i casi.”
“Che vuoi dire?”
“Spero non ti dia fastidio ma ho chiesto in giro di te.”
“Ah.” Il suo tono non era dei più allegri. Sapeva fin troppo bene cosa gli altri pensassero di lei. Infatti…
“Mi hanno detto che sei una ragazza molto introversa, a volte scontrosa…”
“Dillo pure chiaramente. Tanto lo so cosa dicono di me. Che sono una ragazza antipatica, che me la tiro, che sono tetra.” Mentre parlava si era appoggiata alla ringhiera e guardava verso l’orizzonte con un’espressione triste.
“Più o meno.” Anche lui si appoggiò alla ringhiera di fianco a lei. “Se ti può consolare io non penso che tu sia così.”
Lei fece un sorriso tirato. “Grazie.”
“Dico sul serio. Non ti conosco molto, questo è vero, però nel poco tempo in cui abbiamo parlato credo di aver capito che il tuo comportamento non dipende dall’arroganza. Il tuo è un modo di proteggerti.”
Silenzio.
“Se sto dicendo delle sciocchezze fermami pure.”
“Non posso fermarti. Perché stai dicendo delle cose vere. Nessuno era mai riuscito a superare il muro che mi sono costruita addosso con tanta fatica.”
“Forse perché nessuno si era mai sforzato di vedere oltre l’apparenza.”
Kayuri si voltò verso di lui e si ritrovò a fissarlo negli occhi. Si sentiva confusa come non mai. Neanche il fatto di non leggergli nella mente l’aveva scombussolata tanto.
Quel ragazzo sembrava immune al suo potere, e anzi sembrava essere lui a leggerle tra i pensieri.
Doveva andarsene.
“Scusa, devo andare. La lezione starà per finire.” Dicendo questo si allontanò di corsa.
Finite le lezioni si precipitò fuori dalla scuola. Stava dirigendosi a casa. Ad un incrocio si fermò se avesse girato a sinistra sarebbe andata a casa. Prese la strada a destra.
‘Ho bisogno di parlare con qualcuno.’
Dopo circa una ventina di minuti si fermò davanti ad una villetta di due piani.
Suonò il citofono.
<<Chi è?>>
“Sono io cuginetto. Ho bisogno di parlarti.”
<<Entra.>>
Il cancello si aprì.
Mentre attraversava il giardino, la porta principale si spalancò.
“Ciao Kayuri.”
“Ciao. Ho bisogno di aiuto.”
“Allora io me ne vado.” Disse una voce dal salotto.
“Scusa Hanamichi. Non sapevo fossi qui. Non volevo cacciarti.”
“Tranquilla. Ero venuto solo a fargli un salutino. Ciao Kayuri. Ciao Yohei.”
“Ciao Hanamichi.” Dissero in coro i due cugini.
“Non era mia intenzione disturbare.”
“Tranquilla cuginetta. Tu non disturbi mai. Vuoi un tè?”
“Sì, grazie.”
I due ragazzi si diressero in cucina. Mentre Yohei preparava la bevanda Kayuri prese la parola.
“I tuoi non ci sono?”
“No, dovevano andare a cena dai nonni. A proposito, mi fai compagnia per la cena?”
Kayuri accettò. Uscì dalla cucina giusto il tempo di chiamare a casa per avvertire che rimaneva fuori. Quando tornò il tè era pronto.
“Ti va di ascoltare un po’ di musica nel frattempo?”
“Certo.”
Si spostarono in salotto e si sedettero per terra uno di fianco all’altra con la schiena appoggiata al divano.
Yohei le lasciò alcuni minuti per iniziare il discorso, ma, notando che lei non si decideva a parlare, la incoraggiò.
“Hai detto che mi dovevi parlare. Sono a tua completa disposizione tesorino mio.”
Kayuri sorrise. Sebbene lei fosse di un anno più grande lui la trattava come una bambina piccola da proteggere. E la cosa non le dava troppo fastidio. Soprattutto quando la chiamava con quei vezzeggiativi.
“Ecco… ho conosciuto un ragazzo.”
“WOW! Chi è?”
“Uno che frequenta la mia scuola. È del mio stesso anno. Eppure non avevo mai badato troppo a lui.” Fece una pausa. Poi proseguì. “E’ molto simpatico. Ed anche carino.”
“Mi sembra un ragazzo perfetto.” Disse lui sorridendo. “Qual è il problema?”
“Il fatto è che non riesco a leggergli nel pensiero.” Suo cugino era l’unico che fosse a conoscenza del suo segreto.

FLASHBACK.
Circa dodici anni prima.
Yohei e Kayuri stanno giocando nella cameretta di lei.
/ Ma dov’è il pupazzo dell’orso? \Aveva pensato Yohei.
“E’ nell’armadio.” Gli aveva risposto Kayuri.
“Che cosa?”
“Il pupazzo. Volevi sapere dov’era. E’ nell’armadio.”
“Come fai a sapere che lo cercavo?”
“Perché me lo hai chiesto.”
“Io non te l’ho chiesto. L’ho solo pensato.”
“Non è vero! Ti ho sentito che me lo hai chiesto!”
/ Non è vero! Io non ho detto una bugia! \
“Nemmeno io!”
“L’hai fatto ancora.”
“Cosa?”
“Hai risposto al mio pensiero.”
“Ma come?”
“Non lo so. Facciamo una prova. Dimmi a cosa sto pensando adesso.”
/ Voglio il gelato. \
“Voglio il gelato.”
“E’ giusto. Allora tu mi leggi nel pensiero!” disse Yohei tutto esaltato.
“Prova tu a leggere nel mio.”
/ Voglio delle caramelle. \
“Vuoi anche tu il gelato.”
“No. Ho pensato che volevo le caramelle.”
“Uff.” sbuffò il bambino. Poi tornando ad essere esaltato le chiese: “Ma leggi solo nel mio pensiero?”
“Non lo so.”
“Andiamo di là e proviamo a vedere se riesci anche con mamma e papà.”
Da quel momento i due iniziarono a giocare alla lettura del pensiero. Rimanendo entrambi stupiti dal fatto. Decisero però di mantenere il segreto. Solo loro due dovevano esserne a conoscenza.
FINE FLASHBACK.

“Hai perduto il tuo potere?”
“No. Subito dopo averlo incontrato ho fatto una prova… Anche adesso funziona perfettamente, perciò ti sarei grata se la piantassi di trovare la situazione divertente.” Disse lei dopo avergli letto tra i pensieri.
“Scusa. Però ho la sensazione che non sia questo il problema principale. O sbaglio?”
“In effetti no.” Gli raccontò il loro discorso sulla terrazza.
“Ti ha capita molto bene.”
“Già.”
“E questo ti fa paura. Perché sei sempre stata abituata ad essere tu quella che sa tutto di tutti. Trovare una persona immune al tuo potere ti fa sentire insicura.”
“E’ così. Cosa devo fare secondo te?”
“Prova a stargli vicino il più spesso possibile e parlaci.”
“E così riuscirò a leggergli nel pensiero secondo te?”
“Non lo so. Ma forse riuscirai ad aprire il tuo cuore.”
“Il mio cuore è aperto.” Disse lei piccata.
“Non è vero e lo sai. È chiuso a doppia mandata con tanto di lucchetti e catenacci. Hai paura di legarti agli altri e soffrire. Forse il fatto che tu non riesca a percepire i suoi pensieri è un bene. Non è giusto che tu sappia i pensieri di tutti. Se iniziassi una storia d’amore, il tuo lui non potrebbe avere i suoi spazi. Sarebbe totalmente indifeso. Alla tua mercé.”
Kayuri ci pensò un po’ sopra in silenzio.
“Non volevo essere duro. Scusami.”
“Non scusarti. Quello che hai detto è giusto.”
Come per un tacito accordo cambiarono argomento e accantonarono quei discorsi per il resto della serata.

Il giorno dopo a scuola durante la ricreazione Akira si stava aggirando per il corridoio. Fino ad arrivare in seconda F.
Sotto lo sguardo sognante di tutte le ragazze della classe si avvicinò a Kayuri che si accorse della sua presenza a causa dei pensieri delle ragazze.
/ Che ci fa qui Sendoh? \
/ Quanto è bello Sendoh! \
/ Vorrei che Sendoh diventasse il mio ragazzo. \
/ Con chi dovrà parlare in questa classe Sendoh? \
/ Ma non starà mica andando da quella antipatica. Che cosa vuole da lei? Perché si conoscono? Chi si crede di essere? \ Quest’ultimo fu il pensiero di tutte le ragazze della classe quando si accorsero che Akira stava dirigendosi verso di lei.
“Ciao Hisegawa.” Disse lui sedendosi a cavalcioni sulla sedia del banco davanti a quello di Kayuri.
“Ciao.”
“Ieri sei andata via in fretta dalla terrazza. Ti è caduto questo e non te ne sei accorta. Quando ti ho cercata per ridartelo eri già andata via.” Le disse mostrandole un fermaglio per i capelli.
“Non me ne ero nemmeno accorta.”
Fece per prenderlo ma inaspettatamente lui la sorprese avvicinandolesi e mettendole il fermaglio tra i capelli. A quel punto lei non capì più niente. I pensieri delle ragazze (tutti pensieri minacciosi) non le arrivarono. Sentiva solo la presenza di Sendoh.
Solo la presenza in quanto il suo potere continuava a non funzionare con lui.
Non sapeva che dire o cosa fare. Fortunatamente la campanella che annunciava la riprese delle lezioni la salvò dall’imbarazzo. O almeno lo credette. Infatti lui si alzò dalla sedia per accoccolarlesi affianco.
“Ti va di pranzare insieme?”
Lei ripensò al consiglio del cugino sul fatto di stargli vicino più tempo possibile.
“O.K.” disse semplicemente.
“Perfetto passo a prenderti finite le lezioni.” Disse con un sorriso. Dopodiché tornò nella sua classe.

Pausa pranzo.
Come promesso lui era andato a prenderla ed ora stavano mangiando seduti sotto un albero del giardino della scuola.
“Ho sentito che tra poco avrete una partita importante.”
“Già. In realtà si tratta di una partita di allenamento. Però la squadra avversaria è molto forte. Ha degli ottimi elementi.”
“Che squadra è?”
“E’ la squadra del liceo Shohoku.”
“Shohoku hai detto?”
“Sì. Ne sembri sorpresa.”
“Infatti lo sono. Vedi allo Shohoku ci va mio cugino e il suo migliore amico so che fa parte del club di basket.”
“E chi è?”
“Hanamichi Sakuragi. Lo conosci?”
“Quella testa matta? Certo che lo conosco. Ha iniziato a giocare da poco, però è un tipo davvero in gamba.”
“Anche mio cugino dice che è piuttosto bravo per un principiante. Anche se lui non è un esperto.”
“Prima hai detto che tuo cugino è il miglior amico di Sakuragi giusto?”
“Veramente ho detto il contrario, ma anche questa versione è giusta.”
“E’ uno di quei quattro scalmanati che ad ogni partita, più che incoraggiarlo, lo prendono in giro?”
“Esatto. È il più carino dei quattro. ^ _ ^ Quello con i capelli neri senza baffi.”
“Se non ricordo male si chiama… Mi…”
“Mito. Yohei Mito.” Lo aiutò la ragazza, notando che non lo ricordava perfettamente.
“Ah sì, Mito. Mi sembra un ragazzo molto simpatico.”
“Lo è! Ed è anche una persona stupenda.”
“Gli vuoi molto bene, vero?”
“Da cosa lo deduci?”
“Dallo sguardo che hai quando parli di lui. E’ luminoso. E poi mentre ne parlavi avevi un tono molto dolce.”
Rimasero a parlare ancora a lungo. Fino a quando suonò la campanella che annunciava la ripresa delle lezioni. Mentre si dirigevano in classe non smisero di parlare.
“Dopo la scuola devi andare subito via?”
“No, perché?”
“Ti va di venire a vedere gli allenamenti? Dopo potremmo andare a bere qualcosa insieme.”
“Andata.”

Dopo le lezioni.
“Ehi Hisegawa. Sei pronta?”
“Chiudo la cartella e arrivo.”

/ Ma chi si crede di essere quella? Come osa stare così vicino al mio Akira? Si sta facendo notare troppo. \
‘Pensate quello che volete. In questo momento gli unici pensieri che mi interessano sono quelli di Akira.’
I due uscirono sotto lo sguardo sbigottito di tutti i presenti dalla classe e andarono in palestra.
“Vado a cambiarmi. Tu rimani qui.”
Mentre lo vedeva giocare si accorse di quanto fosse bello.
Non era solo per il fisico e il viso. Era qualcos’altro. Il suo modo di porsi verso gli altri, sempre gentile. Quel suo sorriso così aperto e sincero. Il suo modo pacato, eppure, allo stesso tempo così energico, di affrontare la vita. Soprattutto ora che era in campo. Soprattutto le piaceva il modo in cui la faceva sentire viva, soltanto standole vicino. Quando i loro sguardi si incontravano, il cuore di Kayuri faceva una capriola. Inoltre il fatto che avesse voluto provare a superare il muro che lei si era costruita intorno e ci fosse riuscito, andava sicuramente a suo favore.
Gli allenamenti finirono e dopo una rapida doccia lui la raggiunse.
“Scusa se ti ho fatto aspettare.”
“Nessun problema. Sei davvero un asso nel basket.”
“Grazie.” Non era la prima volta che gli facevano un complimento del genere, ma detto da lei era un’altra cosa. Si sentiva leggermente in imbarazzo.
“Ti piace molto vero?”
“Il basket? Sì. All’inizio lo usavo come sfogo. Poi ho scoperto che mi piaceva davvero.”
“Come sfogo?”
Nel frattempo si diressero al bar vicino alla scuola.
“Sì. Quando avevo circa 9 anni i miei si separarono. Io soffrii molto. Però vedevo che anche i miei soffrivano. Soprattutto perché erano preoccupati per me. Per non dare loro ulteriori preoccupazioni, cercavo di mostrarmi sempre tranquillo e di provare una serenità che invece non provavo nemmeno alla lontana. Credo fosse anche abbastanza normale. In fondo la mia famiglia si stava dividendo. Dietro a casa mia c’era un parco con un campetto di basket.
Un giorno che proprio non riuscivo a mostrarmi tranquillo, andai a fare un giro al parco. C’era un ragazzo nel campetto di basket. Avrà avuto circa 14 anni. Mi vide che lo guardavo e mi chiese se volessi giocare. Io dissi che non sapevo farlo. Lui allora me lo insegnò. Ogni pomeriggio ci vedevamo e lui mi insegnava tutto ciò che sapeva. Le regole, la posizione del corpo, i tiri. Io ce la mettevo tutta. All’inizio mi sembrava una sciocchezza. Quando provai a fare un tiro e non mi riuscì, iniziai ad intestardirmi. Continuai e continuai finché non ci riuscii. E più provavo più sentivo lontani i miei problemi. Riuscivo a rilassarmi. E anche a divertirmi.
Anche a casa si accorsero del mio cambiamento. Li sentivo più sereni.
Nella mia ingenuità di bambino continuavo a sperare che si rimettessero insieme. Ma arrivò il giorno della separazione definitiva. Ricordo mia madre sulla porta di casa con una valigia in mano che mi salutava dicendomi di ubbidire al papà e di fare il bravo.
All’inizio fui arrabbiato con mio padre. Credevo fosse colpa sua se lei se ne era andata. Col passare del tempo capii che anche lui stava soffrendo.
Nel frattempo mio padre decise che avremmo traslocato. Quella casa era troppo piena di ricordi.
Non incontrai più il ragazzo che mi insegnò a giocare a basket. Ma il giorno prima di partire andai al campo e sulla recinzione sotto il canestro appesi un biglietto con su scritto <Devo trasferirmi. Tornerò per l’ultima volta alle 10 di giovedì. Grazie di tutto. Akira>
Il giorno dopo tornai al campetto sperando di incontrarlo. Ma lui non c’era. In compenso vidi che il mio biglietto non c’era più e che al suo posto c’era una scatola sul pavimento con su scritto <Buona fortuna Akira. Diventa un campione.> Dentro la scatola c’era il suo pallone da basket. Da allora ce la misi tutta per diventare un campione.”
“Sei riuscito ad arrivare dove volevi?”
“Non ancora. Devo riuscire a vincere un campionato di basket. Poi potrò dire di esserci riuscito. Anche se in realtà vorrei poter giocare in una squadra professionista.”
“Sono convinta che ci riuscirai.”
Mentre erano nel bar continuarono a chiacchierare. Poi si fece ora di tornare a casa.
Akira come un vero gentiluomo la accompagnò a casa.
“Ecco. Io abito qui. Grazie di tutto.”
“Grazie a te.”
“Allora a domani.”
“A domani.”
Akira stava per andare via. Kayuri lo bloccò e, prima che lui potesse dire qualsiasi cosa, lo baciò sulla guancia. Fu un contatto lieve che però accelerò i battiti del cuore di entrambi.
Subito dopo lei corse in casa e si chiuse la porta alle spalle.
Lui si sfiorò il punto dove Kayuri l’aveva baciato. Sorridendo si girò e correndo si diresse a casa sua.

“Sono tornata.”
“Ciao Kayuri. Come è andata oggi?”
“Bene, grazie.”
“Hai fatto più tardi del solito. Dove sei stata?”
“Sono andata al bar con un amico.”
“Un amico?” domandò la madre con aria indagatrice.
“Sì, un amico.” disse con tono che chiudeva la discussione.
Andò a cambiarsi e, quando tornò, vide i suoi a tavola che l’aspettavano per cenare.
Mentre Kayuri andò in cucina a prendere del sale, lo sguardo le cadde sul calendario.
“Ehi, tra due giorni è il compleanno di nonno Masahiro.” Disse mentre tornava a tavola.
“Sì, avevamo in programma di andare da lui a cena dopodomani. Vieni anche tu?”
“C’è bisogno di chiederlo? Certo che ci vengo.”
Nonno Masahiro era il nonno preferito di Kayuri. Era sempre gentile. Tutti lo consideravano un po’ strambo. Lei non aveva mai capito perché. E non aveva nemmeno cercato di scoprirlo con i suoi poteri.
Si era data una regola. Non li avrebbe usati sui suoi parenti. Ad esclusione di Yohei. L’aveva deciso in quanto non voleva rischiare di scoprire che i suoi parenti la trovassero strana come gli altri. Dagli estranei poteva accettarlo, ma dai suoi parenti sarebbe stata dura.
“Speriamo non combini nulla.”
“Che vuoi dire?” chiese Kayuri.
“Nulla tesoro.” Disse il padre.
“Ma insomma! Ogni volta che parlate del nonno sembra che parliate di una persona stramba. Ma non volete mai dirmene il motivo. Sono abbastanza grande e intelligente per capire le cose.”
“E va bene.” concesse la madre. “Vedi il nonno tempo fa diceva di sentire delle voci.” Il suo tono era ironico.
“Delle voci?”
“Esatto. Continuava a ripeterlo finché gli dicemmo chiaramente che se avesse continuato con quelle assurdità saremmo stati costretti a farlo rinchiudere in una casa di igiene mentale.”
Kayuri rimase shockata da quelle parole.
Non riusciva a togliersele dalla mente.
Anche quando si coricò, alcune ore dopo, continuava a rimuginarci sopra.
Se prima ogni tanto pensava che sarebbe stato meglio dire ai suoi genitori ciò che poteva fare, ora riteneva fosse meglio mantenere il segreto.
Ma ciò che più la faceva pensare era il fatto che suo nonno sentisse delle voci.
‘Che il mio potere di leggere i pensieri altrui sia ereditario?’
Inutile non riusciva a smettere di pensarci. E nemmeno a dormire.
Prese il suo cellulare e compose il numero di quello del cugino.
<<Pro…awn… Pronto.>>
“Ciao cuginetto.”
<<Kayuri?>>
“Sì sono io.”
<<Che succede?>>
“Avevo bisogno di parlarti.”
<<Alle tre e mezza della notte? Non potevi aspettare domani mattina?>>
“E’ che non riuscivo a dormire.” Spiegò.
<<Io invece dormivo che era una favola. Sei una bella rompiballe.>> nonostante le sue parole Kayuri capì che non era arrabbiato con lei.
“Scusa.”
<<Lascia stare. Piuttosto qual è il problema?>>
Kayuri gli raccontò ciò che aveva saputo dai suoi genitori.
“Secondo te anche lui potrebbe leggere nel pensiero degli altri?”
<<E’ una spiegazione plausibile. Ma bisognerebbe chiedere direttamente a lui.>>
“Hai ragione. Infatti stavo pensando di chiederglielo durante la cena, la sera del suo compleanno. Ci sarete anche voi?”
<<Sì. Allora gli parleremo dopodomani sera. Anzi mi correggo. Domani sera.>>
Come al solito aveva capito tutto. Ovvero che lei voleva che lui le fosse vicino mentre parlava con il nonno.
“Grazie. Ora ti lascio tornare a dormire.”
<<Meno male. Sono sicuro che domani mi addormenterò in classe.>>
“Almeno avrai una scusa per farlo stavolta.”
<<Spiritosa. Buonanotte.>>
“Buonanotte.”
Kayuri chiuse la comunicazione. Poggiò il telefono, si rannicchiò sotto le coperte e finalmente si addormentò.

La sera della cena a casa del nonno Masahiro tutti i parenti si erano radunati.
Kayuri e Yohei aspettavano il momento migliore per parlare con il nonno. Finalmente lo videro da solo.
“Nonno potremmo parlarti in privato un attimo?”
“Certo ragazzi.”
Li condusse nella piccola biblioteca della casa. Dopo che si accomodarono sul divano e le poltrone il nonno chiese di cosa volessero parlare.
Fu Yohei a rispondere.
“Ecco… volevamo chiederti una cosa su un discorso dei genitori di Kayuri.”
“A che riguardo?”
“Ecco… i miei genitori hanno detto che fino a qualche tempo dicevi di sentire delle voci.”
L’espressione del nonno si rabbuiò.
“Mi dispiace se è una cosa che ti fa star male a parlarne, ma per me è davvero molto importante sapere cosa sentivi esattamente.”
Nonno Masahiro la guardò negli occhi. Poi decise di parlare.
“All’inizio non sapevo esattamente cosa sentivo o da dove provenissero le cose che sentivo. Una volta mi capitò in presenza dei vostri genitori. Chiesi se avessero sentito anche loro. Mi dissero di non sapere a cosa mi riferissi. Successe anche altre volte. Finché mi decisi a dire che ogni tanto sentivo delle voci. Il problema era che succedeva abbastanza spesso. Loro credettero che mi inventassi tutto o che stessi impazzendo. Infatti mi minacciarono di rinchiudermi in una casa di igiene mentale. Da allora smisi di dire che sentivo quel che sentivo. E capii.”
“Le voci che sentivi erano, in realtà, i pensieri degli altri?” Disse Kayuri.
“Esatto.”
“Anche adesso sei in grado di leggere nel pensiero?”
“Non ho mai smesso di farlo.”
“Ti è mai capitato di non riuscire a percepire il pensiero di una persona?”
“E’ quello che è successo a te?”
Kayuri sembrava stupita. Come del resto Yohei che stava ascoltando tutto senza intervenire.
“Come sai…?”
“Ho deciso di rispondere alla tua domanda dopo aver letto tra i tuoi pensieri. E ho scoperto che anche tu sei in grado di farlo. E che l’unico a saperlo è Yohei. Scusa se l’ho fatto senza chiedertelo.”
“Capisco. Non preoccuparti. In effetti è proprio ciò che mi è successo. Tu sapresti spiegarmi qual è il motivo? Non mi era mai capitato prima. E mi succede soltanto con una persona.”
“In questi anni ho elaborato una teoria in proposito. Devi sapere che è successo anche a me. Ed anche a me soltanto con una persona. Per la precisione con vostra nonna. Credo che il nostro potere funzioni su tutti eccetto che sulle persone di cui ci innamoriamo.”
Kayuri divenne rossa come un pomodoro.
“Ma come è possibile? Ho provato a leggere nella mente di Akira nemmeno un minuto dopo averlo conosciuto. E già da allora non ci sono riuscita.”
“A volte basta anche un secondo per innamorarsi. Magari anche un semplice sguardo.”
“Quindi secondo te sono innamorata di lui?”
“Lo ritieni tanto impossibile?”
“In effetti… No.”
Il nonno sorrise.
“Quindi tu, in tutti questi anni, non sei mai riuscito a leggere nel pensiero della nonna?”
“Non proprio. In certi casi ci sono riuscito.”
“In certi casi?”
“Sicuramente riuscirai anche tu a percepire i pensieri di Akira. A me è successo quando vostra nonna ha pensato qualcosa molto intensamente. Quando ha voluto qualcosa con tutta se stessa. La forza del suo pensiero era talmente forte da riuscire ad arrivare fino a me. In quei momenti ho sentito i nostri cuori uniti come mai.”
“Grazie per essere stato sincero con me.”
“Sarebbe stato inutile mentire. Avresti potuto tranquillamente scoprirlo da sola.”
“Il fatto è che mi sono imposta di non usare il mio potere sui parenti. Eccetto che su Yohei. Se scoprissi che pensano cose non molto belle su di me ci rimarrei molto male. E potrei compromettere l’equilibrio della mia famiglia.”
“Sei una ragazza saggia. E sono felice che abbia al tuo fianco una persona che ti vuole così bene.”
Yohei e Kayuri si scambiarono un’occhiata e si sorrisero.
“Ecco dove eravate! Venite è il momento di spegnere le candeline.” Disse la voce della madre di Yohei dopo aver aperto la porta della biblioteca.
“Arriviamo.” Disse il nonno.
“Cosa stavate facendo?”
“Nulla. Non posso fare due chiacchiere con i miei nipotini in pace?”
“Certo.”
Kayuri e Yohei li seguirono in salotto e lì ripresero a festeggiare.

Domenica pomeriggio.
Quel giorno c’era la partita di basket tra il liceo Ryonan e il liceo Shohoku.
Kayuri aveva promesso ad Akira di andarla a vedere.
La partita fu emozionante. Le due squadre si equivalevano. Ma alla fine il Ryonan riuscì a vincere.

Fuori dal palazzetto dello sport dopo la partita.
Yohei stava chiacchierando con Kayuri mentre aspettavano i giocatori.
I primi ad arrivare furono quelli dello Shohoku.
“Ehi, Yohei. Vedo che c’è anche la tua bella cuginetta. Ciao Kayuri.”
“Ciao Hana.”
In breve Kayuri fu presentata a tutti.
“Sono arrabbiato con te!” disse Hanamichi.
“Perché?” chiese Kayuri.
“Perché, invece di fare il tifo per il migliore amico di tuo cugino, hai fatto il tifo per il Ryonan.” Disse imbronciato.
“Ti ricordo che io frequento il Ryonan.”
“Sì, ma per una volta che vieni a vedermi giocare, potevi fare un’eccezione.”
“Ti sbagli. Non è venuta a vedere te, ma me.” disse una voce alle sue spalle.
“Porcospino e tu che c’entri?”
“E’ la verità. Non è vero Hisegawa?”
“E’ vero.”
“No. Kayuri non dirmi che questo porcospino è il tuo ragazzo!”
“E se fosse?”
Hanamichi ci pensò un po’ sopra. “Yohei non te la prendere.” Disse infine.
“Per cosa dovrei prendermela, scusa?” chiese confuso.
“In tutte le famiglie c’è un pecora nera. Nella tua è Kayuri.”
“Nella tua famiglia, allora, c’è una sola persona che vale quanto un intero gregge.” Rispose Kayuri.
“Che vuoi dire?”
“Sei tu il genio. Arrivaci.”
Si fissarono negli occhi. Poi, sorprendendo tutti, scoppiarono a ridere.
“Ma che gli prende?” domandò il numero 14 dello Shohoku.
“Tranquilli. Questi due fanno sempre così. Fanno finta di litigare e poi scoppiano a ridere come due imbecilli.”
“Ci sarai.” Dissero all’unisono Kayuri e Hanamichi.
Tutti risero.
“Vi unite a noi? Stavamo andando a bere qualcosa.” Propose il capitano dello Shohoku ad Akira e Kayuri.
“Grazie, ma abbiamo un impegno. Sarà per la prossima volta.”
“Come volete.”
Dopodiché si divisero.
“Scusa, ma quale sarebbe questo impegno?” domandò Kayuri quando rimasero soli.
“Il fatto è che avevo voglia di stare a chiacchierare tranquillamente da solo con te. Ti da fastidio?”
“No.” Rispose sinceramente.
“Dove vuoi andare?”
“Che ne dici di fare un giro sulla spiaggia?”
“Ottima idea.”
Mentre si dirigevano alla spiaggia parlarono tranquillamente.
Seguirono per alcuni minuti il bagnasciuga. Poi decisero di sedersi sulla sabbia.
“Posso farti una domanda?” gli domandò Kayuri.
“Chiedi pure.”
“Perché oggi mi sembri triste?”
Akira si stupì. Aveva cercato di comportarsi normalmente tutto il giorno, eppure lei aveva capito che c’era qualcosa che non andava.
“Come te ne sei accorta?”
“L’ho capito guardandoti giocare. Di solito sei molto energico quando giochi e mi trasmetti tante emozioni. Ma oggi tra queste emozioni ho sentito anche della tristezza e sembrava giocassi con rabbia.”
Dopo un attimo di silenzio si decise a parlare. “Oggi è l’anniversario di quando mia madre se n’è andata da casa. Dall’ultima volta che l’ho vista.”
“Mi dispiace.”
“Sai dovresti fare la psicologa. Riesci a capire così bene gli stati d’animo delle persone…” Disse cambiando argomento.
“A me non interessa capire gli stati d’animo delle persone, a me interessa capire i tuoi di stati d’animo.” Disse in un sussurro che però raggiunse perfettamente le orecchie di Akira.
Lui si voltò verso di lei. Che abbassò lo sguardo imbarazzata.
Akira le poggiò due dita sotto il mento e glielo sollevò obbligandola a guardarlo negli occhi.
Si fissarono per alcuni istanti.
“Ho sempre pensato che il basket fosse tutta la mia vita. Ma mi sto rendendo conto che anche tu hai iniziato ad avere una parte fondamentale in essa.”
Kayuri si sentiva al settimo cielo.
Akira avrebbe voluto baciarla. Ma pensava fosse ancora presto. Perciò alzò il viso di lei e le diede un bacio sulla fronte.
Lei lo abbracciò e anche lui lo fece. Rimasero così a lungo. In silenzio. Godendo l’uno della presenza dell’altro. Finché Akira non interruppe quel silenzio.
“Hisegawa?”
“Sì?”
“Posso chiamarti Kayuri?”
“Solo se io posso chiamarti Akira.”
“Mi piace come suona detto dalle tue labbra. Sembra una musica.”
“La più bella che conosca.”
Quando arrivò l’ora di tornare a casa, Akira la accompagnò. Mentre camminavano si tenevano mano nella mano. Fuori dalla porta della casa di Kayuri si baciarono sulle guance. Poi lei entrò.

Il giorno dopo a scuola.
Durante la ricreazione, Akira andò nella classe di Kayuri e la raggiunse al suo banco. Lei era concentrata su un esercizio di matematica che non voleva saperne di uscire e non si accorse della sua presenza. Lui ne approfittò e le poggiò un bacio sui capelli.
“Ciao Kayuri.” Disse tranquillo.
“Ciao Akira.” Disse lei che tranquilla non lo era per niente, sia per il bacio di Akira sia per gli sguardi delle altre ragazze e anche di buona parte dei ragazzi della classe. Erano tutti stupiti e si stavano chiedendo cosa fosse successo tra i due.
“Vieni a fare due passi in terrazza?” domandò Akira.
“Certo.” Disse Kayuri alzandosi e lasciandosi dietro le spalle le domande non espresse dei compagni di classe.
“Ieri sono stato molto bene con te, Kayuri.” Le disse quando arrivarono.
“Anche io sono stata bene.”
“Mi chiedevo se domenica volessi…”
“Ehi Akira! Che ci fai qui? Oh! Vedo che sei in compagnia di una bella ragazza. Disturbo forse?” chiese un ragazzo piombando in terrazzo.
“Tu che dici?” fu la risposta di Akira.
“Su dai non prendertela, amico. Piuttosto perché non ci presenti?”
“Kayuri questo scocciatore è Hiroaki Koshino. Hiro lei è Kayuri Hisegawa.”
“Piacere.” Disse educatamente Kayuri.
“Ti assicuro che il piacere è tutto mio.”
‘Ma chi è questo pazzo?’ si domandò la ragazza.

FINE 1° CAPITOLO

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Ciao.

 
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