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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Libri e Film (da libri)
Dalla Serie: Harry Potter
Titolo Fanfic: IL VELO
Genere: Sentimentale, Soprannaturale, Introspettivo
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: artemisia89 galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 11/09/2006 17:39:49

claire, dopo la notte passata con tom, deve fare i conti con un brutto presagio...
 
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IL VELO
- Capitolo 1° -

I personaggi qui citati appartengono naturalmente alla venerabile Kysa che ha deciso di graziarci e continuare a scrivere un seguito della Trilogia.
Questa shot è ambientata nella mattina immediatamente successiva alla notte di amore che Claire e Tom passano insieme.
Mi sono ripetuta infinite volte che avrei potuto fare molto meglio, ma questa volta ho deciso di mantenermi strettamente fedele a tutte le sensazioni e emozioni che ho provato dopo aver letto il capitolo 58 de I figli della Speranza.

A volte vorresti che le storie andassero diversamente, ma non c'è nessuno modo di cambiarle.

Artemisia








Il velo fluttuava.
Mosso da un vento invisibile, nel buio delle stanze, nella luce dei giardini, nel freddo dell’aria del cielo terso.
Il velo fluttuava e si muoveva.
La raggiungeva con le sue ali quasi impalpabili.
Rosso, sembrava danzare tra le mani di lei, seduta, nel silenzio più profondo, con la mente rivolta a passi che si allontanavano dietro una porta di legno scuro, dietro muri antichi, oltre ogni tempo, oltre ogni luogo.
Erano passi che si allontanavano sopra ogni altra cosa/
da lei, dal mondo, dalla vita.
/ed era un velo rosso.

Sottile e trasparente che sembrava acqua che fuggiva furtiva tra esili dita di donna forte.

Lei socchiuse appena gli occhi, lunghe le ciglia lasciavano cadere le loro ombre sottili sulla pelle di porcellana di lei, la bocca schiusa, reduce ancora dall’enormità del desiderio appagato in quella folle notte che le era sembrata lunga come una vita, ma breve come un sottile spiraglio.

I raggi del sole tentavano disperatamente di raggiungerla, di riscaldarla, con il loro colore di miele dorato, di ambra antica, di soffice amore.
Ma lei, non aveva bisogno di luce, né di amore, ne era ricolma oltre ogni limite, quasi le sembrava di implodere, sentiva l’esigenza di trasformare il proprio corpo nel giusto contenitore di tali sentimenti.

Il velo rosso era aria tra le sue mani, lo faceva danzare sinuosamente, ripiegandolo su se stesso, sciogliendolo e intanto il tempo passava, inesorabile, prendendo consistenza per poi, come il velo, sfuggire ad ogni senso e ad ogni ragione.

Appoggiata sulla spalliera del letto, i capelli pari ad una cascata di luce, gli occhi scuri e cupi sotto le palpebre dalle ciglia dorate sembravano riflettere il turbinio impazzito della sua anima.

Il ticchettio dell’orologio era il ritmo di passi che si allontanavano da lei e non erano veloci, ma lenti, così lenti da esasperarla, da dilaniarla, ogni piede si poggiava su un invisibile terreno con fragore di tuono che la scuoteva fin dentro l’anima, lasciando il grigiore della cecità dietro di esso.

Lasciò volare in aria il velo rosso e ricadde indietro su quelle lenzuola che avevano raccolto così intensamente l’algido profumo di lui.

Era felice.
Si che lo era, come non mai.
Era così felice che ogni cosa le sembrava rivivere sotto i suoi occhi, in quel letto dove lei era stata sua per la prima vera volta.

Candide le lenzuola, candido e freddo il ricordo di lui sopra di lei, mentre il rito del loro amore si consuma in quella musica di silenzioso passato.
Eppure perché si sente così vuota?
Perché si sente così sola, così abbandonata e ingannata?
Perché proprio adesso che finalmente ha sentito di possedere quel ragazzo ormai uomo, appare quel velo – rosso, rosso come sangue versato su bianche lenzuola – che lei non riesce ad afferrare appieno, che appena è tra le sue mani sfugge in un baleno? Perché c’è quel velo a coprirle gli occhi, a confonderle la visione di un futuro felice, a non permetterle di scorgere chiaramente?
E perché il rumore dei suoi passi pian piano scema, finché lei non lo ode più, finché non lo dimentica, finché non chiude gli occhi e mormora addio?

Per un brevissimo attimo lei crede di sognare. E perché non dovrebbe?
La vista è ancora appannata, il silenzio dentro cui è immersa la camera sembra il muto silenzio che avvolge i sogni, la luce del giorno non la raggiunge e in lei c’è solo il rumore dei suoi passi che si allontanano.
Perché mai non dovrebbe essere un sogno la sua angoscia?
Perché non potrebbe essere un incubo il futuro divinato da quei lenti e rumorosi rintocchi?
Quell’immagine di lei, su una piccola altura, in un giorno di sole, mentre osserva quei piedi che si allontanano da lei per sempre, oltre campi di nere margherite.

Forse un giorno, lei non ricorderà mai più le sensazioni provate quella mattina fredda, dopo la notte in cui si è donata per la prima vera volta all’Amore, ma sicuramente ci sarà quel velo rosso, che beffardo, continua a volteggiare per la camera, quasi ammonendola per non avergli dato ascolto.

Si domanda spesso cosa significhi tutta quella paura che ha continuato a provare anche in quei brevi attimi di lucidità che riusciva a mantenere mentre Tom le baciava il collo, mentre passava le sue mani lisce sulle gambe e la sua bocca chiedeva ancora, invocava, esigeva lei in tutte le sue forme, con tutte le sue forze.

Angelica Claire King, non riesce a frenare quel presagio triste che la invade.
Ha paura di ignorarlo, ma alla fine lo fa perché non ha altra scelta, perché il bisogno di felicità non riesce a contenerlo.
Vuole solo godere ancora di quel piacere che le è rimasto addosso, per gli anni avvenire.

Si alza, apre la finestra, il freddo entra.
Si volta, il velo prende fuoco. Fiore che incendia nell’aria, falena che brucia per la troppa luce invocata.
Il velo rosso diventa cenere che la camera rigetta, che il vento porta via con se, che lo nasconde alla vista di colei che lo ha generato e ucciso.
La finestra si richiude con un suono secco, come se fosse il colpo di un portone che si chiude per sempre.

Claire da le spalle a tutto quanto e poi piange la sua angoscia, fino a credere di essersene liberata, poi abbandona quel luogo di cupi presagi e chiude la porta dietro di se, andando all’infinita ricerca di quei passi.



Fine


 
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