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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: InuYasha
Titolo Fanfic: ANCHE I DEMONI PIÙ CRUDELI SANNO AMARE
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: alejandralvarez galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 09/09/2006 13:04:45

provo con una one-shot su inu... c`è 1 nuovo pers, spero vi piaccia
 
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CAPITOLO UNICO
- Capitolo 1° -

Salve! questa è vecchia, e volevo vedere se vi piace come scrivo le sesshoXnuovo pers...
Commentate in tanti e non abbiate paura di dirmi se ho sbagliato qualcosa!!!
Ciao
Alejandra


Anche i demoni più freddi sanno avere un cuore


Era una bella giornata e Jaken, assieme al suo padrone Sesshomaru, stava cercando disperatamente Rin.
Il suo pensiero fisso era sempre lo stesso: “Se non trovo in fretta quella disgraziata, il signor Sesshomaru mi fa fuori…”.

Rin, intanto, era in una pianura non molto lontana e si stava avvicinando ad una ragazza che giaceva nell’erba. I suoi lunghi capelli rossi erano sparsi intorno e il suo respiro era molto lento.
La ragazzina prese coraggio e si avvicinò di più alla ragazza. “Bella signora… come state?” chiese timidamente.
L’altra aprì gli occhi e fissò con un sorriso sulla faccia Rin.
“Hai qualcosa per me?… non mangio da tanto tempo…” mormorò a fatica. Rin estrasse dalla sacca un po’ di pane e glielo tese. La ragazza dai capelli rossi mangiò con avidità la fetta di pane, poi accarezzò i capelli corvini della bambina.
“Sei molto gentile…” sussurrò. “Senti… perché non mi hai picchiato, come hanno fatto tutti gli altri umani?” chiese. Rin la fissò con aria interrogativa, poi arrossì.
“Io girovago con il demone più potente che conosca, ecco perché non ho avuto paura! E poi hai un bell’aspetto! Ferite a parte… a proposito, come ti chiami? Io sono Rin” rispose la ragazzina. La ragazza rise con gusto.
“Io mi chiamo Rajin, e faccio parte del clan dei Cani. Dammi pure della girovaga; ho abbandonato la mia casa molto tempo fa…” spiegò Rajin.
Non riuscì a completare il discorso che apparve un demone-orso. Rin urlò e si rintanò tra le braccia della demonessa, mentre quest’ultima fissava con preoccupazione l’avversario. “Sono troppo debole per affrontarlo…” pensò Rajin “Ma questa ragazzina… mi sta troppo a cuore…”. Si alzò con fatica e rivolse lo sguardo al demone.
Subito un turbinio di fiamme l’avvolse, e poco dopo apparve un maestoso lupo dalla rossa pelliccia. Sulla sua fronte si stagliava sovrano un Sole nero e sulle sue zampe ardeva in continuazione un fuoco. Ringhiò minacciosa all’orso e gli si avventò contro, schivando con agilità i suoi colpi.
In quello stesso momento apparve Sesshomaru, che guardava esterrefatto la scena. In una frazione di secondo il demone-orso cadde, trafitto alla gola. Poco dopo il secondo demone ritornò alla sua forma umana.
Subito Sesshomaru venne travolto dai ricordi.

<<C’era lui da piccolo che passeggiava solitario per i giardini del castello dove abitava con la madre, quando apparve un demone-serpente, che portò lo scompiglio e il panico. Quest’ultimo scaraventò Sesshomaru per terra con la sua possente coda e s’apprestò ad ucciderlo, quando un turbinio rosso attirò la sua attenzione. Una ragazza stava danzando soave ed elegante nel suo vestito bianco, mentre sventolava un nastro di seta rossa attorno a lei. Il demone-serpente cominciò a vacillare, poi scosse la testa e si fermò a guardare meglio la ragazza. Presto venne incantato dalla sua misteriosa danza e iniziò a seguirne i movimenti. I presenti guardavano estasiati quella ragazza così bella, che aveva così tanto coraggio da affrontare un demone più grosso di lei. Sesshomaru rimase incantato dalla sua bellezza; forse l’unica volta nella sua vita. Alla fine la ragazza si fermò, ma il demone continuava a muoversi, seguendo quel ritmo ipnotico. Lei lanciò via il nastro e un turbine di fuoco l’avvolse. Riapparve sotto forma demoniaca, e con velocità e agilità impressionante, attaccò con il suo colpo speciale, l’Enryukanten. Il serpente scomparve in una frazione di secondo.
Dopo tutti i ringraziamenti la misteriosa ragazza scomparve, ma Sesshomaru non si perse d’animo: voleva incontrarla, anche se ciò era contro la sua etica. Riuscì a trovarla in una angolo nascosto del giardino, mentre passeggiava tranquilla tra gli alberi di pesco. “Posso sapere il nome di colei che mi ha salvato?” chiese con freddezza il demone.
“Il mio nome è Rajin” rispose tranquillamente lei. I suoi lunghi capelli rossi ondeggiavano nel vento, così come quelli azzurrini di Sesshomaru, scompigliandosi. Il silenzio regnava sovrano.
“Vi serve altro, mio signore?” domandò nervosa Rajin. Sesshomaru le si avvicinò con passo deciso e le porse la mano. “Feriscimi il braccio. È un ordine” disse con fermezza.
La ragazza ubbidì e con le sue unghie affilate fece un taglio profondo sul braccio sinistro; poi gli porse il suo.
Il ragazzo obbedì. Poi scambiò un’occhiata a Rajin e se ne andò.
“Questo sarà come un segno di riconoscimento. Spero di incontrarti di nuovo, un giorno” disse poi.
“Contateci, mio signore” rispose.>>

Il demone sentì un cerchio alla testa, che fortunatamente passò in un soffio. “Rajin…” mormorò. Lei lo guardò con un sorriso sulle labbra.
“Ne è passato di tempo, mio signore e onorevole Sesshomaru…” rispose, inchinandosi. Jaken guardò con stupore il suo padrone. “Per caso la conoscete, padron Sesshomaru?” chiese con la sua voce rauca. Non ottenne risposta. Lui era già vicino a Rajin.
“Vedete, ho mantenuto la nostra promessa…” sussurrò lei, poi svenne tra le braccia robuste del demone.

Rajin si svegliò molto tempo dopo. Davanti a lei c’era Rin sorridente, con Ha-Hun che pascolava poco più in là. Sesshomaru e Jaken non c’erano. “Dove siamo, Rin?” chiese, mentre si metteva seduta. “Non lo so neanche io… e il signor Sesshomaru mi ha detto che devi rimanere qui con me fino a quando non torna. Aveva un conto in sospeso con dei demoni, a quanto ho sentito…” rispose con tono deluso la ragazzina. Rajin si stiracchiò e s’alzò. “Beh, Sesshomaru avrà detto di rimanere qui, ma non vedo perché non ci possiamo divertire!” esclamò contenta. Si voltò verso ovest e lanciò un fischio. “Chi chiami?” chiese curiosa Rin, avvicinandosi titubante alla demonessa. Subito dopo apparve uno stupendo cavallo nero. Aveva il fuoco sulla criniera e sugli zoccoli, gli occhi rossi e la corporatura robusta.
“Bello! È come Ha-Hun? La tua cavalcatura?” domandò Rin. Rajin si voltò verso la ragazzina e la prese in braccio, poi la mise in groppa al cavallo. “Lui si chiama Tempesta. È un demone-cavallo che ho salvato tempo fa da dei demoni che lo stavano torturando… … senti, ti va di fare un giro su di lui? Non credo che sia la stessa cosa su Ha-Hun!” spiegò Rajin. Rin si sentì felice e sorrise, facendo di sì con la testa. La demonessa sussurrò qualcosa nell’orecchio di Tempesta, mentre Ha-Hun sbuffava con molta disapprovazione, e subito il demone-cavallo partì al galoppo. Quel pomeriggio Rin si divertì come non mai.
“Oggi è stato fantastico! Non pensavo che Tempesta potesse andare così veloce!” esclamò quella sera.
“E non hai ancora visto niente…” aggiunse ridendo Rajin.
“Rajin, come mai conosci il signor Sesshomaru?” chiese ad un tratto Rin. Lei arrossì leggermente. “Non credi che sia l’ora di andare a dormire? È molto tardi…” rispose.
Rin sbuffò. “Uffa! Io voglio restare ancora sveglia! Voglio sentire perché conosci il signor Sesshomaru!” esclamò.
“Allora io vado a dire a Sesshomaru che non vuoi dormire. Sono capacissima di farlo, hai visto…” rispose con aria sfottente.
“No, no! Vado a dormire subito!” esclamò rossa in viso.

La notte era stellata, e Rajin stava sdraiata sull’erba. Ha-Hun e Rin dormivano profondamente, mentre Tempesta era andato via.
“È passato tanto tempo da quando ci siamo visti l’ultima volta… eravamo giovani e inesperti… il nostro futuro era molto incerto…” sussurrò. Le parole si dispersero nel vento. “Vedremo…”.

La mattina seguente le ragazze fecero un bagno nel fiume lì vicino e una bella colazione abbondante. Rajin annusò l’aria e chiuse gli occhi, mentre le orecchie appuntite si muovevano velocemente a scatti. “Che c’è?” chiese Rin. “Sesshomaru si sta avvicinando. Sento il suo profumo…” rispose felice. La ragazzina sorrise. Rajin le sorrise in risposta, poi si andò a sedere su di una roccia vicino a Ha-Hun.

Pochi minuti dopo apparve Sesshomaru, seguito da Jaken. “Forza; Rin, Rajin, andiamo” disse. “Arriviamo subito!” risposero le due.
Rajin si lasciò un po’ in disparte e cantò a bassa voce, guardando il bellissimo demone:

“Per i boschi va,
Per i monti va
Quando dormi è là
Quando sogni è là
Sesshomaru viaggia sempre; dove mai sarà?
Quando Rajin si sente sola, lei lo aspetterà
Sesshomaru le vuol bene; da lei tornerà…”


Stavano camminando da qualche ora; Jaken primo, seguito da Rin (che dormiva) in groppa a Ha-Hun, e infine Sesshomaru e Rajin. Il demone camminava fianco a fianco alla sua compagna, guardandola di tanto in tanto. “Senti… posso vedere il tuo braccio sinistro?” chiese ad un tratto. La demonessa non si scompose affatto.
“Diffidente come sempre, vero?” disse, mentre gli mostrava il taglio. Sesshomaru ci passò sopra un unghia, poi rimise a posto la manica del vestito.
“Sei proprio Rajin…” mormorò.
Intanto Jaken guardava con sospetto il proprio padrone. “Non è da lui comportarsi così gentilmente… quella lì deve avergli fatto qualcosa…” pensò allarmato.

La compagnia arrivò nei pressi di un villaggio. Un brontolio spezzò il silenzio. Rin si svegliò di soprassalto, coprendosi la pancia e arrossendo dalla vergogna. “Scusatemi… ma ho fame…” mormorò.
Rajin rise. “Non c’è problema. Vado al villaggio e ti prendo qualcosa” disse con voce calma. Sesshomaru la fulminò con lo sguardo. “Perché devi andare a fare la carità dagli umani? Lo sai che padron Sesshomaru non li sopporta!” esclamò Jaken.
Stavolta fu lui ad essere fulminato dal demone. Rin aveva gli occhi umidi, che vennero asciugati dalla demonessa. “Dai, vieni. Strada facendo ti spiego tutto. E non piangere…” sussurrò alla bambina, prendendola in braccio.

“Il signor Sesshomaru non mi vuole più bene!” frignava disperata Rin. Rajin la poggiò per terra e la fissò dritta negli occhi.
“Sesshomaru ti vuole bene; io credo che ti consideri come una figlia. Non è colpa sua. Devi solo abituarti all’idea che Jaken ha un po’ la lingua lunga…” disse, cercando di calmarla.
“Che significa avere la lingua lunga?” chiese Rin.
“Diciamo che Jaken ha detto la prima cosa che gli è venuta in mente e l’ha detta senza pensarci…” spiegò. Rin si sentì un po’ meglio.
Fissò la demonessa nei suoi occhi azzurro-oceano e ripensò al passato. Avvicinandosi timidamente a lei, le chiese: “Senti Rajin… puoi far finta di… e… ess… essere m… mia madre, quando il signor Sesshomaru non c’è?” chiese timidamente.
La demonessa arrossì fortemente, abbracciando di scatto la bambina. Una lacrima rigò il suo volto demoniaco. “Certo Rin, sarò tua madre quando lo desidererai… però, una cosa…” rispose. “Quale?”
“Non cadere in tentazione di chiamare Sesshomaru papà, va bene?”. Rin sorrise. “Si! Ora andiamo, il mio stomaco reclama cibo!”

Nel villaggio regnava un’aria di festa. Tutti girovagavano nelle strade; i mercanti erano intenti a vendere la loro merce; i bambini correvano spensierati, rincorrendosi felici. Rajin e Rin passeggiavano tranquille, cercando di trovare qualcosa da mangiare. Ma la spensieratezza del villaggio finì presto. Un demone-volpe apparve, gettando lo scompiglio generale. Subito le due si persero di vista. A nulla valsero i richiami di Rajin; la bambina era persa nella folla.
C’era una cosa da fare: affrontare il demone.
Passando sopra i tetti, arrivò praticamente faccia a faccia con l’avversario. “Ehi, non ti hanno insegnato che ci si presenta cordialmente?!” disse con aria beffarda. La volpe si girò verso di lei nel momento stesso in cui estraeva da dietro la schiena una spada. Rajin spiccò un balzo altissimo e lanciò un fendente diretto alla fronte dell’avversario.

Nello stesso momento Sesshomaru era in sella a Ha-Hun, e stava vedendo tutta la scena.

“Taglio di fuoco!” urlò la demonessa, mentre una vasta lingua di fuoco travolgeva il demone-volpe. Non rimase più nulla di lui.
La demonessa fissò la spada: larga e lunga; l’impugnatura nera che pareva piegarsi al peso della lama si trasformò in una vecchia spada arrugginita, uguale alle altre. Tensaiga, la spada che aveva ricevuto in eredità dal padre mai conosciuto.
Rinfoderò la spada e si mise a cercare con lo sguardo Rin. Fortuna che la trovò subito.
“Rin! Mi hai fatto prendere un colpo! Non devi mai più lasciare la mia mano, capito?” la rimproverò Rajin. Rin sorrise, poi l’abbracciò forte.
“Non lo farò mai più, te lo prometto…” si scusò la ragazzina.
Fecero per andarsene, ma vennero bloccate dalla folla e da alcuni abitanti del villaggio. “Quel demone-volpe ci stava tormentando da tanto tempo. Vi ringrazio moltissimo per averci liberato da quel flagello. Ecco, prendete questo cesto di frutta in segno di gratitudine…” disse il capo-villaggio. Rajin prese la cesta e s’inchinò con eleganza. “Vi ringrazio moltissimo. Comunque, non ho fatto chissà che impresa…” disse. Salutarono la gente e ritornarono da Sesshomaru.

Appena le vide, Sesshomaru scese da Ha-Hun. “Jaken, rimani qui con Rin a controllarla. Io e Rajin dobbiamo parlare da soli” ordinò al suo servo. Jaken voleva chiedere il perché di quel gesto, ma vista la sua faccia preferì non farlo.

I due demoni si trovarono faccia a faccia. “Dimmi Rajin; chi ti ha dato quella spada che hai usato contro quel demone-volpe?” chiese Sesshomaru. La ragazza indietreggiò di un passo, poi estrasse Tensaiga.
“Questa spada, Tensaiga, l’ho ricevuta in eredità da mio padre. Proprio come la vostra Tenseiga e la Tessaiga di vostro fratello minore” spiegò “Un giorno essa si spezzò, e decisi di andare da Totosai, il miglior fabbro di spade. Egli mi spiegò che tempo addietro, mentre stava forgiando le vostre spade, ne saltò fuori una che vostro padre non gli aveva fatto commissionare. Era comunque una bella spada, e Totosai decise di tenerla fino a quando non fosse arrivato il vero padrone. Così venne mio padre, che prese la spada per sé. Infine la ricevetti in eredità cinque anni fa”. Il demone prese in mano Tensaiga, e fu stupito di non essere colpito da nessuna barriera. Provò alcuni fendenti, poi la guardò meglio. Era praticamente uguale a Tenseiga, solo che l’impugnatura era tutta nera.
La rimise nelle mani di Rajin e la guardò nei suoi occhi color oceano. “È un’ottima spada. Vuoi provarla contro la mia Tokijin?” chiese, sfoderando la seconda spada. La demonessa arrossì leggermente. Si spostò di un balzo e Tensaiga si trasformò nella spada di prima.
“Voglio proprio vedere se sei migliorato… l’ultima volta che ti ho visto con una spada in mano, facevi veramente pena!” esclamò, facendo roteare la spada.
E lo scontro ebbe inizio.
Tokijin e Tensaiga si scontravano, emanando scintille che si disperdevano nell’aria. Jaken e Rin, che intanto divoravano la frutta con avidità, si stavano chiedendo cosa stessero combinando quei due (troppa fame per andare a vedere… n.d.a.).
Con stupore Sesshomaru finì per terra, con Tokijin a un palmo dalla sua mano.
Sesshomaru rise di gusto.
“Devo dire che siamo rimasti sullo stesso livello, vero Rajin?” disse ridendo.
“Già! Resto sempre io quella che vince con la spada!” rispose con aria sfottente, accuciandosi accanto al demone.
Ora i loro volti erano vicinissimi. I loro occhi si persero gli uni negli altri, mentre si avvicinavano sempre più. Erano molto vicini nel baciarsi quando una voce a loro (purtroppo) familiare li interruppe.
Jaken era venuto a vedere cosa fosse successo…
“Padron Sesshomaru! Ho visto dei lampi provenire da qui!” gridò spaventato. Sesshomaru lo fissò con odio, rialzandosi da terra e allontanandosi dalla demonessa.
“Stavo combattendo contro Rajin, tutto qui. Ormai dovresti sapere che Tokijin lancia lampi quando si scontra con un’altra spada” disse severo.
Jaken s’inchinò in segno di scuse. “Perdonatemi, mio signore Sesshomaru…” gracchiò con la sua voce rauca.
“Per questa volta sei perdonato…” mormorò a bassa voce “Ma la prossima volta non sarai così tanto fortunato…”.

Quella notte Sesshomaru non riusciva a dormire. Era perseguitato dai ricordi.
“Che mi prende?” pensò “Perché mi sono avvicinato così tanto a Rajin? … … no; non la volevo... baciare… ciò andrebbe oltre le mie idee. L’amore è un sentimento inutile; lo lascio a quell’inetto di Inuyasha… … però, quando ci siamo guardati negli occhi, ho come sentito un sussulto… -si toccò il cuore, guardando le stelle- …si…credo proprio che mi sono innamorato di Rajin…”.
Il demone non sapeva proprio come comportarsi. Ad un punto sentì il tocco leggero di una mano passare sulle sue spalle e accarezzargliele. La demonessa passò una mano sul petto del demone e lo fissò negli occhi. Sesshomaru le prese la mano e l’invitò a sedersi accanto a lui. “Anche tu non riesci a dormire, vero?” disse Rajin. In quel momento vestiva un kimono festivo di seta rossa, ricordo dei suoi innumerevoli viaggi; tra i capelli rosso fuoco portava un fiore di pesco.
“Già…” rispose distratto. Era troppo impegnato a contemplare la bellezza del suo sorriso.
In quello stesso momento delle lucciole cominciarono a danzare nell’aria vicino ai due.
“Tutto come allora, non ti ricordi?…” mormorò Rajin con aria sognante.
Sesshomaru non disse niente; era già in piedi che le tendeva la mano per rialzarsi. “L’unica volta in cui il mio cuore voleva unicamente te…” sussurrò in risposta.
“Peccato che manchino gli alberi di pesco. Solo così sarebbe perfetto…”. La demonessa s’avvicinò con passo calmo agli alberi attorno a loro, e dopo aver sussurrato qualcosa in una lingua sconosciuta, poggiò con delicatezza le dita sul tronco. Subito tutti gli alberi risplendettero di luce loro, aprendo i boccioli alla luce della luna.
Rajin si voltò verso il compagno, e lo vide arrossire come quando erano giovani. “Proprio come allora… e la tua bellezza non è scomparsa col tempo…” disse Sesshomaru. I due, in una brezza notturna che profumava di fiori di pesco, vennero presi dai ricordi.

<<Un giardino in fiore, in piena notte, alla luce della luna. Due giovani demoni, ancora inesperti di ciò che gli poteva accadere in futuro, in quel momento solo innamorati.
“Con la luna sei sempre più bella” disse il ragazzo.
Lei arrossì. “Mio signore…” cominciò, ma venne subito interrotta.
“Per questa notte chiamami con il mio nome… solo per questa ultima notte che passeremo assieme…” sussurrò nel suo orecchio, triste.
“Partite?” chiese mogia la ragazza.
“Si… e non so se ritornerò di nuovo…” rispose Sesshomaru. La demonessa appoggiò la testa là dove stava il cuore del ragazzo. “Il tuo cuore sta battendo fortissimo…” sussurrò.
“Lo penso anch’io…” rispose, portandosi le labbra della ragazza alle sue. Un attimo d’incertezza. Si allontanarono. “Non credo che siamo ancora pronti per ciò…” mormorò la ragazza.
Un senso d’irrequietezza avvolse entrambi. “Devo andare…” disse lui frettoloso. Non amava gli addii, questo era certo.
“Cerca di non dimenticarti di me, Sesshomaru…” mormorò con le lacrime agli occhi. Sesshomaru le asciugò con la manica del suo vestito.
“Non voglio vederti piangere, mia dolce Rajin…” sussurrò.
Un’ultima parola si disperse nel vento.
“Addio Sesshomaru”>>

Una seconda brezza li riportò alla realtà. Il silenzio venne rotto da Rajin.
“Partisti per la guerra, e ciò ti piacque così tanto da decidere di combattere a fianco di tuo padre, fino a quando non diventasti tu il generale del Clan dei Cani… e mi dimenticasti per sempre…”. Sesshomaru la guardò.
“Solo ora comprendo che ho fatto il mio più grosso sbaglio della mia vita… … … Rajin; vuoi…” Sesshomaru non finì la frase perché la demonessa gli posò dolcemente un dito sulle bianche labbra. “Credo che ora sia solo il caso di finire una cosa che abbiamo lasciato indietro…”
Il demone, in un impeto di passione, forse il primo in tutta la sua vita, strinse a sé Rajin e la baciò con forza sulle pallide labbra. Ad entrambi tornarono in mente tutta la loro infanzia; di tutte quelle ore passate assieme.
Il bacio durò un’eternità. Quando i loro occhi s’incontrarono, il rossore si tingeva di nuovo sulle loro guance.
“… … … è stato bellissimo… credi che ci sia una parola per descrivere ciò?” sussurrò Rajin.
“Si… amore. Un sentimento che io credevo fosse inutile, fino a quando non ti ho rivista” rispose.
Un secondo bacio, improvviso.

Tre parole piene d’amore che si perdono nel vento.
“Ti amo, Rajin…”
Una risposta certa, ma attesa.
“Anche io, Sesshomaru…”

Le lucciole danzavano attorno a loro, mentre le stelle risplendevano e la luna dominava sovrana sul paesaggio.

 
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