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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Ruroni Kenshin (Kenshin, Samurai Vagabondo)
CrossOver: One piece
Titolo Fanfic: SHINKENSHOUBU - IL DUELLO
Genere: Azione
Rating: Per Tutte le età
Avviso: CrossOver
Autore: suzuharatoji galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 25/07/2006 01:15:36

cosa ci fa roronoa zoro nel giappone meiji? ma per sfidare kenshin, naturalmente! la mia fic d`esordio, ispirata dal gioco ``jump superstars``.
 
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PROLOGO
- Capitolo 1° -

(versione riveduta e corretta)





Tokyo, anno dodicesimo dell'era Meiji(1880), quarto mese.

Era una bella giornata di primavera nella capitale del nuovo Giappone imperiale. Dopo le terribili stragi degli anni precedenti,

culminate con la guerra di Seinan, causata dalla rivolta degli stessi samurai che avevano promosso la destituzione dello shogunato, gli Ishin-Shishi di Satsuma, e alcune cospirazioni ai danni dello Stato, sventate "in silenzio" dalle forze di polizia coadiuvate da un ex-hitokiri di nostra conoscenza, le cose stavano lentamente tornando alla normalità nell'impero del Sol Levante e, sebbene vi fossero ancora moltissimi problemi da risolvere, si poteva dire che ormai la pace era in un certo senso tornata.

Himura Kenshin si era perfettamente adattato alla nuova epoca: era trascorso lungo tempo dalla sua ultima, grande battaglia contro il passato, incarnatosi nella figura di Yukishiro Enishi, deciso nella sua follia a vendicare la tragica morte dell'adorata sorella,

ed era riuscito a scacciare gli spettri che tormentavano la sua anima da dieci anni, trovando il sostegno di persone che lo riconoscevano per quello che era, non per quello che era stato;

l'irruento Sanosuke, che tempo prima aveva lasciato il Giappone verso lidi stranieri nei quali attaccar briga, e ormai mancava da molto tempo; la volpina Megumi, che svolgeva con maestria la professione di medico nella nativa Aizu, espiando le sue colpe da raffinatrice di oppio; Misao, Aoshi e gli altri Oniwabanshu, che avevano dismesso i panni degli Onmitsu e gestivano la nuova Aoiya in quel di Kyoto; e poi l'ingenua Tae e la piccola Tsubame dell'Akabeko, e Yahiko, che con passione continuava ad allenarsi e a vivere per far vivere la gente, come la scuola Kamiya Kasshin insegna; e soprattutto lei, la donna della sua vita, vita consacrata alla sua protezione, per la quale avrebbe fatto di tutto pur di non farla soffrire: Kamiya Kaoru, che per lui provava un sentimento profondo e indiscusso, e che gli aveva dato un figlio, il piccolo Kenji. Kaoru, pur dovendo adempiere ai suoi impegni di madre, riusciva comunque a gestire con successo il dojo di famiglia, che in quel tempo stava conoscendo un periodo di grande espansione: infatti ora era piena di allievi zelanti e determinati,

che saggiamente mettevano in pratica gli insegnamenti della maestra e del suo giovanissimo assistente, Yahiko; perciò casa Himura non era mai vuota, e Kenshin non percepiva più quella solitudine che lo assillava nei burrascosi anni del Bakumatsu, quando nessuno provava per lui sentimenti che non fossero paura o reverenziale rispetto per le sue mortali tecniche omicide, ormai dal nostro accantonate, ora che voleva difendere in altro modo la gente nella nuova epoca; si sentiva al contrario un uomo sereno, poiché non aveva più nulla da chiedere dalla vita, ma ora doveva ricambiare il debito contratto con essa vivendo una vita qualunque, che mai aveva avuto.

Quel giorno Kenshin si apprestava a compiere le sue consuete occupazioni domestiche: fare il bucato, la spesa, cucinare, spaccare la legna per il fuoco (infatti, anche se era ormai primavera inoltrata, faceva ancora piuttosto freddo), accudire il piccolo Kenji mentre Kaoru-dono teneva le sue lezioni. Dopo aver steso il bucato, egli si avviò di buon grado verso il quartiere commerciale, salutando il figliuolo e la moglie con piglio affettuoso.

"Non dimenticarti il miso, mi raccomando caro" disse Kaoru, col piccolo Kenji in braccio, "un mastello!".

"Non preoccuparti, Kaoru-dono" rispose Kenshin, accennando uno dei suoi splendidi sorrisi, gli occhi placidi e rilassati (lo sguardo torvo e terrificante dell'assassino era ormai un ricordo); "Ehi Ken-chan, il papà va un attimo via, ma torna subito, d'accordo?" così dicendo egli fece per porre la mano sulla testolina del piccolo Kenji, che per reazione gliela morse (infatti, pur assomigliando come una goccia d'acqua al padre, cosa già evidente alla tenera età di due anni (vedi nota a piè pagina), il bimbo era attaccatissimo alla madre, come tutti i bambini del resto, ma aveva talmente paura di Kenshin che non si faceva mai avvicinare da lui). Kenshin emise un grido acuto, attirando su di sé le ire di Kaoru, che in risposta gli distribuì una scarica di sventagliate in testa. "Non fare lo stupido davanti a tuo figlio!! Che esempio gli dai?", urlò. E rientrò in casa, lasciando Kenshin intontito e pieno di bernoccoli davanti all'ingresso. Quando si ricompose, pensò: " Kaoru-dono...non cambierà mai...è per questo che la amo".

E sorridendo prese la strada del quartiere commerciale.



...



Penisola di Izu, due mesi prima.

Un forte vento sferzava la costa rocciosa, e gli arbusti si piegavano, quasi si prostrassero alla veemenza delle raffiche.

Era notte inoltrata, e tutti gli abitanti del villaggio vicino si erano ben rintanati nelle loro case o alla piccola bettola, che sull'ingresso esponeva tre tendine di logora stoffa azzurra con su scritto, in hiragana, "Maruya" (il cerchio), dove veniva servito uno scadente sake contadino, che tuttavia risultava ugualmente corroborante in quelle fredde serate d'inverno. Il vecchio Jinpei, pescatore, era seduto sulla spartana panca che, insieme al rozzo bancone di legno, costituiva l'unico arredamento del locale. Sorseggiava stancamente sake da una tazza di legno consumato.

"Proprio una stagione disgraziata questa! La pesca va male, i banchi di pesce si spostano sempre più al largo, e poi sono vecchio, non riesco a spingermi in mare più di tanto...e per di più ci sono quelle stramaledettissime tasse del nuovo governo che non riesco a pagare...era meglio quando si pagavano in natura!"

(infatti il nuovo governo anni prima aveva abolito i tributi in natura da versare ai feudi(anch'essi aboliti), sostituendoli con un'imposta in denaro).

Poi, rivolto all'oste, chiese: "Tu che dici?"

Maru, l'oste, anch'egli piuttosto avanti con gli anni, gli rispose:

"Sai bene che è ora di ritirarti; sei troppo vecchio, non puoi più

lavorare, invece dovrebbe essere tuo figlio a mandare avanti la famiglia!"

"Chi, quello sfaticato? Ma fammi il piacere! Non ha mai voluto lavorare, sempre lì a fantasticare di entrare nella polizia e cose del genere! Non andrebbe in mare manco se lo pregassi in cinese!"

"Mah, fa'come vuoi", sbottò l'oste rassegnato.

"Ti saluto Maru, io me ne vado a dormire; m'aspetta un'altra giornataccia in mare" conchiuse il pescatore; prese la sua lanterna, lasciò sul bancone un paio di sen (centesimi di yen) per il sake e uscì dal locale.

Una forte folata di vento lo travolse. "Accidenti, pensò, Susanoo è una bestia stasera! E devo pure andare sulla spiaggia a riprendere le reti!"

E faticosamente si diresse verso la caletta incastonata fra le rocce della penisola, ove i pescatori del luogo tenevano le modeste barche in secca. Giunto alla sua, il vecchio iniziò ad arrotolare le vecchie reti, quand'ecco che notò sul bagnasciuga, avvolta nell'oscurità, una strana sagoma che si contorceva sulla sabbia, a prima vista somigliante a un pesce.

"Sarà un delfino arenato" pensò, ma andò comunque a controllare.

Ma, appena fece luce con la lanterna, comprese subito che non era

un delfino, ma un ESSERE UMANO, e vivo, per giunta, sebbene reggesse l'anima coi denti. Era un giovane singolarmente alto, dalla corporatura atletica, con strani capelli verdi tagliati cortissimi;la sua maglia, un tempo bianca, ora grigia e zuppa d'acqua, presentava numerosi strappi che scoprivano varie ferite da taglio sul torace, e un'enorme cicatrice che attraversava il busto in diagonale; sotto la pancera, un paio di pantaloni attillati strappati e stivali di foggia occidentale; ma soprattutto,strette al petto, particolare che fece trasalire il vecchio, TRE SPADE.

Il pescatore cercò di avvicinarsi al naufrago per soccorrerlo, ma per un momento indugiò, paralizzato dalla paura. Infatti il giovane si contorceva quasi fosse posseduto da qualche kami maligno, e ripeteva insistentemente:

"Maledetto...Giuro che ti ucciderò...Aspetta e vedrai...Mihawk..."



CONTINUA...



<NdA riguardo all'età di Kenji: il bambino ha in realtà un anno, e non due, poiché in Giappone, per tradizione,

i bambini alla nascita avevano già un anno>



Postfazione

Qui termina il prologo di un "delirio di una notte di mezza estate", come io ho definito questa fanfiction, giacché ho scelto un'accoppiata piuttosto strana. Spero di trovare l'ispirazione per poter continuarla ed eventualmente terminarla, e di riuscire a divertire qualche disgraziato lettore che incapperà in questa "opera prima" di uno "scrittore" dalla vena di saggista più che di romanziere.

E con ciò vi saluto e vi rimando al prossimo capitolo (forse):

L'INCONTRO
 
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