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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: L`ALTRA FACCIA DELL`ODIO
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: kgchan galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 06/12/2002 21:39:46

due persone si odiano istintivamente, ma... qual`è l`altra faccia dell`odio?
 
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1° CAPITOLO
- Capitolo 1° -

Disclaimers: i personaggi appartengono a Takehiko Inoue eccetto Arashi e Kristine.
Note: tra le virgolette singole ‘…’ ci sono i pensieri; tra le virgolette doppie “…” ci sono i discorsi.

^_^ Buona lettura!!! ^_^

‘Ma perché devono esistere certi deficienti?’ si stava chiedendo Kristel Audry mentre si dirigeva verso quella che da quel giorno sarebbe stata la sua casa.
Era arrivata in Giappone da poche ore e già aveva voglia di strangolare qualcuno.
Gliene erano capitate di tutti i colori in nemmeno due ore, ovvero da quando era scesa dall’aereo: erano state perse le sue valige; uscita dall’aeroporto aveva scoperto che i taxi quel giorno erano in sciopero; stava piovendo e naturalmente non aveva l’ombrello e si era quindi fatta una doccia fuori programma mentre aspettava il pullman; una macchina passando le aveva schizzato addosso anche del fango e come se non bastasse ci si era messo anche quell’idiota.
Quando era scesa dal pullman aveva ormai smesso di piovere e si era ritrovata a passare davanti ad un campetto di basket. Aveva visto un ragazzo giocare.
Doveva ammettere che era piuttosto bravo, ma non era per nulla simpatico.
Si era fermata un attimo ad osservarlo. L’aveva attirata, oltre alla sua bravura, la grinta che ci metteva. Poi aveva notato che aveva un problema alla gamba destra e si era permessa di fargli notare che avrebbe dovuto stare a riposo con la gamba in quelle condizioni.
Lui per tutta risposta l’aveva guardata e le aveva detto di farsi gli affari suoi e di non intromettersi in cose che non la riguardavano e aveva continuato ad allenarsi. Subito dopo però si era inginocchiato, probabilmente a causa di una forte fitta.
Lei si era avvicinata per controllare che non fosse nulla di grave e lui l’aveva allontanata in malo modo ribadendo di farsi gli affari suoi e che era una che portava sfiga.
‘Ma dico: si deve rispondere così male ad una persona che ci dà un consiglio disinteressato e che cerca di aiutarci? Ma che se la spacchi pure la gamba. Certo non sono molto presentabile conciata così, ma non era il caso di trattarmi in quel modo.’
Con questi pensieri in testa, intanto, era arrivata a destinazione, ovvero una villetta a due piani color panna, recintata con un muretto di mattoni, e un cancello nero che creava un bel contrasto con la casa. Dall’esterno del cancello si intravedeva un giardino molto curato con delle aiuole gremite di fiori. E sulla sinistra del giardino si ergeva una piccola quercia.
‘Chissà cosa penseranno vedendomi conciata così?’ pensò mentre suonava il citofono.
“Chi è?” chiese una voce femminile e giovanile.
“Sono Kristel Audry.”
“Kristel, cara. Ti apro subito.” Disse la stessa voce e si sentì la serratura del cancello scattare.
Kristel vide la porta di casa spalancarsi e una coppia uscire per accoglierla.
“Benarrivata Kristel, ti stavamo aspettando… Ma cosa ti è successo?” Chiese la signora.
“Di tutto, di più.” Rispose la ragazza e mentre la facevano entrare lei raccontò cosa le era accaduto.
“Oh povera cara. Sarai stanca e frastornata. Ti accompagno in camera tua così potrai rilassarti e farti una doccia.” Disse la donna facendole strada.
La condusse al piano di sopra. In cima alle scale c’era un corridoio sul quale si affacciavano, a sinistra delle scale, la camera dei coniugi, il loro bagno personale, una camera per gli ospiti e un altro bagno, mentre a destra delle scale c’erano due stanze, una delle quali avrebbe occupato lei, e un bagno. Entrarono nella sua camera. Le piacque molto.
Era grande ed arredata con gusto. Sulla parete della porta d’entrata c’era una cassettiera con a fianco uno specchio che permetteva di specchiarsi a figura intera. La parete a sinistra era occupata quasi totalmente da un enorme armadio diviso in tre parti i due lati erano alti fino a quasi il soffitto, mentre la parte centrale era occupata da un mobiletto alto la metà rispetto ai due laterali. Al di sopra del mobiletto era posto un piccolo televisore. Sulla parete di fianco c’erano due finestre coperte da delle tendine bianche e sotto la finestra a destra era stata messa una scrivania. L’ultima parete aveva al centro un’altra finestra sotto la quale era posto un letto ad una piazza e mezza con ai due lati dei comodini. Su quello di sinistra c’era una piccola lampada mentre su quello a destra vi era un telefono.
Era molto luminosa, ciò era dovuto oltre che alle tre finestre, anche dal fatto che le pareti erano dipinte di bianco e i mobili avevano una tonalità beige. Decisamente le piaceva molto.
“E’ bellissima!” disse.
“Sono felice che ti piaccia.” Disse la donna sorridente. “Il bagno è la porta qui a fianco.” Poi si bloccò riflettendo un attimo, quindi riprese. “Ora che ci penso non hai vestiti con cui cambiarti. Per il momento ti darò qualcosa di mio figlio. Poi ci penseremo meglio.”
La donna le avrebbe prestato i suoi di vestiti, ma dubitava che le sarebbero stati. La signora era più bassa e piccolina di lei.
Kristel infatti era alta 175 cm e le sue curve erano più sviluppate rispetto a quelle della donna.
La signora quindi le diede degli abiti del figlio e lei si infilò sotto la doccia.
Dopo si sentì decisamente meglio, parte dello stress era sparito ed anche l’umore era decisamente migliorato.
Finita la doccia si mise i vestiti dateli dalla padrona di casa. Si trattava di un paio di jeans che le stavano un po’ larghi che dovette fermare con una cintura ed una maglietta. Quando fu pronta scese al piano di sotto.
Si ritrovò nell’ingresso. Di fianco alle scale c’era la porta che conduceva sul retro del giardino. A sinistra si intravedeva la cucina, mentre a destra c’era il salotto.
Sentì delle voci provenire dal salotto. Entrando trovò i coniugi che seduti sul divano stavano chiacchierando.
Le fecero cenno di avvicinarsi e iniziarono a parlare.
Mentre la signora tornava in salotto dopo aver preparato il tè incrociò il figlio che stava rientrando in casa in quel momento. Mentre il ragazzo si cambiava le scarpe la signora andò in salotto.
“E’ tornato nostro figlio. Kristel ora potrai conoscere l’ultimo componente della famiglia.” Disse servendo il tè.
Il ragazzo entrò in salone mentre Kristel parlava.
“La ringrazio signora Sendoh.”
“Prego. Ti presento mio figlio Akira. Akira lei è Kristel, la figlia della mia amica che si fermerà da noi per qualche mese.”
Kristel si voltò verso il ragazzo mentre anche questi si voltava verso di lei.
“TU?” chiesero in coro.
“Vi conoscete già?” chiese la signora Sendoh.
“Ci siamo incontrati mentre stavo venendo qui.”
“Al campetto di basket. Ma che ci fai con i miei vestiti addosso?”
“Akira non essere scortese. Le sue valigie sono andate perse e aveva bisogno di cambiarsi.”
“Scusa.” Le disse a denti stretti.
“Figurati.” Rispose con tono ironico.
La famiglia Sendoh con l’aggiunta di Kristel cenarono, poi Kristel si scusò, ma era stanca ed andò a dormire.
‘Possibile che, con tutte le famiglie che abitano in Giappone, mia madre mi doveva mandare ad abitare con quella di quell’idiota?’ con questi pensieri si addormentò.
Il giorno dopo.
Kristel si svegliò di buonora per affrontare il suo primo giorno di scuola. Il problema era la divisa. Se l’era fatta fare su misura in America dove aveva abitato fino al giorno prima e naturalmente era tra le valige andate perse. Chiese consiglio alla Sig.ra Sendoh.
“Non credo che per il preside e gli insegnanti sia un problema, date le circostanze, se mi presento in jeans e maglietta. Lei cosa ne pensa Sig.ra Sendoh?”
“Ieri ho chiamato il preside apposta per questo motivo, mentre facevi la doccia. Senza divisa non puoi partecipare alle lezioni.”
“Cosa? Ma non è giusto!”
“Hai ragione, ma abbiamo trovato una soluzione.”
“Cioè?”
“Potrai partecipare alle lezioni indossando una delle divise di Akira.”
“Ma è maschile?!”
“Sarà solo per qualche giorno.”
“Ma Akira cosa dirà? Sto usando già i suoi jeans e la sua maglietta. Se indosso anche la sua divisa potrebbe dargli fastidio.”
Avevano già abbastanza problemi di “dialogo”. Dopo il loro simpatico dibattito al campetto di basket il giorno prima, aveva notato che non aveva preso la sua presenza in casa nel migliore dei modi. Soprattutto quando l’aveva vista con indosso i suoi abiti. Dovendo indossare anche la sua divisa scolastica non era molto sicura che il loro rapporto potesse migliore. Tutt’altro.
“Non preoccuparti, non è uno sciocco, capirà.”
“Se lo dice lei Sig.ra Sendoh…”
“Chiamami Yukari. Sig.ra Sendoh mi fa sentire troppo vecchia.” Disse sorridendo.
“D’accordo Yukari.” Rispose sorridendo anche lei.
Kristel si accomodò al tavolo in cucina per fare colazione dopo aver aiutato Yukari ad apparecchiare. Nel frattempo era arrivato anche il Sig. Sendoh.
“Buongiorno Sig. Sendoh.”
“Buongiorno Kristel. Chiamami pure Hitoshi.”
“Come vuole Hitoshi.”
“Allora, come hai dormito?”
“Bene, grazie.”
“Sei tesa per il primo giorno di scuola?”
“In effetti un po’. Spero di riuscire ad integrarmi con i compagni.”
“Vedrai che non sarà un problema. A proposito, se vuoi invitare qualcuno qui a casa non farti problemi, ricordati che questa è casa tua adesso, non sei una semplice ospite.”
“Grazie.”
Continuarono a chiacchierare tranquillamente finché, per Kristel, non fu ora di vestirsi per andare a scuola. Mentre si alzava per dirigersi in camera notò di non aver ancora visto Akira.
“Scusate, ma Akira non scende a fare colazione?”
“I giovedì Akira ha l’allenamento mattutino con il club.”
“Il club?”
“Fa parte del club di basket del liceo.”
“Ho capito. Bè, sarà meglio che vada a prepararmi.”
Così dicendo si alzò e si diresse in camera sua per indossare la divisa di Akira.
Come pensava le stava grande. Ma non era il caso di lamentarsi troppo. Finito di prepararsi scese al piano di sotto.
“Io vado.” Annunciò.
“Kristel, potresti farmi un favore?”
“Dica?”
“Ha appena chiamato Akira. Sbadato com’è si è dimenticato il cambio per dopo gli allenamenti. Glieli potresti portare tu?”
“Nessun problema.” Prendendo la sacca di Akira si diresse verso la sua nuova scuola. Yukari le aveva spiegato la strada per arrivarci e la trovò facilmente.
Mentre entrava nel cortile notò le mille occhiate che le riservavano gli altri. Non era da tutti i giorni vedere una ragazza con indosso la divisa maschile. Fortunatamente Kristel non era il tipo da preoccuparsi per ciò che pensavano gli altri.
Stava per entrare nell’edificio principale ma si ricordò di dover passare da Akira. Così sbuffando si guardò in giro. Vide un gruppo di ragazze che stavano chiacchierando e si avvicinò loro.
“Scusate, mi sapreste dire dove trovo la palestra dove si allena il club di basket?”
“Noi ci stavamo andando, se vuoi puoi unirti a noi.” Le disse sorridendo una ragazza con corti capelli neri con qualche ciocca blu.
“Grazie. Io mi chiamo Kristel Audry.” Si presentò.
“Io sono Shion Nishimura. Mentre loro due sono Miyu Moroshi e Soryu Morinawa.” Disse indicando le altre due ragazze. La prima aveva dei capelli castani quasi biondi con ciocche rosse che le arrivavano fin quasi alla vita, mentre la terza aveva dei capelli castano scuro con ciocche verdi.
“Come mai indossi la divisa maschile? Mi sembra fuori da ogni dubbio che tu sei una ragazza…” disse Soryu mentre si incamminavano.
“Sono arrivata in Giappone ieri. Quando sono scesa dall’aereo ho scoperto che le mie valige erano andate perse. Sono ospite di amici di mia madre. Loro figlio mi ha prestato la sua divisa per oggi. Altrimenti il preside non mi avrebbe fatto entrare.”
“Ti credo. Il nostro preside è fissato con le divise. Se entra qualcuno senza divisa scolastica e non sono professori o genitori sono guai.” Disse Miyu.
“Anche i professori sono così severi Moroshi?” le chiese.
“Non tutti. Solo alcuni. E comunque chiamami per nome.” Le rispose sorridendo.
“Chiamaci tutte per nome. Non siamo tipe molto formali.” Aggiunse Shion.
“O.K. allora chiamatemi anche voi Kristel. Tra l’altro non sono abituata a sentirmi chiamare per cognome.”
Nel frattempo erano arrivate in palestra. Kristel cercò con lo sguardo Akira.
“Prima hai detto che il figlio delle persone che ti ospitano ti ha prestato la divisa. Come si chiama? Magari lo conosciamo.”
“Eccolo lì. È il ragazzo con i capelli a punta. Akira Sendoh.”
“CHE COSA???” urlarono le tre ragazze in coro facendo voltare i ragazzi del club verso di loro.
“Ehi, ma che vi piglia?” chiese Kristel alle tre ragazze.
“E tu che ci fai qui?” si intromise la voce sorpresa e un po’ scontrosa di Akira.
Kristel si voltò verso di lui con aria scocciata.
“Ti assicuro che avrei preferito non venire a disturbarti. Ma non è colpa mia se sei svampito.” Detto questo gli lanciò letteralmente addosso la sacca con il cambio. “Tua madre mi ha detto di portartela.”
Lui la fulminò con lo sguardo, lei lo sostenne tranquilla. Poco dopo l’attenzione di Akira venne attirata da qualcos’altro.
“Ehi! Ma quella è la mia divisa!”
“Lo so. Me l’ha data tua madre per venire a scuola.”
“E la tua?”
“In mezzo alle valige perse. Ma allora sei davvero svampito?” detto questo si girò e se ne andò.
Le tre ragazze la seguirono.
Miyu: “Tu vivi con Sendoh?”
Kristel: “Purtroppo sì!”
Shion: “Purtroppo? Tutta la popolazione femminile della scuola vorrebbe essere al tuo posto!”
Kristel: “E perché?”
Soryu: “Perché Sendoh è il ragazzo più bello, simpatico, affascinante, divertente e sexy di tutta la scuola.”
Kristel: “Com’è che non me ne sono mai accorta?”
Miyu: “Non è possibile che tu non ci abbia mai fatto caso!”
Kristel voleva cambiare argomento così si fece indicare la presidenza e vi si diresse lasciandole in corridoio.
In presidenza le venne presentato il suo professore che le spiegò come funzionavano le cose in quella scuola e quando fu ora di andare la condusse alla sua classe.
“Ragazzi da oggi avrete una nuova compagna. Prego entra.” Annunciò il professore.
Kristel entrò e si ritrovò fissata da 28 paia di occhi.
Il prof. le disse di presentarsi e lei lo fece.
“Allora vediamo dove puoi accomodarti…” ma l’insegnante fu interrotto dalla porta che veniva spalancata all’improvviso. Tutti si voltarono in quella direzione.
Kristel non voleva crederci. Era Akira.
Anche lui la notò e le chiese: “E tu che ci fai qui?”
“Potrei chiederti la stessa cosa.” Gli rispose lei.
“Sendoh lei è la vostra nuova compagna. Ma vi conoscete già se non sbaglio.”
“Anche tu sei in questa classe?” gli chiese Kristel ignorando il professore.
“Già. Potrei pensare che lo fai apposta Kristel.”
“Io,, invece inizio a pensare che tu sia una persecuzione Akira.”
A nessuno sfuggì che i due si stavano chiamando per nome.
“Ora basta chiacchierare. Andatevi a sedere… Dato che avete già fatto amicizia vi potete sedere uno di fianco all’altra. Anche perché l’unico posto libero è di fianco a Sendoh. Sendoh falle strada.”
“Certo.” Disse a denti stretti il ragazzo. “Il tuo banco è quello.”
“Grazie.”
I due si accomodarono ai loro banchi. Le lezioni si susseguirono senza problemi.
All’ora di pranzo la maggior parte dei componenti della loro classe si raggruppò intorno ad entrambi. Soprattutto le ragazze che volevano capire come mai la nuova venuta conoscesse tanto bene il loro adorato Sendoh.
“Vi conoscete da tanto?” chiese una di loro.
“Da un po’.” Kristel rimase sul vago. Non le piaceva spiattellare i fatti suoi ai quattro venti.
“Come mai indossi la divisa maschile?” le chiese un’altra ragazza.
“Sono arrivata da poco in Giappone e al mio arrivo ho scoperto che le mie valige erano andate perse.” Su questo sarebbe stato inutile mentire.
“Di chi è allora la divisa che indossi?”
Kristel non sapeva che rispondere. Da quello che aveva capito di quelle ragazze, se avesse detto che era di Akira come minimo l’avrebbero sbranata. Come in cerca di aiuto guardò verso Akira che stranamente decise di intervenire.
“Indossa la divisa maschile perché anche suo cugino ha frequentato questa scuola e gliel’ha prestata.”
“Già, è proprio così.” Diede conferma Kristel.
“E come mai tu e Sendoh vi conoscete?”
“Oh bè… semplicemente è un amico di mio cugino.”
Le ragazze guardarono verso Akira come in cerca di conferma.
“E’ così. S’è fatto tardi, devo andare in palestra.” E così dicendo si alzò e se ne andò.
Kristel lo guardò andare via e alzandosi si scusò dicendo che doveva andare a parlare con i professori.
Al contrario di quanto aveva detto si diresse verso la palestra.
Quando la raggiunse (ci mise un po’ perché ancora non conosceva bene la strada e aveva preso per due volte il corridoio sbagliato) notò che Akira stava facendo dei tiri da tre punti.
“Tu i suggerimenti non li ascolti mai, vero?”
“Che vuoi ancora?”
“Mi basterebbe che mi dessi un minimo di ascolto e che rimanessi a riposo per qualche giorno.”
“Non esiste.”
Kristel si stava infuriando. Lo aveva cercato per ringraziarlo per averla aiutata con i compagni di classe e, intanto che c’era, dargli un consiglio amichevole. E lui che faceva? Ce la metteva tutta per farla arrabbiare.
“E allora spaccati la gamba!” gli disse voltandogli le spalle e andandosene.
Le lezioni pomeridiane passarono velocemente.
Mentre stava rimettendo le sue cose a posto lei ed Akira furono chiamati in presidenza.
Scoprirono che il motivo della convocazione era che Yukari aveva telefonato per parlare con loro.
Akira prese la telefonata.
“Che succede mamma?”
“Per favore tesoro, avvisa Kristel che hanno chiamato per avvertire che sono state ritrovate le sue valige. Siamo già passati noi a ritirarle, perciò le troverà a casa.”
“Avete chiamato solo per questo?” domandò il ragazzo.
“Volevamo dirvi anche che stiamo andando a cena dai Matsudaira e quindi stasera cenerete da soli. Ciao Akira.” E così dicendo riattaccò.
“Ma cosa…?” disse Akira, confuso da quel mare di parole. Rimase a fissare per un attimo la cornetta poi guardò Kristel.
“Che ha detto?”
“Ha detto che le tue valige sono state trovate e che sono già a casa.”
“Che fortuna! Finalmente una buona notizia.” Disse la ragazza.
“E che stasera ceniamo da soli.”
“Cosa???” chiese la ragazza.
“I miei stanno andando a cena da degli amici di famiglia.”
“La prossima volta, dammi prima la cattiva notizia e dopo quella bella.”
“Oh, scusa tanto.” Rispose Akira con sarcasmo.
Nel frattempo stavano uscendo dalla presidenza e si diressero verso la palestra.
“Dove stai andando?” le chiese Akira.
“Ti ricordo che per le prossime due ore non ho nulla da fare. Perciò ho deciso di venire ad assistere ai tuoi allenamenti.”
Akira si fermò e bloccò anche lei per un braccio facendola girare in modo da ritrovarsi l’una di fronte all’altro. La fissò negli occhi. Rimasero così per qualche secondo.
“O.K.. Ho capito. Me ne starò zitta e in disparte.”
Akira sembrò soddisfatto di quelle parole e la lasciò.
Mentre Kristel osservava gli allenamenti arrivarono anche Miyu, Shion e Soryu.
“Ciao Kristel. Mi era parso di capire che non volessi avere nulla a che fare con il tuo condomino.”
Disse Shion.
Kristel si girò verso di lei e le tappò la bocca con la mano.
“Nessuno deve sapere che viviamo nella stessa casa.” Spiegò la ragazza. “Voi siete le uniche tre che sanno la verità. E vorrei che continuaste ad essere le uniche.”
Le ragazze capirono le ragioni di Kristel e non fecero altri commenti. Rimasero per un po’ a guardare la partita di allenamento.
Poco dopo però successe qualcosa che gettò nel panico la maggior parte dei presenti.
Akira, mentre si smarcava per andare a canestro, era caduto in terra ed ora si stringeva la caviglia.
I suoi compagni di squadra gli furono subito intorno preoccupati.
“Sapevo che sarebbe successo.” Disse Kristel mentre si faceva strada tra i ragazzi. “Fatemi vedere.” Disse quando lo raggiunse.
“Cosa vuoi fare?” chiese uno dei ragazzi.
“E’ meglio chiamare il medico della scuola.” Aggiunse un altro.
“Avete un kit di pronto soccorso?” chiese Kristel.
“Sì, nello spogliatoio. Perché?” le chiese un componente della squadra.
“Portatemela.”
“E’ bello che cerchi di aiutarlo, ma potresti peggiorare la situazione.” Disse l’allenatore Taoka.
“Non si preoccupi. In America ho seguito un corso di pronto soccorso. So come comportarmi in queste situazioni.” Spiegò Kristel.
Mentre aspettava la cassetta del pronto soccorso, iniziò a tastare la caviglia.
Dalla smorfie di Akira, capì che il dolore doveva essere forte. Gli tolse delicatamente la scarpa e il calzino. Nel frattempo era arrivato l’occorrente per il medicamento. Kristel controllò meglio la caviglia.
“Sei fortunato. Non te la sei rotta. E’ una semplice storta che però è stata sottovalutata. Qualche giorno di riposo e tornerà come nuova.” Disse con voce atona sebbene lo stesse fulminando con lo sguardo.
“Scommetto che avresti preferito me la fossi rotta.” Le rispose Akira ripensando a quando, quella stessa mattina, glielo aveva augurato.
“L’ho detto soltanto per farti stare a riposo. Ma tu sei testardo.” Lo accusò.
Intanto era arrivato il medico della scuola.
“Fate largo. Fatemi vedere.” Così dicendo si avvicinò ad Akira e controllò la sua caviglia.
“Nulla di grave ragazzo. Si tratta di una storta. Qualche giorno di riposo e tornerà a posto.” Disse.
“Incredibile. E’ la tua stessa diagnosi.” Disse Shion.
“Devi metterci una pomata antidolorifica. Questa va bene.” Disse prendendone una dalla cassetta del pronto soccorso. “Devi rifare la medicazione due volte al giorno.”
Il medico gli fece la fasciatura e se ne andò.
L’allenatore Taoka dichiarò conclusi gli allenamenti e tutti se ne andarono a casa.
Vedendo che Akira faceva fatica a camminare Koshino si offrì di accompagnarlo a casa.
Dopo che Akira e Koshino ebbero finito di cambiarsi si diressero verso l’uscita della palestra dove trovarono ad attenderli Kristel e le sue amiche.
Ai due ragazzi si era unito anche Fukuda, nel frattempo.
I sette ragazzi si diressero quindi verso casa Sendoh. Le ragazze che precedevano i ragazzi.
Quando arrivarono davanti alla casa, Kristel si girò verso Akira e gli disse di dargli le chiavi.
Lui gliele diede. Mentre la ragazza apriva il cancello e la porta, e faceva strada agli altri, Koshino e Fukuda si guardarono stupiti.
Dopo che Kristel li fece accomodare in salotto Koshino si decise a chiedere spiegazioni.
“Com’è che tu conosci tanto bene la casa?”
“Ecco io…”
“Tanto vale dirlo. Però ragazzi non dovete farne parola con nessuno. Kristel si è trasferita qui da noi. Sua madre è una compagna di università della mia.” Spiegò Akira.
I ragazzi promisero che non ne avrebbero fatto parola con nessuno.
Nel frattempo Kristel si ricordò che le sue valige erano state ritrovate e scusandosi con gli altri andò a cambiarsi.
Quando le vide sul suo letto a momenti incominciò a saltare dalla gioia.
In tutto erano 4 valige e un borsone. Aprì una delle valige e vide che conteneva i vestiti invernali e la richiuse. Erano in aprile e faceva già caldo. Aprì la seconda e trovò vestiti estivi. Prese le prime cose che le capitarono in mano e le indossò. Si trattava di una magliettina senza maniche azzurra e una gonna nera che le arrivava poco sopra il ginocchio. Dopodiché scese al piano di sotto.
Tutti dovettero ammettere che in abiti femminili la differenza era notevole.
Si sentì osservata e, leggermente imbarazzata, chiese cosa avessero da fissarla.
Fu Koshino a risponderle per tutti. “Vestita così sei uno schianto.”
Kristel a quel complimento arrossì e mormorò un grazie.
“Tu Akira non vai a cambiarti?” chiese ritrovando la voce.
“Lo farei anche, ma non ho la benché minima voglia di fare le scale.” Spiegò il ragazzo.
“Se mi dici cosa vuoi metterti vado a prenderti io i vestiti.” Gli propose.
“Com’è che sei così gentile?” chiese ironicamente Akira.
“Sono sempre gentile.” Sbottò Kristel.
“Tranne con me!”
“Tranne con chi mi fa arrabbiare!” puntualizzò. Poi cercando di calmarsi gli richiese cosa dovesse portargli.
“I jeans azzurri e la maglietta dell’adidas che ci sono sulla sedia in camera mia.”
La ragazza sparì su per le scale per tornare poco dopo con i vestiti di Akira. Lui li prese e zoppicando si diresse in bagno.
Mentre stava oltrepassando la porta sentì Kristel che con tono leggermente arrabbiato disse: “Prego eh!”
Senza voltarsi lui disse grazie.
Quando Akira tornò dal bagno vide che tutti stavano chiacchierando tranquillamente. Notò anche che tutti i posti sul divano (l’unico posto che gli consentiva di appoggiare la caviglia infortunata sul tavolino) erano occupati. Kristel era una degli occupanti del divano. Proprio in quel momento Kristel si alzò dal divano per dirigersi in cucina.
Akira si sedette al suo posto. Quando la ragazza tornò, non sembrò far caso al fatto che lui le aveva ‘rubato’ il posto e si sedette su una delle sedie del tavolo.
Il gruppo di ragazzi stava chiacchierando amichevolmente da un po’, quando Koshino si alzò dicendo che aveva fame e doveva tornare a casa per cenare. Fu allora che Akira propose a tutti di rimanere lì a cena.
Anche Kristel preferiva che rimanessero. L’idea di cenare da sola con Akira la preoccupava.
“Ai tuoi genitori non darà fastidio?” domandò Fukuda.
“Non preoccuparti. I miei sono fuori a cena. Quindi non c’è problema.”
I ragazzi accettarono e a turno chiamarono a casa per avvertire che avrebbero cenato fuori.
“Cosa si mangia?” domandò Shion.
“Se volete vi faccio assaggiare un po’ di cucina tipicamente italiana. Che ne dite della pizza?”
Tutti si dichiararono entusiasti.
“Com’è che tu che sei americana conosci la cucina italiana?” chiese Miyu.
“Perché mia nonna paterna era italiana e mi ha insegnato alcune ricette.” Spiegò con un velo di tristezza negli occhi che però scomparve rapidamente. Tanto da indurre Akira a domandarsi se non se lo fosse soltanto immaginato.
Kristel controllò che ci fossero tutti gli ingredienti. Constatò che mancavano alcune cose. Così avvertì gli altri che usciva per andare a comprarli.
“Fuori è buio. Non è sicuro per una ragazza uscire da sola.” Disse Koshino.
“Non ti preoccupare. Sono in grado di cavarmela da sola.”
“Se non ti spiace preferirei venire con te.” Insistette.
“Se ti senti più tranquillo vieni.” E si diresse verso la porta seguita da Koshino. Poi all’improvviso si girò verso di lui e gli chiese: “A proposito tu sai dov’è un mini market qui vicino?”
Sulla testa di tutti i presenti si poteva quasi vedere un enorme gocciolone.
“E tu volevi uscire da sola e al buio, senza sapere dove andare?”
“Bè, avrei chiesto a qualcuno prima di uscire.” Si discolpò.
Koshino scoppiò a ridere. “Tranquilla. Conosco la zona.” Mettendole una mano sulla spalla la accompagnò all’uscita.
Akira che aveva notato il gesto dell’amico disse: “Hiro tieni le mani a posto. Ti ricordo che è sotto la protezione dei miei.”
Koshino si stupì dell’intervento dell’amico ma tolse comunque il braccio.
Quando furono fuori le fece strada verso il market.
“Posso chiederti come mai tu ed Akira bisticciate sempre?”
“Per quanto mi riguarda certi suoi modi di fare mi danno sui nervi.”
“Però ti preoccupi lo stesso per lui.”
“Che intendi dire?”
“Oggi a scuola ti sei precipitata verso di lui, quando è caduto. E prima ti sei alzata apposta per fargli appoggiare la caviglia, vero?”
Kristel non rispose.
“Akira è un bravo ragazzo.”
“Non dubito che sia un bravo ragazzo, ma sembra lo faccia apposta a farmi innervosire.”
“In effetti non lo avevo mai visto punzecchiare qualcuno così insistentemente. Ha la fama di un Dongiovanni, ma ti posso assicurare che non l’ho mai visto così rilassato con nessun’altra.”
“Siete molto amici vero?” chiese lei sorridendo.
“Abbastanza. Perché si nota?”
“Bè, dalla pubblicità che gli fai…” ed entrambi scoppiarono a ridere.
Intanto a casa Sendoh le ragazze si stavano rendendo utili apparecchiando la tavola mentre Fukuda ed Akira parlavano.
“Certo che sei fortunato amico.” Stava dicendogli Fukuda.
“Certo, sono molto fortunato ad essermi infortunato la caviglia.” Disse il ragazzo ironicamente.
“Sai che non mi riferivo a quello. Parlavo di Kristel. Sei fortunato ad abitare sotto lo stesso tetto con una ragazza così carina.”
“Perché è carina?”
Fukuda lo guardò con la stessa espressione con cui avrebbe guardato un pazzo.
“Sì, O.K. è carina.” Concesse Akira. “E allora?”
Fukuda stava per rispondergli ma in quel momento arrivarono Koshino e Kristel.
Kristel raggiunse le amiche mentre Koshino si sedeva con Fukuda ed Akira.
Dopo un paio d’ore erano tutti intorno alla tavola che cenavano e parlavano.
(Sì, lo so, per preparare la pizza ci vuole più tempo, ma datemela per buona. ^_^’ Nd. Autrice)
Finita la cena i ragazzi rimasero in salotto a guardare una partita di basket dell’N.B.A. mentre le ragazze erano al piano di sopra ad aiutare Kristel a sistemare le sue cose.
La maggior parte dei vestiti erano a posto, mancava da disfare solo l’ultima valigia.
Gli unici vestiti all’interno erano due giacche che servivano a tenere ferme i vari oggetti che c’erano dentro. Soprattutto foto e piccoli soprammobili.
Soryu prese una delle foto e la guardò.
“Questa è la tua famiglia?” Le domandò.
Kristel prese in mano la foto. “Sì, sono mio padre, mia madre, mia sorella, mio fratello e la mia gatta.”
“Ma come questa non sei tu?” chiese Shion indicando il fratello di Kristel.
Quest’ultima sorrise e disse: “Lo so, siamo identici, ma lui è mio fratello gemello. Non ci sono perché ho fatto io la foto.”
“Hai un fratello gemello?” chiese sbalordita Miyu.
“Sì, guarda.” Scavò un po’ tra le foto poi ne trovò una che li raffigurava insieme.
“Ehi! Ma siete identici.”
“Fino ad un paio di anni fa lo eravamo così tanto che riuscivamo a farci passare l’una per l’altro.” Disse con un sorriso malinconico.
“Bè, ragazze si è fatto tardi. Domani c’è scuola ed è il caso che andiamo.” Disse Shion alzandosi.
Anche le altre ragazze si alzarono.
“Tu Kristel non scendi?” domandò Soryu.
“Voi scendete pure. Io vi raggiungo subito.”
Le tre ragazze fecero per uscire. Shion lanciò un’occhiata in direzione di Kristel e si accorse che continuava a guardare la foto della sua famiglia.
“Noi andiamo, ciao ragazzi.” Disse Miyu quando arrivò al piano inferiore.
“Aspettate, veniamo anche noi.” Disse Fukuda.
Mentre raccoglievano le loro cose Akira chiese dove fosse Kristel.
Fu Shion a rispondergli. “Ha detto che scende subito. Stava guardando le foto della sua famiglia. Credo che le manchi molto.”
Qualche secondo dopo Kristel li raggiunse e salutò tutti. Quando furono rimasti soli Akira le porse il cordles.
Lei lo guardò senza capire.
“Chiama la tua famiglia. Ti manca vero?”
“Come…?”
“La tua amica me l’ha fatto notare.”
“Io…”
“Che ti prende? Non sai più parlare?” sebbene le sue parole non fossero molto gentili, Kristel si accorse che stava sorridendo.
“Grazie!” disse anche Kristel sorridendo.
Poi prese il telefono dalla sue mani. Le loro dite si sfiorarono. Kristel sentì come un fremito ma fece finta di niente. Andò in cucina.
Akira rimase nell’ingresso finché non la sentì parlare.
“Pronto? Ciao mamma, sono Kristel. Come stai?”
Akira si allontanò sorridendo.
Una decina di minuti dopo Kristel tornò in salotto. Era felice. La sua famiglia le mancava tanto e sentirli per telefono l’aveva risollevata.
Vide che Akira era sdraiato sul divano. Gli si avvicinò e notò che stava dormendo. Provò a chiamarlo.
“Akira… Akira… Non è meglio se vai a dormire nel tuo letto?”
L’unica risposta che ottenne fu un mugolio.
Rimase per un attimo ad osservarlo. Stava dormendo supino con il braccio sinistro sulla fronte. Non riuscì a resistere all’impulso. Gli sussurrò un “Grazie.” all’orecchio e lo baciò sulla guancia. Poi stupita di ciò che aveva fatto si allontanò e si diresse in camera sua.
Come rimase da solo Akira aprì gli occhi e guardò in direzione della porta dalla quale era uscita Kristel e bisbigliò un prego che non sentì nessuno.
Il resto della settimana passò tranquillamente. La caviglia di Akira era guarita e i loro rapporti erano tornati sul solito piano, ovvero si punzecchiavano ogni qualvolta potevano.
Quando, una mattina, arrivò in salotto vide i signori Sendoh che stavano parlando con il figlio.
“Buongiorno.” Salutò tutti.
Gli altri ricambiarono il saluto dopodiché fu Yukari a prendere la parola.
“Kristel ti dovremmo parlare.”
“E’ successo qualcosa?” chiese preoccupata.
“Niente di grave.” La rassicurò Hitoshi.
“Vedi, gli amici di famiglia con cui abbiamo cenato alcune sere fa ci hanno invitato a passare una settimana nella loro villa in montagna.”
‘Mi toccherà stare da sola con Akira per un’intera settimana?’ si chiese Kristel.
“Però c’è un problema. Durante la settimana Akira ha il ritiro con la squadra di basket.” Continuò Yukari.
“E non vorremmo lasciarti qui da sola.” Proseguì Hitoshi.
“Non che non ci fidiamo di te. Il fatto è che sei appena arrivata e ancora non conosci perfettamente la zona e se ci dovessero essere problemi nessuno di noi potrebbe tornare a casa facilmente.”
“Tagliate corto.” Ingiunse Akira.
“Abbiamo parlato con l’allenatore Taoka, il coach di Akira, e ci siamo trovati d’accordo a che tu vada con loro in ritiro.”
“E la scuola?” chiese Kristel. “Non posso stare assente così a lungo!”
“Non ti preoccupare. I ragazzi del club non perdono la settimana. Gli insegnanti assegnano ai ragazzi dei compiti e inoltre preparano un piano di studio per la settimana di lontananza in modo che non rimangano indietro.”
Kristel osservò Akira. Era sicura che si sarebbe opposto.
“Non c’è altra scelta.” Disse questi pacatamente.
Kristel non poté fare altro che preparare la sua valigia.
Lunedì mattina. Ore 6:30. Appuntamento all’entrata della scuola per la partenza del club di basket.
Gli ultimi ad arrivare furono Akira e… Kristel.
“E tu che ci fai qui?” chiese Hiroaki, piacevolmente stupito, a Kristel.
“Vi faccio compagnia. Vi dispiace?” chiese.
“Per niente. Anzi, avere una bella ragazza che ci sostiene ci farà di sicuro giocare meglio.” disse Fukuda.
“E chi vi dice che vi sosterrò?”
“Ma come?”
“Dai stavo scherzando. E’ ovvio che farò il tifo per voi e cercherò di rendermi utile.” Disse sorridendo.
Tranquillizzato Fukuda. I ragazzi (e la ragazza) salirono sul pullman.
Il ritiro si sarebbe tenuto in un paese di campagna non molto vicino.
Arrivarono quasi all’ora di pranzo.
“Ora vi verranno assegnate le stanze. Andate a posare le vostre cose e poi venite nella sala pranzo.” Stava dicendo Taoka. E subito dopo iniziò a distribuire le chiavi facendo le coppie.
“Kristel, per te c’è un piccolo problema.”
‘Oddio e adesso che succede?’ si chiese la ragazza mentre domandava quale fosse.
“La squadra è formata da 13 giocatori, più me e il massaggiatore, con te diventiamo 16.”
‘E fin qui non c’è problema.’ Pensò Kristel.
“Ci sono però soltanto 8 stanze disponibili. Quindi ho paura che dovrai dividere la stanza con qualcuno perché le stanze sono soltanto doppie.”
“Ditemi che non è vero?” si guardò in giro e notò che alcuni ragazzi sembravano esaltati. “E con chi dovrei dividere la stanza?” domandò alquanto preoccupata.
Alcuni ragazzi si proposero.
Akira però li zittì tutti. “La dividerai con me!” disse secco.
“Credo che sia la soluzione migliore. Siete già abituati a vivere insieme voi due.” Disse Taoka.
‘Nella stessa casa, non nella stessa camera!!!’ pensò Kristel.
Akira intanto aveva preso le chiavi della loro camera e si stava dirigendo verso le scale che portavano al piano superiore.
“Muoviti.” Le disse da sopra le spalle.
Kristel non poté fare altro che seguirlo. Ma dentro di sé si sentiva come un condannato che si sta avviando al patibolo.

 
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