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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Slam Dunk
Titolo Fanfic: I DUE RUKAWA
Genere: Sentimentale
Rating: Per Tutte le età
Autore: kgchan galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 06/12/2002 21:35:14

se avere a scuola un ragazzo come rukawa fa andare tutti (o meglio tutte) fuori di testa… cosa potrebbe succedere se ce ne fossero due?
 
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1° CAPITOLO
- Capitolo 1° -

Disclaimers: i personaggi appartengono a Takehiko Inoue eccetto Arashi e Kristine.
Note: tra le virgolette singole ‘…’ ci sono i pensieri; tra le virgolette doppie “…” ci sono i discorsi.

Buona lettura!!!

“Ragazze non ci crederete mai! Rukawa mi ha detto che sono carina!!! ^_______^ ” disse una ragazza alle sue due amiche.
“Sì, certo, come no! ____”
“Vi giuro che è vero!”
“Provacelo allora! Rukawa è proprio lì!”
La ragazza si avvicina a lui.
“Rukawa, senti… potresti confermare alle mie amiche che prima mi hai detto che sono carina?”
Lui la guardò come se fosse un’aliena.
“Sei pazza!” disse. Dopodiché, senza aggiungere altro, si allontanò.
“E così ti ha detto che sei carina vero?” ironizzò una delle sue amiche.
“Ma che bugiarda!” aggiunse l’altra sua amica.
La ragazza corse via in lacrime.

Agli allenamenti del club di basket.
Tutti stavano già facendo il riscaldamento.
All’improvviso si aprì la porta che dava sugli spogliatoi ed entrò Rukawa.
“Buongiorno a tutti, belli e brutti!” disse.
Tutti lo guardarono a dir poco stupiti. (In realtà nessuno riuscì a guardarlo perché gli occhi di tutti erano usciti fuori dalle orbite). Il suo tono era allegro e vivace.
“Rukawa… ti è successo qualcosa di bello?”
“Direi proprio di sì.” Rispose il ragazzo sorridendo.
Nessuno indagò oltre. Averlo così gioviale era una bella novità e qualunque cosa fosse successa a loro andava più che bene così.
Miyagi gli disse di andare con gli altri a fare il riscaldamento.
Poco dopo iniziarono a fare una partita d’allenamento.

In terrazza un ragazzo stava godendosi la magnifica sensazione che davano le gocce di pioggia che cadono dolcemente sulla testa e sul corpo. Poco importava se i vestiti si bagnavano e si appiccicavano addosso.
Ad un certo punto prese un profondo respiro ed urlò: “ANDATE A CAGARE TUTTI!”
STONK!
“Ma chi cavolo urla in questo modo?! Mi stavo facendo uno stupendo sonnellino.”
Il ragazzo si voltò verso la direzione di quella voce.
Sopra il tetto dell’uscita sulla terrazza c’era una ragazza con la testa coperta dal gilet della divisa che lo stava guardando con un’espressione strana.
In quel momento lei si accorse che stava piovendo.
“Accidenti!” disse scendendo con un balzo dal tetto. “Mi sono fatta una doccia fuori programma. Meno male che il cellulare non si è bagnato troppo!” disse entrando nell’edificio.
Si accorse che lui era rimasto fermo sotto l’acqua.
“Guarda che rischi di prenderti una polmonite rimanendo lì.”
Il ragazzo si riscosse ed entrò anche lui.
Iniziarono a scendere le scale.
“Io mi chiamo Kristine Parker. Piacere!”
Il silenzio fu l’unica risposta che ottenne.
“Ehi! Non lo sai che è buon’educazione presentarsi quando chi ti sta parlando lo fa!”
‘Ma che vuole questa?’ si chiese il ragazzo che continuò a stare zitto e a camminare.
“Insomma! Me lo vuoi dire il tuo nome?”
“Rukawa Kaede.” Disse lui nella speranza che tacesse.
“Rukawa hai detto? Ci avrei scommesso!”
“Perché?” chiese lui incerto. Non era sicuro di voler sentire la risposta, perché immaginava già quale sarebbe stata.
Sapeva di essere famoso a scuola. Era conosciuto come il ragazzo più affascinante e scostante che esistesse. Perciò rimase interdetto dalla sua risposta.
“Lo capirai.”
‘Ma che razza di risposta è questa?’ si chiese, infatti, il ragazzo.
Nel frattempo erano arrivati al pianterreno.
“Ho capito che non ti piace troppo parlare, ma saresti così gentile da dirmi dove si allena il club maschile di basket?”
Lui la guardò male.
“E adesso che ho detto di male?” chiese lei a metà tra il confuso e l’offeso.
“Vieni. Ci sto andando.” Disse lui iniziando a camminare senza curarsi troppo che lei lo seguisse.
Lei rimase un po’ sorpresa. Poi lo raggiunse e gli si mise al fianco.
“Vedi che quando vuoi sai essere educato.” Disse sottovoce.
L’occhiata che però le rifilò Rukawa le fece venire il dubbio che lui l’avesse sentita.
Non sapendo che dire si limitò ad una risatina tirata.
Poco dopo arrivarono ad un bivio.
“L’entrata della palestra è quella porta. Ci vediamo.”
“Ma non stavi andando anche tu in palestra?”
“Devo cambiarmi prima.”
“Quindi sai anche dove sono gli spogliatoi. Mi sai indicare quello delle manager?”
“Delle manager?”
“Esatto. Da oggi sono la manager del club di basket. Insieme ad Ayako e a Haruko. Ripiacere.”
‘Oddio! Me la ritroverò costantemente tra i piedi!’ mentre pensava ciò le fece segno di seguirlo.
“E’ qui! Addio!” disse mentre passavano davanti ad una porta. Lui proseguì oltre.
“Grazie.”
Silenzio.
“Ti ho detto grazie!” urlò. “Degnati di rispondermi!”
“Prego!” disse lui fulminandola con lo sguardo.
“Bravo. ^ _ ^ ” Detto ciò entrò nello spogliatoio.
‘Ma che ho fatto di male nella mia vita?’ si domandò il ragazzo raggiungendo lo spogliatoio maschile.
Pochi minuti dopo le porte degli spogliatoi si aprirono contemporaneamente.
I due si guardarono.
Lei fece un sorrisino ironico.
“Muoviti.” Le disse lui intuendo che lei volesse essere portata in palestra.
“Bravo. Migliori di minuto in minuto.” Lo prese in giro lei.
Mentre erano sulla porta videro ciò che stava succedendo all’interno.
Si stava svolgendo una partita di allenamento.
Un ragazzo con i capelli rossi fece un tiro a canestro. Tiro che fallì miseramente.
“Dovresti fare un movimento più fluido. Tendi a bloccare il movimento all’altezza del polso.” Disse un ragazzo mettendoglisi di fianco e facendogli vedere il movimento giusto.
Il rossino urlò.
“AAAAAH! RUKAWA È IMPAZZITO!”
“Sakuragi calmati!” gli disse Miyagi.
“Ma come faccio a calmarmi? Rukawa è posseduto!”
“Ehi! Io non sono posseduto.” Disse Rukawa avvicinandoglisi.
“AAAAH! Sta lontano da me!” disse Sakuragi andando verso il corridoio degli spogliatoi.
Gli altri lo lasciarono andare.
Pochi secondi dopo però lo sentirono urlare ancora.
“AAAAAAH!” gli si avvicinarono preoccupati e lo videro a terra quasi tremante.
“Che ti prende adesso?” gli chiese Mitsui.
“L – l – l – ì… D – d – d – d – u – e …” balbettò Sakuragi indicando un punto davanti a lui.
Tutti si voltarono in quella direzione. Rimasero a dir poco shockati.
Sulla porta c’era un altro Rukawa.
Il silenzio calò nella palestra.
Fu Kristine a riempirlo.
“Arashi hai visto cosa hai combinato?”
A quel nome Kaede si volse verso il ragazzo che gli si stava avvicinando.
Quando gli fu di fronte Kaede ripeté quel nome.
“Arashi…”
Arashi lo guardò negli occhi.
Rimasero a fissarsi alcuni istanti. Infine Arashi disse: “Lo sapevi già?”
“Da qualche anno.”
“Che dici ti pare troppo sdolcinato se ti abbraccio, fratellino?”
“No.”
I due ragazzi si abbracciarono sotto lo sguardo stupito di tutti.
Kristine non poté impedire ad una lacrima di scorrerle lungo la guancia.
“Insomma potete spiegare anche a noi cosa sta succedendo?” domandò Mitsui.
Kaede ed Arashi si staccarono. Fu quest’ultimo a parlare.
“Il mio nome è Arashi Rukawa. Sono il fratello gemello di Kaede. Per una serie di motivi abbiamo vissuto separati per molto tempo. Se non vi spiace, ve lo rubo per un po’. Abbiamo alcune cosa da dirci.”
Miyagi diede loro il permesso di allontanarsi.
Prima di andarsene Arashi guardò Kristine.
“Ehi, non c’è bisogno di allagare la palestra. Basta il diluvio che c’è fuori.” Le disse sorridendo e accarezzandole la testa.
“Arashi sei un cretino! E non trattarmi come se fossi un cagnolino!” Disse sorridendo anche lei.
“Su forza piagnucolona, andiamo.” Disse a Kristine. Poi si rivolse a Miyagi. “Vi rubo anche lei.”
Dopodiché i tre ragazzi si allontanarono sotto lo sguardo ancora sbigottito di tutti.

I tre si rifugiarono nella mensa che era deserta a quell’ora.
“Sai fratellino, ancora non mi sembra vero di averti trovato.” Disse Arashi.
“Anche io faccio fatica a rendermene conto.”
“Come hai scoperto della mia esistenza?”
Kaede non rispose e guardò Kristine. Arashi se ne accorse.
“Non preoccuparti per lei. È una mia grande amica. Sa tutto della nostra situazione. Mi ha aiutato a trovarti.” Disse mettendole un braccio intorno alle spalle e sorridendo.
“Per rispondere alla tua domanda l’ho scoperto per caso.
Un giorno, poco dopo aver iniziato la sesta elementare, andai in soffitta.
Non ricordo nemmeno a fare cosa.
Vidi una scatola in fondo ad un ripiano tra i più alti. La presi e la aprii. Conteneva delle foto.
Le prime che mi capitarono in mano ritraevano soltanto uno di noi due.
All’inizio pensai che fossi io. Poi iniziai a trovarne altre dove c’eravamo entrambi. Mi caddero dalle mani e notai le scritte sul retro. Su quelle che ritraevano soltanto uno di noi c’era scritto il tuo nome mentre sulle altre quelli di entrambi.
Continuai a scavare nella scatola. Trovai una sorta di quaderno. Sulla copertina c’erano i nostri nomi. Lo aprii e lessi il contenuto. Era stato scritto da nostra madre.
Aveva iniziato a scriverlo quando scoprì di essere incinta.
In quel modo scoprii che il bambino insieme a me sulle foto era mio fratello gemello.
Il diario si interrompe quando avevamo all’incirca un anno e mezzo.
Sapevo che i nostri genitori si erano separati in quel periodo, e che la mamma era andata a vivere in America, ma ogni volta che chiedevo a papà qualcosa sulla mamma lui si rattristava e diceva che non se la sentiva di parlarne.
Crescendo iniziai a fargli sempre meno domande del genere. Fino a non fargliene più.”
“Come mai? Non ti interessava sapere?”
“Certo che mi interessava. Ma… da anni ormai, papà non è quasi mai a casa e le poche volte che c’è sta sempre per i fatti suoi.”
“Dal tono con cui lo dici deduco che non ti ha dato molto affetto.”
“Ho imparato a farne a meno.” Rimasero alcuni istanti in silenzio. Poi Kaede gli domandò come avesse fatto lui a venire a conoscenza della sua esistenza.
“Più o meno è successo nello stesso periodo in cui l’hai scoperto tu.
Un giorno stavo facendo i capricci. Mi sentivo solo. Ci eravamo appena trasferiti in una città nuova e non avevo amici con cui giocare.
Dissi a mia madre che mi sarebbe piaciuto avere un fratello che avesse la mia età con cui poter giocare.
Lei rimase sorpresa. Dopo averci riflettuto decise di raccontarmi tutto.
Ne parlammo soltanto quella volta. Mentre mi parlava mi accorsi che soffriva. Perciò non gli chiesi altro. Poche ore dopo avermi informato della tua esistenza uscì da casa per andare al lavoro.
In realtà ricordo che avrebbe preferito stare a casa, ma io glielo impedii. Avevo bisogno di stare da solo per chiarirmi le idee.
Mentre ero da solo, appunto, decisi di andare al parco sotto casa. Quel giorno conobbi Kristine.
Mi vide tutto triste e mogio seduto su una panchina e mi si avvicinò domandandomi cosa avessi.
Io avevo bisogno di sfogarmi e lo feci. Le raccontai tutto.
Pensai che mi avrebbe preso in giro, invece quando mi voltai verso di lei vidi che stava piangendo. Mi colpì molto.” Disse guardandola e sorridendole dolcemente. “Comunque sia, me la ritrovai nella stessa classe. Facemmo anche le medie insieme e ci ritrovammo pure alle superiori.
Circa un paio di anni fa, senza dire niente a mia madre, iniziammo a fare delle ricerche. Mamma mi aveva detto soltanto che tu ti chiamavi Kaede. Le uniche altre informazioni che avevo per trovarti erano che ero nato in Giappone, precisamente a Fukuoka, che di conseguenza anche tu dovevi essere nato lì e che avevi un neo come il mio sul fianco destro.
Non sapevo nemmeno quale fosse il tuo cognome. Mamma mi ha sempre fatto credere che Rukawa fosse il suo cognome e non quello di papà.”
“Un po’ pochino. Come sei riuscito a trovarmi?”
“Quello è stato tutto merito di Kristine.”
Kaede si voltò verso la ragazza.
“Arashi esagera come al solito. Il mio è stato soltanto un gran colpo di fortuna.
Vedi, io, come Arashi e come te ho una passione incredibile per il basket.
L’anno scorso però ho dovuto lasciare la squadra per un problema.
Non sapendo che fare decisi di iscrivermi al club di giornalismo della scuola. Mi occupavo della parte sportiva.
Un amico di famiglia che fa il giornalista, lesse un mio articolo e gli piacque molto. Mi fece avere un colloquio presso una rivista interamente dedicata al basket. Il colloquio andò bene e mi presero in prova.
Devi sapere che la rivista in questione è il risultato di una collaborazione tra due case editrici, una americana e una giapponese. Infatti è venduta anche qui in Giappone. Non so se la conosci. Si chiama Basket Café.”
“Sì, l’ho letta un paio di volte.”
“Ne sono felice. ^_^ L’articolo che mi proposero di fare era un confronto tra il basket a livello liceale americano e quello giapponese.
Per quello americano non avevo più di tanti problemi.
Anzi, si può dire che conoscessi tutte le squadre, i loro componenti, e il loro livello a memoria.
Il problema era per le squadre giapponesi.
Un giorno, feci una ricerca su internet. Cercai qualche sito giapponese. Arashi me lo ha insegnato quindi non avevo problemi a capirlo.
Iniziai a corrispondere con un ragazzo. Si offrì di aiutarmi nella ricerca. Mi diede tutte le informazioni possibili ed immaginabili.
Qualche giorno dopo mi mandò una e-mail con un articolo scritto da sua sorella. Era corredato di immagini. Per lo più erano immagini su un giocatore chiamato Senado o qualcosa del genere, non ricordo.
Poi mi capitò sotto gli occhi un’altra immagine. Il ragazzo raffigurato era identico ad Arashi.
Chiesi al ragazzo di inviarmi più informazioni possibili sul ragazzo dell’immagine, su di te.
Dopo tre giorni, o per meglio dire tre notti, mi inviò ciò che gli avevo chiesto.
Non ci pensai un secondo presi il telefono e chiamai Arashi. Lui ancora non sapeva che avevo trovato quell’immagine. Gli dissi di venire subito da me.”
“Non si era nemmeno accorta che erano le tre di notte.”
“Avresti preferito che avessi aspettato il giorno seguente? Bel ringraziamento!” disse con tono finto – imbronciato.
“O. K.! Scusa.” Disse sorridendo. Poi continuò rivolto al fratello. “A quel punto il più era fatto. Ti avevo trovato.
Facemmo in modo di farci mandare costanti aggiornamenti su di te dall’amico di Kristine.
Pensavo che mi sarebbe bastato sapere cosa facevi, chi eri, e cose del genere.
Però più cose scoprivo di te tramite Best Ryo, l’amico virtuale, più cresceva la voglia di conoscerti.
Verso la fine dell’anno mi si è presentata un’opportunità. La mamma e Mick si dovevano trasferire un’altra volta.”
“Mick?” lo interruppe Kaede.
“Sì, non so come potresti prenderla… Mamma alcuni anni fa si è risposata. Mick è il nome di suo marito.”
Fissò il fratello per scorgere una qualunque emozione. Aveva paura che potesse dispiacergli o dargli fastidio che la loro madre si fosse risposata. Ma non vide nulla. Kaede intuì i suoi pensieri.
“Non riesco a provare per il matrimonio di nostra madre emozioni. Quali che siano, dispiacere o felicità. Non la conosco. Per me non è cambiato nulla da prima.”
Arashi annuì. Lo capiva. Kaede provava nei riguardi della madre, lo stesso tipo di sentimenti che lui provava per il padre. Era curioso di vedere che tipo fosse, ma se avesse saputo che si era sposato non gli avrebbe fatto né caldo né freddo.
“Come dicevo ci dovevamo trasferire di nuovo. Nello stesso periodo la scuola che io e Kristine frequentavamo proponeva per l’anno seguente dei gemellaggi con scuole di altri paesi.
Cercai di convincere mamma a mandarmi in Giappone.
All’inizio non le piaceva troppo l’idea di un mio eventuale trasferimento. Ma poi si convinse.
Credo abbia pensato che Fukuoka e Tokyo non erano abbastanza vicini per poterci incontrare.
Probabilmente non sapeva che durante tutti questi anni vi eravate trasferiti qui a Tokyo.
Mentre preparavo i documenti ho scoperto che anche Kristine aveva deciso di venire qua. Così ci siamo trasferiti insieme.
Non sapevo come ci saresti rimasto a sapere delle mia esistenza. Credevo che ne fossi all’oscuro.”
“Per la verità sono rimasto molto stupito. Sapevo della tua esistenza, ma come te non avevo elementi sufficienti per trovarti. In realtà mi ero ormai rassegnato al fatto che non ti avrei mai conosciuto.”
In quel momento Kristine intervenne.
“Scusate se vi interrompo, ma… io torno di là, agli allenamenti.”
“Veniamo anche noi.” Dissero in coro. Subito dopo si guardarono.
“Si vede proprio che siete gemelli.” Disse sorridendo Kristine. Poi con tono dolce aggiunse. “Avete aspettato 16 anni per conoscervi. Loro possono aspettare un’oretta.”
Subito dopo uscì dalla mensa ed andò in palestra.
I due fratelli, rimasti da soli, iniziarono a conoscersi.
Arashi e Kaede tornarono agli allenamenti dopo circa mezz’ora.
Kristine aveva spiegato quel che era successo senza entrare troppo in particolari.
Quando li videro entrare Arashi si scusò per essersi fatto passare per il fratello. Disse anche di voler iscriversi al club.
Fu il benvenuto. Tutti avevano notato la sua bravura durante i minuti in cui avevano giocato insieme. Tutti meno Kaede.
Decisero perciò di fare uno scontro man to man. Si diedero come limite di tempo 15 minuti.
Il punteggio finale era di 18 pari.
“Siete gemelli anche nelle capacità di gioco.” Disse Kristine, mentre i ragazzi riprendevano fiato, porgendo loro degli asciugamani.
Arashi se lo mise sulla testa.
In quel momento si sentirono inni di alta qualità culturale provenire dalla porta della palestra.
Inni tipo: “Ma che fico, mi ci ficco!” e “Rukawa! Figone!”
“Sono già famoso?” disse Arashi osservando il fratello.
“Ma chi sono queste pazze scatenate? Chi le ha fatte uscire dal manicomio?” chiese invece Kristine.
“Vorrei saperlo anch’io!” disse Kaede.
“Sono il Rukawa Shitenai!” spiegò Ayako. “Ora che ci penso sono in ritardo oggi.”
“Ora capisco perché si stava tanto bene.” Disse Kaede.
“Il ritrovamento del fratellino ti ha fatto ritrovare anche la parola, baka kitsune!” esclamò Sakuragi.
“Do’aho!” fu la risposta di Kaede.
Subito dopo iniziarono una piccola rissa.
“Ehi! Ma non li fermate?” domandò Kristine preoccupata mentre Arashi tentava di dividerli.
“Tranquilli! Fanno sempre così! Dopo un po’ si calmano.”
Arashi e Kristine si scambiarono un’occhiata dubbiosa.
“Ehi! Pel di carota! Se fai del male al nostro Rukawa ti sfondiamo!” dissero quelle del Rukawa Shitenai.
“Fatela finita brutte galline!” rispose Sakuragi.
Nel frattempo Arashi tentò di nuovo di dividerli. E ci riuscì. Mentre si frapponeva tra loro l’asciugamano gli cadde.
Le fan di Rukawa iniziarono a fare urletti isterici. Qualcuno spiegò loro il mistero.
“Che bello ce ne sono due! Adesso ci saranno più possibilità per noi!” iniziarono a dire.
“Ma ce l’hanno uno specchio?” chiese Arashi.
“Credo proprio di no.” Rispose Kaede.
Fecero entrambi un sospiro stanco e dissero in coro: “Idiote.”
Si guardarono e scoppiarono a ridere.
Praticamente tutti rimasero sorpresi vedendo Kaede ridere così di gusto.
L’unica che non poteva esserlo era Kristine, poiché non conosceva il suo carattere freddo.
Però si sentì felice guardando quella scena.
Aveva visto spesso Arashi ridere, ma mai così come adesso. Oltre che ridere con la bocca stava ridendo con gli occhi.
Kristine sentiva la sua felicità, e questo la faceva sentire a sua volta felice.
Poco più tardi finirono gli allenamenti.
I due fratelli con Kristine uscirono dalla palestra. Abitavano nella stessa direzione e decisero di percorrere la strada insieme.
“Senti Kaede, che ne dici di venire a cena da noi?” chiese Arashi.
“Da voi?”
“Ah già, non te l’abbiamo detto. Quando ci siamo trasferiti qui abbiamo deciso di coabitare. È più comodo. Allora?”
“Perché no.”
Un paio d’ore dopo avevano finito di cenare e stavano parlando seduti in salotto.
Arashi si rese conto che Kaede non aveva chiamato casa per avvertire che stava fuori e gli chiese il motivo.
“Ti ho detto che papà è spesso fuori per lavoro. Anche questa settimana è via. Torna dopodomani.”
“Perché allora non rimani a dormire qui?”
Kaede accettò.

La mattina dopo.
Quando Kristine andò in cucina. Vide i due ragazzi che, ancora in pigiama, chiacchieravano seduti attorno al tavolo già apparecchiato per la colazione.
“Buongiorno.” La salutarono in coro.
“Buongiorno.” Rispose sedendosi anche lei. Poi rivolgendosi al ragazzo di fronte a lei chiese: “Come hai dormito stanotte Kaede?”
“Bene, grazie.”
“Ehi! Come hai fatto a riconoscerlo? Noi abbiamo cercato qualcosa che ci distinguesse tutta la notte e non abbiamo trovato nulla.”
“Veramente non lo so. Non ci ho nemmeno badato. Sarà stato un caso.”
Finita la colazione i due ragazzi andarono a cambiarsi. Quando tornarono da lei gli si misero davanti.
“Che c’è?” chiese. Ma nessuno dei due parlò. Ebbe un’intuizione. “E’ una prova per vedere se vi riconosco?”
I due fecero cenno di sì con la testa.
“E va bene.” Li guardò un secondo. Poi con la massima certezza disse indicando il ragazzo di sinistra che era Arashi e indicando quello di destra che era Kaede.
“Ma come cavolo hai fatto? Lo vedi anche tu che siamo identici.” Disse Arashi.
“E che ne so io. Forse è perché ti conosco da cinque anni.” Provò ad ipotizzare.
Accorgendosi che erano in ritardo corsero a scuola, lasciando da parte il discorso.
Quando arrivarono tutti quelli che li vedevano rimanevano attoniti.
Si diressero alle loro classi dandosi appuntamento per la pausa pranzo.
Durante la pausa pranzo s’incontrarono sotto gli alberi di ginkgo nel cortile della scuola. C’erano anche tutti i titolari della squadra di basket e le manager. L’unico che mancava era Arashi.
Kristine si sedette vicino a Kaede e gli chiese: “Kaede, hai visto tuo fratello?”
“E’ stato trattenuto dal prof.!”
“Scommetto che s’è addormentato sul banco.”
“Già.”
“Tranquillo è normale per lui.”
Voltandosi verso gli altri notò che la guardavano increduli.
“Che vi succede?”
“Come hai fatto a riconoscerlo con uno sguardo?”
“Ancora? Oh no! Vi prego! Abbiate pietà di me!” disse lei sdraiandosi sull’erba come se fosse svenuta.
Kaede non riuscì a resistere e iniziò a ridere.
L’espressione stupita degli altri aumentò.
“Questa poi! Mister ghiacciolo che se la ride di gusto!” disse Sakuragi.
“Mister ghiacciolo?” chiese Kristine non capendo, mentre si rialzava.
“Devi sapere che Rukawa, è famoso in questa scuola per essere il ragazzo più affascinante e scontroso. Nessuno prima di ieri lo aveva mai visto ridere, o lo aveva sentito dire più di sette parole di fila.” Spiegò Ayako.
“Eppure non mi sembri così freddo.” Disse rivolta a Kaede.
“E’ da ieri pomeriggio che non lo è più.” Disse Ayako.
Kristine lo guardò e lui si sentì improvvisamente imbarazzato.
Poi Kristine urlò.
Tutti si chiesero cosa fosse successo.
“Imbecille! Arashi se ti prendo ti faccio alla griglia! Lo sai che non mi devi spaventare.” Disse alzandosi e rincorrendo Arashi che senza che nessuno se n’accorgesse, e aiutato dall’albero alle spalle di Kristine, l’aveva raggiunta e le aveva fatto il solletico.
Kaede li guardava. Guardava Arashi, suo fratello, la sua metà, colui che aveva aspettato tanto a lungo, e colui che già considerava suo grande amico.
E guardava Kristine, la ragazza che gli aveva permesso di conoscere il fratello, colei che lo stupiva essendo l’unica che li riusciva a distinguere, colei che l’aveva fatto irritare tanto il giorno prima, colei che l’aveva colpito profondamente dal primo momento in cui i loro occhi si erano incrociati in terrazza.
Mentre la guadava non si accorse di sorridere dolcemente.
Ma qualcun altro lo notò.
Era Haruko. Non l’aveva mai visto con un’espressione simile e non poté impedirsi di provare un senso di sconfitta. Kristine era riuscita là dove molte avevano miseramente fallito, così come lei stessa. Era riuscita a scalfire il cuore di Rukawa.
Capendolo si rattristò.
Sentì una mano posarsi sulla sua. Era una mano grande. Si voltò verso il proprietario. Era Hanamichi.
Il ragazzo aveva notato il turbamento dell’amica e aveva anche capito quale ne fosse la causa. Aveva cercato, perciò, a modo suo, di confortarla e farle sapere che se avesse avuto bisogno di lui, lui ci sarebbe stato. Però per la paura di veder rifiutato il suo gesto continuò a guardare fisso davanti a sé.
Haruko non sapeva che fare. Decise di seguire il suo istinto. Non la scostò e, anzi, ricambiò la stretta.
Hanamichi ne fu felice.
La pausa pranzo terminò ed ognuno tornò in classe.

 
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